Stato dell’Africa settentrionale, confinante a O con la Tunisia e l’Algeria, a S con il Niger e il Ciad, a SE con la Repubblica del Sudan, a E con l’Egitto; a N si affaccia sul Mediterraneo con una linea di costa di 1770 km.
Il territorio libico è, per la quasi totalità, una porzione di quella immensa distesa desertica che, con forme prevalentemente tabulari, si estende, con il nome di Sahara, dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso. Se nella parte che si affaccia sul mare è agevole una partizione in quattro regioni naturali (Tripolitania, Gran Sirte, Cirenaica, Marmarica), non altrettanto può dirsi per la L. sahariana, che occupa circa il 95% del territorio. La Tripolitania, a O, consta di tre subregioni: la Gefara, o pianura costiera, il Gebel, o montagna, che incombe sulla pianura con una ripida e scoscesa scarpata (culminante a 968 m nel Gebel Nefusa), e il pianoro meridionale chiamato Ghibla, monotono tavolato solcato da letti di torrenti asciutti. La Gran Sirte, prosecuzione verso E della pianura tripolitana, prende nome dall’ampio golfo sul quale si affaccia: è una regione piatta o poco ondulata, sabbiosa, povera di acqua, ricoperta da steppe. Come prolungamento di quella sirtica si estende in Cirenaica la pianura bengasina, che va restringendosi verso E, dove l’altopiano (Gebel Akhdar, 872 m), formato da calcari terziari, si affaccia ripido sulla costa con un’imponente gradinata. Il nome Marmarica designa la regione a E della Cirenaica, in parte estesa anche in territorio egiziano: consta di un ripiano di modesta altitudine, arido, che scende al mare con larghi e bassi gradini, intagliati da solchi vallivi sempre asciutti, mentre all’interno declina insensibilmente verso il Deserto Libico.
A S delle regioni marginali ora descritte si estende, tra il confine algerino e quello egizio-sudanese, la più ampia e caratteristica parte del territorio libico, con i suoi desolati paesaggi desertici. Il paesaggio predominante è quello dell’erg, vasta distesa sabbiosa coperta di dune; tuttavia, a S del Gebel tripolino il deserto ha per vasti tratti l’aspetto di un tavolato roccioso (Hamada al-Hamra), al quale seguono più a S altri ripiani, ora nudi, ora mascherati da vaste coltri di sabbia e di ciottoli e solcati da numerosi uidian, ricchi di falde freatiche e costellati di oasi. Tutto il territorio che forma il Gebel cirenaico appartiene al Deserto Libico, che continua anche nel vicino Egitto. Deserto sabbioso e deserto ciottoloso si alternano a copertura della maggior parte della superficie, ma in alcuni tratti affiorano largamente anche arenarie nubiane, da cui, all’estremità sud-orientale, s’innalzano alcuni massicci isolati vistosamente frammentati e demoliti dall’azione erosiva.
Il clima della L. risente tanto degli influssi del Mar Mediterraneo quanto, e soprattutto, di quelli continentali del Sahara. Caratteristica saliente del paese è la mancanza o l’accentuata scarsità delle piogge, nonché la loro estrema variabilità da un anno all’altro. Esse, infatti, si mantengono al di sotto dei 400 mm annui nella fascia costiera e nell’immediato entroterra e vanno via via decrescendo con il procedere verso l’interno, dove si registrano valori bassissimi e anche nulli. Le temperature nelle località costiere sono miti d’inverno e non eccessive d’estate, per l’evidente azione moderatrice del mare: allontanandosi da questo salgono i valori estivi e si accentuano le escursioni diurne e annue (oltre 22 °C a Ghadames e 20 °C nel Fezzan).
