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Afghanistan

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Stato continentale dell’Asia di SO. Confina con il Turkmenistan, l’Uzbekistan, e il Tagikistan a N, con la Cina per un breve tratto a NE (l’appendice che s’incunea fra il Pamir e l’Hindukush), con il Pakistan a E e a S, con l’Iran a O.

L’esplorazione dell’Afghanistan iniziò con le varie spedizioni compiute da Alessandro il Macedone (330-327 a.C.). Altre traversate del paese si ebbero nel sec. 14° a opera di Ibn Baṭṭūṭa, e nel 1602-03 per merito del padre B. de Goes. Importanti ricognizioni furono effettuate agli inizi del sec. 19°, ma la prima vera esplorazione scientifica fu quella (1826-38) dell’americano C. Masson, cui seguirono i viaggi di J.S. Broadfoot (1839), di J.P. Ferrier (1845-54), del maggiore Lumsden (1857-1858); la guerra del 1878 e le operazioni militari del 1881 nel Wāzīrīstān diedero occasione a estesi lavori topografici e cartografici, cui seguirono sistematici rilievi topografici nell’ambito del rilevamento, a scopi politici, di tutta quella regione dell’Asia (1884-86, 1894-96); tra il 1914 e il 1916 fu effettuata una missione tedesca. Con il riconoscimento dell’indipendenza politica (1919) l’Afghanistan allacciò rapporti diretti con vari Stati ed ebbe inizio così l’esplorazione dettagliata (specialmente per le regioni di NO e NE).

Caratteristiche fisiche

Carte Geopolitico AFGHANISTAN.jpg

Il territorio afghano, che costituisce la porzione nord-orientale dell’altopiano iranico, ha un carattere spiccatamente montagnoso: infatti, oltre il 49% del territorio supera i 2000 m e l’altezza media dell’Hindukush è di 4500 m. In questa esasperata fisionomia plastica si possono individuare tre zone morfologiche: una centrale di vere e proprie montagne, di età alpina, bastione divisorio fra le altre due meno elevate, situate a N e a S. Dall’Hari, a O, si estende verso E prima la catena del Paropamiso (alto in media 2000 m; max 3594 m), affiancato poi da altre catene che, elevandosi oltre i 3000 m, si restringono presso l’imponente massiccio del Kūh-i Bābā (5143 m), ben irrorato (come dimostra lo spesso manto nevoso sulla sommità), a sua volta accompagnato a N da una larga fascia di ‘prealpi’. A Oriente il rilievo si allarga di nuovo nell’Hindukush propriamente detto, un insieme di catene parallele con prevalenza di rocce granitiche e metamorfiche, le cui parti culminali assumono forme orizzontali, consunte, in evidente contrasto con la marcata ripidità delle gole che l’attraversano. All’estremità orientale le montagne, abbassandosi, s’incurvano poco a poco verso il Pamir: le valli che vi si interpongono si mantengono a notevole altitudine, cosicché modesto è il dislivello rispetto alle cime stesse.

La zona settentrionale dell’Afghanistan, l’antica Battriana, è costituita da una fascia pedemontana, lentamente digradante in un tavolato di calcari mesozoici, i cui limiti scendono a picco sulla pianura dell’Amudar´ja, verso la quale defluiscono i corsi d’acqua: questa risulta formata da estese coltri alluvionali ed eoliche, inclinate verso il gran fiume, con zone sovente coperte da dune mobili, testimoni di un ambiente desertico; tuttavia, nelle vallate e in direzione del pedemonte diventa fertile, con oasi agricole, che la trasformano in una delle regioni più produttive del paese.

La terza zona morfologica si identifica con la parte meridionale dell’Afghanistan: essa è dapprima un coacervo di catene che dal sistema dell’Hindukush, con orientamento NE-SO, vengono a morire nella vasta area tabulare e desertica divisa in due sezioni dal fiume Helmand. Questo, scorrendo incassato, dopo aver raccolto le acque dell’immenso anfiteatro montano, va a sfociare negli specchi d’acqua di Hāmūn-i-Sabari e di Gaud-i-Zirih, che occupano la conca di sprofondamento del Sistan.

Posizione geografica, altimetria e disposizione dei rilievi giocano un ruolo determinante sul clima dell’Afghanistan, che ha quasi ovunque caratteristiche continentali. Le precipitazioni si concentrano nei periodi invernale e primaverile e sono in genere scarse: dai 50-150 mm delle basseterre, ivi comprese le aree subdesertiche e desertiche meridionali e settentrionali, si passa ai valori anche superiori a 500 mm annui dei rilievi nord-orientali (Nūristān), marginalmente influenzati dal monsone di mare. Un clima subtropicale, temperato, che consente colture mediterranee, interessa le porzioni meridionali e orientali del paese. Tra i venti va ricordato quello ‘dei 120 giorni’, che spira costantemente e con particolare violenza nel Sistan e nel Khorasan da giugno a settembre.

