Stato federale dell’America Meridionale, confinante a E con la Guyana, a S con il Brasile e a O con la Colombia; a N si affaccia sul Mar Caribico e in piccola parte sull’Oceano Atlantico, a E dell’isola di Trinidad.
Il Venezuela è interessato da almeno tre delle grandi unità morfologiche del continente sudamericano: la Cordigliera delle Ande, di cui comprende l’estrema sezione nord-orientale; il bassopiano alluvionale dell’Orinoco; una vastissima porzione dell’Altopiano della Guiana. Le Ande venezuelane (Cordigliera di Mérida) si sviluppano per circa 400 km, sono formate da diversi allineamenti montuosi paralleli tra loro, separati da valli e conche alluvionali, e quasi dappertutto si mantengono al di sopra dei 4000 m s.l.m. (La Columna, 5007 m). Sono una loro prosecuzione i rilievi che si estendono lungo la costa, fino ai Monti Caribici che s’innalzano fin quasi a 2000, e che a loro volta si proseguono nelle isole caribiche. Il bassopiano percorso dall’Orinoco e dai suoi tributari, comunemente noto con il nome los llanos («i piani»), occupa la sezione mediana del paese per ben 300.000 km2. Nel Sud si innalza l’Altopiano della Guiana, massiccio cristallino precambriano dalle forme tabulari, inciso dall’alto corso dell’Orinoco e dai suoi affluenti, alto per lo più tra i 1000 e i 2000 m, ma culminante a quasi 2800 m nel Cerro Roraima, all’estremità sud-orientale del paese.
Benché il V. si estenda tra l’equatore e il parallelo 12° N, e quindi nella zona climatica equatoriale, il suo quadro climatico è piuttosto diversificato. L’unico elemento costante, e del resto tipico delle regioni equatoriali, è l’escursione termica annua molto modesta, che raramente supera i 4-5 °C; le temperature medie, annue e mensili, rispetto alle quali l’escursione viene valutata, risultano invece ben diverse nelle località andine, a loro volta differenziate in base all’altitudine (anche in V. vige la distinzione fra tierras calientes, tierras templadas e tierras frias) e in quelle dei llanos e della regione litoranea. Le precipitazioni sono molto abbondanti sui versanti esterni delle catene andine (Mérida, 1700 mm; ma nella regione si superano anche i 2000 mm) e sull’Altopiano della Guiana (fino a 2500 mm), mentre sono scarsissime nella sezione occidentale della costa caribica (Maracaibo, 300 mm).
Nel bacino dell’Orinoco è compreso l’80% del territorio del paese. L’alto corso del fiume e dei suoi affluenti (principale è il Caroní) si svolge sull’Altopiano della Guiana, dove i corsi d’acqua formano numerose rapide e cascate, tra cui il Salto Ángel, la più alta cascata del mondo (978 m), su un affluente del Caroní. L’Orinoco sbocca nell’Atlantico con uno dei più vasti delta della Terra; ricchissimo di acqua, nel suo basso corso è navigabile anche da navi di grande tonnellaggio. Altro elemento idrografico notevole è il Lago di Maracaibo – in realtà una laguna, perché in comunicazione con il Golfo di Maracaibo (Mar Caribico) – ampio 13.600 km2.
La foresta equatoriale è presente in buona parte dell’Altopiano della Guiana (benché in alcune parti sia sostituita da savane arborate), nel delta dell’Orinoco e nelle aree più umide del litorale caribico; qui è spesso accompagnata da formazioni di mangrovie. Tipica regione di savane sono i llanos, dove l’uniformità della copertura vegetale è interrotta da foreste a galleria lungo i corsi d’acqua e da boscaglie xerofile; boscaglie sono presenti pure sui rilievi caribici. I fianchi delle catene andine sono coperti da foreste che si differenziano secondo l’altitudine, e da praterie d’alta montagna sulle sommità.
