(sp. Cordillera de los Andes) Il principale sistema montuoso del Sudamerica (e uno dei maggiori del mondo), che si sviluppa per 7500 km dal Golfo di Paria (10° lat. N) al Capo Horn (56° lat. S), interessando 8 Stati. Esso descrive un ampio semicerchio da Trinidad ad Arica (Cile), mentre nella parte più meridionale si svolge in senso N-S all’incirca lungo il meridiano di 70° O Greenwich.
Le A. costituiscono un insieme di catene parallele tra loro e alla costa, spesso affiancate da rilievi di minor altezza ed estensione (Cordigliera della Costa in Cile, Preande in Argentina). Al loro interno s’individuano estesi altopiani caratterizzati da quote elevate e notevole aridità (puna), o profonde valli che incidono longitudinalmente il sistema montuoso (hoyas). L’altezza media è molto elevata: la linea di cresta oscilla per lo più fra 3000 e 5000 m e numerose sono le cime che raggiungono quota 6000.
Dal punto di vista geologico-strutturale le A. si configurano come una ‘catena a pieghe’, la cui evoluzione è dovuta alla frammentazione dell’antico continente di Gondwana nel tardo Mesozoico e ai processi di subduzione della litosfera oceanica della placca di Nazca sotto la crosta continentale della placca sudamericana. A tale dinamica è legata l’intensa e ininterrotta attività sismica e vulcanica, coeva alle fasi iniziali della subduzione e che caratterizza l’intera catena, la quale è parte dell’‘anello di fuoco’ circumpacifico. Gli attuali vulcani attivi, che cominciarono a formarsi circa 15 milioni di anni fa, sono una cinquantina, distribuiti in 4 serie, colombiana, ecuadoriana, peruviano-boliviana, cileno-argentina: tra i maggiori, il Tolima (5215 m), il Cotopaxi (5897), il Nevado del Ruiz (5400). Le rocce che costituiscono la catena sono di età molto diversa: dal basso verso l’alto si susseguono rocce eruttive paleozoiche (graniti, porfidi), gneiss e scisti, sedimentazioni mesozoiche (calcari e marne) e depositi continentali del Cenozoico.
Nelle A. si distinguono 3 diverse sezioni. La sezione meridionale (dal Capo Horn al Paso Las Cuevas, 3227 m) presenta un aspetto unitario, compatto, ricco di vulcani, laghi e ghiacciai; comprende i monti della Terra del Fuoco, le A. della Patagonia e le A. del Cile centrale dove si concentrano le maggiori elevazioni (Aconcagua, 6959 m; Ojos del Salado, 6893). Tra queste ultime e l’oceano, la Cordigliera della Costa delimita una fossa di sprofondamento, lunga 850 km e larga tra 50 e 200, che rappresenta il cuore dell’insediamento cileno (Valle Central). Tra il Paso Las Cuevas e il ‘nodo’ di Pasto (al confine tra Ecuador e Colombia) si estende la sezione centrale, caratterizzata da un’ampiezza assai notevole (800 km), dalla partizione in 2 o 3 cordigliere, con interposti altopiani elevati come la Puna de Atacama e l’Altopiano Boliviano (3500-3800 m), e dalla presenza di numerose cime al di sopra dei 6400 m (Huascarán, Perù, 6746 m; Llullaillaco, Cile/Argentina, 6739 m). In Ecuador le A. si riuniscono in un’unica catena (Cordillera Real), stretta (120 km) e meno alta. Nella sezione settentrionale (nodo di Pasto-Golfo di Paria), la catena si suddivide nuovamente in 3 rami, delimitati da profonde valli longitudinali e interessati da numerosi vulcani. Continuazione della Cordigliera Centrale è la Sierra Nevada de Santa Marta (5775 m), mentre la Cordigliera Orientale si divide in 2 rami che circondano la Laguna di Maracaibo (la Sierra de Perijá e la Cordigliera di Mérida, la quale si estende fino alle coste venezuelane).
Le A. segnano il principale spartiacque dell’America Meridionale. Per l’estrema vicinanza dell’oceano, i fiumi del versante pacifico hanno un corso breve e solitamente ripido, come, per es., il Bío-Bío in Cile, e il San Juan in Colombia. Tra i fiumi che si gettano nell’Atlantico, spesso molto lunghi e di rilevante portata, i maggiori sono: il Magdalena e il suo affluente Cauca (Colombia), che scorrono in valli strette e incassate; molti e importanti tributari del Rio delle Amazzoni (Marañón e Ucayali, Perù; Río Grande, Bolivia) e del Paraná-Paraguay (Pilcomayo e Río Salado, Argentina); i fiumi che irrigano la Pampa argentina (Río Negro) e la Patagonia (Deseado).