In conseguenza della sua struttura morfologica, gran parte del territorio afghano è privo di deflusso al mare: ciò vale per i fiumi che dagli opposti versanti delle alteterre centrali tributano a N e a S, rispettivamente all’Amudar´ja (e quindi al Lago d’Aral) e alle depressioni endoreiche del Sistan, oppure si consumano nelle aree steppiche che attraversano. Fa eccezione una ristretta zona di NE che, mediante il Kabul e pochi altri fiumi, manda le sue acque all’Indo. Dal Kūh-i Bābā, il principale nodo idrografico dell’Afghanistan, irradiano altre maggiori arterie: tali il Surkhāb, l’Hari, l’Helmand con l’Arghand-āb e il ricordato Kabul. Le portate sono condizionate dal clima: meno irregolari quelle alimentate dallo scioglimento delle nevi e dei ghiacciai, decisamente torrentizie le altre. Il deserto dunoso del Rigestan rappresenta una estesa zona areica.

Popolazione

Il quadro etnico attuale è piuttosto composito, ospitando l’Afghanistan genti diverse che, insediatesi in regioni spesso inaccessibili, hanno potuto conservare caratteri somatici e generi di vita peculiari. La maggioranza della popolazione è formata da Pashtūn, agricoltori stanziali e allevatori nomadi e seminomadi; vengono poi i Tagiki, per lo più coltivatori diretti, sedentari delle regioni montuose del Centro e dell’Ovest; quindi gli  Hazāra, seminomadi e lavoratori stagionali delle montagne nord-orientali, le più povere, che rappresentano la parte mongola della popolazione afghana, probabilmente entrati nel paese in seguito alle conquiste dei Mongoli (12°-15° sec.). Gli Uzbeki e i Turkmeni, discendenti dai Turchi penetrati nell’Afghanistan nel Medioevo, sono ottimi agricoltori e allevatori che vivono nel Nord, soprattutto nella provincia di Balkh. Gruppi minori sono quelli dei Chirghisi, dei Cafiri, dei Beluci, dei Sikhs e dei Karakalpaki. Tranne gli Hazāra che sono sciiti, il resto della popolazione professa la religione musulmana di rito sunnita. Lingue ufficiali sono il dari e il pashtō, quest’ultimo più diffuso; linguaggi minori sono propri di altre etnie.

VOL 1 Afghanistan dati geo amm TAB.jpg

È difficile valutare la reale consistenza demografica dell’Afghanistan, in quanto l’invasione sovietica prima, l’intensa guerriglia poi e infine il conflitto apertosi con gli Stati Uniti nell’ottobre 2001 hanno in gran parte condizionato il quadro demografico, causando, oltre a centinaia di migliaia di vittime, spostamenti di abitanti, sia all’interno del paese sia verso i paesi contermini (secondo l’UNHCR, nel 2009 erano ancora 1,7 milioni gli afghani in Pakistan e 935.000 quelli in Iran). Il calcolo della popolazione totale è affidato a stime, risalendo l’ultimo censimento ufficiale al 1979. Le Nazioni Unite quantificavano la popolazione nel 2010 in 31,4 milioni di abitanti, in notevole aumento rispetto al dato del 1979 (15,5 milioni di abitanti). Tale incremento è conseguenza di un tasso di natalità elevatissimo, in assoluto uno dei maggiori del mondo (44‰ nel 2010), ancorché in parte bilanciato dalla mortalità, anch’essa notevolmente elevata (16,8‰ nel quinquennio 2005-2010). Il tasso di crescita annuo è stato del 2,8%, a cui si aggiungono cospicui rientri degli emigrati (dal 2002 al 2009 sono rientrati in patria oltre 5,6 milioni di afghani). Il tasso di mortalità infantile è andato progressivamente diminuendo, pur rimanendo ancora alto (101‰ nel 2011, ma 136‰ nel 2000), mentre la speranza di vita alla nascita è di 47.2 anni per gli uomini e di 47.5 anni per le donne.

