Società caratterizzata dallo scopo mutualistico, la cui organizzazione sociale è fondata sul contributo in capitale e in lavoro di tutti i soci. Comune a tutte le c. è lo scopo di procurare ai soci, eliminando il profitto di elementi intermediari, un bene, un servizio, materie prime, lavoro, credito ecc., a condizioni più favorevoli di quelle che i singoli non associati potrebbero trovare sul mercato.
Le prime c. sorsero nel 19° sec., come reazione alle terribili condizioni di vita imposte al proletariato operaio dalla rivoluzione industriale e dal rapido inurbamento delle plebi rurali. Ai «probi pionieri» di Rochdale, che nel 1844 fondarono sotto la guida di C. Howarth la prima c. di consumo dell’Inghilterra, risalgono i principi cui si ispirano tutte le c.: mutualità, controllo democratico, libera adesione, neutralità politica e religiosa. Sullo sviluppo del cooperativismo in Europa influirono anche le teorie di alcuni riformatori come E. Owen, C. Fourier, L. Blanc, ma assai più durevoli si dimostrarono le c. sorte successivamente sia per iniziativa popolare spontanea, sia col favore di correnti socialiste, sia con l’aiuto della Chiesa e di ambienti cattolici, sia per l’opera illuminata e appassionata di taluni uomini. Le prime c. di produzione e di consumo sorsero in Francia e in Inghilterra, specie nei centri tessili (Rochdale ‘equitable pioneers’ society, Manchester, 1844); le prime c. di credito nacquero invece in Germania (casse rurali Raiffeisen, 1850; banche popolari Schulze-Delitzsch, 1859). Alla fine dell’Ottocento la cooperazione si estese all’agricoltura e dopo la Prima guerra mondiale sorsero le c. edilizie.
In Italia, la prima c. di consumo fu fondata a Torino nel 1854 per iniziativa dell’Associazione generale degli operai. Ma la diffusione della cooperazione si ebbe dopo il 1880 con la nascita, in numerose città operaie, di c. di consumo promosse da ferrovieri e con lo sviluppo di forme cooperative tra i braccianti delle zone di bonifica. Nel settore del credito le banche popolari cooperative furono introdotte per opera soprattutto di L. Luzzatti fin dal 1866, mentre le prime casse rurali furono introdotte intorno al 1890 da L. Wollemborg e si diffusero rapidamente specie nel Veneto e in Lombardia sotto la guida del clero di campagna. Nell’agricoltura, sorsero le affittanze collettive (1886) a conduzione unita, divisa o mista. Diffusi anche i consorzi agrari (il primo è del 1889) per la vendita dei prodotti e l’acquisto di beni strumentali, con organizzazione accentrata nella Federazione nazionale dei consorzi agrari (1892). Nel 1886 fu costituita la Federazione nazionale delle c. (dal 1893 Lega nazionale delle c.), alla cui nascita e al cui sviluppo concorsero uomini di diverso orientamento ideologico e politico. La convivenza in un’unica organizzazione cooperativa delle tre principali correnti ideali e politiche che ispirarono la cooperazione in Italia, liberale-repubblicana, socialista riformista e del cattolicesimo sociale, durò fino al 1919, quando con la nascita della Confederazione nazionale delle c. si ebbe la scissione del movimento cooperativo su due binari politico-ideologici distinti, il repubblicano-socialista (la Lega) e il cattolico (la Confederazione).
Il movimento cooperativo poté contare, durante i governi Giolitti (1903-14), sulla politica favorevole dello Stato. Al 1913 risale la costituzione dell’Istituto nazionale di credito per la cooperazione (dal 1927 Banca nazionale del lavoro). Il fascismo nascente fece del movimento cooperativo un bersaglio sistematico: a partire dal 1921, fu condotta un’azione di distruzione e persecuzione contro sedi ed esponenti delle cooperative. Sciolte tra il 1925 e il 1927 le due organizzazioni di rappresentanza, le c. furono o soppresse o ridotte a organismi burocratici, controllati dall’Ente nazionale fascista della cooperazione. L’interesse delle principali forze politiche antifasciste alla rinascita di una cooperazione su base libera e democratica riaprì, nella fase della ricostruzione postbellica del paese, le condizioni per lo sviluppo delle c., che alla fine del 1948 erano già circa 17.000. Confinato negli anni 1950 in una posizione secondaria dalle politiche economiche di tipo liberistico, il movimento cooperativo riprese a crescere alla fine degli anni 1960 attraverso una rete di consorzi, arrivando a raggiungere in tempi più recenti la posizione di terzo settore economico.
Particolare importanza hanno assunto le c. nel campo dell’assistenza tecnica all’agricoltura, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, nei settori della distribuzione organizzata, delle costruzioni, delle banche popolari e delle casse rurali. Le c. di abitazione hanno svolto un ruolo essenziale nel campo della edilizia economica e popolare. La cooperazione si è inoltre andata sviluppando nel campo del trasporto merci e delle persone, nella gestione dei servizi, nei mercati all’ingrosso, nella ristorazione collettiva, nel turismo, nel settore culturale e dei servizi sociali. Le c. italiane sono associate in centrali legalmente riconosciute e che svolgono una funzione di rappresentanza legale e di vigilanza sul rispetto delle caratteristiche di mutualità e delle norme legali e amministrative definite per le cooperative. Esse sono: la Confederazione delle c. italiane, la Lega nazionale delle c., l’Associazione generale delle c. italiane, l’Unione nazionale delle c. italiane.
Dal 1895 opera l’Alleanza cooperativa internazionale, con sede a Ginevra, che raggruppa circa 230 movimenti cooperativi di 100 paesi del mondo, associando più di 750 milioni di persone, e partecipa a progetti e interventi internazionali diretti a sollevare l’economia e i livelli di vita delle popolazioni di molti paesi sottosviluppati.
Per gli aspetti giuridici ➔ società.