Corso d’acqua permanente, con portate più o meno costanti.
Un f. è il principale meccanismo che assicura lo smaltimento delle acque di una regione; in esso si versano generalmente altri corsi ( affluenti) che raccolgono le acque delle zone naturalmente convergenti nel solco principale. Il complesso di queste zone, delimitato dalle linee spartiacque, forma il bacino idrografico del fiume. La sua struttura e l’organizzazione dei diversi rami fluviali costituisce la rete idrografica, che permette di differenziare i bacini idrografici parziali e individuarne l’ordine gerarchico (fig. 1). Un aspetto particolarmente importante della rete idrografica riguarda il suo adattamento alla situazione geologica dell’area. È possibile così distinguere i casi in cui i f. seguono l’andamento di fosse tettoniche o di sinclinali, oppure presentano un andamento radiale (centripeto o centrifugo), oppure ( f. conseguenti) siano disposti in senso parallelo, scorrendo su una superficie con pendenza più o meno uniforme. Un altro caso è quello di f. in cui l’erosione fa sì che alcuni affluenti si approfondiscano nelle formazioni più tenere, sviluppando nuove valli disposte spesso trasversalmente rispetto al f. principale ( f. susseguenti).
L’acqua scorre nei f. per effetto della gravità e tende a seguire un tracciato (fig. 2) in cui la perdita di energia, dovuta essenzialmente all’attrito con i materiali del fondo e alla turbolenza, sia ridotta al minimo. La velocità della corrente è funzione della pendenza dell’alveo e della profondità dell’acqua; comunque, non è uniforme, risultando più elevata nella parte centrale dei tratti rettilinei e lungo le sponde esterne dei tratti curvilinei.
La maggior parte dei corsi d’acqua trasporta grandi quantità di sedimenti (trasporto solido), che variano dai grossi massi alle argille. Il trasporto avviene essenzialmente in due modi: sul fondo e in sospensione (trasporto torbido); un terzo tipo di trasporto è quello in soluzione, che riguarda gli elementi e i composti disciolti dall’acqua sulle rocce affioranti. Si definisce portata solida di un f. la quantità di sedimenti che passa in una sezione trasversale del f. nell’unità di tempo; mentre la portata liquida è il volume d’acqua che il f. convoglia attraverso una sezione sempre nell’unità di tempo. La portata liquida varia nel tempo: si distinguono, infatti, una portata media, una minima (magra) e una massima (piena), che individuano così il regime fluviale. Quest’ultimo dipende da diversi fattori (clima della regione attraversata, dimensioni del bacino, geologia dell’area, vegetazione ecc.). Il rapporto tra il deflusso fluviale e l’afflusso meteorico nel bacino, riferito al medesimo tempo, individua il coefficiente di deflusso, molto variabile da un f. all’altro. Di conseguenza, mentre nelle regioni umide i f. nell’arco dell’anno presentano una portata minima e una massima, conservando quindi sempre un certo deflusso, in quelle aride e iperaride gli alvei sono asciutti per la maggior parte dell’anno e solo dopo piogge violente l’acqua può raggiungere in breve livelli di piena, riuscendo così a trasportare masse ingenti di sedimenti. Esempi di questo tipo sono le fiumare calabresi e i corsi d’acqua delle regioni desertiche.
La capacità di trasporto è la quantità massima di materiale che un f. può trasportare in funzione dell’energia di cui dispone. Nella maggior parte dei f. la portata solida è rappresentata prevalentemente dal trasporto in sospensione; quello sul fondo è soprattutto tipico dei corsi d’acqua di montagna.
L’erosione esercitata dall’acqua che scorre in un bacino si esplica in diversi modi. Da una parte si esercita l’azione di dilavamento dovuta alle acque piovane, le quali, non essendo incanalate, tendono a scorrere arealmente seguendo le linee di massima pendenza; si tratta di un’erosione generalizzata che può dar luogo a particolari forme come le piramidi di terra del Trentino, su sedimenti sciolti di granulometria molto variabile, e i calanchi, su sedimenti prevalentemente argillosi (Emilia, Toscana, Basilicata). Dall’altra parte si esplica l’azione erosiva fluviale vera e propria, che comincia quando le acque dilavanti, organizzandosi, confluiscono in piccoli ruscelli, i quali a loro volta formano fiumi. In tale contesto il modo in cui l’erosione fluviale agisce è duplice: accanto all’azione d’incisione in profondità si aggiunge quella laterale, che porta allo scalzamento della base dei versanti e al loro continuo allargamento e arretramento, con formazione di solchi vallivi. L’erosione viene anche esercitata attraverso il materiale trasportato dal corso d’acqua, il quale, sfregando le rocce con cui viene a contatto, può dar luogo nel tempo a cavità di erosione, conosciute come marmitte dei giganti. I solchi vallivi inoltre, soprattutto in aree montuose e per i corsi d’acqua a forte pendenza, si presentano molto incisi, con pareti ripide (forre), la cui presenza risulta comunque legata anche a particolari situazioni geologico-strutturali.
