Stato insulare dell’America Centrale; comprende l’isola omonima (105.007 km2), la Isla de la Juventud (2411 km2) e circa 1600 isole e isolotti, tra cui l’arcipelago di Camagüey e quello dei Canarreos. L’isola di C., la maggiore delle Grandi Antille, è situata tra il Golfo del Messico, il Mar Caribico e l’Oceano Atlantico, circa 200 km a E della penisola dello Yucatán (Messico) e 150 km a S della Florida (USA).
L’isola, dalla forma molto allungata (1200 km) e stretta (alla longitudine dell’Avana, meno di 50 km), è in massima parte bassa e pianeggiante o debolmente ondulata; appena un quinto della sua superficie è montuoso. La più importante zona montuosa è formata dalla Sierra Maestra, catena che s’innalza parallelamente alle coste SE per 250 km (Pico Turquino, 1974 m); altro rilievo notevole è nella parte occidentale la Sierra de Los Órganos (760 m). Le coste presentano una serie di baie profonde e talvolta ramificate, ottimi porti naturali (L’Avana, Cienfuego, Santiago de Cuba, Guantánamo ecc.) fronteggiati da serie di isole basse.
Il clima è tropicale, con temperature medie annue che si aggirano sui 25 °C e un’escursione termica stagionale intorno ai 5-6 °C. Le piogge (1100-1500 mm annui, ma anche di più nelle aree maggiormente elevate) cadono per la massima parte da maggio a novembre. Durante l’anno soffiano sull’isola gli alisei di NE. D’inverno sono frequenti i nortes, venti violenti e freddi. Spesso l’isola viene colpita anche da cicloni, specie in agosto-settembre, che ne investono la parte sud-occidentale. Delle grandi foreste che coprivano l’isola all’epoca della scoperta ne restano appena un quinto, prevalentemente diffuse lungo i fianchi della Sierra Maestra, essendo state in gran parte abbattute per favorire l’allevamento del bestiame, e il sorgere delle estese piantagioni di canna da zucchero, caffè e tabacco.
Estinta dal 16° sec. la popolazione originaria, quella attuale è formata per il 51% da Mulatti di origine spagnola, per il 37% da Bianchi e per l’11% da Neri (numerosi specie nella parte orientale); vi è, inoltre, una piccolissima minoranza di Cinesi. La crescita demografica è stata lenta fino alla seconda metà del 18° sec., cambiando poi bruscamente ritmo con lo sviluppo della coltura della canna da zucchero; negli ultimi anni del 20° sec. la popolazione è cresciuta moderatamente, aumento limitato anche dal flusso migratorio, per lo più clandestino, diretto verso gli Stati Uniti, e in particolare verso la vicina Florida, che ha provocato momenti di gravissima tensione tra i due paesi. Nel periodo più recente, il movimento naturale si è stabilizzato su un saldo positivo annuo intorno allo 0,3%. La composizione per età è ancora giovanile, sebbene il contenimento delle nascite e la forte riduzione della mortalità comincino a produrre effetti di ‘maturazione’. La distribuzione della popolazione è stata orientata dalla politica governativa, che ha incentivato la colonizzazione agricola e favorito uno sviluppo contenuto e armonico dell’armatura urbana, cosicché gli spostamenti territoriali sono avvenuti in assoluta prevalenza all’interno del mondo rurale. Pertanto l’incremento della popolazione urbana (il 75% di quella complessiva) è stato assai contenuto e si è concentrato per circa un quinto nell’agglomerazione dell’Avana (quasi 2.168.255 ab. secondo una stima del 2007).
La popolazione segue in larga maggioranza la religione cattolica.
