L’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili.
Nel diritto internazionale contemporaneo il t. è compreso tra quei comportamenti individuali gravemente lesivi dei diritti umani fondamentali che si qualificano come crimini internazionali in base ai trattati in materia (cosiddetti treaty crimes), ma non per diritto consuetudinario (a differenza del nucleo consolidato di tali comportamenti illeciti: cosiddetti “core crimes”). Le prime manifestazioni terroristiche alle quali fu riconosciuto rilievo internazionale, cioè gli attentati contro capi di Stato e di governo, sovente di matrice anarchica, che si ripeterono tra il 19° e il 20° sec., determinarono l’adozione a Ginevra, il 16 novembre 1937, di due strumenti internazionali (la Convenzione per la prevenzione e la repressione del t. e quella per la creazione di una Corte penale internazionale), peraltro mai entrati in vigore a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale.
Nel secondo dopoguerra, alle nuove manifestazioni terroristiche, spesso collegate al processo di decolonizzazione e alla mancata o incompleta autodeterminazione dei popoli (il dirottamento forzato di aeromobili o di navi; il sequestro di persone soggette a speciale protezione internazionale; la presa in ostaggio di stranieri finalizzata ad esercitare pressioni sugli Stati interessati o a “terrorizzare” l’opinione pubblica), la risposta degli Stati si è esplicata attraverso la conclusione di una serie di accordi internazionali diretti a istituire una cooperazione nella prevenzione e repressione delle singole fattispecie terroristiche (approccio settoriale).
Dalle convenzioni in materia emerge un modello normativo a cui deve conformarsi la legislazione degli Stati parti, incentrato sui seguenti principi: a) obbligo di prevedere come crimini negli ordinamenti statali le fattispecie contemplate nei singoli strumenti internazionali, con la previsione di pene severe; b) affermazione del principio aut dedere aut judicare (ossia l’obbligo dello Stato sul cui territorio si trova il sospetto terrorista di estradarlo verso lo Stato richiedente o, altrimenti, di esercitare l’azione penale nei suoi confronti), corredato dalle norme sulla estradabilità dell’accusato, nonostante la natura politica del reato, e dalla previsione della necessaria competenza giurisdizionale penale; c) l’introduzione nell’ordinamento nazionale di disposizioni sull’assistenza giudiziale e la prevenzione del terrorismo internazionale.
La percezione del terrorismo come minaccia globale contro la pace e la sicurezza internazionali si fa risalire agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti e alle dinamiche che essi hanno originato (la “guerra globale al terrorismo”, proclamata dall’amministrazione Bush e le sue ramificazioni in Afghanistan e Iraq). In realtà, la comunità internazionale ha percepito la portata globale del t. fin dagli anni 1990 come dimostrano sia l’azione del Consiglio di sicurezza dell’ONU nel caso Lockerbie (attentato compiuto da terroristi libici a un aereo Pan Am che esplose il 21 dicembre del 1988 sopra il villaggio di Lockerbie, in Scozia, provocando la morte di 270 persone), sia la Dichiarazione sulle misure per eliminare il t. internazionale adottata il 9 dicembre 1994 dall’Assemblea generale dell’ONU, che condanna come criminali e ingiustificabili tutti gli atti, i metodi e le pratiche di t., dovunque e da chiunque commessi. Non meno significativa è stata l’adozione della Convenzione di New York del 9 dicembre 1999 per la repressione del finanziamento del t., applicabile al finanziamento di qualsiasi atto terroristico, non soltanto alle fattispecie specifiche contemplate dalle singole convenzioni settoriali.
Secondo la dottrina prevalente non esiste una definizione di t. nel diritto internazionale consuetudinario. Del resto, i lavori del Comitato ad hoc, istituito dall’Assemblea generale nel 1996, per predisporre una «convenzione globale sul terrorismo internazionale» si sono arenati proprio per l’impossibilità di pervenire a una definizione condivisa di atto terroristico. Il dissenso riguarda non tanto la definizione in sé, quanto la formulazione di due eccezioni all’applicazione della nozione alle situazioni di conflitto armato (e quindi, tra l’altro, alle guerre di liberazione nazionale, legittimate dal principio di autodeterminazione dei popoli) e alle attività svolte dalle forze ufficiali di uno Stato nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche (cosiddetto t. di Stato).
