Stato dell’America Centrale; confina a N con il Nicaragua, a SE con il Panamá, ed è bagnata dal Mar Caribico (a E) e dall’Oceano Pacifico (a O).
Il paese è diviso in due parti pressoché uguali da una zona montuosa mediana, con l’asse principale diretto da NO a SE. Un solco trasversale distingue poi, nella regione montuosa, una sezione settentrionale (Cordigliera di Guanacaste e Cordigliera Centrale, ambedue con numerosissimi vulcani spenti o saltuariamente attivi: principale l’Irazú, 3432 m) e una sezione meridionale (Cordigliera di Talamanca), che si eleva a 3800 m (Chirripó Cerro). Le zone basse e pianeggianti sono limitate sul versante del Pacifico e più ampie (40-50 km) sull’Atlantico. Il solco trasversale, la Meseta o Valle Central, è formato da una serie di altopiani elevati sui 1000-1200 m; è l’area più favorita da condizioni di suolo e di clima e più densamente abitata.
Il clima, influenzato dalla latitudine subequatoriale, è caldo e umido. Le precipitazioni sono abbondanti dappertutto, ma di più nel versante caribico, dove cadono per tutto l’anno; un po’ meno all’interno e nel versante pacifico, dove si concentrano da giugno a novembre. Le temperature medie sono molto alte nei due versanti marittimi (anche oltre 25 °C); nella zona montuosa mediana si abbassano progressivamente al crescere dell’altitudine, così che si possono distinguere, come in tutta l’America intertropicale, le tierras templadas (terre temperate, dagli 800 ai 1500-1700 m) e le tierras frías (terre fredde, più in alto). Varia è la vegetazione naturale, che va dalle foreste pluviali delle aree più basse ai boschi radi e alle praterie delle tierras frías. Brevi, ma copiosi, i corsi d’acqua.
La popolazione è quasi interamente di origine europea e per il 88% è cattolica. Dagli anni 1980 il tasso di accrescimento medio annuo registra una contrazione e da un valore del 27‰ è sceso al 20‰ nel decennio seguente e al 14‰ nel 2008. Anche i tassi di natalità e di mortalità hanno subito una diminuzione, attestandosi il primo sul 17‰ e il secondo sul 3,8‰; in flessione anche la mortalità infantile, scesa al 9‰ (2008). Non mostra cedimenti, invece, il fenomeno dell’urbanizzazione e il tasso di popolazione urbana ha ormai raggiunto la soglia del 61%. Sotto il profilo della distribuzione demografica è ancora più accentuata l’opposizione tra il centro del paese, la Meseta, e le periferie poco densamente abitate delle montagne e dei due opposti versanti marittimi. Oggi il cuore della Meseta è occupato da una vera e propria regione urbana, che su circa 1000 km2 accoglie oltre la metà della popolazione nazionale: ha come nucleo la capitale, San José, e si estende verso O fino ad Alajuela e verso E fino a Cartago, antica capitale coloniale.
Dopo un periodo di ristagno e incertezza, legato soprattutto alla forte dipendenza dai mercati internazionali, l’economia della C. ha mostrato, a partire dai primi anni 1990, una rinnovata vitalità. Tra le attività produttive l’agricoltura ha un ruolo di primo piano; le colture più redditizie sono quelle del caffè, diffuso negli altopiani centrali, e delle banane, coltivate nelle piantagioni della costa caribica. Tra le colture industriali, o destinate all’esportazione, rilevanti la canna da zucchero e il cacao. Per il consumo interno si coltivano mais, riso, manioca e palma da olio. Abbastanza redditizia è la pesca, in particolare quella del tonno, alla quale sono collegati impianti per il congelamento e l’inscatolamento. In progresso è il settore energetico, favorito da numerosi investimenti, mentre l’industria continua a basarsi su numerose piccole imprese (alimentari, chimiche) e su pochi stabilimenti metalmeccanici di maggiori dimensioni, anche se gli incentivi fiscali e la creazione di alcune zone franche hanno attirato imprese straniere, fra cui alcune del settore informatico (fabbriche di assemblaggio di componenti elettroniche).
La Pan American Highway permette il collegamento con il Nicaragua e Panama; i 1000 km di linee ferroviarie congiungono i fronti marittimi del paese. I principali porti sono Limón (Mar Caribico), Puntarenas, Golfito e Quepos (Oceano Pacifico).
Le popolazioni aborigene che al momento della Conquista spagnola occupavano il paese sono oggi confinate nelle aree boscose e montagnose più inaccessibili. Agricoltori e cacciatori, hanno in parte conservato il patrimonio culturale delle genti dell’area circumcaribica (società stratificata, divisione in clan, capi ereditari, classe sacerdotale). Scomparsa è invece la pregevole produzione di oreficeria e ceramica precolombiana.