Le strutture economiche di C. subirono una profonda trasformazione in seguito alla rivoluzione del 1959. Prima, l’intero sistema produttivo era dominato e regolato dagli interessi statunitensi: l’agricoltura era fondata sulla monocoltura della canna (che tuttavia, in sostanza, continua a caratterizzarla), la proprietà terriera era fortemente concentrata e l’attività industriale si riduceva alla trasformazione dei prodotti agricoli. La riforma agraria promossa dal governo rivoluzionario portò a una più razionale utilizzazione della terra e del lavoro: i latifondi furono espropriati e ripartiti fra aziende statali, cooperative contadine e aziende familiari. Si tentò anche la via dell’industrializzazione, ma la scarsità di materie prime e di capitali non permise di conseguire risultati notevoli. Una sensibile crescita, invece, registrarono le attività terziarie, specie per quanto riguarda i servizi sociali (assistenza, sanità, scuola ecc.). Gli anni 1980 e 1990 furono segnati da una situazione di crisi, scatenata dalla caduta del prezzo dello zucchero, principale risorsa di C., e alimentata dai contraccolpi derivanti dalla dissoluzione dell’URSS, suo principale partner commerciale, nonché dal pesante embargo attuato stabilmente dagli Stati Uniti. Nel 1991 l’interruzione delle forniture di petrolio russo a prezzo calmierato ebbe conseguenze disastrose per la produzione industriale (quella dello zucchero diminuì di oltre il 50% negli anni 1990), fortemente ridotta per mancanza di risorse energetiche, e la stessa sorte toccò, di riflesso, alle esportazioni; di conseguenza il PIL pro capite subì una costante e talora drastica flessione. Successivamente il deficit della bilancia commerciale è stato alquanto attenuato da un aumento, in quantità e in valore, delle esportazioni di tabacco e, soprattutto, di nichel.
Tutto questo ha avuto pesanti ripercussioni sul tenore di vita della popolazione, costretta ad affrontare i notevoli problemi posti dall’insufficienza di prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità (elettricità, farmaci, carburante). Si è, inoltre, incrementato enormemente il mercato nero e altrettanta espansione hanno avuto fenomeni di degrado sociale, come la prostituzione, alimentata in particolare dal crescente sviluppo del turismo, l’unica attività economica che ha mostrato una forte espansione a partire dagli ultimi anni del 20° secolo. Questo fenomeno ha, ovviamente, comportato una crescita esponenziale delle infrastrutture turistiche, realizzate spesso con capitali stranieri. Il governo, pressato dalla disastrosa situazione economica, nel 1993 è stato costretto a legalizzare il possesso di dollari, nonché a consentire investimenti di capitali stranieri e a creare alcune zone franche. Così sono sorte numerosissime joint ventures in ambito turistico, nel settore minerario e in quello vitale dello zucchero. L’altra concessione governativa, ossia la possibilità di avviare attività commerciali, artigianali e di servizio a conduzione privata, ha favorito il proliferare di piccole imprese familiari. È aumentata anche la quota di proprietà cooperativa e individuale dei terreni (la proprietà statale è scesa a circa il 30%) e le cooperative sono state autorizzate a vendere sul mercato libero una piccola parte della produzione eccedente la quota ceduta obbligatoriamente allo Stato. Sono state avviate, inoltre, la razionalizzazione degli apparati statali, con la riduzione degli impiegati nella pubblica amministrazione, nonché riforme monetarie e fiscali; è stato ridimensionato il ruolo assistenziale dello Stato, ormai insostenibile data la difficile situazione finanziaria, e sul versante del commercio estero vi sono state notevoli aperture verso altri paesi latino-americani.
L’agricoltura, che occupa il 26% della popolazione attiva, è tuttora la base dell’economia cubana e le due principali coltivazioni sono sempre la canna da zucchero e il tabacco. La coltura della canna da zucchero occupa oltre un terzo del terreno arativo; quella del tabacco è diffusa nella parte orientale dell’isola ed è rivolta verso la produzione di qualità pregiate, molto richieste sul mercato internazionale. L’Avana è un importante centro mondiale della manifattura del tabacco. I frutti tropicali (ananas, banane, pompelmi) vengono esportati, mentre la produzione di caffè è prevalentemente destinata al mercato interno. È stata quasi raggiunta l’autosufficienza per i cereali, specie per il mais e il riso, che hanno parte importante nell’alimentazione locale insieme con le patate, le patate dolci e la manioca. In costante progresso sono l’allevamento bovino e la pesca. Per quanto riguarda le risorse del sottosuolo, va segnalata la presenza di nichel, di cromite, di cobalto e di minerali cupriferi. Le prospezioni nei fondali marini hanno consentito di incrementare l’estrazione petrolifera.
Nel settore secondario, le attività più importanti sono l’industria saccarifera (in fase di ristrutturazione, con la chiusura degli impianti obsoleti) e del tabacco; minore rilievo hanno l’industria tessile, del cemento, le fabbriche di conserve, di fertilizzanti e di pneumatici. Sono sorte un’acciaieria presso la capitale e raffinerie di petrolio all’Avana e a Santiago de Cuba. Bene sviluppate sono la rete stradale (60.858 km, di cui circa la metà asfaltate) e quella ferroviaria (circa 4.400 km). Massimo porto e aeroporto è L’Avana; altri scali aerei di rilievo: Santiago, Varadero, Camagüey.
