Stato dell’Africa centrale, confinante a N con il Ciad, a E con il Sud Sudan, a O con il Camerun e a S con la Repubblica Democratica del Congo e con il Congo.
Il territorio è costituito da una serie di altopiani, compresi fra i 500 e i 900 m, fortemente incisi dai corsi d’acqua e dominati da gruppi montuosi isolati, che raggiungono la massima altezza nel Gaou (1420 m), all’estremità nord-occidentale del paese. In dipendenza dalle condizioni climatiche, di tipo equatoriale in tutta la fascia meridionale e di tipo tropicale, invece, nelle regioni settentrionali, la vegetazione spontanea passa dalla foresta pluviale alla savana (quest’ultima interrotta da foreste a galleria lungo i fiumi) e addirittura alla steppa nelle zone più aride di NE. L’idrografia è divisa fra i due bacini dello Chari, a N, e dell’Oubangui, a S, che segna per un buon tratto il confine con la Repubblica Democratica del Congo e che raccoglie le acque di numerosi affluenti, il cui regime è condizionato dall’andamento delle precipitazioni (costanti a S; stagionali, con massimi estivi, a N).
La popolazione è costituita da neri bantu e sudanesi. Lingua ufficiale è il francese, ma il sangho ha carattere di lingua nazionale; inoltre, la presenza di un gran numero di gruppi etnici (Banda, Baya, Mandija, Sara ecc.) determina una conseguente forte varietà di parlate dialettali. Accanto alle religioni primitive, si sono parzialmente diffusi l’islamismo, il cattolicesimo e il protestantesimo. La forma di insediamento prevalente è quella rurale, in villaggi (oltre 6000) di agricoltori e pescatori. L’urbanesimo, a parte la capitale Bangui, è poco sviluppato e anche i pochi agglomerati che superano i 30.000 abitanti (Bambari, Bouar, Berbérati, Bossangoa, Bria) non hanno assunto i caratteri funzionali della città. Le maggiori concentrazioni demografiche sono situate nella parte occidentale del paese, mentre le regioni orientali sono, di fatto, spopolate. Il tasso di natalità supera l’1,5% annuo, ma elevato è il tasso di mortalità e la speranza di vita alla nascita permane molto bassa (intorno ai 44 anni). Nelle classi di età adulte l’analfabetismo si aggira intorno al 49% della popolazione complessiva.
Il paese versa in una pesante situazione di arretratezza economica e le possibilità di attenuarla sono fortemente compromesse dal marcato squilibrio esistente fra i tassi di crescita della popolazione e quelli dell’economia. I principali fattori di vulnerabilità sono collegati alla forte dipendenza dal settore primario, alla scarsa industrializzazione basata su impianti di ridotte dimensioni, tecnologicamente arretrati, all’elevatissima pressione demografica, nonché alla forte instabilità politica e sociale. Nonostante gli investimenti previsti dai primi piani di sviluppo nel settore industriale, la struttura dell’economia centrafricana rimane impiantata sull’agricoltura, la cui caratteristica saliente è l’associazione di colture alimentari e di piantagione. Fra le prime si annoverano cereali (mais, miglio, riso), manioca, frutta (agrumi, banane); assumono rilievo ai fini dell’esportazione, invece, canna da zucchero e soprattutto le produzioni di cotone e caffè – che hanno però subito una forte diminuzione – la cui redditività è condizionata dall’andamento dei prezzi sui mercati internazionali e dalle perturbazioni climatiche che ciclicamente coinvolgono tutta la regione. Rilevante la produzione di legname e caucciù ricavati dallo sfruttamento forestale. L’allevamento include, ormai da tempo, razze bovine immuni dalle epidemie prima causate dalla larga presenza della mosca tse-tse, mentre nelle zone steppiche sono numerosi i caprini.
I diamanti costituiscono la principale risorsa del sottosuolo (380.000 carati nel 2005) e danno luogo anche ad attività di prima lavorazione, ma molto consistente è il mercato di contrabbando; le aree di estrazione sono ubicate nelle regioni occidentali, in grandi depositi alluvionali. Tra le altre risorse vanno ricordati l’oro, il ferro e, soprattutto, l’uranio, già scoperto a Bakouma, 500 km a E di Bangui. Le riserve di uranio, valutate in circa 20.000 t, sono caratterizzate da un elevato tenore di metallo contenuto. Lo sfruttamento di questa risorsa è stato tuttavia dilazionato, in attesa che le aree di ritrovamento siano servite da strade, indispensabili per l’esportazione del minerale. Le attività industriali sono modestissime: l’industria manifatturiera, accanto agli impianti per la trasformazione dei prodotti agricoli (principalmente il cotone), annovera alcuni stabilimenti tessili, chimici, meccanici e alimentari. L’utilizzazione delle acque fluviali apre buone prospettive al settore energetico. La bilancia commerciale è in passivo; principale partner è la Francia, dalla quale proviene anche gran parte degli aiuti finanziari. Fra i maggiori problemi che il paese deve affrontare si ricordano: l’indebitamento con l’estero, l’esigenza di implementare un sistema di tassazione, il controllo sulla spesa dello Stato e l’avvio di misure per stimolare il settore privato. