Stato dell’Asia centrale, confina a N con il Kirghizistan, a E con la Cina, a S con l’Afghanistan, a O e a NO con l’Uzbekistan.
Il territorio, prevalentemente montuoso, può essere distinto dal punto di vista morfologico in tre aree. Nella sezione orientale dominano i massicci dell’Alai e del Pamir, con picchi che superano i 7000 m (Picco del Comunismo 7495 m, Picco Lenin 7134 m) e ampi ghiacciai che alimentano corsi d’acqua tributari dell’Amu Darya. Nella sezione occidentale, le catene montuose, disposte con orientamento OE, sono di minore altezza (la cima più alta, il Monte Zeravšan, raggiunge quota 5489) e sono interrotte da ampie valli fluviali. A N, infine, al confine con il Kirghizistan, si trova la valle di Fergana.
Il clima è continentale, con notevoli escursioni termiche e con significative variazioni in relazione all’altitudine e all’esposizione dei versanti. Le precipitazioni sono scarse, ma la disponibilità di acqua è particolarmente ampia grazie alla presenza di fiumi e laghi specialmente nella sezione orientale del paese.
Secondo le stime (2009), la popolazione del T. ha superato la soglia dei 7 milioni di abitanti (era di poco superiore ai 5 milioni nel 1989, data dell’ultimo censimento dell’URSS). I tassi di natalità (27‰) e di incremento demografico (1,9%) sono i più alti tra le repubbliche ex sovietiche. La sanguinosa guerra civile che ha interessato il paese nel corso degli anni 1990, provocando oltre 100.000 morti e centinaia di migliaia di profughi, ha alterato il quadro etnico del T., con la fuoriuscita di un consistente numero di Uzbeki e di Russi. Oggi, l’80% della popolazione è costituito da Tagiki (erano il 63% nel 1989), il 15% da Uzbeki (23%) e l’1% da Russi (8%). La densità media è di 51 abitanti per km2. La popolazione del T. è la meno urbanizzata tra quelle delle repubbliche ex sovietiche (36%). Oltre alla capitale, Dušanbe (620.000 abitanti), solo la città di Choduent (già Leninabad), capoluogo dell’omonima provincia popolata in prevalenza da Uzbeki, ha una popolazione superiore ai 100.000 abitanti.
I Tagiki (russo Tadžiki, tagico Tāgīk) sono i discendenti delle antiche popolazioni indigene dell’Asia centrale, stanziati nelle regioni meridionali dell’Asia ex sovietica, nell’Afghanistan e in Iran. Le popolazioni montane seminomadi si occupano di allevamento, mentre i T. delle pianure, sedentari, basano la loro economia sulla coltivazione dei cereali e degli alberi da frutto, con l’aiuto di un perfezionato sistema di irrigazione artificiale. Abili artigiani, i T. sono famosi per i tessuti di cotone e di seta, per i lavori in cuoio, ferro, oro. Anticamente la società dei T. era suddivisa in clan a discendenza patrilineare. L’idioma è iranico, la religione musulmana.
All’interno del sistema sovietico, il Tagikistan si limitava a fornire materiali grezzi e semilavorati, in particolare cotone e alluminio. Con il crollo dell’URSS, la fragilità del sistema interno e le difficili condizioni strutturali sono state ulteriormente amplificate dagli effetti nefasti della guerra civile. Nel corso degli anni 1990, infatti, la produzione industriale e quella agricola si sono fortemente ridotte, il PIL è crollato e l’inflazione ha raggiunto valori a 4 cifre. Solo a cavallo tra la fine degli anni 1990 e l’inizio del nuovo secolo il T. ha imboccato la strada del risanamento economico, introducendo qualche cauta riforma in senso liberista e una propria divisa nazionale (il somoni). Il PIL è quindi tornato a crescere nel biennio 1999-2000, fino a superare il 10% nel 2004, per scendere poi nuovamente (3,4% nel 2009) anche in conseguenza della crisi globale.
Il T. dispone di ingenti risorse naturali (uranio, argento, oro, alluminio, carbone, petrolio, gas naturale e acqua) non ancora adeguatamente sfruttate e sulle quali si vanno concentrando le attenzioni di potenze regionali e di investitori internazionali. Il principale settore produttivo resta l’agricoltura, che impiega circa il 66% della forza lavoro e contribuisce per il 24% alla formazione del PIL. Oltre al cotone, si producono cereali (frumento, orzo, mais, avena), patate, ortaggi e frutta.
L’allevamento, praticato in particolare sugli altopiani e non di rado in forma itinerante, conta oltre 3 milioni di capi ovini e 1 milione circa di bovini.
Il settore industriale, che rappresenta il 31% del PIL, è fortemente bisognoso di ristrutturazione e diversificazione. Esso è dominato, infatti, dalla produzione di alluminio, con un importante complesso a Tursonzoda, gestito dalla Tajikistan aluminium factory. Per il resto, sono presenti solo pochi stabilimenti destinati a produzioni agroalimentari e tessili e alcune imprese straniere operanti nel settore minerario.
Tra le produzioni artigianali, spicca quella di tappeti, realizzati con i metodi tradizionali, con trame raffinate e pregiate. Notevole la produzione di energia elettrica che può avvalersi, grazie alla presenza di numerosi corsi d’acqua, di un’ottantina di centrali.
La bilancia commerciale è costantemente deficitaria: nel 2007, il disavanzo è stato superiore ai 600 miliardi di dollari, nonostante l’incremento delle esportazioni di cotone, alluminio ed energia elettrica e il loro aumento di prezzo sui mercati internazionali. I principali partner commerciali restano i paesi dell’ex URSS, ma è in aumento l’interscambio sia con i paesi dell’Europa occidentale sia con la Cina.
Repubblica autonoma dell’Uzbekistan dal 1924, il T. divenne una repubblica federata dell’URSS nel 1929. Indipendente dal dicembre 1991, il paese è stato teatro di una guerra civile che ha visto contrapposte le forze del governo centrale (filorusso ed espressione soprattutto della popolazione delle regioni settentrionali) a quelle delle opposizioni (liberale e integralista islamica), sostenute principalmente dalla popolazione delle regioni meridionali e orientali. Le elezioni presidenziali del novembre 1994 confermarono alla presidenza della Repubblica I.S. Rahmonov, capo dello Stato dal 1992; contemporaneamente una nuova Costituzione di tipo presidenziale fu approvata tramite referendum. Il T. ha stentato ad avviare un processo di modernizzazione ed è rimasto strettamente legato alla Russia sia sul piano economico sia su quello militare. Nel 1997 Rahmonov firmò a Mosca un accordo di pace con i ribelli, ma gli scontri armati tra le forze islamiche integraliste contrarie all’accordo, sostenute militarmente dai talebani afghani, e le forze governative proseguirono in varie zone del paese. La rielezione di Rahmonov nel 1999, 2006 e 2013 e le contestate elezioni legislative del 2000, 2005, 2010, 2015 e 2020, vinte dai partiti filopresidenziali, hanno contribuito a mantenere l’instabilità nel Paese. Nonostante ciò, nel maggio 2016 attraverso un referendum il 94,5% della popolazione ha espresso parere favorevole a una modifica della Costituzione che consenta al presidente in carica di essere rieletto senza restrizioni temporali; le consultazioni svoltesi nell'ottobre 2020 hanno riconfermato Rahmonov per un nuovo mandato con oltre il 90% dei consensi.