Stato dell’America Meridionale; capitale Quito. Confina a N con la Colombia, a E e a S con il Perù; a O si affaccia sull’Oceano Pacifico. È attraversato dall’equatore, che gli dà il nome. Appartiene all’Ecuador l’arcipelago delle Galápagos, a 980 km dalla costa. Un secolare contenzioso confinario con il Perù è stato composto nel 1998.
Il territorio dell’Ecuador va distinto in una regione costiera (Costa), una andina (Sierra) e una amazzonica (Oriente). La Sierra (1/4 della superficie totale) consta di due catene, la Cordigliera Occidentale e la Cordigliera Orientale (o Reale). Una quarantina sono gli apparati vulcanici, molti dei quali attivi (Chimborazo, 6310 m; Cotopaxi, 5897 m; Sangay, 5413 m), e forte è la sismicità. Tra le cordigliere si aprono altopiani (Ibarra, Quito, Latacunga, Ambato, Riobamba, Cuenca, Loja). Lungo la costa si sviluppa una pianura alluvionale, in parte acquitrinosa, alle cui spalle si ergono alcuni sistemi di colli che si ricollegano con le Ande.
Il clima manifesta una marcata stagionalità. Il versante andino orientale riceve precipitazioni costanti, superiori ai 2000-2500 mm annui; quello occidentale (1000-1500 mm annui) e i bacini intermontani presentano invece periodi di aridità. La regione costiera meridionale ha caratteri subdesertici. La temperatura è localmente diversificata in base all’altimetria, ma presenta modeste escursioni: Quito, a quasi 2900 m s.l.m., ha temperatura media intorno ai 14 °C, con escursione di 1°; sul mare, Guayaquil ha una media di circa 26 °C, con escursione appena superiore. Il sistema andino fa da spartiacque tra il bacino del Rio delle Amazzoni, in cui defluiscono Napo, Pastaza, Zamora ecc., e il Pacifico, verso il quale scorrono fiumi più brevi e ripidi (Daule ed Esmeraldas sono i principali). La foresta, equatoriale nel Bassopiano Amazzonico, subtropicale e temperata sulle cordigliere, verso i 3000 m è sostituita da praterie; lungo la costa pacifica, a N, si hanno formazioni tropicali che, procedendo verso S, trapassano nella savana e nella steppa xerofila. La fauna è ricca e varia; di eccezionale interesse è quella delle Galápagos.
In epoca precolombiana l’altopiano era occupato da genti di cultura andina, oggi quasi tutte assimilate nella popolazione creola; sono scomparse le popolazioni indigene della Costa, mentre nel bassopiano orientale sono numerosi gli amerindi di cultura amazzonica, caratterizzati da un notevole frazionamento linguistico. Interessanti i dati forniti dall’archeologia, che testimoniano influenze mesoamericane (nella Costa) e andine (nella Sierra). Nella penisola di Santa Elena la cultura di Las Vegas (10°-7° millennio a.C.) presenta tracce di un’incipiente agricoltura. Di eccezionale qualità artistica l’arte orafa di La Tolita (500 a.C.-500 d.C.), di Manteño e Milagro-Queredo (dal 500 d.C.).
Il popolamento originario dell’Ecuador si concentrava nella Sierra e solo con l’avvento degli Spagnoli si avviò l’avvaloramento della Costa. La popolazione amerindia (41% del totale) vive tuttora nella Sierra, mentre nella Costa dominano i meticci (42%) e la minoranza bianca (11%) si concentra nelle città. La Costa ha ormai sopravanzato in popolazione la Sierra, mentre spopolato resta l’Oriente (5 ab./km2 in media). Con oltre 50 ab./km2 in media, l’Ecuador è il paese più densamente popolato dell’America Meridionale (esclusi gli Stati insulari). La crescita demografica è in lieve rallentamento, ma ancora accentuata (natalità 21,54‰ nel 2008, mortalità 4,21‰): la popolazione è passata da circa 3 milioni nel 1950 a circa 6 nel 1970, a 9,7 nel 1990 e a 13,9, secondo stime, nel 2008. Cospicui i movimenti dalla Sierra verso la Costa e dalle campagne verso le città (la popolazione urbana è il 63%, rispetto al 25% del 1950). Solo Quito (1.514.000 ab.) e Guayaquil (2.090.000 ab., principale centro economico) hanno rilievo nazionale, mentre Cuenca (304.000 ab.), Ambato e Riobamba, nella regione andina, e Machala (217.000 ab.), Portoviejo ed Esmeraldas, sul litorale, esercitano un’influenza locale. Molto forti sono le disparità socioeconomiche tra la componente bianca (dominante su ogni piano) e le altre e tra gli abitanti delle città e quelli delle campagne; le condizioni dei ceti meno favoriti e della popolazione rurale (soprattutto indios) vanno gradualmente migliorando, in conseguenza anche di un maggiore attivismo organizzativo.
