Stato dell’America Meridionale, confinante a N con l’Ecuador e la Colombia, a E con il Brasile e la Bolivia, a S con il Cile; a O è bagnato dal Pacifico per 2270 km.
Il territorio del Perù (sp. Perú) è allungato in senso NO-SE, tra l’Oceano Pacifico e il bacino amazzonico, e si articola in tre regioni naturali. La Costa è arida, larga da 150 km a N a 50 a S, alterna tratti alti e rocciosi a cordoni sabbiosi; circa 40 oasi irrigue vi si aprono, allo sbocco delle valli andine. La Sierra (Ande) è una successione di catene, divise da valli e altopiani, prodotte dal sovrascorrimento della zolla del Sudamerica su quella oceanica di Nazca; al limite tra le due zolle si allunga una profonda fossa oceanica, e sul piano di scorrimento si generano frequenti terremoti. A N la Sierra si articola in Cordigliera Occidentale (Huascarán, 6768 m, massima altezza del P.), Centrale e Orientale. A S la Cordigliera Occidentale supera ancora i 5000 m, quindi si allarga in un altopiano con vulcani isolati (Coropuna, 6425 m; Ampato, 6312 m), quella Orientale si frammenta in più catene (Cerro Salcantay, 6271 m; Ausangate, 6384 m). Ancora più a S, si apre il bacino di sprofondamento del lago Titicaca. La Montaña, a E delle Ande, si estende nel bacino amazzonico.
Il quadro climatico del P. è molto complesso. L’aridità caratterizza l’orlo costiero, mentre il versante andino orientale è umido. A Lima la temperatura media è di 18 °C (in febbraio 25 °C e in agosto 15 °C); irrilevanti sono le precipitazioni (20 mm annui). Nella sezione andina, la fascia oltre i 4800-5000 m ha temperature medie sotto lo zero (−5 °C); tra i 4800 e i 3800 m, le medie non si discostano dai 4-8 °C e la piovosità va da 150 a oltre 600 mm. Le fasce temperate, sulle pendici, hanno temperature medie da 10° a 15 °C. Le fasce tiepide, dette yungas («valli»), sotto i 2800 m, hanno temperature medie oltre i 16 °C e, sul fianco umido amazzonico, piogge oltre i 1000 mm annui. La foresta pluviale a E, sotto i 500 m, presenta condizioni costanti, con temperature sopra i 23 °C e piovosità oltre i 1500 mm.
Le acque di circa 3/4 della superficie del P. raggiungono l’Oceano Atlantico tramite il Rio delle Amazzoni, che ha nel paese i suoi rami sorgentizi; il resto del territorio, esclusi i 50.000 km2 del bacino endoreico del lago Titicaca, versa al Pacifico. Principali fiumi sono il Marañón, che prende origine dal lago Lauricocha e riceve lo Huallaga; e l’Ucayali, risultante dall’unione dell’Apurímac e dell’Urubamba. I fiumi che vanno al Pacifico sono brevi, poveri di acqua e a regime torrentizio. I laghi, nella sezione centro-meridionale del paese (Junín, Saracocha ecc.), sono generalmente di origine glaciale. Il Titicaca, invece, occupa una depressione tettonica al centro dell’altopiano, a 3810 m.
La regione costiera è in parte desertica e in parte coperta da boscaglie xerofile; le pendici occidentali della Sierra sono coperte in basso da boscaglie xerofile, verso l’alto da steppe disseminate di arbusti, e quindi dalla puna (prateria di alta montagna); le pendici orientali sono coperte da foresta tropicale di montagna e in basso da foresta equatoriale. La fauna, neotropicale, annovera tra i Mammiferi varie specie di Scimmie platirrine (Mycetes, Cebus ecc.); molti Pipistrelli; tra i Carnivori, felini come l’ocelot, il giaguaro ecc. Nelle aree montane si rinviene l’orso ornato. Caratteristici della Sierra sono lama, guanaco, vigogna e alpaca. Ben rappresentati i Roditori, tra i quali il maiale acquaiolo, l’aguti e varie specie di topi. Ben rappresentati gli Sdentati, come il formichiere comune e il tamandua. Ricca è l’avifauna con uccelli mosca, tucani, are ecc. Nella regione costiera numerosi sono gli Uccelli marini. I Rettili sono presenti con molte specie di Sauri e Ofidi, così come gli Anfibi tra i quali il nototrema. Fra gli Artropodi abbondano gli Insetti, specialmente i Coleotteri, con caratteristiche specie di Longicorni e di Scarabei.
