La più occidentale delle tre penisole dell’Europa meridionale, chiusa a NE dai Pirenei, che rappresentano un confine naturale molto deciso. Con una superficie di circa 590.000 km2, la Penisola I. supera di molto le penisole italiana e balcanica, da cui si distingue per la forma più massiccia, con distanze, fra punti opposti, di 700-800 km, sia nella direzione N-S sia in quella E-O. La penisola ha uno scarso apparato insulare (ne fa parte solo l’arcipelago delle Baleari). Sua caratteristica principale è che essa, oltre la fronte mediterranea, ne ha una atlantica. Come la Penisola Balcanica può considerarsi un ponte verso l’Asia, così la Penisola I. lo è verso l’Africa, cui si approssima fino a distarne solo 14 km (Stretto di Gibilterra).
Una netta distinzione si può fare, nella Penisola I., fra il suo nucleo centrale e i rilievi marginali. Il nucleo centrale (Mesoiberia dei geologi) è la meseta: un altopiano elevato in media 600-800 m (verso E quasi fino a 1000), che risulta dallo spianamento di rilievi paleozoici ed è circondato in genere, lungo la periferia, da orli rialzati. Così a N la meseta è recinta dai Monti Cantabrici; a E si rialza nei rilievi denominati più propriamente Sistema Iberico (sp. Cordillera Ibérica); a S il suo limite è indicato dal lungo rilievo della Sierra Morena; a O, infine, la meseta scende verso l’Atlantico, a vaste gradinate. Ma dove, come a N, la costa è dominata da rilievi, le sue forme sono erte, segnate da fratture longitudinali e trasversali: tipica, in questo aspetto, la Galizia, con le numerose insenature profonde e ramificate (rías). Sul margine orientale della meseta, che traversano da E a O, hanno origine i tre fiumi più lunghi della penisola: Tago, Guadiana e Duero, che solo al margine occidentale, mentre scendono verso la cimosa costiera, hanno scavato valli profonde, mentre nel tronco terminale riprendono a fluire in un alveo ampio e sono navigabili. Tra gli altipiani mesoiberici e i sistemi montagnosi marginali si inalveano altri due grandi fiumi: l’Ebro, che forma un delta piatto ed esteso (a NE), e il Guadalquivir (a SO), primo fra gli altri per importanza economica, avendo un corso regolare meglio accessibile alla navigazione. Corso più breve e forti pendenze hanno i fiumi mediterranei. I fiumi che affluiscono da una parte all’Ebro e dall’altra al Duero, al Tago e alla Guadiana hanno inciso profondamente il Sistema Iberico, smembrandolo in vari gruppi (molti oltre i 2000 m) chiamati generalmente sierras. Tali la Sierra de la Demanda (a N), la Sierra del Moncayo, che è la maggiore vetta del Sistema (2313 m). Più a S le sierras raggiungono altezze minori. Toccano ancora i 2000 m la Sierra de Gúdar e quella de Salinas. A S si ricollega al Sistema Iberico la Serranía de Cuenca.
Le coste si presentano piatte e rettilinee, basse, scarse di buoni porti (sistemati in generale negli estuari) e depresse più volte in lagune costiere (albuferas) là dove la meseta è fasciata da pianure litoranee (specie sul versante mediterraneo).
Le regioni settentrionali, fra il Paese Basco e la Galizia, rientrano in un tipo di clima temperato oceanico: vi prevalgono i venti dei quadranti occidentali; gli inverni sono miti e le estati fresche; le piogge sono forti per la presenza dei rilievi, che agiscono da condensatori. Inverni ancor più miti ed estati più calde ha la regione costiera atlantica (Portogallo); ma procedendo verso S aumenta la temperatura e diminuisce la piovosità; le piogge tendono a concentrarsi nei mesi invernali, mentre i mesi estivi sono asciutti. Analogo il clima del versante mediterraneo: mite in inverno, con alte temperature estive e piovosità (sotto i 500 mm) concentrata fra novembre e gennaio. Il clima della meseta è invece decisamente continentale: estati calde (Madrid: luglio 24,3 °C) e inverni rigidi (gennaio 4,3 °C); piovosità scarsa sugli altipiani (Salamanca: 265 mm) e più forte – fino a 1000 mm – sui rilievi. Questa continentalità si espande a N fino a comprendere il bacino del fiume Ebro.
Nel 6° sec. a.C. penetrarono dalla Francia i Celti (indoeuropei), che s’insediarono nell’interno del paese e a O, dalla Galizia all’Algarve; nelle parti orientali della meseta si mescolarono con gli Iberi dando origine al popolo dei Celtiberi. Un apporto di elementi orientali si verificò con la colonizzazione fenicia e greca, che si limitò alle coste mediterranee e si espresse con la fondazione di fattorie commerciali, sparse e isolate le greche, più numerose le fenicie; un’espansione verso l’interno, con assoggettamento di genti indigene, si ebbe solo con l’occupazione da parte di Cartagine (3° sec. a.C.). Da allora le aree meridionale e orientale dell’Iberia costituirono il lato rivolto al mondo civile; il margine atlantico restò più isolato e meno progredito.
Le regioni sud-orientali furono le prime a essere conquistate dai Romani, che annientarono il dominio cartaginese: nelle regioni montuose del Nord e nel lato occidentale si imposero più tardi, e con maggior difficoltà. Al tempo di Augusto l’intera penisola era ormai definitivamente entrata a far parte del mondo culturale e linguistico romano; le migrazioni e invasioni successive, pur introducendo nuovi elementi culturali, ebbero scarso influsso sulla compagine della popolazione.
L’epoca delle invasioni barbariche vide incursioni di genti germaniche, con la fondazione di Stati vandali a S (da cui il nome Andalusia), alani nella meseta, suebi nelle regioni montuose del Nord-ovest; più esteso, ma di breve durata, fu lo Stato gotico. Maggiore influsso esercitò l’invasione degli Arabi, che, distrutto il regno gotico dopo la battaglia di Jerez de la Frontera (711), estesero la loro dominazione quasi all’intera penisola, lasciando tracce notevoli sia in alcuni elementi antropologici delle genti del Mezzogiorno, sia nell’evoluzione culturale dell’intera popolazione. Solo le regioni montuose settentrionali della penisola rimasero libere dall’invasione araba, e da qui (dal piccolo Stato cristiano delle Asturie) prese le mosse la graduale riconquista, che si concluse nel 1492 con la cacciata degli Arabi da Granata.
I vari Stati cristiani, costituitisi man mano che gli Arabi cedevano terreno, si fusero gradualmente nei due Stati della Spagna e del Portogallo, che, assunti dal 15° sec. i confini attuali, li hanno sempre mantenuti, salvo un breve periodo (1580-1640) di unificazione in un solo organismo politico. Accanto a questi due Stati, la Penisola I. comprende il Principato di Andorra e la colonia britannica di Gibilterra.