A causa della scarsezza delle precipitazioni e della grande permeabilità del suolo (che su ampie superfici è formato da calcari carsificati) la L. manca di una vera e propria rete idrografica subaerea: i numerosi uidian rappresentano gli alvei di corsi d’acqua temporanei o sono testimoni dell’esistenza di fiumi perenni in epoche ormai lontanissime (uidian fossili). Nella fascia costiera tripolitana, come nelle aree depresse dell’interno, sono frequenti bacini lacustri (sebche) tanto poveri di acqua che nella stagione secca si prosciugano completamente e spesso si trasformano in vere saline. Peraltro, l’acqua non manca del tutto: infatti, alla circolazione superficiale se ne sostituisce una sotterranea, con falde più o meno ricche e tanto meno profonde via via che si procede verso la costa. Nella regione desertica centro-meridionale, in particolare, si trovano, a circa 800 m di profondità, enormi quantità di acque fossili risalenti a 3500-5000 anni or sono, risorsa di straordinario valore per un paese oppresso dall’aridità.
La popolazione è costituita sostanzialmente da un antichissimo substrato berbero (camitico), autoctono, al quale si è sovrapposto (in parte sostituendolo, in parte fondendosi con esso) il nuovo elemento etnico, semitico, sopraggiunto con le invasioni arabe del 7° e ancor più con quelle dell’11° secolo. Oggi gli Arabi e i Berberi arabizzati sono in netta predominanza (97%). L’elemento italiano rappresentava nel 1936 ben il 13% dell’intera popolazione, ma si era ridotto fortemente già negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale; nel 1970, poi, i drastici provvedimenti del governo libico costrinsero la comunità italiana a lasciare definitivamente il paese.
A fornire elementi attendibili sulla consistenza della popolazione libica concorsero, nella prima metà del 20° sec., i censimenti effettuati dagli Italiani nel 1931 e nel 1936: l’aumento registrato tra le due date (da 704.700 a 848.000 unità) fu dovuto principalmente all’immigrazione di agricoltori italiani e in sottordine all’incremento naturale. Quest’ultimo è stato, invece, determinante per l’aumento demografico postbellico: infatti, il tasso di natalità si è mantenuto a lungo su valori elevatissimi, superiori al 40‰ (mentre nel 2009 appariva ridotto al 25,1‰, a fronte di un tasso di mortalità sceso al 3,4‰). Ne è derivato un accrescimento notevolissimo che in alcuni periodi, durante i quali si è verificata anche una cospicua immigrazione, ha sfiorato il 5%; nell’ultimo decennio del Novecento il saldo del movimento naturale si è attestato un po’ al di sopra del 2,2%. La popolazione assoluta, che era già di 1,1 milioni al censimento del 1954, risultava di 3,6 milioni al censimento del 1984 ed era salita nel 2009, secondo una stima, a circa 6,4 milioni. La densità media (4 ab./km2) rivela che la L. è un paese assai scarsamente popolato, ma nulla dice sull’effettiva distribuzione spaziale della popolazione, fortemente concentrata nella fascia costiera e in particolare attorno ai grandi centri urbani di Tripoli e Bengasi (la popolazione urbana libica ammonta all’80%); procedendo verso l’interno, il velo umano si rarefà ed è limitato alle sole oasi.
La lingua ufficiale è l’arabo, ma presso alcune tribù è in uso anche il berbero.
La religione della quasi totalità della popolazione (97%) è quella musulmana sunnita.
L’economia libica dipende primariamente dal petrolio, che contribuisce per il 95% al valore delle esportazioni. I primi giacimenti d’importanza commerciale furono scoperti nel 1955, ma la commercializzazione del greggio ha avuto inizio solo nel 1961. I profitti dell’industria petrolifera e l’ingente afflusso di valuta estera assicurano ai cittadini libici uno dei più alti livelli di reddito pro capite dell’Africa, anche per la scarsa numerosità della popolazione. L’improvviso aumento della ricchezza nazionale si è tradotto in un miglioramento delle infrastrutture e dei servizi, cui però non ha corrisposto, almeno in un primo tempo, un adeguato sviluppo degli altri settori produttivi, in particolare dell’agricoltura. La timida crescita industriale manifestatasi alla fine degli anni 1980 è stata frenata dalla politica socialisteggiante di M. Gheddafi e successivamente dall’isolamento dovuto alle pesanti sanzioni economiche applicate al paese per iniziativa degli USA, convinti del coinvolgimento della L. in azioni terroristiche contro obiettivi occidentali. Dopo la sospensione delle sanzioni (2003-04), il governo libico ha dato segni di voler intraprendere una transizione verso un’economia maggiormente basata sul mercato e largamente aperta all’apporto di capitali stranieri, non solo nei rami petrolchimico e delle infrastrutture, ma anche in altri comparti. Complessivamente il quadro economico e sociale libico si presenta migliore di quello di altri paesi dell’area, com’è attestato anche dalla posizione della L., al 64° posto, nella graduatoria mondiale relativa all’indice sviluppo umano (calcolato dalle Nazioni Unite combinando tre indicatori particolarmente significativi: speranza di vita alla nascita, 76,9 anni; tasso di alfabetizzazione, 82,6%; reddito pro capite, 12.300 dollari a parità di potere d’acquisto [dati 2006]).