I principali bacini lacustri sono i laghi Argentino e Nahuel Huapí (Argentina), le cui cavità furono scavate dai ghiacciai pleistocenici, e il sistema dei due laghi di origine tettonica Poopó e Titicaca (Bolivia); quest’ultimo è il maggiore lago sudamericano (8300 km2) e, situato a 3810 m s.l.m., è tra i più alti del mondo. Numerosi sono, infine, i salares (laghi salmastri) e le salinas, distese ricche di incrostazioni saline e parzialmente coperte dall’acqua.
La vicinanza del Pacifico e le correnti oceaniche, l’altimetria e l’esposizione dei versanti influenzano il clima delle Ande. Lungo i bassi e medi versanti delle A. settentrionali prevalgono condizioni climatiche equatoriali e subequatoriali, con precipitazioni abbondanti (fin oltre 5000 mm annui) e temperature medie elevate (26° C); negli altopiani e nelle A. settentrionali e centrali al di sopra dei 2000 m domina il clima caldo di montagna (clima andino), con valori nettamente inferiori della temperatura media (15° C) e delle precipitazioni (500-1500 mm), escursione termica giornaliera notevole e annua scarsa. Il clima desertico e semidesertico compare, invece, in due distinte regioni: la prima, estesa fino ai 1500 m di quota, tra il Golfo di Guayaquil e 27° lat. S, con piogge quasi del tutto assenti, escursione annua modesta e temperature elevate (sottotipo caldo); la seconda, tra la Patagonia e le catene preandine argentine, è caratterizzata da piogge scarse e irregolari, temperature basse (Ushuaia, 10° C di media a gennaio) ed elevata ventosità (sottotipo freddo). L’influenza del mare è evidente nelle A. meridionali e lungo i versanti cileni fino a Valdivia, dove è presente un clima oceanico freddo con inverno umido ed estati complessivamente miti. A N di Valdivia il clima diventa più asciutto, da temperato a mediterraneo, con marcata aridità estiva (Santiago, 372 mm annui), a segnare il passaggio verso il deserto di Atacama.
In ogni sezione delle A. si hanno precipitazioni nevose: il limite delle nevi persistenti oscilla dai 4500-4800 m nelle A. tropicali ai 5000 m di quelle peruviane, ai 5500-6000 m a latitudini superiori ai 25° S. Da qui la quota si abbassa rapidamente fino ai 700 m delle A. patagoniche.
Se si escludono l’alta montagna e le aree desertiche estreme, la vegetazione delle A. risente essenzialmente dell’altitudine e della latitudine. Nelle A. settentrionali si ha una vegetazione equatoriale e subequatoriale, cui fanno seguito, verso l’alto e verso S (Ande Centrali), praterie ad arbusti xerofili sempreverdi (páramos) e, nella puna, cespugli spinosi e piante grasse. Nelle aree intermedie tra la foresta e le steppe aride, si estende la caatinga, boscaglia impervia, spoglia di foglie per gran parte dell’anno e caratterizzata da piante xerofite, cactacee e mimosacee. Nelle A. patagoniche, infine, predomina una foresta temperata mista di conifere (Libocedrus) e latifoglie (Nothofagus, il faggio australe) cui si alternano, lungo i versanti pacifici, zone a macchia pseudomediterranea.
L’economia delle A. è basata soprattutto su agricoltura, allevamento ed estrazione di minerali. Le coltivazioni tipiche si individuano in funzione della quota: i fondovalle fino ai 1000 m (tierras calientes) sono adatti alle colture tropicali (cacao, banano, palma da cocco, canna da zucchero ecc.), le quote intermedie (tierras templadas, 1000-2000 m) sono più idonee a coltivazioni arboree pregiate (come il caffè nelle A. equatoriali), le aree più elevate (tierras frías, fino ai 4000 m) sono destinate all’allevamento (lama e alpaca, cui si aggiungono bovini, equini, ovini) e alla cerealicoltura. Il mais, alimento caratteristico delle popolazioni andine, è coltivato nei dintorni del lago Titicaca fino a 3850 m di quota. Dalle foreste equatoriali si ricavano, invece, caucciù, cinchona (albero della china) e legni pregiati. A circa 2500 m cresce la pianta più rappresentativa dell’area andina, l’Erythroxylum coca, ritenuta sacra e coltivata già prima della civiltà incaica, costituisce fonte di sostentamento per i contadini e di guadagno per molti cocaleros che vi estraggono la cocaina.