All’arrivo degli Spagnoli il territorio peruviano aveva forse 7 milioni di abitanti. Si ebbe poi un tracollo demografico: il censimento del 1836 rilevò appena 1.400.000 abitanti, saliti a 2 milioni nel 1850 e a 2,7 milioni nel 1876. Il successivo censimento (1940) contò 7.023.000 persone. Da allora, la popolazione si è quasi quadruplicata: il calo dell’incremento medio annuo è dovuto al movimento naturale (2009: natalità 19,4‰; mortalità 6,2‰, mortalità infantile 28,6‰). L’età media è di circa 26 anni e la speranza di vita di circa 70. La densità media è di 22,9 ab./ km2 e scende a 1-2 in alcuni dipartimenti orientali; densità alte si riscontrano nei dipartimenti costieri di Lambayeque e La Libertad (77 e 60 ab./ km2) e soprattutto di Lima (225). Si è registrato un progressivo spostamento di abitanti dalla Sierra verso la Costa. Gli abitanti delle città erano meno di 1 milione nel 1940, 3 milioni nel 1960, circa 19 nel 2008 (71% del totale). L’agglomerazione di Lima-Callao ospita un terzo (8,6 milioni) della popolazione; seguono Arequipa (783.000 ab.), Trujillo (645.000), Chiclayo (495.000). La situazione socio-economica è contraddittoria: il prodotto interno lordo per abitante è di 8400 dollari (2008), ma oltre il 44% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e gli adulti analfabeti sono il 12%. Prevale il gruppo etnico dei Quechua (47%), seguiti dalla compagine dei meticci (32%), dai Creoli (12%) e dagli Aymará (5%).
Quasi il 90% della popolazione professa la religione cattolica; il 7% è protestante.
Il dominio spagnolo, e poi quello del capitale straniero (nordamericano), e l’alternanza al potere tra borghesia urbana (commercio, miniere) e proprietari terrieri hanno vincolato il P. al ruolo di fornitore di materie prime. Negli anni della dittatura militare (1968-80), la statalizzazione dell’economia e la riforma agraria ebbero risultati positivi, ma la successiva stagnazione, il forte debito pubblico e la conseguente politica di austerità spinsero i restaurati governi civili a liquidare le cooperative agricole indebitate, privatizzare il settore pubblico, abbattere le barriere tariffarie, liberalizzare le importazioni. Seguirono anni caratterizzati da calo del reddito reale, fortissima disoccupazione, taglio alle spese sociali, aumento delle tariffe, inflazione e svalutazioni. Alla fine degli anni 1990 la situazione si era normalizzata e il prodotto interno lordo aveva ripreso a crescere a tassi elevati; ma a costo di una riduzione delle importazioni e dei consumi, di una crescente dipendenza dalle esportazioni e di ulteriori squilibri interni. Il paese è ricco di risorse valorizzate secondo logiche orientate all’esportazione; lo sviluppo socioeconomico generale vi si manifesta come l’eco eventuale, e non come lo scopo, della gestione politica.
L’agricoltura, utilizzando il 3,3% della superficie, produce l’8% del prodotto interno lordo e occupa il 9% degli attivi. Nella Costa i prodotti principali sono patate, riso, mais, manioca, ortaggi, canna da zucchero (per il consumo locale), agrumi e prodotti tropicali (per l’esportazione). Diffusa è la coltivazione (illegale) della coca. Le foreste (cedro, mogano, palissandro ecc.) occupano il 51% della superficie. L’allevamento di ovini (ca. 15 milioni di capi nel 2006) e di bovini (5 milioni), con quello tradizionale di lama, alpaca e vigogna, è praticato a piccola scala per integrare il raccolto della terra, nonché per ricavare lana, cuoio ecc. Importante è la pesca, per la quale il P. è da decenni ai vertici della produzione mondiale (7 milioni di t nel 2006), malgrado una grave crisi determinata da una prolungata oscillazione delle condizioni meteoclimatiche.
Il rame (1 milione di t nel 2006), di cui il P. è il terzo produttore mondiale, alimenta l’esportazione; la produzione di petrolio è in calo (3,9 milioni di t) e non soddisfa la domanda interna. Sono notevoli le quantità di argento (primo produttore mondiale) e oro, zinco (1,2 milioni di t, terzo produttore), stagno (terzo produttore), piombo (quarto produttore), ferro (oltre 7 milioni di t); si estraggono inoltre materiali rari come bismuto, antimonio, molibdeno, vanadio, tungsteno, selenio. La produzione di elettricità, per la metà idroelettrica, è in via di potenziamento, come l’avvaloramento delle riserve di gas naturale. L’industria occupa appena il 18% degli attivi, contribuendo per il 26% alla formazione del prodotto interno lordo. A parte l’estrazione mineraria, la metallurgia correlata e la raffinazione del petrolio, sono sviluppati i comparti chimico, meccanico (cantieristica, autoveicoli) e tessile (cotone); il resto lavora prodotti agroalimentari per il consumo interno, eccetto la conservazione e trasformazione (farine) del pesce. Sovradimensionato (il 73% degli addetti per il 66% del prodotto interno lordo) è il terziario, in buona parte settore di rifugio per i ceti urbani svantaggiati. Importante è il turismo, con circa 1,6 milioni di visitatori (2006). Da alcuni anni la bilancia commerciale registra un discreto avanzo delle esportazioni.
Le ferrovie si sviluppano su poco più di 2000 km; la rete stradale (appena 79.000 km) è asfaltata per meno del 15%; la navigazione fluvio-lacustre è modesta. Poco rilevante è anche la flotta marittima, mentre aumenta il traffico aereo interno (4,2 milioni di passeggeri nel 2006).