TAB afghanistan 01.jpg

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale (a parte il diffuso nomadismo), a una densità media di oltre 48 ab. per km2 si contrappongono vaste aree completamente disabitate o quasi (centro-occidentali e sud-occidentali) e altre, assai ristrette, fittamente popolate (conche e valli ben dotate di risorse idriche e con clima favorevole). Nell’incertezza della situazione politica e nella mancanza di dati statistici ufficiali e attendibili, si può comunque rilevare che, negli anni precedenti l’intervento degli Stati Uniti, la situazione si era lentamente evoluta e la popolazione urbana (30,2% del totale nel 2003), che nel 1995 rappresentava appena un quinto della popolazione complessiva, era successivamente cresciuta a un ritmo del 748% annuo, valore tra i più alti del mondo. Tale trend ha però subito un’inversione di tendenza, e nel 2010 la popolazione urbana era il 23,5% del totale.  Le città principali, oltre alla capitale, sono Qandahār, Herat, Mazar-e Sharif, Jalalabad e Qonduz. Sotto il profilo amministrativo, il paese è diviso in 34 province (v. tab.).

Condizioni economiche

L’economia dell’Afghanistan, già fra le più povere del mondo, ha subito ulteriori danni per le vicende politico-militari recenti. Gran parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e solo in piccola parte viene raggiunta dagli aiuti umanitari. La struttura portante dell’economia è costituita dall’agricoltura (oltre il 78% della forza lavoro), che contribuisce alla formazione di poco meno di 1/3 del prodotto interno. L’aridità del clima, la tormentata orografia e la povertà dei suoli restringono le aree coltivabili a poche zone lungo il corso dei fiumi, nelle valli ove sono presenti falde acquifere sfruttabili mediante canali sotterranei e in prossimità di sorgenti (12% del territorio nazionale): ma i terreni coltivabili risultano ulteriormente ridotti dalla presenza di numerosissime mine antiuomo non ancora rimosse. Un contributo notevole era derivato dalle grandi opere di sbarramento e canalizzazione realizzate sull’Helmand, sull’Arghand-āb, sull’Hari e sul Kabul, la cui efficienza è risultata peraltro compromessa dalle distruzioni avvenute nel periodo dell’occupazione sovietica. Si coltivano cereali, frutta, cotone e, soprattutto, papavero da oppio (3.600 t nel 2010). Questa risorsa ha costituito una fonte di finanziamento vitale per il governo dei talebani, che, pur dichiarando di volerne impedire la produzione, in realtà non ha fatto nulla per ostacolarla, malgrado le pressanti richieste delle Nazioni Unite. Rilevante resta il patrimonio zootecnico, peraltro anch’esso decimato: 9 milioni circa di ovini nel 2004 (erano 20 milioni negli anni 1970), comprese milioni di pecore karakul, le cui pelli sono largamente esportate; seguono caprini (7,5 milioni) e, a distanza, bovini (3,8 milioni), asini e cammelli.

L’Afghanistan dispone di buone risorse minerarie, in particolare: carbone (Karkar, Ishpusta e Dara-i-Soof), rame (Ainak), petrolio (Herat) e gas naturale (Mazar-e Sharif); un gasdotto lungo 120 km collega Mazar-e Sharif al confine uzbeko: la produzione di gas naturale era stimata a 30 milioni di m3 nel 2009 (erano 3 miliardi di m3 nel 1987). Le attività industriali riguardano i settori più tradizionali: tessile, cemento, ceramica e lavorazione di prodotti agricoli. A Mazar-e Sharif è attivo un impianto per la produzione di fertilizzanti azotati; un’acciaieria a Jangalak. Fra le attività artigianali (alle quali è dedita la maggioranza degli attivi dell’intero settore), tipiche sono la fabbricazione dei tappeti, che alimenta una redditizia corrente esportatrice, il cesello, l’oreficeria e la pelletteria.

Estremamente carente è la rete delle comunicazioni: mancano quasi del tutto le ferrovie, anche se nel 2011 è stata inaugurata una linea ferroviaria lunga 75 km che collega la città afghana di Mazar-e Sharif a quella uzbeka di Hairatan; poche sono tuttora le strade asfaltate (12.350 km su un totale di 42.150 km; su di esse nel 2004 circolavano poco più di 400.000 autoveicoli); le antiche carovaniere hanno, specie in corrispondenza dei passi, pendenze sensibili; i fiumi, irregolari nelle portate e tormentati nel percorso, sono raramente utilizzabili. Le linee aeree, gestite dalla compagnia di bandiera Ariana, collegano Kabul con gli aeroporti nazionali e con quelli dell’Asia sudoccidentale e meridionale. I profondi mutamenti avvenuti nei paesi dell’Europa orientale e in quelli che costituivano l’Unione Sovietica, già principali partner commerciali, hanno portato a un radicale cambiamento del quadro degli scambi internazionali dell’Afghanistan, nel quale vanno inserendosi, con un ruolo di crescente importanza, alcuni Stati dell’Unione Europea. Il paese, comunque, difficilmente potrà ampliare le proprie esportazioni (gas naturale, frutta, pelli, lana, tappeti) e la sua bilancia commerciale è destinata a rimanere nettamente deficitaria.

