Portogallo
Fino al sec. XI il P. non ebbe vita autonoma nell'ambito delle regioni iberiche essendo sotto il governo del re di León. Durante la ‛ reconquista ' cristiana si formò la contea di Coimbra (1064), di cui fu investito Sisenando, uno dei generali di Ferdinando il grande di León; e questa, unita ai territori liberati sotto Alfonso VI, dette luogo, alla fine del secolo, alla contea di P. il cui governo fu affidato a Enrico di Borgogna genero del re. Questi, approfittando delle lotte civili scoppiate nel León alla morte di Alfonso VI, consolidò la sua indipendenza nei confronti di Raimondo di Borgogna, marito dell'erede al trono Urraca. Alla sua morte, la moglie Teresa, figlia illegittima di Alfonso VI, si ribellò apertamente alla sovranità leonese, e così fece il successore Alfonso Henriques, il quale, dopo alterne vicende, fu riconosciuto re di P. da Alfonso VII (1143). L'Henriques, che prese il nome di Alfonso I di P., condusse con successo la lotta con i Musulmani, ampliando molto i suoi territori; la conquista proseguì sotto i re seguenti e infine nel 1297 il P. raggiunse i confini attuali. In tale periodo tuttavia non mancarono le rivolte intestine, tanto che papa Innocenzo IV nel concilio di Lione (1245) depose il re Sancio II sostituendolo con Alfonso III. Sotto il successore di questo, Dionigi (1279-1325), iniziò la politica marinara del P. e fu dato grande sviluppo all'economia e all'agricoltura. Alla morte di Ferdinando I (1383), ultimo della casa di Borgogna, doveva succedergli il re di Castiglia, suo genero; ma una rivolta intestina mise sul trono Giovanni Aviz, bastardo di re Pietro I, la cui casa regnò nel paese fino a tutto il '500.
Il Portogallo nell'opera Dantesca. - È da pensare che la conoscenza dantesca del P: e di persone e cose concernenti questo paese fosse assai limitata; del resto, prima del Cinquecento in Italia poco si sapeva in genere del Portogallo. D. non considerò nella giusta luce la grande figura del suo contemporaneo re Dionigi l'Agricola (quel di Portogallo, Pd XIX 139), incluso nella severa rassegna dell'aquila forse perché troppo impegnato in campo economico e specialmente marittimo, incurante al pari degli altri sovrani iberici di memorabili imprese di guerra. Altro personaggio di origine portoghese ricordato nel Paradiso è il famoso Pietro Ispano, papa Giovanni XXI (lo qual giù luce in dodici libelli, XII 134), ma di lui forse D. non sapeva fosse nato a Lisbona. In Cv III VIII 12 e in Mn II V 3 sono citati due passi di un'opera di s. Martino (nato in Pannonia nel sec. VI e vescovo della diocesi portoghese di Braga), la prima volta senza che sia nominato l'autore, la seconda sotto il nome di Seneca, come di solito avveniva nel Medioevo. Per ciò che riguarda la parte occidentale della penisola iberica, troviamo qualche accenno alla Galizia, al famoso pellegrinaggio di Compostella, presso il sepolcro dell'apostolo Giacomo (Vn XL 7, Cv II XIV 1, Pd XXV 17-18).
Se pensiamo alle tre lingue del gruppo ibero-romanzo e alle loro letterature, suscita qualche meraviglia il non trovare alcun accenno al castigliano e alla sua produzione letteraria, al portoghese e alla fioritura lirica gallego-portoghese. Eppure, D. sapeva che esistevano altre lingue nella penisola, oltre all'occitanica (VE II XII 3), e il gallego è ricordato, ad es., accanto ad altri idiomi romanzi, nelle Regles de trobar del catalano Jofre de Foixà, composte in Sicilia probabilmente nel 1289-1291 (cfr. ediz. Li Gotti, Modena 1952, 220-240). Per gli Yspani che parlano la lingua d'oc, dei noti passi di VE I VIII 6 e II XII 3, i limiti geografici non sono precisabili con esattezza, ma D. si riferiva probabilmente al dominio linguistico catalano o alle terre della confederazione catalano-aragonese (per gli Spani, cfr. anche Pd XXIX 101; e per un accenno di evidente ispirazione letteraria alla penisola iberica, Pd XII 46-51).
Fortuna di D. in Portogallo. Non si può dire che l'influsso dantesco nella cultura portoghese antica e moderna sia molto importante e fecondo, pari a quello di altri autori italiani, come Petrarca o Tasso. Si tratta, con qualche eccezione, per lo più di citazioni sporadiche, di tracce episodiche e di generica ammirazione.