Il territorio del P. odierno comprende la massima parte dell’area culturale in cui, nel corso di quasi tre millenni, si svilupparono le maggiori civiltà dell’America Meridionale, ultima delle quali fu l’estesissimo Impero incaico fronteggiato e sconfitto dai conquistatori spagnoli nel 1532-36. Tra gli aspetti più caratteristici delle antiche civiltà peruviane vanno annoverate le grandi opere di terrazzamento e di canalizzazione per l’agricoltura intensiva, l’architettura monumentale, l’estesissima rete di strade, i tessuti di straordinaria qualità, le raffinate realizzazioni in ceramica policroma, l’arte dei metalli (rame, oro, argento e bronzo) e i centri oracolari meta di pellegrinaggi.
Le prime tracce di popolamento umano risalgono al 15.000 a.C. circa, e riguardano gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi. A partire dal 5000 a.C. iniziò il lento processo di domesticazione delle piante che portò gradualmente al sorgere di comunità stanziali agricole lungo la costa e nelle vallate, mentre nell’area montuosa aveva luogo l’addomesticamento del lama e della cavia. Alla fine della fase preceramica (2000 a.C.) esistevano già centri stabili in cui si erigevano grandi tumuli e complessi cerimoniali (El Praiso, Aspero, La Galgada). Contemporaneamente alla comparsa della ceramica (1800-900 a.C.) si venne affermando il modello culturale che dominò il P. durante l’Orizzonte Antico (900-200 a.C.), caratterizzato da opere di irrigazione, importanti complessi religiosi e un’arte plastica, detta di Chavín. Con il Periodo Intermedio Antico (200 a.C.-500 d.C.) si registrano la comparsa dei metalli, grandi opere idrauliche e l’affermarsi di stili regionali. Sulle coste, da N a S, si svilupparono rispettivamente le culture Moche (cui appartiene tra l’altro una ricca produzione ceramica), Lima e Nazca. Contemporaneamente, sull’altopiano meridionale sorsero la civiltà di Recuay e Tiwanaku. In questo periodo comparve l’impiego del bronzo e sorsero città fortificate.
L’Orizzonte Medio (500-900) fu il periodo in cui si sviluppò nella zona di Ayacucho la cultura Huari, che assunse un forte carattere urbano e iniziò a espandersi in forma coercitiva in tutta l’area andina. Nacque e si sviluppò così il primo Impero andino, che arrivò a controllare quella che successivamente sarebbe divenuta l’area iniziale dell’Impero Inca. Nel Periodo Intermedio Recente (900-1440) si sviluppò la cultura Chimú. La capitale Chanchan fu probabilmente la più grande città preispanica dell’America Meridionale: comprendeva 10 ‘cittadelle’, cinte ciascuna di alte mura ornate esternamente di bassorilievi e internamente di affreschi. Per quanto riguarda le arti, particolarmente pregevole fu l’artigianato dei metalli, mentre l’abbondantissima produzione ceramica non raggiunse più i vertici di quella mochica. L’Orizzonte Recente (1440-1532) corrisponde all’evoluzione dell’Impero Inca, la cui irresistibile espansione iniziò dalla valle montana di Cuzco sotto il regno di Pachacúti e in pochi decenni travolse dapprima i Colla del bacino del Titicaca, poi il regno di Chimú e i Cañarí a N, spingendosi a S fino al fiume Maule, in Cile.
La notizia dell’esistenza del P., diffusa a Panama dopo la spedizione di Pascual de Andagoya (1522), spinse F. Pizarro, D. de Almagro e F. de Luque all’esplorazione della costa meridionale del Pacifico (1524). Raggiunta Tumbes nel 1527, Pizarro venne a conoscenza della guerra civile scoppiata nell’Impero inca dopo che Huáscar, figlio e successore di Huayna Cápac, era stato spodestato dal fratellastro Atahualpa. Tornato in Spagna e autorizzato da Carlo V a conquistare il P. (1529), Pizarro partì da Panama nel 1531 e avanzò fino a Cajamarca dove catturò Atahualpa e ne decimò l’esercito (1532). Uccisi sia Huáscar, fautore della resistenza, sia Atahualpa, Pizarro s’impadronì di Cuzco e impose sul trono Manco Cápac II; questi, dapprima disposto a collaborare, di fronte a violenze e saccheggi perpetrati dagli Spagnoli, approfittò dell’assenza di Pizarro e Almagro per assediare Cuzco (1536-37); costretto a ripiegare sulla Sierra, mantenne il controllo solo sulla regione di Vilcabamba. Mentre i confini della colonia si estendevano grazie alle spedizioni dei luogotenenti di Pizarro, scoppiarono contrasti tra i conquistadores: insoddisfatto dei compensi ottenuti, Almagro occupò Cuzco (1537), di cui rivendicava la giurisdizione; sconfitto e ucciso (1538), fu vendicato dal figlio, Diego el Mozo, che uccise Pizarro nel 1541.
Desiderosa di sottoporre a maggior controllo la colonia, la Corona costituì nel 1542 il Vicereame del P. e l’Audiencia di Lima. Il tentativo del viceré B. Nuñez Vela di applicare le Leyes nuevas, che vietavano la trasmissione ereditaria dell’encomienda, portò alla ribellione degli encomenderos guidati da G. Pizarro; questi fece assassinare il viceré, ma fu sconfitto dal presidente dell’Audiencia, P. de la Gasca (1548).