La fauna è quella tipica della regione zoogeografica neotropicale, con scimmie platirrine, chirotteri, roditori, maldentati, alcuni carnivori (giaguaro, puma, procione) e ungulati (tapiro); incredibilmente numerosi sono gli uccelli.
Benché la costa del Venezuela fosse stata avvistata e toccata da C. Colombo nel corso del suo terzo viaggio (1498) e malgrado alcuni tentativi di insediamento europeo già verso la metà del 14° sec., la popolazione aumentò lentamente fino a tutto il 19° sec., anche per via del clima insalubre e della malaria e di altre malattie endemiche. Nel 1873, gli abitanti erano ancora meno di 1.800.000 e la densità media raggiungeva appena i 2 ab./km2. Nel 20° sec. l’incremento ha assunto ritmi molto più rapidi: la popolazione si avvicinava ai 4 milioni di unità nel 1950 e ai 10,7 milioni nel 1971, per arrivare ai quasi 27 milioni del 2009. La popolazione è quindi aumentata di 7 volte in 60 anni: dapprima per effetto di un robusto flusso immigratorio favorito dal crescente sfruttamento petrolifero (con un notevole apporto di Italiani); in seguito, soprattutto per il saldo naturale fortemente positivo, prodotto da un drastico calo del tasso di mortalità (appena il 5,1‰ nel 2009), mentre quello di natalità è ancora forte (20,6‰). La speranza di vita è discretamente alta (75 anni circa), ma elevata è la disoccupazione, la popolazione in condizioni di povertà sfiora il 38% secondo dati ufficiali, la sperequazione reddituale è fortissima, a fronte di un reddito medio annuo per abitante (12.875 dollari nel 2007) che colloca il paese fra quelli a medio reddito. Il 93% della popolazione (2008) risiede in aree urbane: la capitale Caracas, con 2 milioni di abitanti (2009), Maracaibo (1,8 milioni, il principale centro dell’industria petrolifera), Valencia (1,4 milioni), Maracay (443.000) e poi ancora Barquisimeto e Ciudad Guayana (fondata come città industriale nel 1961 attorno a un centro siderurgico) costituiscono i poli di una rete urbana relativamente equilibrata sul piano funzionale, benché segnata da estesi fenomeni di insediamento precario; addensamenti di popolazione si registrano anche nelle basse valli andine. Nelle regioni interne la popolazione si rarefà fino a scendere a 6 ab./km2 nello Stato di Bolívar, che comprende la massima parte dei llanos, e a meno di 1 nello Stato di Amazonas.
Ridotti gli amerindi (per lo più stanziati nello Stato di Amazonas) a circa l’1% del totale, la popolazione è costituita da meticci (quasi il 64%), bianchi (20%), afroamericani (10%) e mulatti. La lingua ufficiale è lo spagnolo; la religione predominante è quella cattolica (93%) con una piccola presenza di protestanti (2%).
L’organizzazione economica e sociale del V. dipende in larghissima misura dal petrolio, di cui il V. è uno dei principali produttori ed esportatori mondiali, e dalle sue fluttuazioni di prezzo. Da quando è iniziato lo sfruttamento dei giacimenti (1922), la tradizionale economia agricola, basata sulle colture di piantagione e sull’allevamento estensivo, ha ridotto il suo ruolo, deprimendo anche il peso politico ed economico dei proprietari terrieri, una delle componenti tradizionali dell’oligarchia creola. I 121 milioni di t di petrolio estratto (2007) rappresentano circa un terzo del PIL e l’80% delle esportazioni del paese; oltre metà del petrolio viene venduta agli USA malgrado le relazioni diplomatiche piuttosto tese. La produzione di petrolio è stata nazionalizzata negli anni 1970, poi riaperta al capitale straniero, nel 2007 ricondotta sotto il controllo dell’azienda petrolifera di Stato (PDVSA). I giacimenti sono prevalentemente litoranei: intorno a Maracaibo, in buona parte offshore, e nei pressi di Falcón e di Monagas; le riserve più rilevanti (stimate in 1300 miliardi di barili), tuttavia, sono state recentemente individuate nel fondovalle dell’Orinoco. Rilevante è l’attività di raffinazione, anche se il petrolio viene esportato soprattutto allo stato di greggio. Il V. è ricco pure di altre risorse minerarie: gas (28,5 miliardi di m3), ferro (20 milioni di t nel 2007), il cui giacimento maggiore è a Cerro Bolívar, bauxite (5,5 milioni di t), oro, diamanti.
