Pakistan Stato dell’Asia meridionale, nella regione indiana. Comprende le regioni storiche del Punjab occidentale e del Sind, nel bassopiano dell’Indo, un lembo dell’Altopiano Iranico (il Belucistan) e i rilievi che orlano l’altopiano stesso lungo il confine con l’Afghanistan. A E confina con l’India e a NE, attraverso il Kashmir, con la Cina.
Il territorio del P. è costituito, nella sezione centrale, da una vasta area pianeggiante, percorsa dal fiume Indo e dai suoi affluenti, le cui alluvioni hanno colmato la depressione compresa tra le catene montuose dell’Asia centro-meridionale e l’antichissimo blocco continentale del Deccan. L’alta valle del fiume segna il limite tra le catene del Karakoram e dell’Himalaya. Le regioni occidentali fanno parte dell’Altopiano Iranico. Il corso dell’Indo demarca la zona di sutura che separa il margine della zolla asiatica da quello della zolla indiana; qui avvenne la saldatura tra le due placche, in seguito alla collisione del tardo Cenozoico e qui va posto il limite tra la Penisola Indiana a sud e il resto dell’Asia a nord. L’Indo è peraltro l’asse del P., che ha il suo centro economico e culturale nelle regioni del Punjab e del Sind. La prima è attraversata da cinque tributari di sinistra dell’Indo (Sutlej, Beas, Ravi, Chenab, Jhelum), la seconda è la regione rivierasca del basso corso del fiume. Sono aree di latitudine subtropicale e tropicale con caratteri marcatamente continentali, solo marginalmente interessate dal monsone estivo: specialmente il Sind, che non riceve più di 300-400 mm di pioggia all’anno e che a SE trapassa insensibilmente nel Deserto di Thar, in territorio indiano. La sezione occidentale del paese corrisponde al Belucistan, altopiano molto siccitoso nelle parti interne (in più tratti cosparse di bacini endoreici di acque salmastre), un po’ meno nei bordi esterni che scendono precipiti verso la pianura dell’Indo e il Mare Arabico. L’estremità settentrionale del paese include un tratto dell’Hindukush (Tirich Mir, 7690 m), mentre la sezione del Kashmir controllata dal P. si eleva fino agli 8611 m del K2, la vetta più alta della catena del Karakoram.
In una posizione centrale rispetto ai percorsi tra Altopiano Iranico, Asia centrale, Tibet e Bassopiano Indo-gangetico, il territorio dell’attuale P. ha accolto, sin da tempi remoti, popoli di varia provenienza. La popolazione pakistana, molto articolata sotto il profilo etnico, presenta spiccate componenti indo-arie, modeste tracce dravidiche (soprattutto nel Belucistan) e cospicui gruppi di origine tibetana nel Baltistan; notevoli sono la varietà somatica e culturale, con netto predominio di caratteri indo-ari nella piana dell’Indo (in particolare nel Punjab e nel Sind) e notevole frequenza di caratteri semitici nel Belucistan e lungo i confini con l’Afghanistan. Nato nel 1947 come contraltare dell’India, il P. fonda la sua ragion d’essere sulla religione praticata dai suoi abitanti, in larghissima maggioranza islamici. La profonda frizione tra indù e musulmani, inaspritasi nell’intera regione indiana dopo la fine dell’impero Moghūl (1857), spinse verso la divisione della regione in due Stati: all’indomani dell’indipendenza (1947), ad evitare il protrarsi di scontri sanguinosi, si realizzò un gigantesco scambio di popolazioni (ca. 17 milioni di persone), con il quale la massima parte degli induisti si trasferì in India e gran parte dei musulmani in P. (compreso il Bengala Orientale, allora parte del P.). L’incremento demografico è stato da allora notevolissimo. Dai 65 milioni di abitanti del 1972 (dopo che il P., con la secessione del Bangladesh, assunse le attuali dimensioni e perse il carattere di stato ‘polimerico’, cioè diviso in parti territoriali nettamente separate) si è passati agli 84 milioni del 1981 e ai 176 milioni stimati nel 2009, con un aumento medio annuo tra i più alti del mondo, ancora nell’ultimo decennio del 20° sec. superiore al 3%, poi sceso attorno al 2%. Mentre la mortalità complessiva è rapidamente scesa sotto il 10‰, si registra ancora una preoccupante mortalità infantile (ca. il 70‰). La popolazione è molto giovane (età media di 21 anni), ma la speranza di vita è di circa 64 anni; gli adulti alfabetizzati sono appena la metà del totale. Intensa è l’emigrazione, soprattutto verso i paesi del Golfo Persico e l’Europa. L’invasione