Le violenze che accompagnarono la conquista e le malattie arrivate dall’Europa causarono la decimazione della popolazione, che scese da 7 a 1,4 milioni di individui nel 1570; ciò indusse gli Spagnoli a impiegare schiavi neri nelle aree agricole. L’organizzazione politico-amministrativa della colonia fu opera del viceré F. de Toledo (1565-81); ai capi indigeni (caciques) furono riconosciuti rango nobiliare e privilegi e fu affidato il compito di raccogliere il tributo dagli indios e di controllare il loro lavoro; fu introdotta la figura del corregidor che cumulava le funzioni di amministratore, poliziotto e giudice. Dopo la scoperta di giacimenti argentiferi a Potosí (1545) e di mercurio a Huancavelica (1563), il settore minerario divenne preponderante in P.; per assicurare la manodopera, de Toledo ricorse alla mita: un settimo dei maschi tra i 18 e i 50 anni era obbligato a lavorare per un anno in miniera per un salario infimo. Altrettanto dure erano le condizioni di lavoro negli obrajes, in cui si producevano soprattutto tessuti in lana e cotone; in molti casi gli indios dovettero offrirsi volontariamente alle haciendas e agli obrajes per far fronte ai debiti contratti con i corregidores.
Il regresso demografico degli indios continuò fino alla fine del 17° sec., mentre la recessione economica fu aggravata poi dalle riforme dei Borbone nel 18° sec.: la creazione dei vicereami di Nueva Granada e del Río de la Plata sottrassero al P. i principali mercati di sbocco e approvvigionamento, oltre alle miniere più ricche nel territorio dell’Audiencia di Charcas. Inoltre, la proclamazione della libertà di commercio tra i domini spagnoli (1778) pose fine al monopolio di Lima; lo sviluppo dell’economia di piantagione sul litorale e l’estendersi del sistema delle haciendas ai margini della Sierra aumentarono le tensioni etniche e sociali, sfociate in sanguinose rivolte con protagonisti neri, mulatti e indios: nel 1730 A. Calatayud attaccò Potosí ma fu sconfitto e decapitato; fallì la sommossa di Oruro (1737-39) per la restaurazione dell’Impero incaico e l’abolizione della mita; nel 1742 J.S. Atahualpa occupò la giungla di Tarma e tenne testa alle truppe vicereali fino al 1761. La sollevazione più importante fu guidata da J.G. Condorcanqui, che assediò Cuzco alla testa di migliaia di indios; la rivolta proseguì fino al 1782, quando gli insorti furono respinti da La Paz.
L’indipendenza giunse infine dall’esterno a opera di J. de San Martín che nel 1820 salpò dal porto cileno di Valparaiso alla testa di 4500 uomini. Il 28 luglio 1821 a Lima fu proclamata l’indipendenza. Assunti i pieni poteri e il titolo di protector, San Martín abolì la tratta degli schiavi, il tributo indigeno, la mita e ogni altra prestazione lavorativa forzata, e applicò una legislazione durissima contro gli Spagnoli; inviso ai liberali locali per i suoi progetti monarchici e incapace di liberare definitivamente il paese dai realisti, San Martín, dopo aver incontrato S. Bolívar a Guayaquil nel luglio 1822, gli lasciò campo libero e abbandonò il paese. Giunto a Lima nel 1823 e assunti i pieni poteri, Bolívar organizzò un nuovo esercito che sconfisse gli Spagnoli.
Fallito il tentativo di creare una federazione delle Ande, comprendente P., Colombia e Bolivia (come decise di chiamarsi l’Alto P.), nel 1826 Bolívar tornò in Colombia. Al termine della prolungata guerra di liberazione, un’élite di proprietari terrieri e alti funzionari creoli costituì la nuova classe dirigente, mentre il commercio internazionale e le attività imprenditoriali divennero competenza quasi esclusiva degli stranieri. Gli indios rimasero esclusi da qualsiasi progresso economico o sociale. Molti indiani della Sierra lasciarono le comunità per lavorare come peones nelle haciendas o come salariati giornalieri nelle piantagioni della costa, senza però integrarsi al resto della popolazione. Il P. rimase alla mercé di caudillos locali, incapaci di imporre stabilmente la propria autorità; il generale A. Gamarra fu il solo, tra gli otto presidenti succedutisi tra il 1826 e il 1836, a completare il suo mandato. I conflitti territoriali con Bolivia, Cile e Colombia fecero subito da sfondo a una già forte instabilità politica del paese, che si prolungò sino a buona parte del 20° sec., con ripetuti colpi di Stato.
Paese ricco di materie prime, il P. fu già dall’indipendenza oggetto di interessi stranieri e contrasti sociali tra una maggioranza povera e una minoranza ricca. In questo contesto va situata la posizione dei militari, garanti di un ordine politico instaurato attraverso dittature di cui le ultime furono quella di J.V. Alvarado (1968-75) e F.M. Bermúdez (1975-80).
