Genere di spettacolo misto di musica, danza e prosa, legato da un sottile filo conduttore che offre il pretesto per una serie di quadri o scenette, d’intonazione comica o ironica, ispirati all’attualità.
La parola revue (da cui l’italiano rivista) compare per la prima volta nel 1728 in un lavoro di P.F. Biancolelli e G.A. Romagnesi; già agli inizi del 18° sec. si rappresentavano a Parigi nelle baracche delle Foires revues de fin d’année, in cui venivano passati in rassegna (in rivista) i fatti dell’attualità, con frequenti allusioni satiriche e polemiche. Nelle sue caratteristiche attuali la r. nacque nella seconda metà del 19° sec., con i fratelli Cognard. Sul finire del secolo si afferma la revue à grand spectacle, in cui il testo tende a scomparire a vantaggio di un sontuoso apparato scenico e coreografico. Il modello fu esportato dalla Francia negli USA grazie soprattutto all’impresario F. Ziegfeld, noto per le sue annuali Follies.
L’anno di nascita della r. in Italia è il 1867; la prima r. è in dialetto milanese ed è rappresentata al teatro Fossati di Milano: Se sa minga di A. Scalvini e C. Gomes. Fino al 1922 la r. è realmente tale: nel testo passa in rassegna fatti e persone del giorno, sulla scena presenta questi personaggi, naturalmente in caricatura, per le musiche prende a prestito canzoni d’ogni tempo o brani d’opera adatti a essere parodiati. Dal 1923 al 1944, invece, è escluso ogni contenuto politico (ma a Napoli M. Galdieri tenta di opporsi alle limitazioni imposte dal regime fascista: Italia senza sole; Strade; Trottole; La r. che non piacerà ecc.). Nell’immediato dopoguerra, grazie alle mutate condizioni politiche, la r. conobbe un eccezionale rilancio. Oltre a C. Dapporto, N. Taranto e O. Villi, S. Tofano, Macario, trionfarono attori come Totò e A. Magnani (Con un palmo di naso, 1944), ma anche transfughi dal teatro di prosa e dal cinema (P. Borboni, V. De Sica, G. Cervi, C. Ninchi), e s’imposero autori nuovi come M. Marchesi, M. Metz, M. Monicelli e soprattutto Garinei e Giovannini, che predilessero la satira e l’attualità, ma in seguito furono autori di numerose lussuose riviste per W. Osiris. Negli anni 1950 la r. si orientò definitivamente verso lo spettacolo di gran varietà. Dal 1950 in poi a questo tipo di r. si affiancò inoltre un nuovo genere, la r. detta ‘di cervello’ o ‘da camera’, che voleva imporsi per l’intelligenza del contenuto (Il dito nell’occhio, Sani da legare, Senza rete, I saltimbanchi, Controcorrente). La concorrenza della televisione, insieme all’elevato costo delle messinscene, portò negli anni 1960 a una graduale diminuzione delle r. tradizionali; contemporaneamente andarono sempre più affermandosi le commedie musicali, da Rinaldo in campo a Enrico ’61 (1961), a Rugantino (1962) a Alleluja brava gente (1970), a Aggiungi un posto a tavola (1974-75). La commedia musicale è rimasta poi il modello prevalente, pur avendo subito anch’essa negli anni 1980 e nella prima metà degli anni 1990 una crisi, per i costi eccessivi e per la rarefazione di comici e soubrette.