L’agricoltura, impostata da secoli secondo uno schema tipicamente coloniale, soffre di problemi strutturali che ne fanno un settore a scarsissima capitalizzazione e di conseguenza a ben modesta produttività: il 13% degli attivi realizza poco meno del 4% del PIL. Nel paese si sono succedute varie timide riforme agrarie, mirate a frazionare i latifondi, ma i risultati sono stati irrilevanti, dato che al massimo hanno inciso sulle produzioni alimentari destinate al consumo locale, realizzate in piccoli fondi rustici di proprietà contadina nelle tierras templadas. Bonifiche e di vie di comunicazione hanno aperto alla colonizzazione agricola altri terreni, nei llanos (fertili e teoricamente coltivabili) e nelle tierras calientes, ma l’arativo non raggiunge tuttora il 4% della superficie (a fronte del 21% utilizzato a pascolo). Mais, riso, sorgo, patate e ortaggi sono i principali prodotti, che però, a fronte dell’aumento della popolazione, sono divenuti insufficienti a coprire la domanda interna, per cui si importano derrate alimentari; per l’esportazione si produce soprattutto frutta tropicale e poi canna da zucchero, caffè e cacao, cioè tradizionali prodotti di piantagione. Le foreste occuperebbero il 54% del territorio, ma il dato è contestato dal versante ambientalista, che lo ritiene sovrastimato; lo sfruttamento delle risorse forestali (6 milioni di m3 di legname prodotto nel 2007) è relativamente modesto, anche se la pura e semplice deforestazione – per ricavare spazi edificabili o coltivabili – non è irrilevante. D’altro canto, almeno formalmente quasi un terzo della superficie del V. risulta protetto a fini naturalistici. L’allevamento conta su 16,6 milioni di bovini, condotti secondo pratiche estensive scarsamente efficienti, dato che non consentono lo sfruttamento del latte.
Oltre agli idrocarburi, il V. possiede uno straordinario potenziale idrico, che garantisce circa tre quarti della produzione elettrica. La ricca disponibilità energetica e mineraria consentirebbe al paese una industrializzazione equilibrata e varia, mentre a parte il settore petrolchimico e quello metallurgico vengono realizzate solo limitate produzioni industriali a basso valore aggiunto (tessile, alimentare, cementifici).
Ancora modesti i flussi turistici (assai meno di un milione di ingressi all’anno), soprattutto concentrati sulla costa caribica, quasi senza investire l’interno amazzonico né la regione andina. La bilancia commerciale è generalmente in attivo, come è ovvio per un paese che vive per lo più dell’esportazione di materie prime di pregio. Gli Stati Uniti coprono circa un terzo del complessivo commercio esterno del Venezuela. L’immenso territorio venezuelano non dispone di efficienti vie di comunicazione, anche se la rete stradale si estende per circa 96.000 km (asfaltati per un terzo). L’aereo è il mezzo di trasporto più utilizzato per gli spostamenti interni a medio e lungo raggio (5,9 milioni di passeggeri nel 2007).