Con la Costituzione del 1979, il P. diede avvio a un complesso processo di democratizzazione, reso arduo dal perdurare di contraddizioni e problemi irrisolti. La povertà e le forti disuguaglianze sociali, un ingente debito estero, l’incombente presenza di un esercito potente, il radicamento di organizzazioni guerrigliere e terroristiche e gli enormi interessi legati al traffico della droga mettevano infatti a dura prova il cammino delle nuove istituzioni democratiche. Il ritorno al potere dei civili portò alla presidenza F. Belaúnde Terry (1980-85), leader di Azione popolare (AP), e A. García Pèrez (1985-90), di Azione popolare rivoluzionaria americana (APRA). Entrambi dovettero lottare contro la crisi economica e la guerriglia maoista di Sendero Luminoso e del Movimiento revolucionario Túpac Amaru (MRTA). Espressione di queste difficoltà fu anche la vicenda politica che segnò la vita del P. negli anni 1990, legata all’ascesa, alla gestione del potere e alla caduta del presidente A. Fujimori, del movimento Cambio 90, eletto per la prima volta nel 1990. Fujimori varò una durissima manovra economica e avviò la privatizzazione delle principali imprese statali. Nel 1992, col sostegno dell’esercito, sciolse il Parlamento per presiedere un autoritario governo di emergenza. Il fenomeno del terrorismo, apparentemente debellato nel 1992 con la cattura dei capi di Sendero Luminoso e del MRTA, riprese nel corso del 1994. L’affermazione, ottenuta nelle elezioni del 1995, consentì a Fujimori di proseguire nel suo progetto di rafforzamento del potere esecutivo. Sul piano economico, i costi sociali della politica di liberalizzazioni di Fujimori sembrarono minarne la popolarità, già incrinata dagli scandali che avevano coinvolto alti funzionari governativi. Nel 1998, incurante delle sempre più numerose denunce per la violazione dei diritti umani avanzate da molte organizzazioni internazionali, Fujimori ottenne dal Parlamento la delega a emanare misure contro la criminalità che estendevano le leggi antiterrorismo a una numerosa serie di altri reati, ma soprattutto limitavano il potere dei tribunali civili ampliando quello dei tribunali militari. Sul piano internazionale, grazie alla mediazione di Argentina, Brasile, Cile e Stati Uniti, nel 1998 il P. firmò un trattato di pace con l’Ecuador che, dopo 50 anni, risolveva il contenzioso riguardante la zona della Cordigliera del Condor. Le elezioni presidenziali del 2000, in un clima di forte mobilitazione, videro una contestata vittoria di Fujimori, che dovette però lasciare la presidenza e il P. a seguito delle proteste popolari causate dalle accuse di brogli e corruzione.
Le elezioni presidenziali del 2001 furono vinte da A. Toledo, del movimento Perú posible, primo capo di Stato di origine indigena. Egli lanciò un vasto piano di lotta contro la povertà, ma dovette fronteggiare una grave situazione economica e sociale, con ondate di scioperi e un ritorno all’azione dei guerriglieri di Sendero Luminoso. Al principio del 2005 le tensioni sfociarono in un tentativo di sollevazione militare nel Sud del paese, presto soffocato. Le elezioni del 2006 videro il ritorno alla presidenza di A. García Pérez, promotore di un vasto progetto di modernizzazione, cui è subentrato nel giugno 2011 il candidato della sinistra nazionalista O. Humala, che ha sconfitto al ballottaggio la leader conservatrice K. Fujimori, figlia dell'ex presidente. Ripresentatasi alle consultazioni presidenziali del 2016, al primo turno tenutosi in aprile la donna politica si è affermata con il 39,1% dei consensi sull'ex ministro P. Kuczynski, che al ballottaggio svoltosi nel giugno successivo è invece risultato vincitore, sebbene con un margine ridottissimo (50,12% contro 49,88%), subentrando nella carica presidenziale a Humala. Superato già nel dicembre 2017 un voto di impeachment per lo scandalo Odebrecht riguardante presunti finanziamenti illeciti dalla multinazionale brasiliana, nel marzo 2018 il presidente si è dimesso dalla carica per evitare una nuova mozione per la messa in stato di accusa, subentrandogli nella carica M. Vizcarra. Nel dicembre 2018 il Paese ha approvato attraverso lo strumento referendario tre delle quattro riforme istituzionali proposte da Vizcarra al fine di arginare il dilagante fenomeno della corruzione e risanare le istituzioni: sono stati approvati il veto alla rielezione diretta dei parlamentari, la creazione di una nuova Giunta nazionale di giustizia e l'adozione di rigide misure di controllo del finanziamento dei partiti, e nel marzo 2019 il presidente Vizcarra ha nominato nuovo premier del Paese S. del Solar, subentrato al dimissionario C. Villanueva. Nel settembre successivo, accusandolo di ostacolare la lotta alla corruzione, Vizcarra ha sciolto il Parlamento del Paese, annunciando elezioni anticipate fissate al 26 gennaio 2020; in risposta, l'organo legislativo ha sospeso il capo di Stato per un anno e nominato suo sostituto la vicepresidente M. Araoz. Le consultazioni hanno documento un quadro di grande frammentazione politica, con il partito Azione popolare come prima forza politica del Paese (10,1%), seguito dal braccio politico della congregazione religiosa israelitica Fronte popolare agricolo del Perù (8,9%) e da Podemos Perú (8,2%). Nel