Nel complesso, un f., pur con numerose irregolarità, presenta un profilo longitudinale caratterizzato da una curva concava verso l’alto, con il tratto a monte a maggiore acclività e quello verso valle ad acclività via via minore fino al livello di base, che rappresenta il livello più basso cui si può spingere l’azione di un corso d’acqua. Nella sostanza un f. opera modificando e tendendo a regolarizzare la propria pendenza; questo è particolarmente evidente nelle zone in cui rocce dure e resistenti provocano rotture di pendio e formazione di cascate. Qui l’azione del corso d’acqua si esplica scalzando alla base le rocce più resistenti, che, togliendo appoggio a quelle sovrastanti più dure, ne determinano il crollo, facendo arretrare verso monte la soglia della cascata. Quest’azione è denominata erosione regressiva e il suo procedere porta all’abbassamento della soglia di una cascata (fig. 3), alla trasformazione di essa in una rapida e alla definitiva scomparsa di ogni rottura di pendenza. Legato all’erosione regressiva è da considerare il fenomeno della cattura fluviale. Esso avviene quando due corsi d’acqua scorrono a quote differenti e quello a quota più bassa, soprattutto grazie all’erosione regressiva di un suo affluente (fig. 4), sposta e abbassa nel tempo il suo spartiacque fino a determinare la caduta dell’elemento divisorio con il f. che scorre a quota più alta: quest’ultimo viene così ‘catturato’ e si ha una situazione di deviazione fluviale. Da ciò emerge che un f. tende a modificare, nel tempo, il suo profilo longitudinale, spianando le zone rilevate e colmando quelle depresse; cioè a raggiungere una situazione d’equilibrio in cui ogni punto del profilo longitudinale abbia una pendenza tale che il f. stesso non eserciti più azione di erosione e/o deposito, ma solo la forza di trasportare le sue acque. Se ciò avviene, il f. ha raggiunto il profilo di equilibrio: ciò però è molto improbabile, perché numerose azioni, locali, regionali e globali, tendono a ostacolarlo.
I f. sono tra gli elementi fisici che hanno più strette relazioni con le società umane. Quasi sempre essi rappresentano assi di attrazione per le sedi umane: assi tanto più importanti quanto più l’acqua è un bene raro, e ciò soprattutto nelle regioni aride. Esemplare, in proposito, è il caso dell’Egitto, che Erodoto definì ‘dono del Nilo’, dove nessuna coltura sarebbe possibile senza quel f.; o quello di Tigri ed Eufrate in Mesopotamia. Però i f. hanno grande rilevanza pure in ambienti non aridi, dove svolgono ruolo di assi di penetrazione nell’interno e dove l’acqua serve per sviluppare forme più complete di agricoltura: così, sono civiltà legate ai f. anche quelle dell’umida Asia monsonica. Molto spesso lungo i f. sorgono centri urbani notevoli per ampiezza demografica e per funzioni svolte. L’utilizzazione dei f. riguarda anche l’industria, in particolare quella idroelettrica. In tal senso il f. diviene fattore di localizzazione industriale, e non mancano casi di impianti scaglionati lungo direttrici segnate da corsi d’acqua. I f. sono utilizzati anche per la pesca (che in certi ambienti può divenire componente notevole dell’economia locale), per usi turistico-ricreativi, per lo smaltimento dei rifiuti. Ma la maggiore utilità offerta dai f. è data dalla navigazione: il corso d’acqua è la via di trasporto meno costosa all’interno dei continenti, particolarmente conveniente quando si debbano far viaggiare su grandi distanze merci pesanti. Perciò le società umane hanno sempre sfruttato i grandi f. di pianura, apportando modifiche al loro corso, collegandoli attraverso canali, costruendo porti fluviali e altre infrastrutture, raggiungendo accordi tra i paesi interessati.
A fronte di tanta utilità stanno aspetti negativi. I f. possono apportare grandi calamità, quali inondazioni di vasti territori a seguito di piene abnormi e improvvise, con distruzione di opere e perdite di vite umane: calamità naturali, ma anche, spesso, dovute a cattivo governo del territorio, a improvvide modifiche che distruggono vecchi equilibri senza crearne di nuovi. Inoltre, i f. hanno pure influenze di carattere politico: spesso segnano confini; a volte creano conflittualità tra Stati limitrofi per lo sfruttamento irriguo e idroelettrico, o anche per i danni ambientali che i rifiuti smaltiti in un paese possono recare ad altri paesi situati più a valle.
