Uso corrente di due lingue da parte di un individuo o di una popolazione.
Al concetto di b. si è dedicato ampio spazio nella ricerca sia sociolinguistica sia psicolinguistica. Si è notato come in una situazione di b., che vede la compresenza di due diversi codici linguistici, possa capitare che le due lingue si specializzino in ambiti diversi: in famiglia si userà una lingua, in pubblico un’altra. L’individuo bilingue è portato a modificare gli elementi di una delle due lingue secondo quelli dell’altra. U. Weinreich nell’opera Languages in contact (1953) esamina tutti i fenomeni di interferenza che nascono dal contatto di lingue nella competenza di uno stesso parlante. Accanto agli aspetti formali sono studiati anche i fattori che contribuiscono a stabilire una gerarchia tra le due lingue possedute; tra questi la differenza di prestigio delle due varietà: esempio tipico il b. degli emigrati europei negli USA, per i quali la nuova lingua, l’inglese, ha di norma più prestigio della loro nativa. Fino ad allora il b. era visto soprattutto dal punto di vista psicologico, come un fenomeno con due variabili di pari peso ( b. indifferente, per es. nei figli di matrimoni misti). C.A. Ferguson ha introdotto nel 1959 un termine complementare a b., diglossia, riferito anch’esso al possesso di due (o più) lingue, una «alta» e una «bassa», utilizzate in circostanze e contesti sociali differenziati; la stessa distinzione vale naturalmente sia per due varietà di una stessa lingua, sia per lingue completamente diverse come lingua del paese e lingua dei colonizzatori. Ovviamente, la condizione di diglossia di una comunità non implica che tutti i parlanti siano effettivamente bilingui, e quindi esistono quattro possibilità all’interno della comunità: a) b. e diglossia, b) né b. né diglossia, c) b. senza diglossia, d) diglossia senza bilinguismo. B. e diglossia non esistono solo nelle società multilingui che riconoscono ufficialmente lingue diverse, o che utilizzano differentemente varietà popolari e colte, ma anche in quelle che comunque usano varietà linguistiche funzionalmente differenziate, di qualunque tipo (in Italia, per es., si presentano tre delle possibilità viste: a, c e d). Accanto a questo progressivo affinamento nella conoscenza dei caratteri sociolinguistici del b., sono da segnalare le ricerche di tipo psicolinguistico, incentrate soprattutto sull’aspetto dell’acquisizione ed evoluzione di categorie conoscitive e linguistiche in bambini bilingui, messe a confronto con quelle dei bambini monolingui.
La l. 482/15 dicembre 1999, dando attuazione all’art. 6 della Costituzione, ha dettato, in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, apposite norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate, francesi, franco-provenzali, friulane, ladine, occitane e sarde (➔ minoranza).