Storia

Dalle origini al 15° secolo

Storicamente l’Afghanistan è stato un territorio di frontiera, esposto agli influssi culturali e alla dominazione dell’India da E, della civiltà iranica da O e dei popoli delle steppe da N. Gli insediamenti più antichi, di età paleolitica, si concentrano nel Nord del paese (Aq Kupruk, Kara Kamar); l’età del Bronzo si prolungò fino all’inizio del 1° millennio a.C. Con il 6° sec. a.C. tutte le regioni furono conquistate dalla dinastia persiana degli Achemenidi; un’iscrizione di Dario a Bistūn ricorda la Battriana e il Gandhāra tra le satrapie orientali dell’impero. Con la conquista di Alessandro Magno (329 a.C.) e poi sotto i Seleucidi, l’Afghanistan si aprì all’influsso culturale del Mediterraneo greco. Nel corso del 3° sec. a.C. le regioni orientali furono soggette all’impero indiano dei Maurya, mentre nella Battriana si costituì, a partire dal 250 a.C., uno stato greco indipendente, il regno greco-battriano, con capitale amministrativa Ai Khānum. Dal 150 a.C. i territori greci vennero invasi da popoli nomadi provenienti dal Turkestan cinese; si impose allora il buddhismo, che soppiantò il precedente zorohastrismo. L’islamismo si impiantò nel sec. 9° e fiorì sotto la dinastia dei Ghaznavidi (sec. 10°-12°), irradiandosi verso l’India. L’Afghanistan ebbe una nuova epoca di splendore sotto i Timūridi, turchi iranizzati (sec. 15°).

Tra il 1° sec. a.C. e il 1° sec. d.C. fiorì la cosiddetta arte greco-buddhistica del Gandhāra, che avrebbe influenzato profondamente l’arte buddhistica dell’Asia centrale (la più antica rappresentazione databile del Buddha, attribuita al 1° sec. a.C.-1° sec. d.C., proviene da Dalunta, presso Jalalabad). Tra il 5° e il 7° sec. fiorì il centro buddhista di Bāmiyān, con le sue decine di grotte artificiali e le due grandi statue del Buddha (distrutte nel marzo 2001 dal regime teocratico dei talebani). Con l’invasione araba del paese, insieme alle concezioni religiose, si imposero gli edifici (palazzi, moschee) e l’arte decorativa (bronzi cesellati, ceramica invetriata, stucchi modellati ad arabeschi) caratteristici dell’Islam.

Lo Stato afghano

Nel sec. 16° iniziò l’espansione degli Afghani (fino allora il paese era conosciuto nella cultura islamica come parte del Khorāsān). Fondatore dello Stato afghano si può considerare Aḥmed Khān, il capo degli Afghani Abdālī che, alla morte di Nādir Shāh di Persia (1747), si proclamò re a Qandahār, assumendo l’epiteto di Durr-i Durrān (‘perla delle perle’), onde la sua tribù prese il nome di Durrānī. Ai suoi discendenti immediati, che trasferirono la capitale a Kabul, successe nel 1826, con Dōst Muḥammad, la famiglia dei Bārakzā’ī. Per la sua posizione strategica, l’Afghanistan interessò grandemente la Gran Bretagna. Nel 1809 fu stipulato il primo trattato anglo-afghano, volto a impedire un’eventuale invasione francese o persiana dell’India. Il successivo estendersi dell’influenza della Russia, cui i governanti afghani si appoggiavano per controbilanciare l’influenza britannica, provocò la prima e la seconda guerra afghana (1839-42 e 1878-79), che confermarono, non senza difficoltà e gravi perdite, l’influenza inglese. Il più notevole sovrano afghano del sec. 19° fu ´Abd ur-Raḥmān Khān, che spezzò la potenza feudale dei capi tribù e avviò il paese sulla via della modernizzazione. Egli e il suo successore Ḥabīb Ullāh si mantennero fedeli al trattato con il quale nel 1880 si era conclusa la seconda guerra afghana: l’Afghanistan godeva piena indipendenza interna e riceveva sussidi dal governo dell’India, ma era vincolato alla Gran Bretagna nella politica estera.