sovietica, la guerra civile e poi l’invasione NATO dell’Afghanistan hanno sospinto in P. profughi che, ancora nel 2007, erano valutati in circa 1 milione, dopo aver raggiunto un massimo stimato in 5 milioni nel 2002. La densità media non riflette le differenze tra le varie regioni del P., in parte quasi spopolato (soprattutto a N, a O e, parzialmente, a SE): il Belucistan ha meno di 20 ab./km2, il Punjab circa 360. La popolazione rurale nel 2008 era ancora il 64% del totale (intorno al 1980 era ca. il 90%) e la forma d’insediamento più diffusa è il villaggio. Nelle steppe del Belucistan, e tra queste e l’Indo, è diffusa la pastorizia nomade e seminomade di cammelli e di ovini (la cui intensificazione sta provocando un drastico depauperamento del patrimonio vegetale). Le città, malgrado l’ampiezza demografica (7 superano il milione di abitanti), non costituiscono una vera rete urbana. La più popolosa è Karachi, sul Mare Arabico, capitale fino al 1959 e tuttora massimo centro economico, che al censimento del 1998 aveva oltre 9,3 milioni di abitanti (stimati in 11,5 al 2006); Lahore, sul fiume Ravi, importante centro culturale e commerciale, ha 5,1 milioni di abitanti (6,5 stimati); meno consistenti le popolazioni di Faisalabad, nella più ricca zona agricola del paese, di Hyderabad, importante nodo di comunicazioni, di Rawalpindi, capitale dal 1959 al 1968, e della stessa Islamabad, poco a N di Rawalpindi con la quale forma una conurbazione, costruita appositamente per svolgere le funzioni di capitale, assunte nel 1968 (805.000 ab. nel 1998).
Lingua ufficiale è l’urdū, insieme con l’inglese, accanto a svariati idiomi regionali praticati come lingue d’uso. Il P. ha una popolazione per la quasi totalità islamica (77% sunniti, 20% sciiti); il resto è diviso tra induisti e cristiani. L’appartenenza all’islam, il più forte motivo di coesione dello Stato, non esclude netti contrasti tra una visione riformista e un’interpretazione tradizionalista, elemento dei frequenti scontri sociali e politici che periodicamente travagliano il paese.
Con la divisione dell’impero anglo-indiano, nel P. ricaddero il 20% della popolazione, appena il 10% degli stabilimenti industriali e quote minime delle risorse minerarie e delle infrastrutture di trasporto. Più favorevoli erano le prospettive dell’agricoltura, dato che il P. aveva ereditato la maggior parte degli impianti irrigui; questi, però, dipendevano dalle acque dell’Indo, a sua volta alimentato soprattutto da fiumi provenienti da territorio indiano: se l’India ne avesse utilizzato intensamente le acque, il P. avrebbe subito una pericolosa riduzione delle proprie risorse idriche. Nonostante la conflittualità che ha sempre caratterizzato le relazioni tra i due Stati, in particolare a proposito del controllo del Kashmir e della frontiera con la Cina, il P. ottenne la garanzia dell’uso delle acque, il che gli consentì di realizzare circa 65.000 km di canali, con i quali irrigare circa 2/3 della superficie coltivata; i due paesi, inoltre, costruirono impianti idroelettrici utilizzabili congiuntamente. La pianificazione economica avviata negli anni 1960 fu vanificata dal conflitto armato con l’India e dalla secessione del P. Orientale (1971), che comportarono ingenti spese militari e una diminuzione territoriale e demografica, che tuttavia riguardava una regione seriamente sottosviluppata. Seguì una drastica politica economica statalista, con la nazionalizzazione di industrie e di banche e con una riforma fondiaria basata sulla ricomposizione delle aziende, l’introduzione di tecnologie moderne, l’ulteriore ampliamento delle aree irrigue. I risultati sono stati inferiori alle previsioni e la politica economica si è orientata verso la privatizzazione e i capitali esteri. Dagli anni 1980 il prodotto interno lordo globale è andato aumentando, mentre diminuivano il debito pubblico e il deficit della bilancia commerciale; resta molto basso il PIL pro capite (2600 dollari a parità di potere d’ acquisto), con forti sperequazioni sociali e debolezze strutturali nei servizi alla popolazione (sanità in particolare). Un quarto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Le spese militari (3% del prodotto interno lordo) e quelle rivolte a una politica di potenza regionale (armi nucleari, lancio di satelliti) incidono sempre in maniera rilevante.