In materia penale, tra le molteplici disposizioni vigenti, l’art. 270 bis c.p. prevede il delitto di associazioni con finalità di t. internazionale in base al quale chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia anche indirettamente associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza su persone o cose, con finalità di t. o di versione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da 7 a 15 anni. La sola partecipazione alle predette associazioni è punita con la reclusione da 5 a 10 anni. Agli effetti della legge penale, la finalità di t. si configura anche quanto gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un istituzione e un organismo internazionale.
Con il d.l. n. 144/2005 (convertito in l. n. 155/2005) sono state introdotte misure urgenti per il contrasto al t. internazionale. Scopo principale del provvedimento è potenziare gli strumenti di indagine e di controllo mediante una limitata modifica delle norme vigenti.
Il t. non è un fenomeno tipico solo delle democrazie moderne. Episodi di t. sono infatti avvenuti in vari periodi storici e sotto diversi regimi politici: le congiure di palazzo ai tempi dell’impero romano o dei principati rinascimentali; gli attentati dinamitardi contro i sovrani autocratici; le azioni di guerriglia di movimenti anticoloniali in periodi più recenti ne sono solo alcuni esempi. Il t. contemporaneo ha assunto, comunque, caratteristiche peculiari. Se, in passato, la violenza denominata terroristica aveva colpito direttamente colui che era considerato come un ‘despota’, il t. del 20° e 21° sec. si è rivolto anche contro la cosiddetta gente comune. Le finalità specifiche dei gruppi terroristici sono varie: dalla secessione di un territorio al rafforzamento del potere di un governo. Radicalizzazioni violente si sono avute nel corso di conflitti sociali, etnici, religiosi. Sulla base degli scopi che le organizzazioni clandestine si prefiggono, si possono distinguere tre principali tipologie di t.: quello ideologico di destra; quello ideologico di sinistra; quello etnico-religioso.
Il t. di ispirazione ideologica di destra è disomogeneo all’interno quanto alle tattiche specifiche utilizzate. In Europa il termine è stato usato soprattutto negli anni 1960 e 1970 e poi, con nuova virulenza, negli anni 1990. Gruppi radicali di destra – come, per es., Ordine nuovo in Italia – sono stati responsabili di azioni che, come le stragi di passanti inermi, miravano a produrre un panico generico, delegittimando la democrazia e favorendo le spinte verso regimi autoritari. In Italia, la strage di Piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969) avviò la ‘strategia della tensione’, rimanendo, nell’immaginario collettivo, come simbolo dello ‘stragismo’ nero, responsabile pure dei sanguinosi fatti di Piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) e del treno Italicus presso San Benedetto in Val di Sambro (4 agosto 1974). Tra il 1969 e il 1974 50 persone morirono in stragi attribuibili al t. nero.
Mentre alla metà degli anni 1970 queste organizzazioni apparivano in crisi, nella seconda metà dello stesso decennio una nuova generazione di giovanissimi militanti di destra – nell’ambito di organizzazioni clandestine come i NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) e Terza posizione – prese a esempio i gruppi più violenti della sinistra, imitandone la struttura ‘spontaneista’, le tematiche orientate soprattutto a organizzare la rabbia dei giovani emarginati, la violenza come fine a sé stessa. Le stragi, tuttavia, non cessarono definitivamente: 85 furono le vittime dell’attentato alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, e terroristi di destra, in contatto con la criminalità organizzata, furono coinvolti anche nella strage del Natale 1984, quando una bomba esplose in una galleria ferroviaria localizzata tra Firenze e Bologna, uccidendo 15 persone.
Negli anni 1990, in Europa e anche in Italia si diffuse la violenza estrema di matrice razzista (cultura skinhead e dei gruppi neonazisti).
Le organizzazioni terroristiche di ispirazione ideologica di sinistra hanno prevalentemente diretto le loro azioni contro coloro che consideravano ‘nemici’ del popolo o, quanto meno, ‘ingranaggi’ del sistema di sfruttamento capitalistico. Nel corso degli anni 1970 organizzazioni terroriste di questo tipo sono emerse in molte democrazie occidentali: l’Esercito rosso in Giappone, i Weather Underground negli Stati Uniti, le BR (Brigate Rosse) e PL (Prima Linea) in Italia, la RAF (Rote Armee Fraktion) e le RZ (Revolutionäre Zellen) nella Repubblica federale tedesca, per citare soltanto i gruppi più conosciuti. In America Latina le azioni di gruppi guerriglieri, i Montoneros in Argentina, i Tupamaros in Uruguay, e infine i Sendero luminoso in Perù, hanno accompagnato il crollo di deboli governi democratici, restando vittime del t. di Stato dei militari e degli ‘squadroni della morte’, formati da terroristi di destra con forti appoggi nelle istituzioni.