Lingua ufficiale è lo spagnolo; religione dominante la cattolica (92%).
L’economia dell’Ecuador era tradizionalmente caratterizzata da latifondi e piccolissima proprietà contadina nella Sierra, piantagioni capitalistiche nella Costa, nessuna utilizzazione del versante amazzonico; e il paese dipendeva dalle esportazioni di prodotti tropicali (cacao, poi anche caffè e banane). Negli anni 1970 l’entrata in produzione di giacimenti di idrocarburi nell’Oriente rese l’Ecuador esportatore di petrolio, ma non lo mise al riparo dall’andamento incostante dei prezzi, aggravato, per l’agricoltura e la pesca, da congiunture meteo-climatiche negative, come l’anomala durata del Niño. Qualche intervento di riforma agraria ha portato a un aumento della produzione agricola. Malgrado la recente espansione del settore manifatturiero, grazie anche a investimenti esteri, l’instabilità politica non ha facilitato l’attivo inserimento del paese nell’economia internazionale, mentre le dure politiche di austerità imposte sul finire del Novecento (con gravi ripercussioni sulla popolazione) e l’adozione del dollaro statunitense come valuta nazionale hanno frenato la formazione di un mercato interno. Il paese presenta un’economia ancora di tipo ‘coloniale’ ed è carente di infrastrutture (nonostante i recenti investimenti) e di capitali, pur a fronte di risorse potenziali consistenti.
L’area coltivata si è estesa, a scapito della foresta, che peraltro copre tuttora un’ampia aliquota della superficie totale. Tra i prodotti di piantagione, spiccano banane (con 6,1 milioni di t nel 2006, l’Ecuador è tra i primi produttori al mondo), cacao, caffè, canna da zucchero. Nella fascia andina prevalgono le colture alimentari di base (riso, mais, patate, manioca), nonché la coca. L’allevamento può contare su bovini (5 milioni), ovini (1,05) e suini (1,3). Rilevante è la pesca (527.128 t nel 2006), praticata soprattutto intorno alle Galápagos (crostacei). Le foreste forniscono 6,7 milioni di m3 di legname. Il settore primario assorbe ormai solo l’8% degli attivi.
Nella parte settentrionale dell’Oriente sono sfruttati i ricordati giacimenti petroliferi, collegati tramite oleodotto con Esmeraldas; la produzione totale ha raggiunto nel 2006 circa 27 milioni di t; nuovi bacini sono in corso di esplorazione. L’industria manifatturiera annovera raffinazione e petrolchimica e le tradizionali produzioni tessili e alimentari. Fortissimo sviluppo ha segnato il terziario (commercio), che assorbe oltre il 70% della popolazione attiva.
Tra le carenti comunicazioni stradali (43.197 km, per un 15% asfaltati) spicca il tratto ecuadoriano (1400 km) della Carretera Panamericana; sono in progetto collegamenti con il Brasile nell’Oriente. La rete ferroviaria misura meno di 1000 km. Discrete le strutture portuali (Guayaquil, Esmeraldas) e buona la rete delle linee aeree interne. Il ruolo degli Stati Uniti come partner commerciale è stato ridimensionato a vantaggio dei paesi sudamericani. Il petrolio copre gran parte delle esportazioni; le importazioni riguardano i prodotti industriali; la bilancia commerciale tende al pareggio. Ancora modesto il turismo internazionale (841.000 ingressi nel 2006), soprattutto diretto alle Galápagos.
L’unità monetaria è il dollaro USA, diviso in 100 centesimi.