Toccata da Colombo nel 1502, con la speranza che fosse ricca d’oro (donde il nome), la C. fu conquistata dagli Spagnoli solo verso il 1570. La città di Cartago, fondata nel 1563, divenne capitale amministrativa della provincia, che fu posta sotto la giurisdizione dell’ Audiencia del Guatemala (comprendente tutta l’America Centrale a N di Panamá e parte, con il Messico e i Caribi, del vicereame della Nuova Spagna). L’ostilità dell’ambiente e la resistenza degli indigeni nelle regioni costiere indussero i coloni a stabilirsi soprattutto sulla Meseta Central, dove diedero vita a un’agricoltura di sussistenza basata sulla piccola proprietà contadina. Le condizioni di relativo isolamento e arretratezza economica si protrassero fino alla prima metà dell’Ottocento, quando l’introduzione della coltura del caffè pose le premesse per uno sviluppo delle esportazioni e per l’avvio di un processo di modernizzazione.
La proclamazione di indipendenza del Messico (1821) fu seguita da quella delle province centroamericane che, nel 1823, costituirono la Federazione delle Province unite dell’America centrale (Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, C.) sopravvissuta, fra difficoltà e conflitti, fino al 1839. L’assetto istituzionale del paese, dopo vari rivolgimenti di governo, si stabilizzò a partire dal 1870, quando il colpo di Stato del generale T. Guardia fu seguito dal varo di una Costituzione di tipo presidenziale, in vigore dal 1871 al 1948. L’espansione della coltura del caffè nella Meseta Central determinò, accanto alla formazione di alcune grandi piantagioni, anche una valorizzazione della tradizionale piccola azienda contadina, che fornì una base sociale all’evoluzione del paese in senso liberal-democratico. Alcune controversie di confine provocarono momenti di tensione con il Nicaragua (1916) e con Panamá (1921): un accordo con quest’ultima fu raggiunto solo nel 1941.
Nel 1948 acute tensioni sociali provocate dalle difficoltà economiche del dopoguerra degenerarono in una guerra civile che portò al potere J. Figueres Ferrer. Dopo l’approvazione di una nuova Costituzione presidenziale, che sanciva l’abolizione dell’esercito e l’estensione del voto alle donne, fu eletto un nuovo Parlamento (con l’esclusione delle forze fedeli al precedente governo) e Figueres lasciò la presidenza a O. Ulate (1949-53). Il Partido de liberación nacional (PLN), di ispirazione socialdemocratica, si affermò come la principale organizzazione del paese e mantenne ininterrottamente la maggioranza parlamentare dal 1953 al 1978, anche se alla presidenza della Repubblica i conservatori M. Echandi Jiménez (1958-62) e J.J. Trejos Fernández (1966-70) si alternarono a Figueres (1953-58; 1970-74) e ai suoi compagni di partito, F. Orlich Bolmarich (1962-66) e D. Oduber Quirós (1974-78). Le riforme promosse da Figueres allargarono le basi sociali del regime e contribuirono a un’intensificazione dello sviluppo economico. I legami economici e politici con gli Stati Uniti furono rafforzati; rapporti diplomatici con i paesi socialisti, compresa Cuba, furono stabiliti solamente negli anni 1970 (quelli con l’URSS erano stati interrotti dopo la crisi del 1948).
Negli anni 1980 all’esplosione di una pesante crisi finanziaria si accompagnarono le ripercussioni del conflitto centro-americano, essendo il C. divenuto base dei guerriglieri nicaraguensi. Alla pacificazione si dedicò attivamente O. Arias Sánchez, presidente tra il 1986 e il 1990. Malgrado la parziale distensione, però, una piena normalizzazione dei rapporti con Managua si ebbe soltanto nel 1990, con l’avvento della guerra civile in Nicaragua. Negli anni 1990 alla guida del paese continuarono ad alternarsi i conservatori (dal 1983 riuniti nel Partido unidad social cristiana) e il PLN; ambedue gli schieramenti cercarono comunque di far fronte alla preoccupante congiuntura economica con una politica di liberismo economico, privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica. Nel 2006 O. Arias è stato eletto nuovamente presidente. Nel 2007 un referendum ha ratificato l’adesione del C. al trattato CAFTA (Central American Free Trade Agreement) che l’associa agli Stati Uniti oltre che a Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua e Repubblica Dominicana.
Alle consultazioni presidenziali del 2010 è stata eletta presidente L. Chinchilla Miranda, già vicepresidente del governo di Arias Sánchez, prima donna presidente della Costa Rica. Al primo turno delle elezioni presidenziali tenutesi nel febbraio 2014 hanno ottenuto il 30% circa delle preferenze ciascuno l'esponente del centro L.G. Solís e il candidato del partito della destra al potere J. Araya, il quale ha rinunciato al secondo turno delle consultazioni, concedendo la vittoria all'avversario, che si è aggiudicato il 77,6% dei consensi, mentre il primo turno delle elezioni presidenziali svoltesi nel Paese nel febbraio 2018 è stato vinto dal conservatore F. Alvarado Muñoz, che è stato sconfitto al ballottaggio tenutosi ad aprile dal socialdemocratico ed ex ministro del Lavoro C. Alvarado Quesada. Al primo turno delle consultazioni presidenziali del febbraio 2022 si sono imposti J.M. Figueres Olsen del PLN (27,2%) e R. Chaves Robles del Partido Progreso Social Democrático (16,7%), che al secondo turno tenutosi nel mese di aprile ha ottenuto il 53% circa dei consensi contro il 47,1% aggiudicatosi dall’avversario, subentrando nella carica al presidente uscente Alvarado Quesada.