Fiumi e laghi internazionali Per f. e laghi internazionali si intendono quelli che attraversano o delimitano il territorio di più Stati, ciò che determina uno status giuridico particolare, rispetto a quello dei corsi d’acqua interamente compresi nel territorio di un unico Stato.
L’evoluzione del diritto internazionale fluviale è avvenuta per mezzo della prassi degli Stati, in particolare di accordi bilaterali e multilaterali conclusi tra Stati rivieraschi. Il fenomeno non è recente (Convenzione di Parigi sul Danubio del 1921; Trattato di Washington tra USA e Messico sul Colorado e il Rio Grande del 1944); ultimamente, tuttavia, si registra la tendenza verso accordi a carattere generale, che disciplinano la materia non solo dal punto di vista dello sfruttamento economico ma anche da quello della tutela ambientale. Esempi recenti sono: in Estremo Oriente, l’accordo per lo sfruttamento del basso Mekong (1996); in Europa, la Convenzione sulla cooperazione e l’uso sostenibile del Danubio (1994) e la Convenzione per la protezione del Reno (1999); in Africa, l’accordo ad interim tra il Mozambico, la Repubblica Sudafricana e lo Swaziland sulle acque dell’Incomati e del Maputo (2002).
Tentativi di codificazione e sviluppo progressivo del diritto internazionale in materia sono stati intrapresi dall’ONU e da istituzioni private. Tra questi spicca la Convenzione dell’ONU sugli usi dei corsi d’acqua internazionali diversi dalla navigazione (1997). La Corte internazionale di giustizia si è occupata di dirimere controversie tra gli Stati sull’utilizzazione di risorse idriche condivise (tra Argentina e Uruguay per il f. Uruguay, nel 2006; tra Costa Rica e Nicaragua per il f. San Juan, nel 2005; tra Benin e Niger per il f. Niger, nel 2005; tra Ungheria e Slovacchia per il f. Danubio, nel 1997).
A livello regionale, si possono citare alcuni accordi di cooperazione, come il Protocollo della SADC (Southern African Development Community) sulle acque condivise del 1995, emendato nel 2000, la Convenzione UNECE (United Nations Economic Commission for Europe) di Helsinki del 1992 in vigore dal 1996 (Convenzione sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali) e il Protocollo su acqua e salute (Londra, 1999). Si segnalano, infine, le ‘Regole di Berlino’ adottate nel 2004 dalla Conferenza dell’Associazione di diritto internazionale sul diritto delle risorse idriche.
Nelle civiltà primitive e antiche, orientali e occidentali, i f. sono stati venerati o sono presenti in racconti mitologici, sia in sé stessi, come carichi di energia sacrale, sia personificati in vere e proprie divinità. Nel mondo classico e mediterraneo la potenza generativa dei f. si rivela nei numerosi miti della nascita di un personaggio mitologico dalle nozze di un f. con una mortale o con una ninfa. Mentre l’aspetto di fecondatore, insieme a quello catartico e terapeutico, è condiviso con tutte le realtà acquee, è proprio solo del f., nel mondo antico, l’esser considerato progenitore di intere popolazioni. Si ha così testimonianza di veri e propri culti per divinità fluviali (lo Scamandro, lo Spercheo), che sono peraltro documentati anche nell’Europa barbarica (per es., i sacrifici dei Cimbri al Rodano). Tema frequente è quello del f. che i defunti devono attraversare, servendosi di un traghettatore infernale (Greci, Romani, Etruschi) o superando uno stretto ponte sospeso sull’abisso (musulmani, zoroastriani).
Nel mondo greco antico le più antiche figurazioni di divinità fluviali furono tauromorfe. Con il tempo, tuttavia, il toro si raffigurò con testa d’uomo e più tardi interamente con figura umana serbando, di taurino, le sole corna. Nel 4° sec. a.C. compare spesso il tipo di giovane nudo, spesso senza corna. Talvolta il f. fu rappresentato anche sotto l’aspetto di altri animali (serpente, orso, cane). Prevale poi nell’ellenismo il tipo di uomo barbuto, sdraiato, seminudo: celebri le statue del Nilo (Musei Vaticani) e del Tevere (Museo del Louvre); tipica la rappresentazione del Danubio come vecchio barbato con capelli cinti da canne palustri (Colonna Traiana). Frequente attributo del f. resta l’anfora da cui esce l’acqua, che è l’unico elemento che lo rende riconoscibile nell’iconografia bizantina e medievale. Il Rinascimento ritorna all’iconografia classica, ma con infinite varianti. Tra i monumenti più eleganti e geniali dell’iconografia fluviale nell’età barocca si devono indicare la fontana, di G.R. Donner, per il Cornmarkt di Vienna, e l’originalissima fontana dei quattro fiumi, di G.L. Bernini, in piazza Navona a Roma.