Nel 1919 Ḥabīb Ullāh fu assassinato e il fratello Nașr Ullāh, capo della fazione anti-inglese, fu proclamato sovrano. Contro di lui si pose un altro fratello, Amān Ullāh, che, assunto il potere, proclamò la guerra santa contro la Gran Bretagna; ebbe così inizio la terza guerra afghana, che si concluse (1919) con il trattato di Rawalpindi e il riconoscimento dell’indipendenza dell’Afghanistan da parte della Gran Bretagna, pur vittoriosa. Si ebbe quindi un deciso riavvicinamento alla Russia (trattato del 1921), volto a controbilanciare la sempre forte influenza britannica. Amān Ullāh iniziò un’affrettata opera di occidentalizzazione, ma le sue riforme, specialmente quelle nel campo dell’istruzione, urtarono gli ambienti conservatori, sicché nel 1928 ebbe inizio una rivolta di tribù, guidata da Ḥabīb Ullāh Ghazī, che nel 1929 riuscì a salire sul trono, iniziando un governo di terrore, ma fu presto scalzato da Muḥammad Nādir Khān, un discendente di Dōst Muḥammad. Questi fu proclamato re (1929) e governò fino al 1933, quando venne a sua volta ucciso. Gli successe il figlio Muḥammad Zāhīr, che promosse un’ulteriore, cauta modernizzazione interna, e tutelò la propria indipendenza durante la seconda guerra mondiale, entrando poi a far parte delle Nazioni Unite.

Nel secondo dopoguerra, perseguendo una politica di prudente equidistanza tra i due blocchi, Zāhīr cercò di risolvere la questione delle frontiere (accordo con l’URSS del 1948 e con la Cina del 1963), in particolare di quelle meridionali, dove la nascita del Pakistan causava continue tensioni (rottura delle relazioni diplomatiche nel 1961-63). Sul piano della politica interna, la Costituzione del 1964 avrebbe dovuto istituire la democrazia parlamentare, ma i contrasti tra le forze tradizionali ne impedirono l’applicazione. Il cambio di regime che si ebbe a partire dal colpo di Stato (1973) del gen. M. Daūd, ispirato a esigenze di modernizzazione e di riforma del paese, non portò risultati apprezzabili, nonostante gli aiuti economici sovietici, cinesi e degli Stati islamici, né la Costituzione istitutiva della Repubblica (1977), che conferiva ampi poteri al presidente, riuscì ad arginare i contrasti interni. Un nuovo colpo di Stato (1978) portò al potere il segretario del Partito democratico popolare (comunista) N.M. Taraki, il quale si trovò contro i ceti islamici tradizionalisti e la guerriglia di massa, da essi alimentata. Si arrivò così all’intervento militare dell’URSS (1979), in seguito al quale fu nominato primo ministro B. Karmal. Ciò finì per rinsaldare l’uni;tà tra le molte organizzazioni della guerriglia, i mugiāhidīn, inquadrati su base etnica e territoriale e sostenuti dal Pakistan. L’isolamento internazionale nel quale venne a trovarsi l’URSS, unitamente all’ascesa di M. Gorbačëv (1985), determinarono un graduale disimpegno sovietico, che si concluse il 15 febbraio 1989. Nel frattempo Karmal era stato sostituito (1986) da M. Najibullah, che tentò vanamente una politica di riconciliazione nazionale. Pur confinata nelle zone rurali e divisa in formazioni tra loro ostili per motivi etnici e religiosi (sempre però di ambito islamico), la guerriglia dei mugiāhidīn conquistò Kabul (1992), costrinse Najibullah alla fuga e proclamò lo Stato islamico.

Il regime dei Ṭalebani

L’accordo di Islāmabād del 1993, con il quale G. Hekmatyar (leader del partito dell’Islam) divenne primo ministro, non riuscì a stabilizzare la situazione. Nella condizione di stallo emerse un nuovo gruppo armato, conosciuto con il nome di Ṭālibān (dall’arabo ṭālib ‘studente’), formato da giovani afghani di origine pashtūn, provenienti dalle scuole islamiche del Pakistan, e da mugiāhidīn delusi dai loro comandanti. Dotati di armamenti sofisticati, grazie anche alla disponibilità di vaste risorse economiche provenienti dal traffico di oppiacei, i Talebani guadagnarono il controllo di vaste zone del paese e nel 1996, dopo mesi di pesanti bombardamenti, presero Kabul.

Il nuovo governo (subito riconosciuto formalmente da Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) impose misure radicali, basate su una dogmatica applicazione dei principi della sharī‘a. Le forze legate al precedente regime, unitesi nell’UIFSA (United Islamic Front for the Salvation of Afghānistān) si concentrarono invece nelle province settentrionali, riuscendo a mantenere la città di Mazar-e Sharif, importante nodo strategico del paese, fino all’8 agosto 1998. Il 20 agosto gli USA bombardarono alcuni campi di mugiāhidīn, come rappresaglia per gli attentati alle ambasciate statunitensi di Nairobi e di Dar es-Salam, attribuiti all’organizzazione terroristica di Osama Bin Laden, miliardario di origine saudita riparato in territorio afghano. Peggiorarono anche le relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita e con l’Iran.