La popolazione attiva in agricoltura è circa il 42% del totale e produce quasi il 20% del prodotto interno lordo. Largamente presente è ancora il latifondo, accanto a una piccola proprietà polverizzata malgrado la riforma. Il quadro colturale è dominato da cereali e legumi, destinati all’autoconsumo, e specialmente dal grano, che occupa circa un terzo dell’area totale coltivata (ca. 10 milioni di ha e 21,2 milioni di t nel 2006), benché la produzione spesso risulti insufficiente e richieda di essere integrata da importazioni. La risicoltura è diffusa nella bassa valle dell’Indo (8 milioni di t) ed è in parte destinata all’esportazione. Un rapido sviluppo ha contrassegnato la coltura degli agrumi, e in genere ben rappresentati sono i prodotti ortofrutticoli. Il cotone, di cui il P. è il quarto produttore mondiale (con 2,4 milioni di t di fibra e 7,3 di semi), e la canna da zucchero (47 milioni di t) sono le principali colture di piantagione, in gran parte lavorate localmente e assorbite dal mercato interno. Il patrimonio forestale, costituito in prevalenza di legname da opera, si concentra nella bassa valle dell’Indo e nelle zone prehimalaiane. La ridotta estensione della superficie boschiva si traduce in effetti negativi che vanno dall’erosione dei suoli al dilavamento nelle pianure e al progressivo incremento degli squilibri nei regimi fluviali, per cui sono in atto piani di rimboschimento nelle regioni settentrionali del paese; il P., ciò nonostante, produce circa 30 milioni di m3 di legname. Il patrimonio zootecnico è abbondante (oltre 50 milioni di bovini, per metà bufali, 57 milioni di caprini e 25 di ovini), ma sfruttato in forme inadeguate, per cui risulta carente dal punto di vista qualitativo, mentre incide spesso negativamente sugli equilibri ambientali. Il P. è tra i grandi produttori di cuoio e manufatti di cuoio. La pesca ha rilievo solo locale.
Modeste quantità di gas naturale, petrolio e carbone rappresentano il settore minerario del P., che ricorre a importazioni anche per alimentare la crescente produzione di energia elettrica (oltre 80 miliardi di kWh nel 2006), per due terzi di origine termica. È in funzione un impianto termonucleare presso Karachi.
Le attività industriali, che occupano 1/5 della popolazione attiva e contribuiscono per il 27% alla formazione del prodotto interno lordo, sono orientate a soddisfare il fabbisogno interno: relativamente modeste sono le produzioni siderurgiche e metallurgiche (Lahore, Karaci), quelle petrolifere (raffinerie a Morgah, Karachi per il petrolio di importazione) e quelle meccaniche. Di maggiore rilievo sono la produzione di fertilizzanti e di prodotti chimici di base, la farmaceutica, alcuni comparti meccanici (cantieristica e assemblaggio di veicoli) e soprattutto il tessile, dominato dal cotonificio (il P. è il terzo produttore mondiale di filati di cotone). Cemento e lavorazioni agroalimentari completano il quadro industriale.