novembre 2020 il Parlamento ha votato a favore dell'impeachment di Vizcarra, accusato di corruzione e rimosso dalla carica, subentrandogli ad interim il presidente del Parlamento M. Merino, oppositore del capo di Stato, dimessosi pochi giorni più tardi a seguito di violente proteste di piazza e sostituito nella carica da F. Sagasti. Al primo turno delle consultazioni, svoltesi nell'aprile 2021, si è imposto P. Castillo, candidato di Perú libre, che ha ottenuto il 19% dei voti; confrontatosi al ballottaggio del giugno successivo con K. Fujimori di Fuerza Popular (13%), figlia del controverso ex presidente A. Fujimori, l'uomo politico ha ottenuto il 50,1% dei voti, assumendo formalmente la carica il mese successivo, dopo il riconteggio delle schede chiesto dall'avversaria politica. Nell'ottobre 2021, fortemente osteggiato dalla destra, il presidente ha rimosso il premier in carica G. Bellido, affidando il mandato a M. Vásquez cui, in una situazione di grave instabilità politica, si sono succeduti H. Valer e, dal febbraio 2022, A. Torres; duramente contestato anche nei mesi successivi, sottoposto a ripetute mozioni di sfiducia per incapacità morale, nel dicembre 2022 Castillo è stato rimosso dalla carica e arrestato, subentrandogli ad interim la vicepresidente D. Boluarte, contro la cui reggenza si sono però verificate violente proteste di piazza; nello stesso mese è stato nominato premier A. Otárola. La morte di oltre cinquanta persone nel corso delle manifestazioni ha indotto la Procura generale ad avviare un'indagine contro la presidente Boluarte e il primo ministro Otárola per l'ipotesi del reato di genocidio, omicidio colposo e lesioni gravi.
Il P. conservò, insieme col Messico, vivi e continui contatti con la madrepatria, anche per il diretto intervento dei letterati castigliani. Nella seconda metà del 16° sec. fioriva a Lima l’università, e l’arte della stampa era molto attiva. G. de la Vega el Inca è considerato il primo letterato peruviano per la sua traduzione dei Dialoghi d’amore di Leone Ebreo e per la Florida del Inca (1605), i Comentarios reales que tratan del origen de los Incas (1609) e la Historia general del Perú (1616). Fra i peruviani d’elezione si ricordano il domenicano Diego de Hojeda, di Siviglia, il cui poema Cristiada (1611) fonde l’elemento culturale classico con l’ispirazione religiosa, e il poeta satirico J. del Valle Caviedes. Giovò, durante la decadenza degli studi letterari a Lima, l’influenza esercitata dal viceré F. de Borja (1615-22). All’emancipazione letteraria contribuirono pure l’opera dello studioso di origine spagnola P. de Peralta Barnuevo, autore del poema storico Lima fundada (1732), e El Lazarillo de ciegos caminantes di A. Carrió de la Vandera, ironica critica dell’amministrazione e della politica spagnole, apparso clandestinamente a Lima nel 1776. Il 18° sec. vide anche la formazione delle accademie e la diffusione delle dottrine illuministiche, soprattutto grazie alla rivista El Mercurio peruano.
La raggiunta indipendenza politica (1821) non valse a dirigere le attività verso forme valide di pensiero e di arte. La letteratura è legata alla polemica giornalistica e politica e si risolve nella satira, nell’invettiva, nell’oratoria. Di questo periodo è rappresentativa la figura di F. Pardo y Aliaga, nel quale le tendenze satirico-pedagogiche rivelarono un temperamento lirico classicheggiante, i cui modelli erano A. Lista e N. Fernández de Moratín. Di sensibilità comica e satirica, M.A. Segura creò tipi e caratteri derivati dall’osservazione delle classi popolari e provinciali, con fertile immaginazione e felice senso realistico. La cultura romantica, sostituendo l’imitazione francese all’imitazione spagnola, veniva intanto interpretando più ampiamente le aspirazioni delle nuove generazioni che dalla Francia derivarono il naturalismo, il parnassianismo e il simbolismo, in cui però innestarono sentimenti e aspirazioni di colore locale. Si distinsero fra gli altri: M.N. Corpancho, che espresse nel dramma El poeta cruzado (1848), nel poema Magallanes (1853) e nella raccolta lirica Ensayos poéticos (1854) la sua ansia di viaggi e di conoscenze; C.A. Salaverry; L.B. Cisneros; P. Paz Soldán y Unanue, traduttore di Virgilio e di Ovidio, autore di amare satire politiche e di arguti e semplici Cuadros y episodios peruanos (raccolti nel 1867). In quest’ultimo genere il P. ebbe il suo scrittore più felice in R. Palma, che realizzò un tipo speciale e caratteristico di narrazioni tra descrittive e umoristiche con le sue Tradiciones peruanas (1872-83), raccolta di tutto il patrimonio aneddotico-storico e leggendario del Perù. In questa scia si collocano anche le Tradiciones cuzqueñas (1884-86) della scrittrice realista C. Matto de Turner. Verso la fine del 19° sec. serpeggiano nella poesia nuovi fermenti, di cui si fa portavoce M. González Prada con il suo tentativo di riforma globale (politica, sociale, estetica e ortografica), che si riflette specialmente in Minúsculas (1900) e in Exóticas (1911), di tono già modernista. Modernisti sono anche J. Santos Chocano, che in Alma América (1906) celebrò la sua terra proclamandosi orgogliosamente l’unico grande poeta sudamericano, e J.M. Eguren, con il quale il modernismo peruviano si conclude.