L’insuccesso dei tentativi della diplomazia internazionale di riavviare il dialogo fra i Talebani e le forze dell’UIFSA e l’inasprimento delle sanzioni da parte dell’ONU per la mancata consegna di bin Laden (dicembre 2000) accentuarono l’intransigenza del governo talebano. La situazione interna precipitò nel settembre 2001; l’uccisione di Ahmad Shah Massud, capo militare e politico dell’opposizione ai Talebani, fu seguita dall’attacco terroristico contro le Twin Towers di New York e il Pentagono e dal nuovo rifiuto dei Talebani di consegnare Osama Bin Laden agli Stati Uniti. Completamente isolato sul piano diplomatico, l’Afghanistan fu sottoposto a pesanti bombardamenti da parte dell’aviazione angloamericana, mentre sul fronte interno riprendeva l’azione dell’UIFSA (spesso indicato durante il conflitto con l’espressione Alleanza del Nord).

Dopo la capitolazione di Kabul (13 novembre), in seguito agli accordi siglati a Bonn il 5 dicembre 2001 tra le varie fazioni interne, fu istituito un governo provvisorio formato dai rappresentanti delle diverse etnie del paese (principalmente Pashtūn, Tagiki, Hazāra, Uzbeki), guidato dal pashtūn Hamid Karzai e affiancato da una forza multinazionale delle Nazioni Unite, cui fu affidato il compito di ripristinare le condizioni per la ripresa della vita politica e sociale. Nel giugno 2002 si riunì la Loya Jirga, l’assemblea tradizionale dei capi dei clan, che confermò alla guida del governo Karzai, nominato anche presidente ad interim. Mentre i corpi speciali americani proseguivano la ricerca di Bin Laden e i rastrellamenti contro i guerriglieri talebani, la transizione politica conosceva fasi di grande tensione. Alla fine del 2003 una nuova riunione della Loya Jirga sanciva l’adozione di una carta costituzionale democratica, che introduceva un sistema di governo presidenziale e un parlamento bicamerale. Il 9 ottobre 2004 si tennero le prime elezioni nazionali dopo 35 anni, che assegnarono la vittoria a Karzai con il 55,4% dei suffragi, confermandolo nella carica di presidente. Successive elezioni parlamentari nel 2005 completarono il nuovo quadro politico. Accanto ai poteri delle nuove istituzioni si riproponevano tuttavia quelli tradizionali dei capi tribù e dei signori della guerra, che continuavano a finanziarsi con il traffico internazionale di droga, mentre la guerriglia talebana riprendeva a sferrare i suoi attacchi contro il contingente internazionale (ISAF, International Security Assistance Force a guida NATO) rimasto a presidiare il paese, riuscendo a stabilire basi permanenti in oltre il 70% del paese. Nonostante il potenziamento delle truppe NATO, l'attività terroristica è cresciuta nel 2009, in concomitanza con le elezioni presidenziali, vinte da Karzai ma viziate da ampie accuse di brogli. Nel giugno 2010 il presidente Karzai si è fatto promotore di una terza Jirga con l'intento di aprire negoziati di pace con i Talebani, che hanno tuttavia disertato l'incontro, minandone anzi lo svolgimento con nuovi atti di violenza. Colloqui diretti tra gli Stati Uniti e i Talebani per trovare una soluzione politica alla guerra sono stati intrapresi dopo l'uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta il 1° maggio 2011 nel corso di un'operazione in cui le forze militari statunitensi ne hanno individuato il rifugio nei pressi di Islāmabād.

Al primo turno delle elezioni presidenziali tenutosi nell'aprile 2014 si sono imposti due ex ministri del presidente uscente Karzai: l'ex ministro degli Esteri A. Abdullah, avversario di Karzai alle presidenziali del 2009, che ha ottenuto il 44,9% dei voti contro il 31,5% dei consensi aggiudicatosi dal suo principale sfidante, l'ex ministro delle Finanze ed ex funzionario della Banca Mondiale A. Ghani. Pesanti accuse di brogli in merito allo scrutinio dei voti del secondo turno delle consultazioni hanno reso necessario un riconteggio delle schede, l'esito del quale ha assegnato la vittoria a Ghani, che nel settembre è subentrato a Karzai nella carica presidenziale. Terminata nel dicembre 2014 la missione ISAF, dopo il cui ritiro i talebani hanno guadagnato terreno, fomentati anche dall'avanzata dell'organizzazione terroristica IS, dal gennaio dell'anno successivo è stata operativa Resolute Support, missione Nato in sostegno delle forze di sicurezza afghane il cui rientro ha preso avvio per decisione di J. Biden nel maggio 2021 per concludersi nel mese di settembre; a seguito del progressivo ritiro delle truppe NATO, i fondamentalisti talebani hanno scatenato una nuova offensiva, arrivando a controllare nel mese di agosto il 65% del Paese e dei confini con l’Uzbekistan e il Tagikistan e conquistando numerose città capoluogo, quali Ghazni, Taloqan e Farah, fino alla presa di Kabul, posta sotto assedio dal gruppo fondamentalista e caduta nelle sue mani senza resistenze da parte dell'esercito governativo, ciò che ha costretto il presidente Ghani, riconfermato con il 50,6% dei voti nel febbraio dell'anno precedente con il 50,6% dei voti, ad abbandonare il Paese. Nel settembre successivo, dopo il ritiro definitivo delle truppe NATO e ottenuto il pieno controllo del Paese, i talebani hanno formato un esecutivo ad interim guidato dal terrorista M.H. Akhund.