Raggiunta da C. Colombo (1492), C. fu colonizzata dagli Spagnoli dal 1511, assumendo un ruolo strategico e commerciale nei traffici tra la madre patria e il Nuovo Mondo; di qui le frequenti incursioni dei corsari e il contrabbando. Nel 1762 L’Avana subì una breve occupazione britannica (guerra dei Sette anni). Lo sviluppo, dall’inizio del 19° sec., del movimento indipendentista, si intrecciò con le istanze di liberazione degli schiavi avversate dall’oligarchia creola che aspirava a un’annessione agli USA e cercava di indirizzare in tal senso la lotta contro la Spagna. Una prima guerra di indipendenza (1868-78) terminò con la concessione di alcune riforme da parte della Spagna, tra le quali la graduale abolizione della schiavitù (1880-86); una seconda insurrezione (1895) si concluse con l’intervento di Washington e la guerra ispano-americana del 1898. Sconfitta la Spagna, gli USA fecero inserire nella Costituzione del nuovo Stato (1901) il cosiddetto ‘emendamento Platt’, dal nome del senatore statunitense (➔ O.H. Platt), che istituiva una sorta di protettorato sull’isola (nel 1903 gli Stati Uniti stabilirono la base navale di Guantánamo).
I primi decenni dopo l’indipendenza furono caratterizzati da una notevole instabilità politica (conflitti in seno all’oligarchia, moti delle classi subalterne) e da una dipendenza sempre più forte dagli USA. L’ascesa al potere di F. Batista, che dal 1933 assunse il controllo del paese, avvenne anche in seguito a una crescita delle istanze nazionaliste che sfociò nell’abrogazione dell’emendamento Platt. Batista comunque riconfermò i tradizionali rapporti con gli Stati Uniti. Sul piano interno, l’autoritarismo di Batista si accompagnò a una politica di modernizzazione del paese. La nuova Costituzione del 1940, seguita dall’elezione di Batista alla presidenza della Repubblica (1940-44), consentì una relativa democrazia, mentre cresceva l’influenza del partito comunista (dal 1943 Partido Socialista Popular, PSP) e delle organizzazioni sindacali. Nel 1952 un colpo di Stato militare portò alla dittatura di Batista che mirò alla conservazione sociale e allo stretto allineamento con gli USA.
La guerriglia avviata nel 1956 da F. Castro con il Movimiento 26 de julio, conquistò un ampio sostegno popolare e riuscì ad abbattere la dittatura di Batista (1959). Sospesa la Costituzione del 1940, Castro assunse la carica di primo ministro e avviò una politica di radicali riforme (agraria nel 1959). La reazione degli Stati Uniti, che vedevano colpiti i propri interessi nell’isola, provocò crescenti contrasti con il governo dell’Avana, che nel 1960 ristabilì relazioni diplomatiche con l’URSS e varò un ampio programma di nazionalizzazioni. Il rifiuto di Washington di restituire a C. la base di Guantánamo aggravò la situazione e, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Stati (1961) e la fallita invasione (Baia dei Porci) a opera di esuli cubani sostenuti dagli USA, la rivoluzione assunse un carattere dichiaratamente socialista, mentre l’embargo statunitense e l’isolamento dal contesto continentale (sospensione dall’OAS nel 1962) inducevano l’Avana a stabilire rapporti sempre più stretti con l’URSS, dal cui sostegno economico, politico e militare fu sempre più dipendente (adesione al COMECON nel 1972). Superata la crisi internazionale del 1962, (all’installazione di missili sovietici a C. rispose il blocco navale USA), il tentativo cubano di rompere l’accerchiamento, cercando di estendere la rivoluzione in America latina, non ebbe successo. Il Partido comunista cubano (PCC; nato dalla fusione del Movimiento 26 de julio con il PSP) dal 1970 si consolidò al potere e confermò Castro primo segretario. Nel 1976 fu approvata la nuova Costituzione e Castro fu eletto presidente del Consiglio di Stato e del nuovo Consiglio dei ministri (confermato nel 1981 e 1986).