Abitato dagli indi Caribi e Aruachi, raggiunto da C. Colombo nel suo terzo viaggio (1498), il V. fu oggetto di un fallito tentativo di colonizzazione da parte dei banchieri di Augusta Welser, cui Carlo V aveva concesso nel 1528 diritti di esplorazione e amministrazione. Revocata la concessione (1546), ebbe inizio la colonizzazione spagnola: lo sviluppo economico fu perseguito sfruttando dapprima manodopera servile indigena, quindi africana; quest’ultima fu utilizzata nelle piantagioni costiere di zucchero, cacao, tabacco e, successivamente, caffè, impiantate a partire dal 17° sec. e principale fonte di ricchezza insieme al bestiame, allevato negli immensi llanos dell’interno. Dapprima dipendente dall’audiencia di Santo Domingo, il V. fu trasformato in Capitanía general nel 1731 e in seguito ricompreso nel vicereame della Nueva Granada. Tra i bianchi, gli Spagnoli (1,3%) detenevano il monopolio delle principali cariche civili, ecclesiastiche e militari, nonché del commercio interatlantico, mentre i più ricchi proprietari terrieri e piantatori erano creoli (bianchi nati in America).
La crisi della dinastia borbonica seguita all’occupazione francese della Spagna (1808) spinse i creoli alla ribellione: nell’aprile 1810 essi rovesciarono le autorità spagnole di Caracas e costituirono una giunta provvisoria di governo; nel 1811 venne proclamata l’indipendenza e fu redatta una Costituzione, che limitava in base al censo il godimento dei diritti politici e manteneva in vita la schiavitù, ma l’anno successivo la reazione realista ebbe la meglio. Furono necessari quasi dieci anni di lotta senza quartiere perché i creoli del V., guidati da S. Bolívar, riuscissero infine ad affrancarsi dal dominio spagnolo. L’indipendenza sancì la conquista del potere politico da parte dei grandi proprietari terrieri, che mantennero in vigore la schiavitù (solo la tratta era stata abolita nel 1811). Inoltre, la Costituzione del 1821 della Repubblica della Gran Colombia, di cui il V. era entrato a far parte dal 1819, negò nuovamente a neri liberi e agli indios il diritto di voto. Preannunciata nel 1826 dalla ribellione di J.A. Páez, la separazione dalla Gran Colombia, proclamata nel 1829, fu ufficializzata nel 1830. Primo presidente della Repubblica fu Páez, che governò di fatto il paese sino al 1847.
L’iniziale predominio del Partito conservatore fu seguito dall’ascesa del Partito liberale, federalista, espressione dei piccoli e medi proprietari, durante le presidenze dei fratelli J.T. Monagas (1847-51; 1855-58) e J.G. Monagas (1851-55), che nonostante misure quali l’abolizione della schiavitù (1854) governarono con metodi dittatoriali e nel 1858 furono rovesciati da conservatori e liberali. Questi si divisero subito dopo sul tema del federalismo: la sanguinosa guerra civile che seguì (1858-63) fu vinta dai primi, che elessero presidente J.C. Falcón e diedero vita agli Stati Uniti del Venezuela. I conservatori ripresero però il potere con le armi nel 1868, per cederlo nuovamente ai liberali, sollevatisi nel 1870 al comando di A. Guzmán Blanco. Arbitro della politica venezuelana sino al 1888, quest’ultimo modificò più volte l’assetto costituzionale dello Stato, pacificò le fazioni in lotta e riuscì a imporsi sui potenti caudillos locali. Gli anni successivi furono segnati da una ripresa delle lotte intestine. Nell’ottobre 1899, C. de Castro conquistò il potere con un’insurrezione armata; il suo governo riuscì a dominare le spinte centrifughe dalle province, ma non seppe evitare difficoltà in politica estera. Nel 1908 J.V. Gómez instaurò un governo dittatoriale durato 27 anni, che portò a termine il processo di rafforzamento dell’autorità centrale. Ancora una volta la stabilità attrasse gli investimenti dall’estero, concentrati nel settore estrattivo dopo la scoperta di enormi giacimenti petroliferi (1922). La ricchezza prodotta dal petrolio non fu però equamente distribuita e la maggior parte degli abitanti delle campagne continuò a vivere in condizioni di assoluta povertà. Il successore di Gómez, E. López Contreras (1935-41), ripristinò le libertà civili, salvo sospenderle nuovamente dopo l’affermazione dei partiti di sinistra nelle elezioni del 1937. Proseguita dal nuovo presidente I. Medina Angarita, la tradizionale politica conservatrice e autoritaria fu interrotta nell’ottobre 1945 dal golpe di alcuni ufficiali dell’esercito legati alla progressista Acción Democrática (AD).