In epoca preincaica tre diverse culture fiorirono nelle alte valli andine, sulla costa del Pacifico e nelle foreste a E delle Ande. Tra la metà del 15° sec. e l’inizio del 16° l’area andina e la costa pacifica furono conquistate dagli Incas e durante il regno di Huayna Cápac l’antica città indigena di Quito divenne capitale della provincia settentrionale dell’Impero (Chinchasuyu). Dopo la morte di Huayna (1525) la divisione dell’Impero tra i suoi due figli (Atahualpa a N e Huáscar a S) e la guerra civile che ne seguì favorirono la conquista spagnola. Occupata fin dal 1534 da Sebastián de Belalcázar, la regione ecuadoriana entrò a far parte del vicereame del Perù, costituito nel 1542: nel 1563 la creazione dell’Audiencia di Quito sanciva l’autonomia dell’amministrazione ecuadoriana nell’ambito del vicereame. L’insediamento spagnolo si verificò soprattutto nell’area andina, dove l’abbondante popolazione india veniva utilizzata prevalentemente come mano d’opera agricola, mentre lo sviluppo di piantagioni di cacao nella regione costiera fu a lungo limitato dallo scarso popolamento e dalle malattie endemiche. Pressoché immune dalla colonizzazione spagnola rimase invece l’Oriente amazzonico. Nella prima metà del Settecento l’Audiencia di Quito fu separata dal vicereame del Perù ed entrò a far parte del vicereame di Nueva Granada.
Nel 1822 l’Ecuador aderì alla Republica de la Gran Colombia, proclamata (1819) sui territori dell’ex vicereame di Nueva Granada. Nel 1830 si proclamava repubblica indipendente. La vita del nuovo Stato fu a lungo caratterizzata dall’aspro conflitto fra i due settori dell’oligarchia dominante facenti capo rispettivamente alla Sierra (conservatori, clericali) e alla Costa (liberali, laici). Il periodo più stabile nel corso dell’Ottocento si ebbe durante il predominio del conservatore G. García Moreno (1860-75), che instaurò un regime dittatoriale e clericale, promosse la costruzione di infrastrutture e sviluppò il sistema scolastico (affidandolo al clero).
Verso la fine del secolo, l’aumento del peso economico della Costa, legato alla crescita del commercio con l’estero, favorì un progressivo rafforzamento dei liberali che, fra il 1895 e il 1925 divennero il partito egemone, ridussero i privilegi della Chiesa cattolica e avviarono una modernizzazione del paese, mentre si verificava una crescita dell’economia. Malgrado tali sviluppi, il sistema politico mantenne un carattere fortemente oligarchico e la grande maggioranza della popolazione rimase al di fuori della vita politica. L’instabilità economica e politica si protrasse dagli anni 1920 al 1940, e si aggravò in seguito al conflitto con il Perù (1941) che portò a una notevole riduzione territoriale dell’Ecuador (le tensioni fra i due paesi durarono fino agli anni 1980 e solo nel 1995 furono avviati accordi). Al declino dei due partiti tradizionali, corrispose la nascita di nuove forze politiche. A iniziare dagli anni 1930 si verificò l’ascesa di caudillos e leader carismatici che trovavano nelle masse urbane, prevalentemente meticce, la maggiore base di consenso (per es. J.M. Velasco Ibarra).
Nel corso degli anni 1960 e 1970, le difficoltà economiche aprirono una fase di disordini e colpi di Stato militari (1963-66; 1972-79); i governi che nacquero però non risolsero i gravi problemi legati allo sfruttamento delle risorse agrarie. Effetti sociali rilevanti ebbe invece la scoperta, alla fine degli anni 1960, dei giacimenti petroliferi, che consentirono all’Ecuador di divenire dal 1972 un paese esportatore di petrolio, aderendo nel 1973 all’OPEC. Lo sviluppo socioeconomico che ne derivò corrispose, sul piano politico, a una tendenza all’aumento della partecipazione popolare, confermata dalla Costituzione (1979) che abolì il bicameralismo e concesse il diritto di voto agli analfabeti; a tali innovazioni faceva riscontro un rafforzamento dell’esecutivo, con l’ulteriore estensione dei già vasti poteri presidenziali. Negli anni successivi si verificò l’ascesa di nuovi partiti di ispirazione cattolica, socialdemocratica (Izquierda democrática, ID, che divenne la maggior forza parlamentare) e marxista, mentre un certo declino subirono le formazioni populiste; il Partido social cristiano (PSC) si affermò come la principale organizzazione conservatrice.