Patrimonio mondiale dell'umanità unesco

Minareto e resti archeologici di Jam (2002); paesaggio culturale e resti archeologici della valle di Bamian (2003).

Vedi anche
Talebani (o Taliban) Gruppo di fondamentalisti islamici formatisi nelle scuole coraniche afghane e pakistane (dal pashtō ṭālib «studente»), impegnato nella guerriglia antisovietica in Afghanistan; tra il 1995 e il 1996 sono emersi come vincitori della guerra civile afgana successiva al ritiro dell’URSS e, conquistato ... Asia centrale Regione che, pur non avendo una precisa individualità geografica, ha importanza dal punto di vista storico e culturale. Comprende in senso stretto il bacino del Tarim e i territori della Zungaria; in senso più lato designa la regione compresa fra il Mar Caspio e il deserto di Gobi, includendo i bacini ... Pashtūn L’etnia maggioritaria dell’Afghanistan, prevalentemente concentrata nella parte orientale e meridionale del paese, ma presente in percentuale consistente anche nelle regioni limitrofe del Pakistan. In parte agricoltori stanziali, in parte allevatori nomadi, i P. sono organizzati in un sistema clanico; ... Hazāra Popolazione di origine mongolica, parlante il dialetto persiano Dari. Sono insediati nella regione montuosa dell’Afghanistan centro-settentrionale. Agricoltori musulmani sciiti, valorosi guerrieri, discendono da coloni militari insediati in questa regione da Genghiz khān agli inizi del 13° sec. Prevalentemente ...
Indice
  • 1 Caratteristiche fisiche
  • 2 Popolazione
  • 3 Condizioni economiche
  • 4 Storia
    • 4.1 Dalle origini al 15° secolo
    • 4.2 Lo Stato afghano
    • 4.3 Il regime dei Ṭalebani
  • 5 Patrimonio mondiale dell'umanità unesco
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  • Afghanistan
    Atlante Geopolitico 2015 (2015)
    Vedi Afghanistan dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016 Collocato nel cuore dell’Asia centrale, crocevia tra Oriente e Occidente, l’Afghanistan è stato sin dall’Ottocento al centro degli interessi geostrategici delle grandi potenze. Alle pesanti influenze esterne, che in più occasioni hanno preso ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)
    di Matteo Marconi Stato dell’Asia anteriore interna. Il quadro Oceano sociale ed economico dell’A. è Indiano fortemente condizionato dal confronto militare che dal 2001 ha visto costantemente contrapposte prima le truppe statunitensi e i suoi alleati, poi nella missione ISAF (International Security ...
  • Afghanistan
    Atlante Geopolitico 2014 (2014)
    Vedi Afghanistan dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016 Collocato nel cuore dell’Asia centrale, crocevia tra Oriente e Occidente, l’Afghanistan è stato sin dall’Ottocento al centro degli interessi geostrategici delle grandi potenze. Alle pesanti influenze esterne, che in più occasioni hanno preso ...
  • Afghanistan
    Atlante Geopolitico 2013 (2013)
    Vedi Afghanistan dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016 L’Afghanistan è stato sin dall’Ottocento al centro degli interessi geostrategici delle più grandi potenze del sistema internazionale, soprattutto a causa della sua posizione geografica, nel cuore dell’Asia centrale. Alle persistenti influenze ...
  • Afghanistan
    ATLANTE GEOPOLITICO (2012)
    Vedi Afghanistan dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016 L’Afghanistan è stato sin dall’Ottocento al centro degli interessi geostrategici delle più grandi potenze del sistema internazionale, soprattutto a causa della sua posizione geografica, nel cuore dell’Asia centrale. Alle persistenti influenze ...
  • Afghanistan
    Dizionario di Storia (2010)
    Stato dell’Asia centrale. Il regno dell’A. fu fondato nel 1747 da Ahmad Shah, che diede inizio alla dinastia Durrani. Gli successe il figlio Timur Shah (1773-93), il quale, pur governando indisturbato per un ventennio, non riuscì a garantire la solidità del regno, caratterizzato da province ribelli. ...
  • Afghānistān
    Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)