Una giunta civico-militare presieduta da R. Betancourt avviò una serie di riforme sociali, promulgò una Costituzione di matrice democratica (1947) e rivide la politica petrolifera nazionale per assicurare allo Stato almeno il 50% degli introiti. I conservatori e l’ala più reazionaria delle forze armate reagirono instaurando una giunta militare che si trasformò dal 1952 nella dittatura personale del colonnello M. Pérez Jiménez, rovesciato nel 1958 dai militari, che un anno dopo restituirono il potere ai civili. Aggiudicatesi le elezioni, Betancourt promulgò una nuova Costituzione (1961) e avviò alcune moderate riforme. Le consultazioni del dicembre 1968 furono vinte dal social-cristiano R. Caldera Rodríguez, che non si discostò troppo dai suoi predecessori. AD tornò al potere con C.A. Pérez Rodríguez (1974-79), la cui amministrazione beneficiò dell’aumento del prezzo internazionale del petrolio, consentendo una politica moderatamente progressista, culminata nella nazionalizzazione delle industrie del ferro (1975) e del petrolio (1976).
A partire dal 1980 le condizioni economiche peggiorarono; la crisi fu affrontata dal governo del social-cristiano L. Herrera Campins (1979-84) e da quello di J. Lusinchi di AD (1984-89) con impopolari quanto inefficaci misure di austerità, mentre nel paese riprendevano la protesta sociale e la minaccia del terrorismo di sinistra. Nel 1989 tornò alla presidenza Pérez con un programma economico ispirato al più intransigente liberismo, che causò lo scoppio di violente manifestazioni di protesta, duramente represse da polizia ed esercito. Accusato di appropriazione indebita, nel 1993 Pérez fu sospeso dall’incarico. Le successive elezioni furono vinte dall’ex presidente Caldera Rodríguez, il cui mandato fu caratterizzato da una forte instabilità sociale e da una grave crisi finanziaria.
Nel 1998 divenne presidente il leader populista H. Chávez Frías, fondatore del Movimiento V República (MVR). Come prima misura l’Assemblea nazionale, strumento principale per l’attuazione della «rivoluzione pacifica» di Chávez, istituì una commissione con il compito di destituire i giudici corrotti ed emanò un nuovo regolamento del potere legislativo che sospendeva i poteri del Congresso. Un referendum nel 1999 approvò una nuova Costituzione che proclamò la nascita della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Venne soppresso il Senato e si incrementò il controllo da parte dello Stato delle risorse petrolifere; al presidente fu riconosciuta la possibilità di restare in carica per due mandati successivi di 6 anni ciascuno. Le elezioni presidenziali del 2000 fecero registrare un nuovo successo di Chávez, e mentre nel paese si moltiplicavano gli scioperi l’Assemblea nazionale concedeva al presidente nuovi poteri speciali. In un clima di forte scontro politico e sociale, nell’aprile 2002 un effimero colpo di Stato civile-militare rovesciò per poco più di 48 ore il presidente. Tornato al potere, Chávez riconquistò l’appoggio delle classi più povere e nel dicembre 2006 fu rieletto con oltre il 60% dei consensi. Poco dopo annunciò un nuovo piano di nazionalizzazioni nel campo dell’energia e delle telecomunicazioni, ottenendo poteri straordinari dal Parlamento. Nel 2009 è stato abrogato per via referendaria il limite posto dalla Costituzione alla rielezione del presidente e di altre cariche istituzionali. Nelle elezioni parlamentari del 2010 il