Tratto più o meno esteso di terreno coperto di erbe spontanee che non vengono falciate, totalmente o in parte consumate sul posto dagli animali erbivori.
P. permanenti molto ricchi sono diffusi dove esistono favorevoli condizioni di vegetazione per fertilità del suolo, mitezza del clima o per possibilità di irrigazione (Olanda, Inghilterra, vallate delle Alpi ecc.); qui l’utilizzazione viene fatta per gran parte dell’anno e con bestiame stazionario. Nelle condizioni opposte hanno grande diffusione p. permanenti poveri che costituiscono l’unico modo di valorizzazione del suolo nei paesi ad agricoltura primitiva, povera o poco progredita, come pure nei climi sfavorevoli alla vegetazione per eccesso di freddo o di siccità; in questi casi l’utilizzazione viene fatta con bestiame transumante. In Italia i p. permanenti sono diffusi principalmente nelle zone alpine e appenniniche. In diverse regioni d’Italia si cerca di migliorare i p. mediante sistemazione e consolidamento del terreno, estirpazione dei cespugli, prosciugamento di acquitrini, miglioramento della cotica erbosa (semine di foraggere più utili o più adatte, quali Leguminose e Graminacee), impianti d’irrigazione e altri lavori.
Il p. costituisce il primo trasferimento di energia nella rete alimentare ed è la base energetica da cui dipendono sia la struttura sia la complessità degli ecosistemi. L’energia che i vegetali (produttori primari autotrofi ➔ autotrofia) forniscono agli erbivori mantiene l’intera rete trofica di un ecosistema, pur modificandosi quantitativamente e qualitativamente nei trasferimenti tra i vari livelli. L’energia si riduce quantitativamente da un livello trofico al successivo, e dunque una elevata disponibilità energetica a livello degli autotrofi permetterà al sistema di sostenere una struttura più articolata; inoltre, l’energia si modifica e diventa sempre più concentrata, sostenendo organismi con richiesta energetica diversificata.
Da un punto di vista energetico, la quantità di produzione primaria utilizzata con il p. è molto bassa nelle foreste, intermedia nelle praterie e massima negli ambienti acquatici. Ciò dipende dal fatto che nelle comunità acquatiche gran parte degli autotrofi viene consumata dagli erbivori, mentre nelle comunità terrestri la maggior parte dell’energia passa attraverso la via del detrito. Le differenze possono essere imputate alla maggiore digeribilità degli autotrofi acquatici rispetto a quelli terrestri.
Il p. ha una forte influenza anche sulla dinamica di popolazione dei produttori in quanto limita la produzione di semi, situazione utilizzata nella lotta biologica contro le piante infestanti. L’influenza del p. sulle piante è evidenziata anche dalla presenza dei numerosi sistemi di difesa chimica e strutturale che le piante utilizzano contro i loro consumatori. Il p., influenzando fortemente la dinamica delle singole popolazioni, è in grado di modificare la struttura complessiva del sistema: gli erbivori selezionano il cibo, mantenendo sempre bassa la densità delle specie preferite e favorendo così altre specie meno appetite. Le praterie sottoposte a intenso p. mostrano un’alterazione del climax, trasformandosi in formazioni arbustive, in quanto gli erbivori si cibano selettivamente delle Graminacee ma non di arbusti o Cactacee, che possono così prendere il sopravvento.