Condizione in cui produzione e reddito nazionale restano immobili, senza aumentare né diminuire. Se relativa a un periodo prolungato, individua una fase di progressiva contrazione della crescita economica. È detta fase di r. la fase di depressione che segue alle crisi economiche e caratterizza quindi l’onda bassa del ciclo. Teorie del r. Tutte le teorie economiche che sostengono l’esistenza di una tendenza alla stazionarietà del sistema capitalistico. Già i classici, e soprattutto D. Ricardo, avvertirono questa tendenza, e la pessimistica tesi ricardiana fu arricchita da J.S. Mill, il quale tuttavia considerava la stazionarietà non come arresto del progresso tecnico ma come suo rivolgimento non più all’aumento della produttività e dell’accumulazione bensì alla riduzione della durata e della fatica del lavoro. K. Marx, rendendosi conto che economia capitalistica e stazionarietà sono termini incompatibili, ritenne che a questa fase si potesse arrivare soltanto attraverso mutamenti nelle istituzioni e in particolare nella proprietà. Anche J.A. Schumpeter considerava il sistema capitalistico destinato a radicali mutamenti di strutture, attraverso la crescente spersonalizzazione e automatizzazione del processo economico (a seguito dell’aumento delle dimensioni aziendali, della maggior precisione delle previsioni ecc.) e il progressivo mutamento dell’ambiente economico (grazie all’aumento degli investimenti pubblici sul totale e alla tendenza a processi redistributivi che favoriscono i consumi).
Una teoria del r. o della maturità economica, cui comunemente ci si riferisce quando si parla di teoria del r., è quella di derivazione keynesiana elaborata da A. Hansen tra il 1938 e il 1941, partendo dalla constatazione del progressivo indebolimento, nelle economie altamente industrializzate, delle tre principali spinte a investire: aumento della popolazione, espansione territoriale e introduzione di innovazioni tecnologiche. Lo squilibrio che ne deriverebbe tra il risparmio, che nelle economie altamente industrializzate è abbondante, e gli investimenti farebbe scendere l’attività del sistema al di sotto del livello consentito dalla disponibilità di lavoro. Secondo Hansen il termine r. significa quindi tendenza a uno sviluppo più lento di quello possibile, date le riserve di manodopera, e non cessazione dell’accumulazione come per Ricardo; il rallentato ritmo di investimento per innovazioni tecnologiche, presupposto da Hansen, va inteso poi come conseguenza della prevalente struttura monopolistica del mercato e del suo effetto sul ritardo nell’innovazione e non come un venir meno delle invenzioni vere e proprie. Inoltre, nel parlare di flessione degli investimenti Hansen si riferiva soltanto alla diminuita convenienza dei privati a investire, sostenendo quindi la politica keynesiana di intervento pubblico (deficit spending e tassazione redistributiva) come strumento non soltanto anticiclico, ma permanente e indispensabile al pieno sfruttamento delle risorse disponibili, e attribuendo allo Stato un ruolo economico determinante che esige la pianificazione della spesa pubblica.
Studi successivi hanno individuato altri fattori che indeboliscono il sistema economico spingendolo verso il ristagno. P.M. Sweezy e P.A. Baran minimizzano in tal senso il ruolo dell’innovazione negli investimenti, ma sottolineano l’importanza della spesa pubblica, mentre per J. Steindl l’eccesso di capacità produttiva scoraggia gli investimenti, in quanto, pur accrescendo la pressione competitiva, non spinge gli operatori economici a innovarsi, bensì a cercare di guadagnare a spese del competitore. Nell’analisi di M. Kalecki, invece, l’utilizzo della capacità produttiva è una determinante degli investimenti. La tendenza all’oligopolio è inoltre considerata come una delle principali cause del r. perché porta ad aumentare i margini di profitto e anche perché rende cauti gli agenti negli investimenti favorendo il declino della competizione.
Il r. dell’occupazione ha risvegliato l’attenzione sulla questione: particolare interesse è stato rivolto alla possibilità di contrastare la tendenza al r. rinnovando la struttura economica attraverso l’utilizzo di tecnologie alternative in grado di conciliare la soluzione dei problemi ambientali e dei problemi economici; le teorie sul r. in questa direzione sono ancora in piena evoluzione.
Punto di r. Punto in cui si annulla la velocità relativa di una corrente fluida rispetto a un corpo immerso nella corrente stessa: si trova lungo la superficie investita del corpo, nella sua parte anteriore rispetto al verso del moto d’insieme della corrente, e ivi la pressione e la temperatura del fluido assumono un massimo relativo (pressione di r. e temperatura di r.).
Cupola di r. In vulcanologia, ammasso di lava di forma mammellonare, legato all’emissione, da parte di vulcani di tipo centrale, di lave viscose che, per la loro scarsa fluidità, non hanno capacità di scorrere sulla superficie esterna del vulcano, dando così luogo a corpi geologici di morfologia peculiare. Le cupole di r. hanno una forma in pianta subcircolare, estensione modesta e altezze anche notevoli.