partito di Chávez ha ottenuto la maggioranza, ma non quella qualificata di due terzi necessaria per approvare alcuni tipi di riforme. Alle presidenziali tenutesi nell'ottobre 2012 l'uomo politico si è affermato sul candidato dell'opposizione H. Capriles, ricevendo il 54,4% delle preferenze e ottenendo il suo quarto mandato. Nel marzo 2013, alla sua morte, ha assunto la carica ad interim il suo vice N. Maduro, che alle consultazioni tenutesi nel mese successivo è stato eletto nuovo presidente del Paese ottenendo il 50,66% delle preferenze. Le elezioni amministrative svoltesi nel dicembre successivo hanno ampiamente confermato l’appoggio dei venezuelani al governo di Maduro: il Partido socialista unido de Venezuela (PSUV) ha ottenuto il 49,2% dei consensi, contro il 42,7% aggiudicatosi dalla Mesa de la unidad democrática. Nel periodo successivo il V. ha sperimentato una fase di instabilità e di violenze, prodotte sia dall’inasprimento delle misure repressive attuate dal governo contro le opposizioni antichaviste, sia dal peggioramento delle condizioni economiche del Paese. Nonostante alcuni rimpasti di governo, mirati soprattutto a consolidare il potere centrale eliminando le fronde interne ed esterne al PSUV, l’erosione dei consensi è stata inarrestabile, come attestato dai risultati elettorali delle legislative tenutesi nel dicembre 2015, vinte dall’opposizione per la prima volta dopo 17 anni di “chavismo”. Nel Paese, stremato dall'aggravarsi della crisi economica ed energetica che ha spinto Maduro a proclamare nel gennaio 2016 lo stato di emergenza - ciò comportando, tra gli altri provvedimenti, blackout programmati, settimane lavorative di due giorni per i dipendenti pubblici, modifiche dell'ora legale per il risparmio di elettricità -, prorogandolo di altri tre mesi nel maggio successivo, si sono verificate violente manifestazioni di piazza per chiedere l'indizione di un referendum che ponga fine al mandato del presidente. Le misure di razionamento dell'energia elettrica sono state revocate a luglio, ma il provvedimento ha aggravato le condizioni di vita generali, portando al fallimento numerose imprese, determinando l'irreperibilità di generi di prima necessità e aumentando ulteriormente il tasso di criminalità. Nel marzo 2017 il Tribunale supremo di giustizia ha deciso di esautorare da ogni funzione il Parlamento, per gran parte in mano all'opposizione, accusando l'Assemblea nazionale di oltraggio e ribellione contro Maduro - dopo che la maggioranza dei deputati aveva votato la messa in stato d'accusa del presidente, ritenuto responsabile della gravissima crisi umanitaria e della carestia che attraversa il Paese - e assegnando di fatto tutti i poteri al capo di Stato; pochi giorni dopo, a seguito delle massicce manifestazioni di protesta e della condanna della comunità internazionale, la sentenza è stata revocata e i poteri costituzionali restituiti al Parlamento. Gli scontri tra popolazione civile e forze dell'ordine sono proseguiti nei mesi successivi, provocando decine di morti e trascinando il Paese sull'orlo di una guerra civile. Nell'agosto 2017, dopo le contestate elezioni svoltesi il mese precedente e nonostante le ferme proteste dell'opposizione e della comunità internazionale, si è insediata la nuova Assemblea costituente, composta solo da rappresentanti vicini al governo, e nel maggio dell'anno successivo Maduro è stato rieletto con il 67,7% dei