rivoluzióne industriale Trasformazione delle strutture produttive e sociali determinata dall'affermazione di nuove tecnologie.
Gli inizi della r.i. sono collocabili in Inghilterra tra gli ultimi decenni del 18° e la prima metà del 19° secolo. Il suo sviluppo fu reso possibile dalla combinazione di una serie di precondizioni: istituzioni che favorivano l'iniziativa individuale, una ricerca scientifica avanzata che stimolava le scoperte tecnologiche, un vasto settore di agricoltura capitalistica nelle mani di grandi e medi proprietari aperti all'innovazione e dotati di elevate capacità di investimento, un'industria manifatturiera ed estrattiva dinamica e in grado di liberare capitali, un'eccellente rete di trasporti, un tasso di urbanizzazione che non aveva riscontro in alcun altro paese, un prospero commercio interno e internazionale all'interno di un impero coloniale, come quello britannico, ricco di risorse. Tutti fattori che nel loro insieme davano vita a un mercato pronto ad assorbire sempre nuovi prodotti.
La r.i. ebbe propriamente inizio allorché agli elementi sopra riportati si unì una serie di invenzioni che nel giro di un ventennio, tra il 1760 e il 1780, rinnovarono la tecnologia delle industrie imprimendole uno straordinario salto di qualità. Nel 1764 il tessitore J. Hargreaves (1720-1779) costruì una filatrice multipla capace di consentire a un solo operaio di azionare 8 fusi per volta; nel 1768 R. Arkwright (1732-1792) mise a punto un telaio meccanico idraulico. Ma la scoperta più importante di tutte avvenne a opera di J. Watt, che tra il 1765 e il 1781 inventò e perfezionò la macchina a vapore. Questa ebbe l'effetto di aumentare enormemente la disponibilità di energia, grazie anzitutto a un imponente incremento dell'estrazione di carbone, e la sua utilizzazione nell'industria, nell'agricoltura, nei trasporti rese possibile la produzione e lo scambio di beni su una scala in precedenza impensabile.
La meccanizzazione investì massicciamente le aziende a conduzione capitalistica: le prime furono quelle tessili, quindi quelle minerarie, siderurgiche e meccaniche. Si verificava contemporaneamente un radicale cambiamento nel settore dei trasporti: nel 1807 l'americano R. Fulton (1765-1815) costruì un vaporetto e nel 1819 si ebbe la prima traversata dell'Atlantico di una nave a vapore; nel 1814 l'inglese G. Stephenson (1781-1848) costruì una locomotiva, i cui successivi miglioramenti consentirono di inaugurare in Inghilterra nel 1825 la prima linea ferroviaria. Altra fondamentale invenzione fu il telegrafo.
Se la macchina a vapore costituì il più importante fondamento tecnologico della r.i., la sua maggiore espressione in termini di organizzazione fu il sistema di fabbrica. Questo riguardava i modi di produzione: da un lato i padroni - proprietari del capitale necessario agli investimenti in macchine e al pagamento dei salari degli addetti al loro funzionamento - e dall'altro gli operai che vendevano la loro forza lavoro. L'utilizzazione delle macchine per la produzione su vasta scala portò sempre più a concentrare masse di lavoratori in fabbriche organizzate secondo criteri razionali con funzioni, orari, ritmi definiti in base alle esigenze della divisione del lavoro.
La r.i. provocò complessivamente un impressionante aumento della ricchezza, che andò principalmente a favore delle classi alte, anzitutto della borghesia capitalistica. Gli operai dal canto loro ricevevano bassi salari, e le donne e i bambini - impiegati su vasta scala - retribuzioni ancora inferiori; i lavoratori in generale non potevano fare affidamento su un impiego stabile poiché ogni fase sfavorevole del ciclo produttivo causava ondate di disoccupazione senza che essi potessero contare su alcuna forma di protezione sociale. Gli orari di lavoro erano mediamente da 13 a 15 ore giornaliere. I ragazzi con più di 6 anni erano impiegati in larga misura in fabbrica; e con essi persino bambini di 5 o addirittura di 4 anni.