Nel corso degli anni 1970 e 1980 numerosi paesi latino-americani ristabilirono le relazioni con l’Avana. I rapporti con gli Stati Uniti rimasero invece tesi, soprattutto a causa della situazione centro-americana. Gravi conseguenze economiche ebbe il progressivo venir meno del sostegno sovietico dopo il 1989, accompagnato dalla prosecuzione dell’embargo (Cuban democracy act, 1992). Il regime continuò a reprimere ogni forma di dissenso, mantenendo tuttavia un consenso relativamente elevato, frutto delle conquiste sociali realizzate dalla rivoluzione. Imboccava intanto la strada della liberalizzazione dell’economia con il varo (1995) di una legge che apriva quasi tutti i settori dell’economia anche alle imprese a capitale totalmente straniero. Un momento cruciale rappresentò nel 1998 la visita del papa Giovanni Paolo II, in concomitanza della quale si inaugurò una fase di distensione nei confronti degli oppositori politici, che portò Washington ad alleggerire le sanzioni (nel 2000 il Senato votò a favore della sospensione dell’embargo sulla vendita di medicinali e generi alimentari) e contribuì a rompere lo stato d’isolamento dell’isola.
Nel 2006 F. Castro per motivi di salute delegò la presidenza al fratello Raúl, passaggio di consegne ratificato formalmente dall’Assemblea nazionale dopo le elezioni del 2008. Nel febbr. 2013 Raúl è stato riconfermato per un secondo mandato di cinque anni come presidente del Consiglio di Stato.
Nel 2013 ha preso avvio un progressivo processo di avvicinamento tra C. e gli Usa, in cui ha rivestito un ruolo cardinale la Santa Sede, che nel marzo 2014 aveva invitato i due Paesi alla distensione nei rapporti bilaterali; nel dicembre dello stesso anno C. e Stati Uniti hanno riaperto un canale di dialogo ufficiale nella circostanza di uno scambio di prigionieri. Nel luglio 2015 Obama ha annunciato il ripristino delle relazioni diplomatiche con l'Avana, auspicando una nuova fase nelle relazioni economiche che potrebbe comportare una rimozione dell’embargo contro C., e dal 20 dello stesso mese sono state riaperte le ambasciate statunitense e cubana dell'Avana e Washington; nel marzo 2016, nel quadro del processo di normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi, il presidente degli Stati Uniti si è recato in visita nel Paese incontrando per la prima volta sul suolo cubano R. Castro. Nell'aprile 2018, scaduto il secondo mandato quinquennale di Castro, a subentrargli nella carica è stato eletto dall'Assemblea nazionale M. Díaz-Canel, votato da 603 su 604 deputati e primo capo di Stato di Cuba dalla Rivoluzione del 1959 non appartenente alla famiglia Castro. Limitati mutamenti economici e istituzionali sono stati approvati attraverso un referendum tenutosi nel febbraio 2019, al quale l'86% dei votanti ha espresso parere positivo al varo di una riforma della Costituzione che, tra gli altri punti, autorizza alcune forme di proprietà privata nelle attività economiche dell'isola, fissando un limite di cinque anni per la detenzione delle massime cariche, con la condivisione dei poteri tra le figure del presidente della Repubblica e del primo ministro. Nel dicembre 2019 il Parlamento ha eletto premier del Paese M. Marrero Cruz, il primo dal 1976, anno in cui F. Castro ha abolito tale carica, mentre nell'aprile 2021 R. Castro ha rinunciato alla carica di primo segretario del PCC, lasciandone la guida al presidente Díaz-Canel; nei mesi successivi l'aggravarsi della crisi economica provocata dalla pandemia Covid-19 e dalle sanzioni imposte dall’amministrazione Trump ha generato manifestazioni di protesta, duramente represse dalle forze dell'ordine.
Il manifestarsi di forme letterarie a C. nel 19° sec. è connesso all’inizio delle lotte per l’indipendenza, allorché il desiderio di libertà e le battaglie politiche alimentarono l’opera di molti scrittori, tra cui i poeti G. de la Concepción Valdés e J.M. de Heredia (quest’ultimo utilizzò forme romantiche per esprimere la nostalgia dell’esilio e le proprie speranze sul continente americano). Per incoraggiare la nascita di una letteratura nazionale si crearono numerosi circoli letterari e politici: il più celebre si riuniva all’Avana in casa dell’intellettuale D. Delmonte, promotore di opere di argomento politico e sociale quali i romanzi Cecilia Valdés (1839) di C. Villaverde, Francisco (1839) di A. Suárez Romero, Sab (1841) di G. Gómez de Avellaneda. Portavoce delle lotte antischiaviste e per la libertà fu anche J. Martí, che nella sua produzione poetica cantò in forma semplice e diretta i valori umani e i grandi temi sociali del suo tempo.