Al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio come unica fonte di reddito, il governo libico punta soprattutto sullo sviluppo dell’agricoltura; ma le condizioni climatiche difficili e la povertà dei suoli (oltre il 95% del territorio del paese è desertico) limitano fortemente la produttività del settore primario, mentre il concomitante aumento della popolazione e dei redditi comporta consumi alimentari crescenti. Per l’autoconsumo (la produzione di alimenti copre appena il 25% del fabbisogno) hanno importanza l’orzo e il grano, nonché pomodori, patate e arachidi, le cui produzioni, al pari delle altre, sono soggette a oscillazioni quantitative nel corso del tempo. La palma da datteri è l’essenza più significativa delle oasi, dove peraltro trovano spazio le colture ortive, gli agrumi, il tabacco, le piante da foraggio; nell’ambito delle colture legnose un posto di rilievo hanno l’olivo e gli alberi da frutto. Diffuso un po’ dappertutto, l’allevamento trova nella Cirenaica le condizioni ambientali più favorevoli. Il patrimonio è soggetto a oscillazioni numeriche in rapporto alle variazioni quantitative e distributive delle piogge. Agli ovini e ai caprini, i più numerosi, seguono, distanziati, i bovini e i camelidi. Il governo attribuisce un’importanza prioritaria alla valorizzazione di nuove risorse idriche, allo scopo di ampliare la superficie coltivata e assicurare l’autosufficienza alimentare. A tale scopo è stata intrapresa nel 1984 la realizzazione di un faraonico progetto, noto come Grande fiume artificiale, per convogliare le acque captate da falde freatiche profonde nel sottosuolo dei deserti interni. La rete (quasi 4000 km) di gigantesche tubature sotterranee, è stata progettata per trasportare 5 milioni di metri cubi di acqua al giorno e permettere di accrescere la superficie coltivata (che nel 1991 misurava 327.000 ha) di oltre 200.000 ha.
Se si esclude il petrolio, il sottosuolo libico non ha finora rivelato la presenza di risorse minerarie convenientemente sfruttabili. L’era del petrolio è cominciata con le scoperte del 1955, ma solo nel 1959, dal campo di Zelten (nell’entroterra cirenaico), scaturiva il primo getto di greggio. Da allora le scoperte si sono susseguite a catena sia in Cirenaica sia nel Fezzan e altrove. I principali giacimenti si trovano a Mabruk, Hofra, Beda, Zelten, Augila e Serir, collegati mediante oleodotti con i terminali d’imbarco sulla costa (Sidra, Ras Lanuf, Marsa Brega, dotato pure di una raffineria, ez-Zuetina e Hariga, presso Tobruk). La produzione ha fatto registrare un aumento vertiginoso fino a sfiorare i 162 milioni di t di greggio nel 1970; in seguito, per la crisi energetica internazionale e, più tardi, per vicende politiche, calava a meno di 50 milioni di t nel 1988 (poi risaliti a 83,8 nel 2006), in gran parte diretti verso l’Europa. Con il petrolio viene estratto dal sottosuolo il gas naturale, che un gasdotto da Raguba-Zelten trasporta a Marsa Brega, dove viene in parte liquefatto e quindi esportato; un altro gasdotto è in funzione fra Dahra e Sidra.