Si ha notizia dell'esistenza nel Quattrocento di un codice dantesco nell'importante centro culturale del monastero di Alcobaça. Il cronista Gomes Eanes de Zurara mostra di conoscere bene la letteratura italiana e nomina l'Inferno dantesco: questa è forse la prima citazione esplicita di D. nella letteratura portoghese. Fra i numerosi Portoghesi che soggiornarono a Firenze in quel secolo ricordiamo Gomes Ferreira da Silva; qualche traccia della Commedia si ritrova in un suo trattato, la Virtuosa benfeitoria. Anche presso il contestabile Pedro de Portugal a cui il marchese di Santillana indirizzò la ben nota epistola, si nota accanto all'influsso importante del Boccaccio latino qualche reminiscenza di Dante. Nella letteratura ascetica del tempo l'anonimo autore del Bosco delleytoso, che occupa un bel posto nella storia della prosa portoghese, mostra qua e là di conoscere D. e Petrarca.
Alla fine del Quattrocento alla corte di re Giovanni II sono presenti vari personaggi italiani, e stretti sono i rapporti con l'Italia. Nell'importante silloge bilingue (portoghese e castigliano) del Cancioneiro Geral o de Resende (1516) sono presenti varie tracce di autori italiani, specie Petrarca e D., in diversi poeti (come João Manuel e Luís Anriques) e particolarmente nei due più notevoli della raccolta, Diogo Brandão e Duarte de Brito. Com'è naturale, è l'Inferno la cantica che questi poeti mostrano soprattutto di conoscere; ma questi pretesi influssi sono da ricondurre in limiti modesti. È assai probabile che questa limitata presenza dantesca nella lirica sia dovuta per la maggior parte al tramite della letteratura castigliana che ben conosceva l'italiana, anche attraverso varie traduzioni. La prima cantica viene allora tradotta per la prima volta anche in portoghese, secondo l'erudito ottocentesco José Maria da Costa e Silva, ma nulla si sa di questa versione. Nella famosa Menina e moça di Bernardim Ribeiro accanto alla tecnica della Fiammetta e a vari ricordi petrarcheschi si notano echi danteschi, specie dell'episodio di Francesca da Rimini, che risulta particolarmente fortunato nella letteratura portoghese. La notevole figura di Francisco de Sá de Miranda, vissuto a contatto con il Rinascimento italiano (soggiornò in Italia dal 1521 al 1526), costituisce il momento più importante per l'introduzione dell'italianismo, che nella lirica è petrarchismo in primo luogo, ma anche qua e là influsso dantesco: vengono usati i metri italiani (la ‛ medida nova ') e anche la terza rima. Sa de Miranda si vantava di possedere un esemplare della Commedia, che aveva acquistato a Venezia, e cita D. nelle sue poesie. Il grande teatro di Gil Vicente non è certo di tipo italiano, ma si è voluto vedere nella Trilogia das barcas il ricordo del viaggio dantesco. Più interessante risulta la conoscenza di D. presso Luis de Camões: al grande poeta D. è familiare, e il Cioffari ha dimostrato che il Paradiso è in vari luoghi fonte sicura per l'ordinamento dei cieli di Os Lusíadas e che si possono istituire talvolta raffronti puntuali di versi. Fra gli storici, Diego de Couto rivela la conoscenza di vari autori italiani, fra cui Dante.
Nel Seicento non manca la notizia della visione dantesca nella poesia epica, ad es. nel poema d'ispirazione biblica Novissimos do homem di Francisco Child Rolim de Moura, in cui l'imitazione della Commedia è degna di nota.
Anche se D. era conosciuto dai poeti dell'Arcadia Lusitana, il Settecento portoghese non poteva ovviamente vederlo nella giusta luce. Nell'interpretazione limitativa del valore di D. un buon conoscitore della cultura italiana, Francisco Bernardo de Lima, non accetta, come nota il Rossi, la posizione estremista del Bettinelli.
È il Romanticismo l'epoca in cui è più significativa la presenza dantesca in figure di primo piano, accanto all'altra, assai più notevole, del Tasso. D. è sentito soprattutto come poeta d'amore e come indomita e sofferta personalità umana (e in ciò D. e Tasso vengono avvicinati a Camões): il motivo dell'esilio e l'amore per la giustizia divengono anche elementi politici di questa sincera ammirazione. Nei Viagens na minha terra di Almeida Garrett traspare l'entusiasmo per D. uomo forte e sofferente nell'esilio; e un atteggiamento analogo si coglie in Herculano, buon conoscitore della letteratura italiana. João de Deus volge in portoghese tre volte, adattandolo, l'episodio di Francesca da Rimini, che è tradotto anche da José Ramos Coelho. Ci sono poi due versioni integrali dell'Inferno, una commentata di Joaquim Pinto de Campos (Lisbona 1886) e l'altra di Domingo Ennes (Lisbona 1887-[89]), con un prologo di Xavier da Cunha. Antero de Quental traduce l'invettiva contro l'Italia di Pg VI e intitola Divina Comédia un suo sonetto. Durante gli ultimi tre decenni del secolo è evidente l'interesse e l'ammirazione per D. in figure notevoli come il narratore Camilo Castelo Branco, il grande romanziere Eça de Queiroz, lo storico Oliveira Martins. António Carneiro illustra poi in una quarantina d'interessanti disegni la prima cantica.