Le pesantissime condizioni delle masse operaie portarono da un lato intellettuali e politici di tendenze liberali o socialiste a denunciare questa situazione, dall'altro i lavoratori a organizzare movimenti di protesta: superate le forme estreme e disperate del luddismo, questi movimenti si espressero negli scioperi, nella costituzione di leghe di lavoratori, di società di mutuo soccorso e infine di sindacati e di partiti socialisti. Dinanzi alla gravità di quella che si configurava come una grande questione sociale, le classi dirigenti assunsero per molto tempo un atteggiamento di netta chiusura. Le prime moderate riforme a opera dello Stato ebbero luogo in Inghilterra dopo il 1830. Nel 1831 la giornata lavorativa per i ragazzi sotto i 10 anni fu ridotta a 10 ore; nel 1833 venne limitato il lavoro notturno; nel 1847 fu stabilita la giornata lavorativa di 10 ore anche per le donne.
Per circa un secolo la r.i. rimase circoscritta all'Inghilterra, al Belgio, a parte della Francia e a zone ristrette della Germania. Tra gli anni Sessanta e Settanta dell'Ottocento e il primo decennio del Novecento l'industrializzazione non solo si estese e intensificò in Germania, nell'Italia settentr., in regioni dell'Impero austro-ungarico e di quello russo, in Giappone e negli Stati Uniti, ma rinnovò profondamente le sue basi energetiche e tecnologiche in un quadro che vide l'Inghilterra cedere progressivamente il primato. Negli anni Ottanta del 19° sec. l'applicazione dell'elettricità avviò un processo destinato a creare una nuova generazione di macchine, appunto le macchine elettriche, che servivano sia per la locomozione sia per la fabbricazione di nuove macchine e di una varietà di altri prodotti. Nel decennio seguente, l'invenzione del motore a combustione interna aprì altri enormi orizzonti con in primo piano la creazione delle automobili, per il trasporto di persone e di merci. Si affermò sempre più il gigantismo industriale, con fabbriche di migliaia e anche decine di migliaia di addetti, un'organizzazione del lavoro sempre più efficiente e segnata da una rigida disciplina, da precise gerarchie di funzioni e di poteri, dall'incremento, accanto alle masse operaie, delle schiere di dirigenti, tecnici, impiegati con funzioni direttive e amministrative. Si formarono su scala nazionale e anche internazionale alleanze e combinazioni tra settori produttivi - i trust, i cartelli, le corporations - per ottenere maggiori rendimenti e controllare o addirittura dominare il mercato. Gli enti dotati di grandi patrimoni e in specie le banche strinsero legami organici con l'industria, così da indurre a parlare di avvento del capitalismo finanziario. Tutto ciò diede luogo a quella che è stata definita la seconda rivoluzione industriale. Essa vide i paesi a industrializzazione ritardata impegnati per un verso nello sviluppo di una propria industria nazionale, per l'altro decisi a proteggere con barriere doganali le proprie merci dalla concorrenza estera, soprattutto britannica. Si entrò così in un'era di protezionismo e lo Stato andò assumendo un ruolo sempre più determinante. I paesi che in questa fase crebbero più in fretta furono la Germania e gli Stati Uniti, che superarono la stessa Gran Bretagna.
L'età della seconda r.i. fu altresì quella dell'imperialismo, culminata non a caso nella Prima guerra mondiale. Le rivalità politiche fecero tutt'uno con quelle economiche. Tutte le maggiori potenze tendevano ad assicurarsi materie prime e sbocchi commerciali mediante strategie espansionistiche, dapprima essenzialmente nei territori coloniali e poi, come si vide tra il 1914 e il 1918, anche direttamente nel continente europeo.