Il sistema delle comunicazioni terrestri richiede interventi di modernizzazione, in parte in atto. La rete ferroviaria (7791 km nel 2006) è poco sviluppata e ricalca quella impostata in epoca coloniale, mentre la rete stradale è relativamente estesa (260.000 km) e per quasi due terzi a fondo artificiale. Il parco veicolare (poco meno di 1.750.000 unità) si espande rapidamente. Un contributo rilevante alla mobilità interna di persone e di merci è fornito dal traffico fluviale sull’Indo e sui suoi affluenti del Punjab; Karachi è di gran lunga il più importante scalo marittimo, oltre che aeroportuale, dello Stato. Il traffico aereo è pure in relativa crescita (68 milioni di km volati). Il commercio con l’estero è andato sensibilmente aumentando negli ultimi decenni: soprattutto per l’importazione di combustibili, prodotti chimici e macchinari, provenienti in gran parte da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Cina, Stati Uniti, Giappone, Germania, e per le esportazioni di riso, cotone grezzo, tessuti di cotone, tappeti e coperte, destinati per lo più a Stati Uniti, Emirati Arabi, Afghanistan, Gran Bretagna. Il disavanzo della bilancia commerciale è però progressivamente aumentato, e in parte è bilanciato dalle rimesse degli emigrati, in parte da aiuti finanziari internazionali.
Il P. fu costituito come Stato indipendente nell’ambito del Commonwealth nel 1947 dall’unione delle province e dei distretti a maggioranza musulmana già parte dell’India. La Lega musulmana (LM) ne dominò i primi anni di vita e Moḥammed ‛Alī Ginnāh con la carica di governatore generale governò il paese fino alla sua morte (1948); gli succedettero il primo ministro Liyāqat ‛Alī Khān, assassinato nel 1951, poi Ghulām Moḥammed. Fin dalla nascita il P. dovette far fronte a gravi problemi di natura religiosa, economica e sociale. La spartizione dei territori fra P. e India scardinò la struttura produttiva soprattutto in Bengala e nel Punjab, mentre milioni di profughi musulmani si riversavano nel paese, abbandonato a sua volta dagli indù. A questo si aggiunse la questione del principato del Kashmir, che portò a un conflitto (1947-48) e alla spartizione di fatto della regione fra il P. e l’India.
Fonte di tensione fu inoltre lo squilibrio esistente fra il P. Occidentale, che esercitava un netto predominio politico, e il Bengala, la cui rivendicazione di una forte autonomia si scontrò contro la linea centralista adottata dal governo. La prima Costituzione (marzo 1956) proclamò il P. Stato federale, formato dalle due province del P. Occidentale e del P. Orientale, con una forma di governo parlamentare e repubblicana. Nel 1958, dopo un periodo di forti contrasti politici, I. Mīrzā (subentrato a Ghulām nel 1955 ed eletto presidente nel 1956), abrogò la Costituzione e proclamò la legge marziale sotto la direzione del comandante in capo delle forze armate, generale M. Ayyūb Khān, che divenne poi presidente. Nel 1962 una nuova Costituzione istituì un regime presidenziale. Ayyūb Khān fu sostituito nel 1969 dal generale Yaḥyā Khān, che indisse le elezioni per un’Assemblea nazionale con poteri costituenti. Al successo nel P. Occidentale del progressista Partito del Popolo Pakistano (PPP) guidato da Z.‛A. Bhutto fece riscontro nel P. Orientale la vittoria dell’autonomista Lega Awami (LA) che ottenne la maggioranza assoluta di seggi nell’Assemblea nazionale. Nel marzo 1971 il Bengala proclamò unilateralmente l’indipendenza come Repubblica del Bangladesh. Il tentativo di reprimere la secessione fallì di fronte all’intervento dell’India e a Yaḥyā Khān subentrò Bhutto; il paese uscì dal Commonwealth nel 1972. Nel 1974 fu riconosciuta la separazione del Bangladesh. Dopo il varo nel 1973 di una nuova Costituzione, Bhutto divenne primo ministro, ma nel 1977, con un colpo di Stato militare, il potere veniva assunto dal generale Zia ul-Ḥaq; Bhutto, arrestato, fu impiccato nel 1979.