voti contro il 21,2% del chavista dissidente H. Falcón. In un Paese stremato dalla crisi economica e lacerato da insanabili contrasti politici, nel gennaio 2019 il capo dell'opposizione e leader dell'Assemblea nazionale J. Guaidó si è autoproclamato presidente pro-tempore, riconosciuto dagli Stati Uniti e da Canada, Brasile, Paraguay, Colombia, Argentina, Perù, Ecuador, Costa Rica, Kosovo, Cile e Guatemala, mentre a favore del presidente deposto si sono schierati Bolivia, Cuba, Messico, Turchia e Russia. Il tentativo di rovesciare il governo di Caracas costituito dall'Operazione Libertà lanciata da Guaidó nel mese di aprile è stato però vanificato dalla defezione di importanti membri dell'apparato di sicurezza e dalla scarsa adesione delle forze armate, che nei giorni successivi hanno confermato la loro lealtà totale al governo costituzionale; nel gennaio 2020 Guaidó è stato comunque riconfermato nella carica di presidente dell'Assemblea nazionale. Alle elezioni legislative svoltesi nel novembre 2020 la coalizione del Gran Polo Patriottico, che sostiene Maduro, ha ottenuto il 67,7% dei voti scrutinati, mentre l’opposizione si è aggiudicata il 18% dei consensi.
Nella parte settentrionale del V. si riscontrano culture risalenti ai periodi paleoindiano (corrispondente al Paleolitico), mesoindiano (Mesolitico) e neoindiano (dal 1000 a.C. alla scoperta dell’America): tra le più interessanti sono la dabajuroide (Dabajuro, presso Coro) con produzione di ceramiche nel periodo meso- e neoindiano, la barrancoide (Los Barrancos sul basso Orinoco) con testimonianze che giungono fino al periodo neoindiano (ceramiche, figure umane, pipe con fornelli antropo- e zoomorfi), la saladoide (Saladero presso Los Barrancos) del periodo neoindiano, con vasi campaniformi con incisioni curvilinee e disegni geometrici in bianco su fondo rosso. Caratteristici sono i mounds (tumuli) e le calzatas (strade rialzate), tipici di una terra a regime alluvionale.
Per i violenti terremoti e per le demolizioni effettuate dalla fine del 19° sec. per rinnovare l’aspetto delle città, in particolare di Caracas, poche sono le testimonianze del periodo coloniale. Tra queste, la cattedrale di Coro (iniziata nel 1589); a Caracas, S. Francisco (1593, rifatta a metà del 18° sec.) e la cattedrale (rinnovata dopo il terremoto del 1641); le rovine delle imponenti fortezze nella penisola di Araya e nell’isola Margarita e alcune tipiche case con patio (casa della Real Compañía Guipuzcoana a La Guaira, case a Coro). A Caracas, dopo l’indipendenza (1821) particolari realizzazioni si devono, in forme oscillanti dal barocco al neoclassico, a L. Urdaneda (Palacio Legislativo, 1872; Palacio Federal, 1877, con R. García) e a J. Hurtado Manrique, che adottò modi neogotici (facciata dell’università, 1876; Museo Nacional, 1883; Santa Capilla, 1883), neoclassici (S. Teresa, 1876), neocoloniali (Casa Amarilla de la Cancillería, 1891). Il Teatro Municipal, ispirato all’Opéra di Parigi, fu realizzato (1890) da A. Malaussena. Al volgere del secolo il catalano J. Salas introdusse elementi modernisti. Con C.R. Villanueva, dal 1936, si hanno originali interpretazioni del cosiddetto movimento moderno, che ha tra i suoi più significativi esponenti della generazione successiva C. Gómez de Llarenas, autore del Teatro Teresa Careño (1983), ed E. Sisco, autore del complesso residenziale del Parque central (1983, con D. Fernández Shaw).