La poesia del Novecento rivela una grande varietà d’interessi estetici, sociali e politici. A. Hidalgo, A. Guillén e C. Oquendo de Amat sono i più attenti alle correnti europee, mentre problemi sociali e politici sono alla base della poesia di A. Peralta, M. Portal, S. Delmar e soprattutto di quella di C. Vallejo (Los heraldos negros, 1918; Trilce, 1922; España, aparta de mí este cáliz, 1938; Poemas humanos, postumo, 1939), che rappresenta la prima voce dell’avanguardia peruviana. In questo ambito si muovono pure C. Moro, E. Peña Barrenechea, X. Abril, M. Adán, E.A. Westphalen, mentre A. Peralta e J. Garrido Malaver ripropongono il tema indigenista. Le correnti poetiche successive sono rappresentate da J.E. Eielson, J. Sologuren, A. Romualdo, C.G. Belli, W. Delgado (El mundo dividido, 1970), J.G. Rose (Simple canción, 1960), F. Bendezú. Tra i poeti, di vario orientamento, che pubblicano negli anni 1970 e 1980 si ricordano: R. Hinostroza, A. Cisneros, A. Cilloniz, M. Lauer, E. Verástegui e E. O’Hara.
Nel romanzo si nota fin dagli ultimi anni del 19° sec. un progressivo interesse per l’indio e per la sua realtà sociale, a partire da Aves sin nido (1889) di C. Matto de Turner e dalle opere di V. García Calderón (La venganza del cóndor, 1924; Peligro de muerte, 1926; Color de sangre, 1933), che diventa via via accorata solidarietà con tutti gli umili e gli oppressi in C. Vallejo (Fabla salvaje, 1923; Tungsteno, 1931), in C. Alegría (La serpiente de oro, 1935; El mundo es ancho y ajeno, 1941), in J.M. Arguedas (Los ríos profundos, 1958; Todas las sangres, 1964; El zorro de arriba y el zorro de abajo, 1971) e in M. Scorza (Redoble por Rancas, 1970; Historia de Garambombo el invisible, 1972; El cantar de Agapito Robles, 1977). Al tema indigenista si rivolgono anche E. Vargas Vicuña, C.E. Zavaleta (El Cristo Villenas, 1955; Unas manos violentas, 1958) e M. Castro Arenas. M. Vargas Llosa assume la città come ambiente dei suoi romanzi Los jefes (1959) e La ciudad y los perros (1963), per indagare poi nella vita peruviana (La casa verde, 1966; Los cachorros, 1967), rivolgendosi infine a tematiche più personali come in Los cuadernos de don Rigoberto (1997) o Travesuras de la niña mala (2006). La tematica urbana è sviluppata anche da J.R. Ribeyro, E. Congrains Martín e O. Reynoso; mentre J.E. Eielson, A. Bryce-Echenique (Reo de nocturnidad, 1997; Un mundo para Julius, 1970; El huerto de mi amada, 2002), J. Ortega tendono al romanzo fantastico e psicologico.
Nel periodo coloniale, il P. riflette il percorso dell’arte e dell’architettura spagnola, seppure condizionato dal clima, dalla geologia e anche da retaggi culturali indigeni. Nella regione costiera prevalsero costruzioni in adobe e mattoni, nella zona andina quelle in pietra. I terremoti frequenti hanno distrutto gran parte delle realizzazioni ma rimangono ancora alcuni esempi del primo Rinascimento, dello stile plateresco, del churriguerismo (➔ Churriguera, de). A Cuzco, che mantenne essenzialmente il tracciato preispanico, e dove molti edifici si sovrappongono alle costruzioni indie, sono notevoli i chiostri dei conventi di S. Francesco e di S. Domenico, la facciata di S. Girolamo (16° sec.); le facciate plateresche della casa dell’Ammiraglio e di quella cosiddetta dei quattro busti. A F. Becerra si deve il progetto delle cattedrali di Lima e di Cuzco, iniziate alla fine del 16° secolo. B. Bitti, di formazione italiana, è il pittore più importante: a lui è attribuito anche il rilievo dell’Assunzione del retablo della chiesa omonima di Juli, sulle rive del Titicaca, ma la scultura è dominata dalla scuola sivigliana, alla quale si formano anche artisti indigeni, come F.T. Yupanqui, autore della popolare Vergine di Copacabana del santuario sul Titicaca.