Il ruolo strategico assunto dal P. dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan indusse i paesi occidentali a fornire, nel corso degli anni 1980, ingenti aiuti economici e militari. Nel 1985 fu ripristinata la Costituzione del 1973 (con un emendamento che attribuiva ampi poteri al presidente) e riconfermato il generale Zia ul-Ḥaq. Nel 1986 ritornò dall’esilio la figlia di Bhutto, Benazir; mentre il paese veniva attraversato da una recrudescenza di tensioni interetniche, nel 1988 Zia assunse direttamente la guida del governo, ma morì poco dopo. Imposto nuovamente lo stato di emergenza, Ghulām Isḥaq Khān, già presidente del Senato, divenne presidente della Repubblica. Dopo le elezioni legislative B. Bhutto fu nominata primo ministro di un governo di coalizione tra il PPP e il Movimento Nazionale Muhajir (MNM). La debolezza dell’accordo di governo, la mancanza di stabili maggioranze nei governi provinciali e i contrasti istituzionali con il presidente indebolirono progressivamente il governo Bhutto, che non riuscì a realizzare il proprio programma di riforma democratica del paese.
Nel 1990 il presidente Ghulām Isḥaq Khān dimise il governo Bhutto e dichiarò lo stato di emergenza; le successive elezioni furono vinte dalla conservatrice Alleanza Islamica Democratica (AID) e primo ministro divenne M. Nawāz Sharīf. Il proseguimento dei disordini interetnici ai quali si sovrapposero le proteste popolari per la partecipazione del P. alla guerra contro l’Iraq portarono nel 1993 alle dimissioni contemporanee di Ghulām e di Nawāz Sharīf; B. Bhutto tornò alla guida di un governo di coalizione e A. Khān Leghari fu eletto presidente della Repubblica.
Nella seconda metà degli anni 1990 il P. continuò a essere interessato da ripetuti episodi di grave violenza politica, religiosa e interetnica e da una crescente protesta sociale alimentata dal peggioramento delle condizioni economiche. Nel 1996 Leghari destituì B. Bhutto per abuso di potere. Le elezioni anticipate del 1997 furono vinte dal conservatore Pakistan Muslim League - Nawāz group (PML) e la guida dell’esecutivo fu riassunta da Nawāz Sharīf. Nel dicembre Leghari si dimise e al suo posto fu eletto Muḥammad Rafīq Tarar, candidato del PML. Negli anni seguenti il peso dei movimenti fondamentalisti continuò a crescere e nel 1998 il Corano e la Sunna divennero legge suprema dello Stato. In ambito regionale, il P. perseguì l’ambizione di crearsi una propria sfera di influenza nell’Asia centrale e intensificò a tale scopo i legami culturali e commerciali con le popolazioni turche, afghane, iraniane e delle ex repubbliche sovietiche della regione. In questa prospettiva, svolse un ruolo dinamico nella crisi afghana, fornendo il proprio sostegno militare ai Talebani, di cui fu tra i primi a riconoscere ufficialmente il regime. Costantemente tesi rimasero invece i rapporti con l’India. Nel 1998 la decisione indiana di effettuare una serie di test nucleari provocò l’immediata reazione del P., che si apprestò ad attuare esperimenti analoghi.
La gravità della situazione economica e l’incapacità del governo Sharif di porre un freno alle crescenti violenze etniche e politiche offrirono ai vertici militari l’occasione di imporre nuovamente la loro supremazia. Nel 1999 Sharif fu destituito da un colpo di Stato guidato dal generale P. Musharraf che, sospesa la Costituzione, istituì un nuovo organo esecutivo formato da militari e civili, il Consiglio di sicurezza nazionale, di cui assunse la guida, alla quale sommò nel 2001 anche la carica di presidente della Repubblica. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 il presidente si schierò a fianco degli Stati Uniti e offrì un uso limitato delle basi aeree alla coalizione che si apprestava a colpire l’Afghanistan. Il nuovo credito internazionale così acquisito gli permise di consolidare il suo potere, nonostante l’ondata di antiamericanismo che aveva investito l’opinione pubblica e la crescente influenza dei movimenti fondamentalisti e dei partiti islamici. Le elezioni politiche del 2002 furono vinte dal partito favorevole al governo, ma per mesi fu impossibile dare avvio ai lavori parlamentari a causa dell’ostruzionismo delle forze d’opposizione contro le modifiche costituzionali proposte da Musharraf al fine di garantirsi i pieni poteri a scapito dell’autonomia del Parlamento e sancire la definitiva istituzionalizzazione delle Forze armate nella vita politica. L’accordo raggiunto tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 accolse sostanzialmente le modifiche, ma impose una serie di vincoli formali alle decisioni presidenziali; in cambio, Musharraf ottenne l’assenso del Parlamento al prolungamento del mandato presidenziale al 2007, mantenendo fino a quella data anche la carica di capo delle Forze armate. Il paese rimase tuttavia in uno stato di continua tensione, con crescenti manifestazioni di protesta antioccidentali e gravi episodi di terrorismo.