Sul finire del 19° sec., la rivoluzione del linguaggio e delle forme poetiche, attuata dal modernismo, ebbe in J. del Casal il massimo esponente. Nel primo cinquantennio del 20° sec. la tradizione poetica cubana fu alimentata da un lato dall’esperienza delle avanguardie e dall’altro dalla nascita di un movimento afrocubano che, dopo i primi esperimenti consistenti per lo più in imitazioni di ritmi locali, acquistò profondità grazie all’opera del poeta N. Guillén. Per capire il quadro delle tendenze liriche successive al modernismo, si rivelano fondamentali due antologie: la prima, a cura di J.R. Jiménez, apparsa nel 1936 (La poesía cubana) e l’altra raccolta da C. Vitier nel 1948 (Diez poetas cubanos). Mediatore tra J.R. Jiménez, la generazione spagnola del ‘27 e la poesia cubana di quegli anni fu J. Lezama Lima, poeta complesso e innovatore, capace di fondere nei suoi versi i linguaggi e gli stili più vari. Le sue intuizioni e premesse trovarono seguito, seppure in direzioni diverse, nell’opera di E. Diego, C. Vitier, F. García Marruz e R. Friol, tutti orientati verso una poesia intimista, della memoria. Sensibili a una poesia che fosse anche testimonianza drammatica della vita sociale si mostrarono R. Escardó, F. Jamid, H. Padilla e soprattutto R. Fernández Retamar.
Negli anni 1950 nell’ambito della narrativa spicca la figura di A. Carpentier, uno dei massimi esponenti del realismo magico, capace di fondere le tendenze del romanzo contemporaneo con la realtà latino-americana. La riflessione sull’epoca della dittatura di Batista e l’attenzione ai problemi posteriori alla rivoluzione sono le principali direzioni verso cui si orientò l’interesse di altri narratori, come G. Cabrera Infante, S. Sarduy, L. Otero e S. Feijoo. Nel corso degli anni 1960-1970, la narrativa cubana è stata dominata da moduli e forme dettati da esigenze postrivoluzionarie che da un lato hanno soffocato la vena fantastica e del realismo magico, dall’altro hanno imposto quella che viene definita ‘l’estetica degli anni duri’ (accentuazione del tema della violenza, possibilmente dai risvolti eroici come richiedeva l’epica rivoluzionaria; semplificazione della lingua, improntata al colloquiale, nonché delle strutture narrative).
È solo negli anni 1980 che s’impone una più complessa rappresentazione del mondo. Si comincia a ridare voce all’interiorità; rinasce una narrativa urbana di contro al ruralismo idealizzato degli anni 1970; si riscopre la grande tradizione narrativa, quella di Lezama Lima, Carpentier, V. Piñera, o di scrittrici come L. Cabrera e D.M. Loynaz. Nel clima di rinnovamento s’impongono nuovi generi (l’intrigo poliziesco, il noir, l’erotismo, il realismo magico, ora venato di grottesco, si affacciano di continuo nella narrativa) ed emergono temi come l’omosessualità, la prostituzione, la ribellione giovanile, la condizione femminile, la dissidenza e la fuga: temi che sarebbero stati difficilmente tollerati nella C. filosovietica. R. Arenas è forse l’autore più celebre dal punto di vista mediatico, noto soprattutto per il romanzo El mundo alucinante (1969) e per l’autobiografia Antes que anochezca (postumo, 1992; versione cinematografica di J. Schnabel, Before night falls, 2000).