Nel 17° sec. l’arte di J. Martínez Montañés segnò la produzione scultorea sia di artisti sivigliani (G. de la Cueva) sia di botteghe locali, attivi in P.: notevoli gli stalli del coro delle cattedrali di Lima (1624-26) e di Cuzco. Sempre più esuberante, l’architettura propose facciate riccamente ornate come retabli (a Lima: cattedrale, S. Francesco; a Cuzco: chiesa della Compagnia di Gesù), giungendo al suo punto più alto con quella di S. Agostino a Lima (1720). Ad Arequipa, vicino al vulcano Misti, la decorazione, trattata tutta in superficie, invade le facciate con un particolare effetto di horror vacui (chiesa della Compagnia). Nell’ambito della pittura si distinse la scuola di Cuzco con l’indio D. Quispe Tito autore, nel 17° sec., di opere nella cattedrale e nella chiesa di S. Sebastiano che rivelano un’interpretazione originale della pittura fiamminga (soprattutto nei paesaggi) conosciuta attraverso stampe; tra il 1661 e il 1693 fu attivo B. de Santa Cruz, autore di opere di più ampio respiro compositivo (tele nel transetto della cattedrale).
La scuola di Cuzco proseguì, nel 18° sec., con B. Pacheco (attivo tra il 1738 e il 1752) e M. Zapata (attivo tra il 1748 e il 1773). A Lima i pittori più significativi furono C. Lozano e il sivigliano J. del Pozo che fondò una scuola di pittura (1791). La reazione neoclassica ebbe come esponente a Lima l’architetto M. Maestro, che trasformò numerosi interni di chiese e fornì i progetti per il Collegio di Medicina di San Fernando (distrutto) e per il cimitero. Con la proclamazione dell’indipendenza (1821) la reazione antispagnola portò a rivolgersi a modelli francesi, ma la tendenza a recuperare la tradizione ispano-indigena prevalse dando luogo, nel secolo successivo, al cosiddetto Rinascimento peruviano (R. Marquina).
La Scuola nazionale di belle arti (1918) diede nuovo impulso alle arti grazie ai pittori D. Hernández e J. Sebogal e allo scultore M. Piqueras Cotolí. Intorno a Sebogal si formò la scuola indigenista che tra il 1920 e il 1940 fu considerata espressione dell’arte ufficiale, ma che anche in seguito ebbe numerosi esponenti. Alle tematiche e agli stilemi dell’indigenismo reagirono i pittori J. Vinatea Reynoso, A. Gonzáles «Apurimak», R. Grau, M. de la Torre; fantastica è la pittura di T. Tsuchiya. Nell’ambito della scultura, J. Roca Rey è la personalità di maggiore spicco, nota a livello internazionale, ma si devono ricordare ancora J. Eielson, J. Piqueras, A. Guzmán, F. Sánchez, C. Runcie. Sono da menzionare il lavoro grafico e le iniziative del gruppo Huayco EPS; reminiscenze di miti autoctoni appaiono nei dipinti di J. Tola.
Il neocolonialismo, caratteristico dell’architettura degli anni 1940, fu superato grazie a un gruppo di intellettuali, artisti e architetti (Grupo Espacio) aperti alle esperienze europee, e in particolare alla lezione di Le Corbusier. Tra le varie opere del 21° sec.: Collegio San Pedro a La Molina (Cooper Graña Nicolini Arquitectos, 2001); Sede centrale della Interbank a Lima (H. Hollein, 2001).
Dopo la conquista spagnola, alla tradizione inca si affiancò quella europea che diede origine alla cosiddetta ‘musica meticcia’, caratterizzata da generi come lo yaraví (forma poetico-musicale di origine inca), il wayno (danza di coppia molto diffusa nelle regioni andine), e la marinera (danza basata sull’alternanza dei ritmi 3/4 e 6/8) e da strumenti come la chirimía (aerofono ad ancia doppia), il virucho (violino), l’arpa e numerosi strumenti a percussione (tijeraz, cajón e cajita). Nell’ambito della musica colta il primo compositore peruviano fu J. de Orejón (1706-1765), ma soltanto verso la fine del 19° sec. si ebbero tentativi di dare vita a uno stile nazionale con autori come L.D. Lavalle (1874-1922). Nella prima parte del 20° sec. si distinse T. Valcárcel (1900-1942); in seguito si affermò una corrente internazionalista rappresentata da E. Iturriaga (n. 1918), C.G. Lecca (n. 1926), E. Pinilla (n. 1927).
Vicereame del Perù Costituito nel 1542, con capitale Lima, comprendeva l’Istmo di Panama e tutti i domini spagnoli a S di questo, tranne la costa venezuelana. Con il procedere della colonizzazione, l’enormità dell’area dipendente da Lima rese indispensabile un frazionamento; nel 18° sec. furono creati il Vicereame di Nueva Granada (1717-23; 1739), comprendente gli attuali Panamá, Colombia, Venezuela ed Ecuador, e il Vicereame del Río de la Plata (1776), con giurisdizione sugli attuali Argentina, Uruguay, Paraguay e Bolivia. Ridotto pertanto agli attuali P. e Cile, il Vicereame del P. vide nelle Ande peruviane l’ultima resistenza spagnola alle forze di liberazione latinoamericane, definitivamente impostesi dopo la battaglia di Ayacucho del 1824.