In Italia, tra il 1970 e il 1982, organizzazioni del t. di sinistra furono responsabili di oltre 1200 attentati con 190 feriti e 142 morti. Tra il 1977 e il 1979 il ritmo intensissimo degli attentati del cosiddetto t. diffuso accentuò il panico prodotto dai più sanguinosi agguati delle organizzazioni clandestine maggiori. Alle azioni più eclatanti, in particolare, da parte delle BR, il sequestro e l’uccisione del presidente della Democrazia cristiana A. Moro, si aggiunse una lunga catena di attentati, rapine, conflitti a fuoco, ferimenti e omicidi. Se la metà degli anni 1980 vide un’ondata di attentati, soprattutto contro installazioni NATO, da parte di quello che sarebbe stato chiamato euroterrorismo – i residui gruppi BR in Italia, la RAF in Germania, le CCC (Cellules Communistes Combattantes) in Belgio, AD (Action Directe) in Francia –, nel corso del decennio successivo la parabola discendente del t. di ispirazione ideologica di sinistra nelle democrazie occidentali fu comunque drastica. In Europa le principali e più longeve organizzazioni clandestine che si richiamavano a ideologie di sinistra scomparvero negli anni 1990. Nel 1992, la RAF dichiarò un cessate il fuoco, poi confermato pubblicamente nel 1998. In Italia, già nel 1987, i dirigenti di diverse generazioni delle BR avevano dichiarato conclusa l’esperienza della lotta armata e, nel 1997, 63 ex militanti di gruppi clandestini di sinistra firmarono un appello per la fine della lotta armata.
Alcuni militanti si riorganizzarono, tuttavia, dando vita alle ‘nuove Brigate rosse’, responsabili degli omicidi dei consulenti del governo su tematiche del lavoro, M. D’Antona nel 1999 e M. Biagi nel 2002, dell’agente di polizia E. Petri durante una sparatoria nel 2003. Questi episodi, pur drammatici, sono rimasti comunque isolati nonostante il periodico riemergere di piccoli gruppi clandestini che si richiamano alle BR.
Il termine t. si diffuse nel linguaggio politico soprattutto negli anni 1970 in relazione ad azioni violente ed eclatanti da parte di gruppi che si consideravano rappresentanti di nazioni senza territorio (come alcuni gruppi palestinesi). Questi gruppi utilizzavano forme di violenza che, come i dirottamenti aerei, colpivano principalmente i cittadini di Stati del ‘primo mondo’, con l’obiettivo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulle tragedie dei loro popoli.
Negli anni 1990, nel continente europeo, i gruppi clandestini che avevano focalizzato l’attenzione sui diritti del popolo palestinese furono meno attivi, mentre i gruppi più visibili erano quelli legati al t. religioso-fondamentalista (➔ fondamentalismo). Le forme più drammatiche di questo tipo di violenza si richiamano a un’interpretazione radicale dell’islam. Le azioni violente dei gruppi fondamentalisti islamici, che sembrano avere goduto di finanziamenti da parte di Stati arabi quali l’Iran, la Libia o l’Iraq, ma anche di Stati occidentali, vengono presentate come parte di una guerra santa contro valori laici e occidentali. Tra i più tragici esempi di questa forma di t. negli anni 1990 vi sono l’attentato compiuto nel febbraio del 1993 al World trade center di New York (che provocò la morte di 6 persone e il ferimento di oltre 1000), il dirottamento aereo di un volo Air France nel dicembre del 1994 (conclusosi con la morte di 3 ostaggi e dei 4 dirottatori); gli attentati alle ambasciate di Israele a Buenos Aires nel 1992 (attribuito a Hezbollah) e a Bangkok nel 1994; l’assalto al consolato francese ad Algeri (5 morti) nello stesso anno; la bomba di al-Qā‛ida che uccise 19 cittadini americani in Sud Arabia nel 1996, gli attacchi contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998 (301 morti). A questo va aggiunto lo stillicidio di attentati, da parte dei fondamentalisti islamici in Libano, Egitto e Algeria, contro turisti, giornalisti, tecnici, e diplomatici dei governi occidentali, oltre che contro politici, giornalisti e artisti locali, accusati di ‘occidentalizzazione’. Le vittime del fondamentalismo crebbero anche negli Stati arabi, in particolare in Egitto e in Algeria.