L’esplosione di una nuova crisi economica e finanziaria all’inizio degli anni 1980 portò all’inasprimento delle misure di austerità, già varate dal presidente O. Hurtado Larrea, da parte del conservatore L. Febres Cordero. I gravi incidenti che ne derivarono sfociarono nella proclamazione dello Stato di emergenza e in azioni gravemente repressive da parte del governo. La situazione continuò a rimanere tale con il presidente B. Cevallos (ID, 1988) e con il successore conservatore S. Durán Ballén (1992) che attuò una riforma di privatizzazione. Nel corso degli anni 1990 gli indios diedero vita a un proprio partito che propugnava la proprietà collettiva della terra e che raccolse discreti consensi. Nelle elezioni del 1996 si impose il candidato del Partido roldosista ecuatoriano (PRE) A. Bucaram Ortiz, destituito due anni dopo dal Congresso per incapacità mentale. Fu eletto presidente J. Mahuad Witt e fu varata una nuova Costituzione. Nonostante gli sforzi del presidente, la situazione economica precipitò, sfociando nel 2000 in un incruento colpo di Stato, che portò al potere G. Noboa, il quale lanciò un piano di risanamento. Anche i presidenti successivi (L. Gutiérrez, A. Palacio) continuarono una politica liberista che acuì le difficoltà economiche dei ceti più deboli, finché nel 2006 divenne presidente R. Correa con un programma di radicale riforma politica e di rinegoziazione del debito estero e dei contratti petroliferi con le multinazionali straniere. Nel 2008 è stata varata e sottoposta a referendum una nuova Costituzione, che ha imposto precise limitazioni all’economia di mercato e sottolineato i diritti delle comunità indigene; nel corso degli anni successivi, dopo la rielezione per un secondo mandato nel 2009, accorte politiche sociali - quali l'ampliamento della rete stradale, la costruzione di centrali idroelettriche, l'aumento dei fondi per la sanità e l'istruzione e l'erogazione di sussidi per lo sviluppo - hanno assicurato a Correa ampi consensi, consentendogli di ottenere la maggioranza assoluta (57% delle preferenze) alle presidenziali tenutesi nel febbraio 2013 e di riconfermarsi per un terzo mandato, sebbene la stabilità del suo governo sia stata parzialmente erosa da una crisi economica che ha costretto a tagliare la spesa pubblica e ad aumentare le tasse, scatenando nell’agosto 2015 scioperi e proteste di massa. Le consultazioni presidenziali tenutesi nel febbraio 2017 hanno assistito a un confronto serrato tra il candidato della sinistra ed erede di Correa L. Moreno, che ha ricevuto il 39,3% dei consensi contro il 21,1% aggiudicatosi dall'esponente del centrodestra G. Lasso; il risultato è stato confermato dal ballottaggio svoltosi nell'aprile successivo, vinto da Moreno con 51% contro il 48,9% di Lasso, che ha contestato i risultati denunciando brogli.
Nel febbraio 2018, per volontà di Moreno, il Paese è stato chiamato alle urne per decidere attraverso lo strumento referendario su alcuni punti salienti della politica intrapresa da Correa durante il suo mandato, con particolare riferimento all’interdizione dalla vita politica di chi è condannato per corruzione e alla riforma costituzionale (2015) che avrebbe permesso la rielezione indefinita del presidente della Repubblica, aprendo in tal modo la possibilità di un nuovo mandato dell’uomo politico; il Paese, con una percentuale tra il 63% e il 73% dei consensi, ha aderito alle proposte di Moreno, decretando di fatto la scomparsa politica di Correa e l'archiviazione degli ambiziosi progetti sociali ed economici contenuti nella sua Revolución ciudadana. Nei mesi successivi il consenso popolare accordato a Moreno è andato però progressivamente erodendosi, e i violenti disordini esplosi nell'ottobre 2019 a seguito delle riforme di austerità volute dal presidente, tra cui la revoca dei sussidi statali per il carburante con una conseguente impennata dei prezzi di merci e trasporti, hanno costretto l'uomo politico a dichiarare lo stato di emergenza e a trasferire l’esecutivo a Guayaquil, revocando pochi giorni più tardi le contestate misure economiche. Le consultazioni presidenziali svoltesi nel febbraio 2021 hanno visto l'affermazione del candidato progressista A. Arauz, che ha ottenuto il 32,7% dei voti contro il 19,7% aggiudicatosi dal conservatore G. Lasso, che però lo ha sconfitto al ballottaggio tenutosi ad aprile con il 52,5% delle preferenze, subentrando nella carica a Moreno. Nel periodo successivo la perdurante crisi economica, le proteste dei gruppi indigeni e la crescente insicurezza sociale hanno eroso i consensi accordati al presidente, come evidenziato dai risultati dei quesiti referendari su riforme politiche, ambientali e di sicurezza, che nel febbraio 2023 sono stati respinti dai votanti; nel maggio successivo, per bloccare il processo di impeachment volto a rimuoverlo dall’incarico, Lasso ha sciolto l’Assemblea nazionale, potendo governare per decreto fino a nuove elezioni. Le elezioni generali, svoltesi nell'agosto 2023 in un clima di estrema violenza politica, hanno registrato al primo turno delle presidenziali l'affermazione di L. González (33%), candidata di sinistra e sodale dell'ex presidente Correa, e dell'imprenditore D. Noboa (24%) della formazione centrista Acción democrática nacional (ADN), che si è affermato al ballottaggio svoltosi a ottobre ricevendo il 52,3% delle preferenze e subentrando nella carica al presidente uscente Lasso, mentre alle parlamentari svoltesi nella stessa data ha ottenuto il 39,7% dei consensi il movimento progressista Revolución ciudadana di González, seguito dal Movimiento Construye (20,3%) e da ADN (14,5%).