Una frattura più netta col passato e un ulteriore impulso alla sperimentazione si avvertono, in particolare, dopo il 1989, anno spartiacque anche nella storia cubana. Nel 1991 il romanzo El lobo, el bosque y el hombre nuevo di S. Paz segna una rottura tematica e stilistica con la narrativa precedente e apre la via a nuove generazioni di narratori. Tra i romanzi di maggior successo, Prisionero del agua (1998) di A. Díaz Pimienta, Tuyo es el reino (1997) di A. Estévez. Un fenomeno degno di rilievo è la fioritura della forma breve (Estévez, M. Mejides, A. Arango, A. Guerra, A.J. Ponte, D. Mitrani Arenal, Á. Santiestaban, Yoss M. Encinosa Fú); la misura concisa della narrazione asseconda una certa tendenza minimalista e consente rapide e penetranti incursioni sia nella multiforme realtà cubana, sia nelle profondità della psicologia umana. Tra gli scrittori più noti, anche all’estero, L. Padura Fuentes si cimenta con il romanzo giallo, E. del Llano, in Arena (1996), ricostruisce con fine ironia la situazione attuale di una C. sempre in bilico tra l’orgoglio nazionale e il desiderio di fuga. Il disagio di una generazione che ha visto crollare le certezze della rivoluzione percorre anche l’opera narrativa e saggistica di scrittori consolidati come P.A. Fernández, affermatosi col romanzo Los niños se despiden (1968), e L. Otero, autore della trilogia La situación (1963), En ciudad semejante (1970), Árbol de la vida (1990). Negli ultimi anni del 20° sec. si fa sempre più rilevante la presenza di una narrativa cubana fuori da C.: accanto agli scrittori che soggiornano all’estero per motivi di studio o di lavoro, vi sono coloro che hanno scelto la via dell’esilio, come Z. Valdés, C. Victoria, M. Montero, R. Sánchez Mejías, F. Lizárraga, R. Uría, R. Martínez, e la singolare figura di C. García, trapiantata a Los Angeles, che scrive in inglese.
Se la rivoluzione aveva aperto spazi nuovi all’attività intellettuale, e in particolare alla poesia, come nel caso del gruppo gravitante attorno alla rivista El caimán barbudo, fondata nel 1966, la crisi economica degli anni 1970 e il dogmatismo ideologico che l’accompagnò segnarono un momento di stagnazione. La poetica ‘conversazionista’, basata su toni colloquiali e temi quotidiani, che era stata la grande novità della poesia degli anni 1960, si andò svilendo e appiattendo su un’aneddotica triviale e una lingua grossolana; nel contempo si diffusero una poesia celebrativa e ufficiale e una lirica che cantava i valori nazionali attraverso l’esaltazione del paesaggio rurale e delle bellezze naturali dell’isola (il cosiddetto tojosismo, dal nome di un uccello locale, la tojosa). Bisogna attendere gli anni 1980 per assistere a una nuova esplosione poetica. R. Hernández Novás, S. Ríos, A. Fleites, M. Bobes e molti altri hanno sostituito il colloquialismo della poesia precedente con un’ansia di comunicazione che abbraccia temi talora trasgressivi e con una rinnovata attenzione verso qualunque aspetto della realtà e dell’animo umano, senza più censure e false mitologie. Vicini per tendenze Á. Escobar, R. Fernández Larrea, O. Sánchez e R. Méndez hanno contribuito alla nascita di una rigogliosa stagione poetica. Negli anni 1990, pur nelle ristrettezze in cui versava l’editoria cubana, sono cresciute le iniziative a sostegno dei nuovi poeti (premi, riviste, laboratori), e le molte antologie pubblicate a C. e all’estero testimoniano il fiorire di una nuova generazione. Diventano sempre più frequenti i contatti tra la poesia e il mondo musicale, come dimostra l’opera di F. Delgado e C. Varela o quella di poeti repentistas, «improvvisatori» di strofe popolari cantate e accompagnate alla chitarra; tra questi ultimi, i già citati Díaz Pimienta e Mitrani Arenal.