Per quanto riguarda le attività industriali, tra quelle che si sono più sviluppate si segnalano le raffinerie di petrolio, la chimica, l’edilizia con il relativo indotto (cementifici), accanto alle industrie che producono minuterie metalliche, tubi di acciaio, componenti per impianti elettrici, impianti per la dissalazione delle acque marine e per le centrali elettriche. Tra quelle tradizionali, in parte già avviate all’epoca della colonizzazione italiana, sono state potenziate in particolare le industrie di trasformazione dei prodotti agro-zootecnici (alimentari e tessili), cui si affiancano manifatture di tabacco, calzaturifici, saponifici ecc. Altre, di dimensioni artigianali, si occupano della concia delle pelli, della lavorazione di argenterie, della manifattura di tappeti e della confezione di indumenti tradizionali.
Le comunicazioni terrestri sono assicurate dalle strade, prolungate e migliorate: 25.000 km, di cui 8700 asfaltati. Asse principale è la litoranea che, costruita dagli Italiani e in seguito rimodernata, si sviluppa per 1820 km dal confine tunisino a quello egiziano; da essa si staccano varie strade di penetrazione (al servizio dell’ estrazione del petrolio, o per i collegamenti delle più importanti oasi, o dirette verso le frontiere del Ciad e del Niger). Le esportazioni (greggio e derivati della raffinazione) hanno il loro principale mercato di sbocco in Italia, che assorbe circa il 40% delle merci in uscita; le importazioni vedono al primo posto ancora l’Italia. Grazie alla progressiva riapertura dei rapporti internazionali, è in ascesa il turismo, diretto ai siti archeologici (Leptis Magna, Sabratha) e nel deserto.
Con la formazione del regno libico, nel 1951, elementi costitutivi del nuovo Stato indipendente divennero la Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan.
Tripolitania e Cirenaica furono annesse dall’Italia in seguito alla guerra italo-turca (1911-12). L’occupazione italiana giunse fino al Fezzan nel 1913, ma nella Prima guerra mondiale fu respinta dalla guerriglia locale sulla zona costiera. Ripresa dal 1922, la penetrazione militare italiana si scontrò, soprattutto in Cirenaica, con i Senussi (➔) guidati da ‛Omar al-Mukhtār. Solo dopo la deportazione di massa della popolazione del Gebel, base attiva della resistenza, gli Italiani, guidati da P. Badoglio, governatore per la Tripolitania e la Cirenaica, sconfissero le forze arabo-berbere e catturarono al-Mukhtār (1931), che fu condannato all’impiccagione. Nel 1934 i territori libici furono riuniti in un governatorato generale guidato da I. Balbo, e nel 1939 la zona costiera, divisa nelle province di Tripoli, Misurata, Bengasi e Derna, entrò a far parte del territorio metropolitano. La realizzazione di infrastrutture fu accompagnata dal trasferimento massiccio di coloni italiani; le proprietà terriere della popolazione libica furono ripetutamente espropriate e l’assetto economico della regione fu alterato dall’adozione di nuove colture e dall’interruzione forzata degli scambi con la popolazione egiziana.
Nel corso della Seconda guerra mondiale, Tripolitana e Cirenaica furono occupate dalla Gran Bretagna e il Fezzan dalla Francia. Nel 1949, dopo il rifiuto del cosiddetto piano Bevin-Sforza (che prevedeva un’amministrazione fiduciaria italiana in Tripolitana, inglese in Cirenaica e francese in Fezzan), l’ONU indicò il 1° gennaio 1952 come data della futura indipendenza libica.
Promulgata la Costituzione nel 1951, Muḥammad Idrīs as-Sanusi, emiro di Cirenaica e Tripolitania designato re dall’Assemblea nazionale, proclamò l’indipendenza del Regno Unito di Libia. All’indomani delle prime elezioni per il Parlamento federale (1952), i partiti furono messi al bando. La collocazione internazionale del nuovo Stato, entrato nella Lega araba nel 1953 e nell’ONU nel 1955, fu condizionata dalla debolezza economica e dai legami con le potenze occidentali, soprattutto Gran Bretagna e USA, che si erano impegnati, in cambio della concessione di basi militari, all’erogazione di aiuti economici e all’assistenza militare. La scoperta di giacimenti petroliferi, nella seconda metà degli anni 1950, modificò profondamente le prospettive economiche della L., sia pure a lungo termine, rafforzando allo stesso tempo i vincoli con l’Occidente (lo sfruttamento dei giacimenti fu affidato a compagnie occidentali). Nel 1963 fu abolita la forma di governo federale e stabilito uno Stato unitario. Il conservatorismo interno e la politica estera filooccidentale suscitarono nel paese un diffuso malcontento che rese possibile il rovesciamento incruento della monarchia e la proclamazione della Repubblica Araba di Libia il 1° settembre 1969.