Nelle arti figurative la tradizione locale, dedita a soggetti sacri e alla ritrattistica, fu arricchita nel corso del 19° sec. anche dalla presenza di artisti viaggiatori, come l’inglese L.B. Adams o il danese F.G. Melbye. J. Lovera ritrasse gli eroi dell’indipendenza, M. Tovar y Tovar i suoi momenti salienti; A. Michelena, formatosi a Parigi, dipinse temi religiosi e storici; C. Rojas affrontò anche temi realistici; T. Salas fu tra i primi ad avvicinarsi all’impressionismo. Il Circulo de bellas artes (1912) prese posizioni antiaccademiche; nel 1936 l’Accademia fu trasformata in Escuela de artes plásticas y artes aplicadas. Tra le personalità più significative della prima metà del secolo sono A. Reveron e R. Monasterios e nella seconda metà H. Poleo, vicino al surrealismo, O. Vigas, che si ispira al mondo precolombiano, M. Pardo, esponente dell’astrattismo; nella grafica, L. Palacios. Nella seconda metà del secolo emergono l’italiano P. Gasparini, che lavora con la fotografia, M. von Dangel, J. Pacheco; fama internazionale hanno A. Otero, J.R. Soto e C. Cruz-Diez per la loro ricerca ottico-cinetica. A una tensione verso una modernità basata sull’assunzione della progettazione geometrica hanno contribuito le ricerche astratte costruttiviste di artisti come C. González Bogen e quelle cinetiche dominanti negli anni 1970. In contrapposizione a queste tendenze, M. Abreu proponeva l’assemblaggio di oggetti diversi, come feticci. Prima del collasso economico del 1983 regnavano i materiali industriali, performances, le installazioni, ma nel contempo affiorava la pittura figurativa di M. Römer mentre persisteva il tema del paesaggio nativo, di grande importanza nel Novecento tanto da creare una vera e propria scuola alla quale si collega la pittrice T. Casanova. Dalla fine del 20° sec., una riflessione intellettuale è alla base della ricerca di V. Lucena; R. Peña fissa uno sguardo critico su aspetti economico-sociali.
Ricca è stata la produzione nel campo della scultura: sono da segnalare le opere sperimentali di Gego (Gertrudis Goldschmidt), M. Berman, L. Chacón, L. Bermúdez, P. Barreto, C. Delozanne, M. Pedemonte, H. Abend, A. Collie e quelle figurative di C. Zitman e C. Prada.
La nota più caratteristica del patrimonio amerindio sopravvissuto alle influenze coloniali è la ricchezza e varietà degli strumenti, utilizzati solisticamente e in gruppo, non solo come accompagnamento al canto. Tra questi, numerosi tipi di flauto, la bandola, cordofono che si suona con il plettro, l’arpa criolla e l’arco musicale (carángano). L’idiofono più diffuso è la maraca. L’organizzazione melodica dei canti, prevalentemente monodici, mostra l’esistenza di un numero notevole di strutture scalari, ma la più frequente è quella pentafonica. Alcuni canti, legati a riti magici, durano ore e sono caratterizzati dalla ripetizione di sillabe senza senso e di frasi rituali.
Una tradizione di ‘musica colta’ si sviluppò a partire dal 16° sec. ed ebbe una particolare fioritura nel 18° sec. con il gruppo di compositori noti come Scuola di Chacao, il cui esponente più illustre fu J.A. Lamas. Nel 1877 venne istituita a Caracas un’accademia di musica. Il più celebre compositore venezuelano dell’epoca fu R. Hahn. Nel 20° sec. la musica colta conobbe un forte impulso grazie alla fondazione della Scuola nazionale di musica e, negli anni 1960, del Laboratorio di musica elettronica di Caracas. Nella vita musicale moderna allo strato indigeno si è sovrapposto quello dei cosiddetti ‘mezzosangue’ e quello cittadino. In particolare la musica popolare nelle grandi città evidenzia le influenze del jazz e della musica afro-cubana.
Per la produzione letteraria ➔ ispano-americana, letteratura.