Le presidenziali del 2007 aprirono una grave crisi istituzionale tra Musharraf, rieletto presidente, e la Corte Suprema, che adombrava la sua non eleggibilità. Dopo aver proclamato lo stato di emergenza e fatto convalidare la propria elezione, ponendo agli arresti numerosi oppositori e leader politici, Musharraf si dimise dall’esercito e annunciò nuove legislative, ma l’assassinio di B. Bhutto, appena ritornata dall’esilio, nel corso della campagna elettorale rafforzò le preoccupazioni sull’incerto futuro del paese. Le elezioni videro la vittoria del PPP e della Lega musulmana di Nawaz Sharif, e la secca sconfitta della Lega musulmana del P., l’organizzazione politica costituita nel 2002 da Musharraf. Capo del governo divenne Y.R. Gilani del PPP. Nell’agosto 2008, prima che il governo presentasse in Parlamento la richiesta di impeachment, Musharraf si dimise. Nel settembre fu eletto presidente A.A. Zardari, copresidente del PPP e vedovo di B. Bhutto. Nel 2009 il governo prima diede il via libera a un accordo con le milizie filotalebane delle regioni nord-occidentali, al confine con l’Afghanistan, concedendo in cambio dell’abbandono definitivo delle armi l’applicazione della legge islamica, poi cercò di contrastarne l’avanzata con una pesante controffensiva, alla quale i Talebani hanno risposto con una pesante intensificazione dell’attività terroristica. Nel giugno 2012 Gilani è stato rimosso dal suo incarico dalla Corte Suprema perché si è rifiutato di riaprire le indagini internazionali sul presidente Zardari per un presunto caso di corruzione e di esportazione di fondi illeciti in Svizzera, e gli è subentrato Raja Pervez Ashraf. Le elezioni legislative del maggio 2013 hanno registrato un'affluenza mai così alta nella storia del Paese (oltre il 60% degli aventi diritto), nonostante gli scontri e i violenti attentati che si sono verificati durante le stesse. Alle elezioni è risultato vincitore il PML con il leader Sharif, che per la terza volta ha assunto il ruolo di primo ministro potendo contare su una solida maggioranza nella Camera bassa, dove detiene 190 seggi su 342 disponibili, mentre nelle elezioni per il rinnovo di un terzo del Senato, nel marzo 2015, il PML è riuscito a sottrarre molti voti al rivale PPP, che tuttavia detiene ancora la maggioranza, anche se solo per un seggio. Nel luglio 2017, dopo il verdetto della Corte Suprema che ne ha deciso l'interdizione perpetua dai pubblici uffici a seguito delle accuse di corruzione a carico della sua famiglia nell'ambito dell'inchiesta sui Panama Papers, il premier Sharif è stato rimosso dall'incarico. Le elezioni generali svoltesi nel luglio 2018 in un clima di forti tensioni hanno sancito la vittoria del partito centrista Pakistan Tehreek-e-Insaf che ha ottenuto 115 su 270 seggi in Parlamento e il cui fondatore, I. Khan, è stato nominato premier.
Alle presidenziali tenutesi nel luglio 2013 è stato eletto alla guida del Paese l'imprenditore M. Hussain, esponente del PML, cui nel settembre 2018 è subentrato A. Alvi del Pakistan Tehreek-e-Insaf, che nell'aprile 2022 ha sciolto l'Assemblea nazionale su richiesta del primo ministro I. Khan, il quale è stato sostituito nello stesso mese da S. Sharif.