All’interno del nuovo regime, di composizione militare, emerse come leader il colonnello M. Gheddafi (al-Qadhdhāfī); Idrīs andò in esilio in Egitto. Nel 1970 Gheddafi assunse la guida del governo e nel 1971 fu costituita l’Unione socialista araba, unico partito legale. Alla proclamazione del socialismo islamico quale idea guida del nuovo regime fece seguito l’equidistanza fra i due blocchi a livello internazionale. Fu rafforzata la presenza dello Stato nell’economia, in particolare nei settori bancario, petrolifero (nazionalizzato nel 1973) e commerciale. Vennero aperti negoziati con USA e Gran Bretagna per una rapida restituzione delle loro basi militari e furono espropriati i beni degli Ebrei e degli Italiani residenti in L., che abbandonarono quasi completamente il paese. L’ideale panarabo fu a lungo perseguito dalla L., che ripetutamente si impegnò in progetti di federativi con altri Stati arabi, che non superarono però le fasi preliminari. L’attività dispiegata sul piano regionale portò a tensioni con il Marocco e il Sudan (1971), cui fece seguito, con la rivendicazione e l’occupazione della striscia di Aozou (1973), durata fino al 1994, il coinvolgimento nella guerra civile in Ciad.
Una nuova Costituzione, nel 1977, in base a cui fu proclamata la Jumāhīrīyah («Stato delle masse») araba libica socialista popolare, mutò sostanzialmente l’assetto ideologico e gli ordinamenti della L., dove fu formalmente instaurato un sistema di governo ispirato alla democrazia diretta; in realtà il potere rimase concentrato nelle mani di Gheddafi, che nel 1979 assunse il ruolo di ‘leader della rivoluzione’. I primi anni della Jumāhīrīyah videro ulteriori riforme di impronta socialista delle strutture economiche e alla radicalizzazione ideologica del regime fece seguito un irrigidimento repressivo sul piano interno. La politica estera, improntata a un nazionalismo arabo fortemente antisraeliano e antioccidentale, fu orientata inoltre all’appoggio a movimenti di liberazione nazionale. I rapporti con l’Egitto, già molto tesi dal 1973, si deteriorarono fino alla rottura delle relazioni diplomatiche nel 1979, in seguito alla firma della pace fra Egitto e Israele.
Ripetute tensioni con altri paesi arabi, così come con la dirigenza dell’OLP, caratterizzarono i rapporti regionali. Il rafforzamento delle relazioni con i paesi del blocco comunista fece seguito al peggioramento dei rapporti con gli USA e con altri paesi occidentali che accusarono la L. di essere coinvolta in episodi di terrorismo internazionale. Il crescente isolamento internazionale aggravò le difficoltà economiche della L., legate al calo delle esportazioni petrolifere e alla fine del decennio, accanto ad alcune misure di liberalizzazione del regime, fu avviata una politica economica di parziale riapertura all’iniziativa privata. Nel 1992 nuove accuse di coinvolgimento in atti di terrorismo internazionale (in particolare alla L. fu attribuita la responsabilità dell’attentato in seguito al quale nel 1988 un aereo americano esplose e si schiantò sulla cittadina scozzese di Lockerbie provocando la morte di 270 persone) spinsero il Consiglio di sicurezza dell’ONU a varare l’embargo contro la Libia. La crisi economica degli ultimi anni 1990 favorì la crescita dei gruppi fondamentalisti islamici, a fronte della quale il regime adottò una politica repressiva alternata a misure conciliatorie e di islamizzazione della società, in virtù di una più stretta applicazione di provvedimenti ispirati alla sharī´a. Rimasero comunque difficili i rapporti con l’élite religiosa tradizionale, che rivendicava un maggior controllo sulla vita religiosa del paese.