Nel campo teatrale, dalle tendenze regionali e rurali di cui fu modello l’opera di A. Ramos si è passati a un teatro postrivoluzionario, sensibile all’influsso delle esperienze europee contemporanee, di cui è esempio la produzione di Piñera e J. Triana. Negli ultimi anni del 20° sec., con l’attenuarsi dell’esperienza di gruppo, che a C. aveva trovato una delle sue più felici espressioni con il Grupo Teatro Escambray, il processo di rinnovamento ha avuto come protagonisti soprattutto i nuovi autori. Come drammaturghi hanno avuto successo, tra gli altri, il poeta Escobar, il narratore Estévez e R. Montero. Sia il teatro sia la narrativa hanno avuto un forte incremento, grazie anche all’attività di promozione culturale svolta dalla Casa de las Américas e dall’omonima rivista
Scarse e poco rilevanti sono le testimonianze artistiche del periodo coloniale, seguite nel 19° sec. da una produzione accademica di stampo europeo. Nel 1927 l’Exposición de Arte Nuevo segna l’inizio della pittura moderna a C., contrapposta all’accademismo perdurante impartito dalla Académia San Alejandro: ne sono principali rappresentanti il pittore Victor Manuel (V.M. García), appena tornato da un soggiorno a Parigi, e lo scultore J.J. Sicre, allievo a Parigi di A. Bourdelle. Importante strumento di divulgazione è la rivista Avance (1927-30). Altra personalità di grande rilievo è la pittrice A. Peláez. La generazione successiva, legata alla rivista Orígenes negli anni 1940, ha tra i principali rappresentanti R. Portocarrero, Mariano (M. Rodríguez); il gruppo Onze (1953) raccoglie soprattutto astrattisti (i pittori A. Vidal, R. Avila, H. Consuegra, G. Llinás, R. Martínez e lo scultore T. Oliva). Una ricerca che rompe con l’influenza europea per un’aspirazione autenticamente cubana ha come centro l’attenzione per la matrice africana nell’isola. W. Lam, operante in Europa, è autore di un sincretismo surrealista dove confluiscono le varie componenti culturali dell’isola e della propria ascendenza familiare; la cultura afrocubana affiora anche nelle pitture di M. Mendive e J. Bedia e nelle sculture di A. Cárdenas; C. Bermúdez e M. Carreño (trasferitosi in Cile) esaltano, a loro volta, il folclore locale, mentre dagli Stati Uniti T. Sánchez fissa l’attenzione sul paesaggio; ancora il sincretismo religioso afrocubano informa le opere di S. Rodríguez e B. Ayón Manso. Il regime di F. Castro (dal 1959) è stato propizio a forme d’arte inneggianti alla rivoluzione e a tecniche popolari come la grafica, il manifesto e le vallas, enormi pannelli posti in città e lungo la rete viaria. Tra le istituzioni più vivaci si ricordano il Centro de arte contemporáneo W. Lam, che dal 1984 organizza la Bienal de La Habana, e il Museo Nacional de Cerámica contemporánea cubana, istituito nel 1990.
Del notevole sviluppo dell’architettura barocca del periodo coloniale molte testimonianze sono andate perdute per calamità naturali. L’architettura fino alla prima metà del 20° sec. è rimasta prevalentemente informata alla tradizione coloniale e a un regionalismo vernacolare, a parte alcuni esempi, all’inizio del secolo, di Art nouveau. Ma già dagli anni 1940 s’instaura uno stretto legame tra gli architetti cubani (R. de Cárdenas, H. Alonso, M. Gutiérrez, M. Borges) e i maestri del movimento moderno. Di una certa influenza negli anni 1950 fu l’insegnamento di E. Batista, che proponeva una versione del razionalismo adattata al clima e ai materiali locali. Con la rivoluzione del 1959 s’impongono nuove esigenze nell’ambito dell’edilizia abitativa e dei servizi. Tra le più significative realizzazioni: all’Avana, le Escuelas nacionales de arte (1961-65) di R. Porro, poi trasferitosi in Francia; la città universitaria (1961-69) di H. Alonso e poi di F. Salinas, autore anche del complesso residenziale di Manicaragua (1963). Notevoli il padiglione di C. all’Expo di Montreal (1967) di V. Garatti e il Parque Lenin all’Avana (1969-72) di A. Quintana.
La musica popolare cubana presenta una singolare fusione di elementi spagnoli (musica gujira) e afro-ispanici (musica criolla). Dall’incontro dei ritmi neri con le melodie e le danze di origine spagnola (habanera, zapateado) è nata la musica afro-cubana, diffusa nelle sale da ballo di tutto il mondo, con danze come la rumba, il conga, la salsa e il son. Fra gli strumenti tipici i bongos, le maracas, diversi tamburi e strumenti a percussione. La musica d’arte cubana diede i primi frutti nella seconda metà del 19° sec. e poi nel 20°, quando compositori come A. Roldán, A. García Caturla e J. Ardévol si rifecero alla musica popolare cubana innestandola in strutture sinfoniche di matrice europea. L’avanguardia fa capo a compositori come C. Fariñas (1934) e L. Brouwer (1939).