Dopo l'uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta il 1° maggio 2011 nei pressi di Islāmābad a seguito di un blitz delle forze militari statunitensi, i dubbi sulla possibile connivenza fra servizi segreti pachistani e gruppi terroristici hanno di fatto portato a un rilevante incremento delle tensioni tra il Paese e gli Stati Uniti.
Il P. ha numerose lingue letterarie, di cui le principali sono: urdū, ufficiale nel paese, bengalī, panjābī, sindhī, pashtō e belūcī.
La letteratura in urdū, la più importante nel P. malgrado l’urdū non sia la lingua madre di nessun abitante dello Stato, ha raggiunto l’apice della perfezione formale nel 19° sec. con il poeta Ghālib di Delhi e con il prosatore Sir Sayyid Aḥmed Khān. Il più notevole poeta musulmano del 20° sec. è stato M. Iqbāl. Fra i grandi letterati della poesia classica urdū (19°-20° sec.) si ricordano: A.H. Ḥālī, considerato il fondatore della critica letteraria urdū, Zafar‛ Alī Khān, M. Azād, Akbar di Allāhābād e Sīmāb di Agra. Dei poeti nati agli inizi del 20° sec., innovatori nello stile e nei contenuti, spiccano Hafīz Jāllandhrī, Muḥammad Dīn Ta’sīr, ‛Ābid ‛Alī Ābid, autore anche di novelle, e Nazr Muḥammad Rāshid. Anch’essi innovatori, soprattutto nella forma, furono Mīrā-jī e Faiz Aḥmad Faiz. La prosa si affermò per opera di R.N. Sarshār, Mīrzā Rusva, A. al-H. Sharār e di Premcand. Nel 1936 nacque il Movimento degli scrittori progressisti (Taraqqī-pasand musannifīn) a opera di Faiz Aḥmad Faiz insieme a romanzieri e novellieri come I. Chughtā’ī, A.N. Qāsimī, M.Ḥ. ‛Askarī e S.Ḥ. Mantō. Fra i letterati attivi dopo la ‘scissione’ dall’India si ricordano Mumtāz Muftī (1906-1995), Azīz Aḥmad (1914-1978), Qudratullāh Shahāb (1917-1986), la scrittrice Qurratu ’l-‛Ayni Haidar (1927-2007), alla quale si affiancano le sorelle Hājira Masrūr (n. 1929) e Khadīja Mastūr (1930-1983) e Aḥmad ‛Alī (1910-1993); quest’ultimo scrisse anche in inglese, come Iqbāl Aḥmad (1921-1993), Yūnus Sa’dī e Anvār Inayatullāh (n. 1947).
La letteratura bengalī, a lungo caratterizzata dalla compresenza di elementi hindī e musulmani, ha assunto poi un carattere spiccatamente islamico per opera di Nazr al-Islām, che, insieme a Tagore, è considerato il maggiore poeta bengalese. Le innovazioni tecniche e formali apportate da Nazr al-Islām furono seguite da numerosi poeti, tra cui Ghulām Mustafā e Jasīmuddīn. Fra gli altri poeti, si ricordano: B. Aḥmad, la poetessa e novellista S. Kamal, S. Sayfullāh e A. l-Husain. Nel filone del romanzo si distinguono S. ‛Osmān, A. al-Azād, A. Rushd, S. Valīullāh e la scrittrice Nūrunnahār.
La letteratura panjābī nel corso della dominazione britannica (1847-1947) vide svilupparsi il genere del ghazal, con Fazl Shāh e A. Rā’ē. In questo periodo, oltre alla poesia ṣūfī di K. G. Farīd e di M.M. Bakhshī, si affermò una poesia politica con Sharaf di Lahore, J. Fazlu ’d-Dīn, U. Dāman e Q.F. Ḥaq. Nel 1951 fu fondato a Lahore un mensile letterario (Panjābī), diretto da ‛A.M. Sālik e da F. Muḥammad: al periodico collaborarono numerosi poeti come U. Karam, S. Tabassum, S. Kunjāhī, A. Rāhī, i quali attinsero dal folclore popolare i temi per opere a sfondo sociale.