All’inizio del 21° sec., la più eclatante azione di t. fondamentalista islamico è avvenuta l’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, quando tre aerei di linea furono portati a schiantarsi contro il World trade center di New York e sul Pentagono di Washington, mentre un quarto aereo, dopo una ribellione dei passeggeri contro i dirottatori, precipitò nella campagna in Pennsylvania; il drammatico bilancio fu di 2977 vittime. Nei decenni successivi gravissimi atti terroristici di matrice jihadista si sono susseguiti nelle principali città europee (Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino, Barcellona, Strasburgo), e stragi sono state compiute in Asia (Istanbul, Dacca) e Africa (Bengasi). Parallelamente, la regione del Sahel e l’area subsahariana si sono imposte sulla scena geopolitica mondiale come epicentro del terrorismo globale (Boko Haram, al-Shabaab); nel continente opera anche il Gruppo Wagner, testa di ponte di Mosca in Africa le cui attività sono concentrate in Siria, Libia, Mali, Sudan, Algeria, Burkina Faso, Mozambico e Sud Sudan. Menzione a parte richiedono l’Afghanistan, dove dalla primavera 2021, a seguito del progressivo ritiro delle truppe NATO, il gruppo fondamentalista dei talebani ha condotto una violenta offensiva nel Paese, riuscendo a imporvi nuovamente il proprio dominio dopo vent’anni di presenza occidentale; e il terrorismo arabo-palestinese, rappresentato in primo luogo dall'organizzazione politico-militare palestinese Hamas affiancata dal gruppo paramilitare sciita Hezbollah, i cui attacchi paralleli contro Israele hanno costituito nell’ottobre 2023 un evento senza precedenti nella storia del conflitto israelo-palestinese, collocandosi lungo la labile frontiera tra atto terroristico e azione di guerra. Agevolato dallo spostamento dell’attenzione mondiale sul conflitto russo-ucraino esploso nel 2022, anche lo Stato islamico appare in una fase di riorganizzazione: dotato di strutture regionali coordinate da una leadership centrale e connesso con la criminalità organizzata transnazionale, suoi nuclei armati risultano attualmente attivi in Medio Oriente, Asia e Africa.
A tematiche religiose si appellano spesso anche organizzazioni attive nel chiedere l’indipendenza di alcuni territori, quali, nel mondo occidentale, quelle degli indipendentisti radicali baschi (ETA, Euskadi Ta Askatasuna) o irlandesi (IRA, Irish Republican Army), ma anche i meno conosciuti FLQ (Front de Libération du Québec) e FLNC (Front de Libération Nationale de la Corse). I gruppi del t. indipendentista si sono poi scontrati con gruppi lealisti che, come i GAL (Grupos Antiterroristas de Liberación) nei Paesi Baschi, l’Ulster Volunteer Force e la Ulster Defence Association nell’Irlanda del Nord, e il FRANCIA (Front d’Action Nouvelle contre l’Indépendance et l’Autonomie) in Corsica, volevano combattere con le armi il t. dei separatisti. Una buona parte delle azioni di t. in Europa ha riguardato il Nord dell’Irlanda (con un totale di 3114 morti tra il 1969 e il 1993) e i Paesi Baschi, dove l’ETA è stata attiva fino al 2011, annunciando il suo definitivo scioglimento nel maggio 2018.
Esiti sempre più drammatici hanno avuto i conflitti etnici nelle parti del mondo dove la democrazia è debole o ancora da costruire e nelle regioni un tempo facenti parte del Patto di Varsavia, dove l’unità nazionale era stata a lungo imposta con la forza da regimi autoritari e dove, dopo il crollo di quei regimi, si sono aperte lotte spesso sanguinose sui nuovi assetti territoriali. Azioni di t. brutale hanno accompagnato conflitti etnici, oltre che nella ex Iugoslavia, in Ucraina, Georgia, Azerbaigian, Cecenia. Ma l’area in cui è più violenta l’attività terroristica rimane il Medio Oriente: Israele e ancora di più l’Afghanistan e l’Iraq, dove l’assetto statale successivo alle guerre del 2001 e del 2003 non riesce ad affermarsi compiutamente e gli attentati di matrice politica o religiosa si succedono quotidianamente.