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, Gheddafi ha attuato una svolta tesa a far uscire la L. dall’isolamento internazionale. Sottolineata la propria opposizione al terrorismo di matrice islamica, Tripoli ha ripreso i colloqui con gli USA e altri paesi occidentali. Passi successivi sono stati nel 2003 la rinuncia a condannare l’invasione dell’Iraq, il riconoscimento delle proprie responsabilità in atti terroristici internazionali e l’annuncio dell’abbandono di ogni piano per la costruzione di armi di distruzione di massa. Ciò ha condotto alla revoca delle sanzioni internazionali e alla ripresa dei rapporti politici ed economici con l’Occidente. Con l’Italia la L. nel 2008 ha firmato un trattato con il quale, in cambio del rafforzamento degli scambi commerciali e della lotta all’immigrazione clandestina, ha ottenuto l’impegno alla costruzione di infrastrutture come risarcimento del periodo coloniale.
Nel febbr. 2011, sulla scia di un più vasto movimento di protesta che ha investito tutto il Medio Oriente, ha avuto inizio anche in L. una serie di sollevazioni popolari. Dopo l’assunzione ufficiale, nel marzo successivo, del comando delle operazioni militari da parte della NATO, e la formazione di un Consiglio nazionale di transizione composto da vari esponenti delle forze dissidenti autoproclamatosi l’unico legittimo rappresentante della Repubblica libica e capeggiato da M. Jibril, il conflitto ha registrato esiti alterni: all’iniziale presa di controllo del settore orientale del paese e di numerosi centri del settore occidentale da parte dei ribelli hanno fatto seguito mirati contrattacchi dei lealisti volti a riguadagnare il controllo su tali regioni. Tale situazione di stallo è perdurata fino all’agosto 2011, quando le forze ribelli hanno assunto il controllo di aree strategiche alla periferia di Tripoli e dell’importante centro di Zawiyah in cui sorge una delle più grandi raffinerie di petrolio della Libia, avanzando poi fino alla capitale e conquistando Bāb al-Azīziyyah, il bunker-caserma ritenuto la roccaforte di Gheddafi, pur senza riuscire a catturare il dittatore. Il 20 ottobre, a due mesi dalla caduta di Tripoli, le truppe del Consiglio nazionale di transizione hanno conquistato Sirte, città natale di Gheddafi, assumendo il controllo delle ultime postazioni ancora in mano ai lealisti e uccidendo il ràis in quella che è stata l'ultima battaglia contro il regime.
Il 23 ottobre 2011 a Bengasi il premier Jalil ha proclamato ufficialmente la liberazione del paese nordafricano, promettendo un futuro di pace e di democrazia, e rimettendo il mandato nelle mani di A. Tarhuni, anch'egli premier ad interim, sostituito dopo pochi giorni da A.A el-Keib; il 31 ottobre è inoltre ufficialmente terminato l'intervento militare della NATO nel Paese. Nell’agosto del 2012, a seguito delle consultazioni tenutesi il mese precedente - le prime elezioni libere dopo oltre quaranta anni di regime – il Consiglio nazionale di transizione ha ufficialmente ceduto tutti i poteri al Congresso nazionale generale, di cui è stato nominato presidente M.Y. el-Magariaf. Nell’ottobre 2012, dopo le dimissioni del primo ministro M. Abushagur che aveva assunto la carica nel mese precedente subentrando a el-Keib, il Congresso nazionale ha designato al suo posto Ali Zidan, ex ambasciatore e oppositore di Gheddafi; ma la lunga fase di transizione iniziata con il conflitto civile e il crollo del regime si è rivelata molto complessa, e il Paese ha vissuto nel 