Nel 18° sec. la letteratura sindhī si rinnovò nei temi e nelle forme per opera di Shāh ‛Abd al-Latīf. Nel periodo successivo si sviluppò un genere poetico tipicamente persiano; grande favore incontrò anche la marsiya («elegia di tradizione persiana») in cui eccelse S. Sābit ‛Alī Shāh; notevole rilievo ebbe anche il poeta mistico S. Sarmast. Nel periodo britannico, oltre a un approfondimento della metrica e dello stile persiano, si tentarono anche altri generi letterari, che, pur non giungendo a un elevato livello artistico, infransero la rigida impostazione classica. Un’eccezione va fatta per S. ‛A. Ghīlānī e per Shaikh Ayāz che, influenzati dallo stile urdū moderno, superarono gli schemi metrici persiani per creare nuove forme poetiche.
La letteratura pashtō, per larga parte influenzata da quella persiana, nel 17° sec. raggiunse il suo apice formale con K. Khān Khatak; suoi discepoli e imitatori furono i figli ‛Abdu ’l-Qādir, Sādar Khān e il nipote Afzal Khān. Tra i poeti mistici, si ricordano ‛Abd ar-Rahmān e ‛Abd al-Hamīd. Un vero rinnovamento della letteratura iniziò nel 19° sec., soprattutto col genere novellistico, che ebbe il suo fondatore in M.A. Jan. La nuova scuola progredì soprattutto a partire dal 1920 con la fondazione dell’Islamiya College di Peshawar, dove la cultura pashtō ebbe un fecondo contatto con quella europea e urdū. Tuttavia, più che la letteratura ‘dotta’, è quella popolare che rifiorisce, con leggende religiose, canti storico-epici e amorosi, sia in forme metriche proprie, sia nella struttura del ghazal.
La letteratura belūcī è in massima parte popolare e tramandata oralmente. Influenzata dalla tradizione che ricollega i Belūcī a un’origine araba, essa comprende la novella (incentrata sulle origini leggendarie dei Belūcī, le vite di santi e profeti, favole e racconti d’amore) e la poesia (a sfondo epico, didascalico-religioso, o amoroso). Noto poeta d’amore è Jām Durrak (17° sec.). La letteratura continua a trattare gli stessi temi fino all’avvento della stampa locale, che sollecitò la creazione di una letteratura scritta, coltivando soprattutto ideali islamici e patriottici. Tra i maggiori rappresentanti di questo periodo sono: il poeta G. Khān Nasīr, e A. Jamāldīnī, direttore del mensile Balūcī.
Copiosa è anche la produzione in lingua inglese; tra gli autori più apprezzati, si ricordano il romanziere Aḥmed ‛Alī e i poeti T. Raqat, A. Hashmi e M.A. Tahir.
Nel ricco panorama del P. contemporaneo (per le vicende artistiche e culturali precedenti l’indipendenza ➔ India) si segnalano il pittore Zainul Abedin, esponente della corrente realista, le cui forme spaziano dal naturalismo al semiastrattismo, la pittrice Zubeida Agha e la scultrice Novera Ahmed per la corrente di avanguardia, i futuristi Shakir Ali e Ozzir Zuby, Gulgee, Sadequain, Amimul Islam. Alcuni, tra cui Anwar Jalal Shemza, Ahmed Parvez e Ali Imam, fondatori nei primi anni 1950 del Gruppo di Lahore, hanno in seguito vissuto e lavorato in Gran Bretagna.
Anche per l’architettura moderna, sensibile è stata l’influenza della cultura occidentale e anglosassone. Le generazioni di architetti del P. hanno risentito dei principi dell’International Style (H. Fida ‛Ali, sede centrale Burmah Shell a Karachi, 1978; Y. Lari, Finance and Trade Centre a Karachi, 1989 ecc.). Di rilievo la presenza di architetti stranieri: E. Durrell Stone (Water and Power Development Authority House a Lahore; P. Institute for Nuclear Science and Technology a Islamabad ecc.); G. Ponti (Segretariato e Hotel Sherazad a Islamabad); C.A. Doxiades (nuovo Campus per l’Università del Punjab).