    ' Geografia umana ed economica di Anna Bordoni Stato dell'Asia anteriore interna. Per la popolazione, il massiccio esodo degli Afghani (iniziato durante l'invasione sovietica, e proseguito prima per l'intensa guerriglia, poi per il conflitto armato con gli Stati Uniti nell'autunno del 2001) nel 2005 ...
  • Afghanistan
    Enciclopedia dei ragazzi (2005)
    Riccardo Morri Stefano De Luca La porta dell'Asia centrale Crocevia fra Oriente e Occidente, l'Afghanistan è uno dei paesi più poveri del mondo, dove è molto difficile procurarsi i mezzi per sopravvivere. Ciò è dovuto in parte alle avverse condizioni ambientali, sociali ed economiche, ma soprattutto ...
  • Afghanistan
    Il Libro dell'Anno 2001
    Thomas Ruttig Afghanistan «Allah akbar!» Il regime dei talebani di Thomas Ruttig 10 marzo I talebani, gli integralisti musulmani che controllano il 90% dell'Afghanistan, annunciano di aver portato a termine l'abbattimento delle due statue giganti di Buddha situate nella valle di Bamiyan e risalenti, ...
  • Afghānistān
    Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
    ' (I, p. 711; App. I, p. 56; II, i, p. 67; III, i, p. 35; IV, i, p. 48; V, i, p. 61) Geografia umana ed economica di Anna Bordoni Popolazione Il quadro demografico risulta fortemente condizionato dalle vicende politico-militari in conseguenza delle quali, nel corso degli anni Ottanta, si sono verificati ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)
    (I, p. 711; App. I, p. 56; II, I, p. 67; III, I, p. 35; IV, I, p. 48) Secondo il censimento del giugno 1979 la popolazione dell'A. era di 13.051.358 ab., esclusi i nomadi (valutati intorno ai due milioni e mezzo di persone); stime ufficiali del 1987 hanno accreditato la cifra complessiva di 18,6 milioni. ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
    N Secondo stime recentissime la popolazione dell'A. è di 18.750.000 abitanti, su una superficie di 649.969 km2; la densità media risulta, quindi, di 28,8 ab./km2, ma la popolazione, dedita per oltre l'80% alle attività agricole e pastorali, è concentrata soprattutto nelle vallate meno aride e nelle ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
    N Secondo recenti stime l'A. ha una popolazione di circa 12 milioni di ab., per quasi un quinto appartenenti a tribù nomadi. Nell'ultimo decennio le condizioni economiche dell'A. sono lievemente migliorate, grazie agli aiuti finanziarî concessi dagli S. U. A. (53,5 milioni di dollari dal 1949 al 1956) ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)
    N Superata la crisi del 1933, con la pacifica successione di Moḥammad Zāḥir Shāh all'ucciso suo padre Nādir Shāh, l'Afghānisān ha saputo, anche nel tempestoso ultimo decennio, mantenere la sua tradizionale indipendenza. Le sue montagne, il non trovarsi su vie di grande comunicazione, la natura guerriera ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)
    Fin dall'inizio del 1929 il re rifomiatore Amānullāh si trovò di fronte alla rivolta di elementi misoneisti, incoraggiati dalla classe dei capi religiosi e capeggiati da un uomo del popolo, Bačiah-i Saqqā, divenuto l'emiro Ḥabībullāh. Le sorti volgevano incerte. Alla fine del febbraio 1929 giunse a ...
  • AFGHĀNISTĀN
    Enciclopedia Italiana (1929)
    Stato musulmano dell'Asia Anteriore. Il nome Afghānistān (sede degli Afghān) non corrisponde alle condizioni etnografiche (vi sono numerose popolazioni non afghāne entro i confini, e molte tribù afghāne fuori), ed è in uso soltanto dalla metà del sec. XVIII, quando si affermò la supremazia degli Afghāni ...
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Vocabolario
cabùl
cabul cabùl s. m. [dal nome della città di Cabul (Kābul), capitale dell’Afghanistan]. – Tenda di cotone a doppio telo, usata spec. da esploratori.
padiscià
padiscia padiscià s. m. [dal pers. pādishāh, comp. di pad «protettore» e shāh «sovrano»]. – Titolo riservato in passato ai sovrani della Persia e dell’Afghanistan, ma soprattutto noto come denominazione ufficiale dei sultani ottomani....
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