2013 una gravissima crisi politica: deposto Abushagur a seguito della sfiducia votata dal Parlamento nel marzo 2014, al premier è subentrato ad interim il ministro della Difesa A. al-Thani. Le elezioni per il nuovo Parlamento libico tenutesi nel giugno successivo hanno registrato la vittoria delle forze liberali su quelle islamiste, e a settembre il nuovo governo ristretto del premier al-Thani ha ottenuto il voto di fiducia del Parlamento, riunito a Tobruk per motivi di sicurezza, ma nel mese di novembre - in un Paese ormai divenuto teatro operativo di formazioni estremiste e politicamente parcellizzato - la Corte suprema ha giudicato incostituzionale tale Parlamento, pur riconosciuto dalla comunità internazionale, e il Congresso generale nazionale a maggioranza islamista decaduto con le elezioni di giugno ha eletto un proprio premier, O. al-Hassi, sfiduciato nel marzo 2015 in vista di una ripresa dei negoziati con il governo di Tobruk. Preoccupata dal radicamento di cellule dell’autoproclamato Stato islamico nel paese – prima a Derna e poi in particolare nella città di Sirte – la comunità internazionale si è impegnata in un processo di mediazione tra le parti in conflitto. Le fazioni coinvolte nel dialogo politico hanno siglato un accordo nel dicembre del 2015 per la costituzione di un governo di unità nazionale; nello stesso mese è stato designato premier F. al-Sarraj. Il nuovo governo di unità nazionale, con capitale a Tripoli, guidato da al-Sarraj e composto da 32 ministeri, si è costituito nel gennaio 2016 nel quadro dell'accordo promosso dalle Nazioni Unite, ma il Parlamento di Tobruk, sostenuto dal generale K. Haftar, pur approvando l'accordo politico raggiunto dalle fazioni libiche in Marocco, non ha accordato la fiducia all'esecutivo. Nel marzo 2016, dopo tentativi aerei falliti per l'opposizione dell'autoproclamato esecutivo della capitale guidato da K. Ghwell, il premier è giunto a Tripoli via mare per prestare giuramento, sostenuto dalle Nazioni Unite ma in un clima di fortissime tensioni interne; nell'agosto successivo 61 dei 101 deputati del Parlamento di Tobruk si sono espressi contro l'esecutivo del primo ministro libico designato dall'accordo Onu. Una risoluzione del conflitto si è profilata solo nel luglio dell'anno successivo, quando Haftar e al-Sarraj hanno firmato a Parigi una dichiarazione congiunta condivisa sui princìpi di una transizione politica che prevede il cessate il fuoco e l'indizione di nuove elezioni; ciò nonostante, nell'aprile 2019 - dopo aver consolidato il proprio potere in Cirenaica, estendendo il suo controllo anche nel Fezzan, Haftar ha lanciato un'offensiva militare per prendere possesso di Tripoli. Nel febbraio 2021 i delegati delle fazioni libiche, sotto l'egida dell'Onu, hanno nominato un governo di transizione in carica fino alle elezioni, previste per la metà del 2022, guidato dal primo ministro ad interim A.H. Dbeibah e dal capo del Consiglio presidenziale M.Y. al-Menfi, subentrati al dimissionario al-Sarraj; nel febbraio dello stesso anno la Camera dei rappresentanti di Tobruk ha eletto all'unanimità nuovo premier F. Bashagha, insediatosi nel mese successivo con il sostegno di Haftar.
Nel settembre 2023 il settore orientale del Paesè stato devastato dal passaggio del ciclone Daniel, che ha causato piogge torrenziali e alluvioni causando un numero di vittime stimato in 20.000 e colpendo in particolare Derna, dove il crollo di due dighe ha quasi totalmente distrutto l'insediamento urbano.
