In antropologia e nelle scienze sociali, l’insieme delle correnti di pensiero e dei movimenti intellettuali e sociali sviluppatisi in America Latina in seguito alla riflessione sulla condizione delle popolazioni indigene e sui caratteri specifici della loro identità rispetto a quella degli strati sociali dominanti, discendenti dai conquistadores spagnoli.
Tra la fine del 19° sec. e i primi decenni del 20°, l’i. è caratterizzato dalla riflessione sull’importanza storica e culturale che le popolazioni indie hanno avuto nella formazione dei paesi latino-americani, e presenta caratteri soprattutto letterari, giungendo spesso a una vera e propria costruzione artificiale e retorica della figura degli indigeni, in contrapposizione ai conquistadores. Dalla fine degli anni 1920, in particolare dopo la pubblicazione (1928) dei Siete ensayos de interpretación de la realidad peruana di J.C. Mariátegui, si fa strada in tutto il continente una forma di i. sociale e politico che, fondendosi con la visione letteraria, rappresenta spesso l’indigeno come il ‘grande vinto’ del continente e come la base culturale, sociale e storica per il futuro riscatto di quest’ultimo. Un importante esponente dell’i. letterario degli anni 1930 è l’ecuadoriano J. Icaza, autore di un famoso romanzo, Huasipungo (1934), destinato per decenni a influenzare la letteratura latino-americana e l’impegno sociale filoindigeno. In anni più recenti il filone della letteratura di impegno sociale che ha per protagonisti i nativi annovera autori famosi come J.M. Arguedas, M. Scorza, M.Á. Asturias, C. Alegría. In questa tradizione letteraria gli Indios sono visti il più delle volte ‘dall’esterno’, da parte di appassionati scrittori bianchi o meticci, spesso osservatori partecipanti della realtà indigena attraverso anni di esperienza diretta.
A partire dai tardi anni 1930 si sviluppa, soprattutto in paesi come il Messico e il Perù, una corrente che cerca di fondere l’interesse per l’analisi delle caratteristiche sociali e culturali delle popolazioni amerindie (realizzata attraverso la ricerca sul campo) con l’impegno sociale e politico a loro favore. È dovuto a questi autori (tra i quali risaltano i messicani A. Caso e G. Aguirre Beltrán, e i peruviani L.E. Valcárcel Vizcarra e V.A. Belaúnde) un processo di diffusione della problematica indigenista in America Latina che condurrà alla fondazione in tutto il continente di istituzioni politico-diplomatiche e di ricerca sociale. Nel 1940, dopo anni di contatti e di scambi tra i vari paesi, viene convocato a Pázcuaro, in Messico, il 1° Congresso indigenista interamericano, al quale intervengono studiosi, politici e intellettuali interessati a promuovere un programma comune e coordinato, basato su indagini accurate e finalizzato a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni indigene senza snaturare i loro sistemi sociali e culturali. Viene fondato in questa occasione l’Istituto indigenista interamericano, struttura di coordinamento delle attività del nascente i. continentale, con sede a Città di Messico. I decenni successivi, tuttavia, vedono l’emergere di tensioni e contraddizioni latenti, insite nella natura stessa del movimento indigenista. Sotto il profilo scientifico si manifestano i limiti di un approccio globale alla realtà indigena che gli sviluppi della ricerca antropologica mostrano assai variegata sul piano linguistico e culturale: ciò non consente generalizzazioni approssimative e l’adozione di programmi uniformi per gruppi etnici diversi. Ancor più rilevante appare la tensione tra le istanze autonome delle popolazioni indie e l’approccio degli organismi indigenisti istituzionali, inevitabilmente condizionati dai governi e dai gruppi sociali dominanti. Sul piano culturale si manifesta la contraddizione fra le esigenze di assorbire le popolazioni indigene nell’ambito della società nazionale, attraverso la loro assimilazione, integrazione e adattamento, e quelle di difenderne la peculiare identità culturale.
Un cambiamento significativo si verifica a partire dagli anni 1970, in seguito alla nascita di nuove organizzazioni formate da nativi che assumono in prima persona la difesa dei diritti e della cultura delle popolazioni indie. Le nuove organizzazioni indigene, anche con il sostegno di organismi internazionali e organizzazioni non governative, cominciano a gestire in proprio progetti di modernizzazione che cercano di salvaguardare la cultura delle popolazioni interessate. A partire dagli stessi anni si assiste inoltre allo sviluppo, in zone caratterizzate dalla presenza di un’ampia popolazione indigena, di movimenti di lotta sociale e politica a base prevalentemente india, e in talune aree (come il Guatemala e, più tardi, il Chiapas) anche a esperienze di guerriglia. A partire dagli anni 1980, rappresentanti delle popolazioni amerindie cominciano a partecipare a incontri internazionali sulle questioni ambientali e sulle strategie dello sviluppo, promossi da agenzie delle Nazioni Unite come la FAO, l’UNESCO ecc.: le organizzazioni indigene possono così contribuire alla formulazione di importanti documenti internazionali, come la Convenzione n. 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui popoli indigeni e tribali nei paesi indipendenti (1989), ratificata e introdotta nelle legislazioni nazionali da numerosi paesi del continente, e a uno specifico Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per l’elaborazione di una Dichiarazione dei diritti delle popolazioni indigene.