L’abbondanza di minerali è nota nelle A. dall’epoca precolombiana. Particolarmente sfruttati, anche fino a quote molto elevate (4500 m) sono i giacimenti di oro (Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador), argento (A. centrali), piombo e zinco (Perù), stagno (Bolivia), nitrati e soprattutto rame (Cile). Negli ultimi decenni del Novecento è stata avviata con successo l’estrazione di idrocarburi (petrolio e gas naturale) nelle fasce preandine di Colombia e Venezuela.
In quanto barriera interposta per tutta la lunghezza del continente tra il Pacifico e l’Atlantico, le A. sono state, e sono, un ostacolo all’insediamento umano e alle comunicazioni e perciò risultano scarsamente abitate. La presenza di altopiani a quote elevate con temperature mitigate dalla latitudine ha, comunque, favorito fin dall’epoca precolombiana lo sviluppo di centri urbani che oggi raggiungono dimensioni metropolitane (La Paz, 3658 m e 800.000 ab.; Quito, 2880 m e 1,4 milioni di ab.; Bogotá, 2547 m e 6,8 milioni di ab.).
Nell’epoca della civiltà incaica fu realizzata una prima rete stradale il cui tracciato fu in seguito adattato dagli Spagnoli al passaggio di animali da trasporto come il cavallo e il mulo. Tuttavia essa ha, ancor oggi, uno sviluppo assai limitato. Le ferrovie, costruite per la maggior parte tra la fine del 19° e l’inizio del 20° sec., superano spesso quota 4000, raggiungendo l’altezza massima di 4829 m (galleria di Galera, linea Lima-La Oroya, Perù); esse sono per lo più adibite al trasporto di minerali. La prima, Buenos Aires-Valparaíso, fu aperta nel 1910; la seconda, che collega Antofagasta con Salta, nel 1948; nel 1957 se ne ebbe una terza, che congiunge Bahía Blanca e Concepción.
Culture andine Il popolamento della regione andina, a opera di cacciatori nomadi provenienti dal Nord, risale a più di 15.000 anni fa. Tra il 6° e il 5° millennio a.C. avvenne la domesticazione di piante (patata, zucca) e animali (lama). La coltivazione del mais, più tarda, permise l’accantonamento di surplus. Tra il 3° e il 2° millennio iniziarono la produzione di ceramica, il terrazzamento dei pendii a scopo agricolo e l’impiego di sistemi di irrigazione. Tra il 2° e il 1° millennio a.C. la cultura di Chavín (➔) costituì la sintesi delle scoperte precedentemente realizzate. A partire da un centro cultuale situato nelle A. centrali, essa estese la sua influenza sia a sud sia nelle A. peruviane settentrionali. A questa fase di relativa omogeneità seguirono dal 500 a.C. una differenziazione regionale e un forte incremento demografico.
Tra le culture più importanti di questo periodo vi sono quella dei Moche, di Paracas e di Nazca in Perù; quella di Tiahuanaco in Bolivia, la cui influenza nel corso del 7° sec. d.C. si estese fino al Cile settentrionale; la cultura wari, panandina, che si impose a partire dal 7° sec. e che sviluppò un forte controllo centrale e una religione ufficiale. Al declino dell’impero wari (9°-10° sec.) corrispose lo sviluppo del regno di Chimú, poi conquistato dagli Inca (1438-1532). L’impero inca, nel momento della sua massima espansione, si estendeva dall’Ecuador al Cile ed era caratterizzato da un forte accentramento statale e dal culto del dio Sole. Indebolito dalle guerre civili e dalle epidemie, l’impero venne conquistato dagli Spagnoli. Il potere coloniale assoggettò le popolazioni andine e lo sfruttamento delle comunità prese la forma di un vero e proprio genocidio. In alcune regioni, come la Colombia, l’importazione di schiavi africani servì a far fronte alla mancanza di manodopera locale. L’indipendenza del 1820 non comportò un miglioramento nella vita degli Indios, la cui condizione ha continuato a essere contraddistinta da miseria nei territori rurali e marginalità sociale ed economica in quelli urbani. Alcuni gruppi (➔ Aymara; Quechua) conservano elementi dell’organizzazione sociale e delle tradizioni religiose di epoca pre-ispanica.