In tempi più recenti si pubblicano due traduzioni complete della Commedia, una in prosa di Marques Braga (1955-58) e un'altra in terzine non rimate di vari autori, diretta all'inizio da Francisco Vieira de Almeida (1960-65). In occasione del VII centenario è uscita (Lisbona 1965) una Vida de D. (trad. dell'opera di M. Barbi) a c. di A. Fiorilli, con introduzione di A. Chiari e con scelta di testi danteschi tradotti da G. Manuppella ed E. Reali, ed è stata ripubblicata (Lisbona 1965) l'ediz. del 1576 della Vita di D. del Boccaccio. Più numerose sono le traduzioni nel portoghese del Brasile (v.), fra cui assai notevole quella di José Pedro Xavier de Pinheiro (1888, ma pubblicata integralmente nel 1907). In Brasile è uscita anche la traduzione delle opere complete di Dante (San Paolo 1957-58, 10 volumi).
Bibl. - Per la presenza del P. in D., cfr. J. Leitão, Don Denis di P. nella D.C., in " Giorn. d. " XXX (1927) 229-230; G.C. Rossi, La letteratura italiana e le letterature di lingua portoghese, Torino 1967, spec. 44-45.
Per la fortuna di D. in P. in generale, un completo quadro riassuntivo si ricava dal cit. libro del Rossi. Dello stesso autore cfr. anche D. in P. e in Brasile, in " Idea " III (1951) n. 13, 4 e Storia della letteratura portoghese, Firenze 1953, passim. Per le commemorazioni del 1965 e i contributi alla letteratura critica, cfr. " Estudos italianos em Portugal " XXV (1965) 249-253, 273-275. Importanti sono gli studi di H. de Campos Ferreira Lima, D. em Portugal e no Brasil. Ensaio biblio-iconografico, Lisbona 1939, e di G. Manuppella, Dantesca Luso-Brasileira. Subsídios para uma bibliografia da obra e do pensamento de D.A., Coimbra 1966. Cfr. anche M. Besso, La fortuna di D. fuori d'Italia, Firenze 1912; W.P. Friederich, Dante's Fame Abroad (1350-1850), Roma 1950 (non si occupa di D. in P., ma il capitolo sulla Spagna può riuscire di qualche utilità anche per il P.); L. Magnino, D. in P., in Maestro Dante, a c. di V. Vettori, Milano 1962, 95-107; E. Esposito, Gli studi danteschi dal 1950 al 1964, Roma 1965, 116 e 122; S. Castro, D. in P. (1922-1964), in D. nel mondo, a c. di V. Branca ed E. Caccia, Firenze 1965, 365-367 (e D. in Brasile, ibid., 63-70).
Per questioni particolari cfr. T. Braga, Sà de Miranda e a Escola Italiana, Porto 1896; F.M. de Sousa Viterbo, D., o Marques de Santilhana e Bernardim Ribeiro, in " A Revista " I (1903-1904); Ferreira da Cunha, D., Camões e Garrett, in " A Revista " I (1903-1904), II (1905); A. Pellizzari, P. e Italia nel sec. XVI, Napoli 1914; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino 1922; G. Vitaletti, Le imitazioni dantesche contenute nel " Cancioneiro Geral " di Garcia de Resende, in " Giorn. d. " XXX (1927) 52-62; A. Farinelli, Italia e Spagna, II, Torino 1929; J. Scudieri Ruggieri, Il Canzoniere di Resende, Ginevra 1931; ID., Primi contatti letterari fra Italia e P., ecc., in Relazioni storiche fra l'Italia e il P., Roma 1940, 91-112; V. Cioffari, Camões and D.: A Source Study, in " Italica " XXV (1948) 282-295; L. Cabral de Moncada, Italia e P. nel settecento, Lisbona 1949; A. Candiago, Antonio Carneiro illustratore di D., in " Estudos italianos em Portugal " XXIII (1964) 3-20 (pubblica anche tutti i disegni); M.I. de Castro, O. Guerra, A. Rodrigues, Traduzioni dal Canzoniere di D., [ibid., 21-24; L. di Poppa, Gil Vicente e D., in " Diário de Notícias " dic. 1965, 13.