Insieme di piante arboree distribuite su una vasta superficie di terreno. La distinzione tra f., bosco e selva, non sempre facile, si basa essenzialmente sulla estensione, sull’abbondanza e sulla regolarità della vegetazione. Un bosco naturale, vergine, è più comunemente detto f.; mentre il bosco propriamente detto è di norma un ceduo o una fustaia ed è oggetto di selvicoltura.
Le aree che in origine non erano naturalmente ricoperte di f. sono quelle troppo aride o umide per consentire la vita delle piante arboree. A nord la f. si estende fino al limite degli alberi (timberline), oltre il quale vi sono vegetazioni di tundra e ghiacciai perenni. Qui manca una stagione annuale di attività vegetativa di lunghezza adeguata; analogamente, esiste un limite altimetrico, ove le catene montuose sono abbastanza elevate. Il 22% delle terre emerse è occupato da f.; vi contribuiscono le conifere per oltre il 35% (pini, abeti, larici, cedri, araucarie, tsughe, cipressi, sequoie ecc.), le latifoglie temperate con il 15% (querce, faggi, aceri, pioppi, betulle, ontani, castagni, salici, olivi ecc.), le latifoglie tropicali con circa il 50%. Nelle aree tropicali le specie sono molto più numerose che altrove; la f. consta di diversi piani di vegetazione, in quanto molte specie possono vivere in un piano dove la luce è schermata dalla chioma di alberi più alti.
Dal punto di vista ecologico, nel senso della latitudine si possono distinguere, a partire dall’equatore, i seguenti biomi: f. equatoriali pluviali a latifoglie sempreverdi, che occupano le zone intorno all’equatore in cui le precipitazioni superano gli 80-90 cm annui, distribuite nel corso dell’anno in una o due stagioni delle piogge. L’escursione termica giorno-notte è maggiore di quella stagionale. Questo bioma è caratterizzato da una netta stratificazione in tre piani: uno di piante molto alte, svettanti, con distribuzione irregolare; un baldacchino di piante alte 20-30 m; uno strato di sottobosco, fitto solo se si interrompe lo strato precedente. Molto sviluppate le piante epifite (felci, bromeliacee, orchidee) e rampicanti.
F. subtropicali a latifoglie sempreverdi, in zone caratterizzate da umidità elevata, e differenze di temperatura inverno-estate non molto marcate.
F. temperate decidue, diffuse in zone con precipitazioni uniformi e abbondanti, temperatura moderata, nette differenze stagionali; originariamente molto diffuso, è il bioma che più risente delle modificazioni operate dall’uomo. Comprende molte tipologie, dominate da specie diverse (per es., a faggi e aceri, querce e castagni ecc.); lo strato di sottobosco è ben sviluppato.
F. temperate di conifere, caratterizzate da umidità molto notevole, temperatura moderata; le specie dominanti sono: conifere, quali abete canadese (Tsuga heterophylla), albero della vita (Thuya plicata), abete (Abies grandis), abete douglas (Pseudotsuga), sequoia. La vegetazione del sottobosco è sviluppata; molto abbondanti le piante igrofile (per es., muschi); la biomassa dei produttori è molto abbondante. F. di conifere boreali, diffuse in aree con temperatura e umidità più basse del bioma precedente, e periodicità stagionale notevole; caratterizzate da una o due specie dominanti (abete, pino, larice) e da sottobosco scarso. Tipico il profilo formato in seguito alla decomposizione delle foglie aghiformi, detto a podsol.
Le formazioni forestali svolgono azione mitigatrice del clima e hanno un’importante funzione contro il dissesto idrogeologico. Negli ultimi decenni del 20° sec. si è tuttavia sviluppato il fenomeno della progressiva riduzione di estese aree forestali, giunto alla rilevante dimensione di circa 10-11 milioni di ettari all’anno. È questo uno dei più gravi problemi ecologici, dalle importanti conseguenze sociali, sia nei paesi sviluppati sia in quelli del Terzo mondo. La fascia forestale intertropicale è la più minacciata, e ha subito, nel 20° sec., una diminuzione di circa il 45%. I più frequenti fattori di degradazione e distruzione delle superfici boschive sono gli incendi e le piogge acide. Queste sono una conseguenza degli scarichi industriali nell’atmosfera di fumi e polveri acidi; gli incendi, spesso dolosi e legati a fatti speculativi nelle medie latitudini, sono ricorrenti nei paesi tropicali, ove costituiscono il mezzo più comune per conquistare nuove aree al pascolo e all’agricoltura. Essi favoriscono peraltro la rapida desertificazione delle zone diboscate e determinano mutamenti climatici rilevanti, incidendo soprattutto sui regimi di temperatura e di umidità. Il problema è di difficile soluzione per l’entità degli investimenti annui che sarebbero necessari, e, prima ancora, per la scarsa sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale e per l’arretratezza economica e culturale di molti paesi colpiti.
F.-parco Formazione savanoide delle regioni tropicali secche, costituita da alberi distanziati, che perdono le foglie nella stagione secca, con sottobosco raggruppato in macchia e ampie radure coperte da alte Poacee perenni, che si seccano nei mesi asciutti. F-parchi si hanno particolarmente in Africa e nell’America Meridionale.