Le grandi capacità delle popolazioni precolombiane dell’Ecuador nella ceramica, nella pittura, nella scultura e nella lavorazione dell’oro e dell’argento diedero vita nel periodo coloniale alla produzione di oggetti sacri che si affiancava a quella di matrice prettamente barocca spagnola. La scuola di Quito dei sec. 17° e 18° combinò queste due influenze. Con l’indipendenza prevalse il formalismo con soggetti quali gli eroi della rivoluzione e i membri dell’alta società.
L’architettura religiosa coloniale dell’Ecuador è prevalentemente barocca, sebbene l’architettura residenziale tenda a essere semplice ed elegante, con case bianche dotate di verande e costruite attorno a un cortile centrale. Nel 20° sec. molti artisti hanno cercato di stabilire una continuità con il passato, recuperandone alcuni segni o soffermandosi sulle sofferenze dell’indio (indigenismo). E. Tábara (n. 1930), A. Villacís (n. 1927) ed E. Maldonado (n. 1930) propongono collegamenti con elementi precolombiani; A. Gilbert (1914-1993) elabora una pittura astratto-geometrica di carattere internazionale; O. Viteri (n. 1931) trae ispirazione dall’arte popolare. Antesignano delle ricerche moderne è il pittore M. Rendón Seminario (1894-1982); indigenisti sono i pittori Oswaldo Guayasamín (1919-1999) ed Eduardo Kingman (1913-1997), entrambi sulla scia di uno degli esponenti più di spicco del movimento, C. Egas (1899-1962), e lo scultore J. Andrade Moscoso (1913-1990). Notevoli nell’ambito dell’arte concettuale sono P. Cardoso (n. 1965) e M. Ribadeneira.
Tra i musei dell’Ecuador si ricordano il Museo de arte moderno di Quito e il Museo antropológico y de arte contemporáneo del Banco Central del Ecuador di Guayaquil. A Cuenca, dal 1988, si celebra la Bienal panamericana de pintura.
Forme della musica quechua sono tuttora praticate con l’utilizzo di strumenti tradizionali, come il pingullo (flauto a becco) e il tamboril (spesso suonati insieme), altri tamburi (tambora, bombo) e flauti policalami noti con il nome di rondadores. Nella danza prevalgono forme indigene di probabile origine precolombiana; particolarmente significativi e importanti sono i danzantes, ballerini mascherati e abbigliati con costumi sfarzosi che danno vita a una rappresentazione sacra eseguita soprattutto durante le processioni del Corpus Domini.
La musica colta fu introdotta dai monaci francescani fiamminghi J. de Rycke e P. Gosseal che ne avviarono l’insegnamento presso il Colegio de San Andrés a Quito. Nel 1574 divenne maestro di cappella D. Lobato (1538 ca. - 1610) per 4 anni sostituito da F. Hidalgo (1553-1620), a questi fecero seguito M. Blasco e J.O. de Larrea. Dopo l’indipendenza (1822), nacque a Quito una scuola di musica, poi divenuta Sociedad filarmónica de Santa Cecilia, che fu però chiusa nel 1858; nel 1870 fu fondato il Conservatorio naciónal de musica. Dal 1903 al 1911 il conservatorio fu diretto da D. Brescia che introdusse elementi della tradizione ecuadoriana nella composizione dando origine al nazionalismo musicale perseguito da S.L. Moreno e da L.H. Salgado. Nel 1952 fu fondata la Sociedad filarmónica de Quito e nel 1956 l’Orquesta sinfónica nacional. Fra i compositori contemporanei si segnalano M. Maiguashca (n. 1938) e G. Guevara (n. 1930).