La letteratura della L., dopo aver conosciuto una diffusione soprattutto con la poesia nel corso della dominazione turca e di quella italiana con ‛A. ar-Raḥīm al-Maghbūb, A. al-Faqīh Ḥasan, M. ibn Zikrī, M. ‛A. as-Sunnī e S. al-Bārūnī, ha visto affermarsi dopo la Seconda guerra mondiale anche la prosa. Nel 1943 la fondazione dell’associazione culturale ‛O. al-Mukhtār e nel 1955 la fondazione dell’università libica favorirono la formazione di una nuova generazione letteraria che rifletteva la situazione politica del paese. Tra i poeti di questo periodo: ‛A. Sidqī ‛Abd al-Qādir, M. al-Mahdī e ‛A. M. ar-Ruqay‛ī. La narrativa, diffusasi anche sulla scia di traduzioni e opere occidentali, assunse tratti realistici per descrivere i vari problemi dell’industrializzazione e del colonialismo con K. Ḥ. al-Maqhūr, ‛A. M. al-Miṣratī, K. at-Takbālī, e Y. ash-Sharīf. Tra gli altri scrittori, K. at-Tillīsī fu anche critico e italianista. Dopo la rivoluzione del 1969 i temi letterari hanno subito una forte ideologizzazione con una uniformizzazione dei contenuti. Tra il 20° e il 21° sec. una posizione di rilievo occupano ῾A. al-Quwayrī (al-Zayt waāl-tamar «L’olio e i datteri», 1980), che mette in evidenza la rapida dissoluzione dei valori della tradizione, B. al-Hāšimī, scrittore impegnato, che dà voce al mondo dei più deboli, e A.I. al-Faqīh (Urbuṭū aḥzimat al-maqā’id «Allacciate le cinture di sicurezza», 1968), che oltrepassa i limiti della letteratura realista e descrive l’uomo, la sua desolazione e la sua profonda solitudine. Un posto a parte occupa I. al-Kawnī (noto anche come I. al-Koni: Nazīf al-ḥaǧar, 1990, trad. it. Pietra di sangue, 1998) che rievoca, sul modello dei poeti preislamici, il deserto, protagonista indiscusso dei suoi racconti e simbolo di libertà.
I confini attuali della L. comprendono due regioni storiche, la Cirenaica e la Tripolitania, alle quali occorre fare riferimento per quanto riguarda l’età romana. In precedenza, gran parte del territorio corrispondente a queste regioni era stato colonizzato prima dai Fenici (fondazione di Sabrata e Leptis Magna), con il successivo contributo dei Cartaginesi, e poi dai Greci (fondazione di Cirene). Oltre agli importanti centri di Sabrata, Leptis Magna e Cirene, di cui rimangono consistenti tracce, sono da ricordare anche i siti di Apollonia, Barce, Oea (od. Tripoli), Tocra e Tolemaide, di origine greca, che offrono ricche testimonianze archeologiche fino al periodo della conquista araba.
Della breve presenza bizantina, cha ha preceduto l’arrivo degli Arabi nel 7° sec., rimangono solo alcune tracce, mentre significative rovine medievali islamiche restano a S di Bengasi. Gli avvicendamenti politici (dalle ingerenze dell’Impero ottomano a partire dal 1835, fino alla proclamazione della Repubblica negli anni 1960), sono culminati nella «rivoluzione culturale» (1973) che ha comportato la volontà di distruggere gli elementi anti-islamici e antiarabi che ne avevano lasciato traccia. Le manifestazioni di architettura vernacolare articolate nelle varie regioni (lungo la costa NO o nelle oasi del Sud) sono scomparse con la modernizzazione edilizia. Edifici in pietrame, malta, mattoni crudi, legno, stucco, sopravvivono lungo la costa nella storica regione della Cirenaica. Intorno al Fezzan edifici dalle mura merlate con torri angolari ricordano l’architettura dell’Algeria. A Ghadames la città vecchia, divisa in due livelli, garantiva la separazione degli uomini dalle donne: il livello stradale riservato agli uomini e i percorsi sui tetti per le donne.
A seguito dei bombardamenti, italiani e francesi, la ricostruzione postbellica ha rammodernato gli edifici dotandoli di acqua corrente e impianti di refrigerazione. Moderni edifici hanno caratterizzato l’aspetto di Tripoli e Bengasi (università a Bengasi, su progetto di J. Cubitt, 1966-67 ecc.). Molte chiese sono state trasformate in moschee. L’arte moderna occidentale non si è mai affermata in L., dove la vita artistica è stata caratterizzata da singole individualità piuttosto che da movimenti. Tra gli artisti: M. al-Arnaouti, legato alla tradizione; A. Ubeid, A. Gana, T. al-Maghribi, formati alla scuola italiana; A. Omer Ermes, basato su un moderno linguaggio calligrafico.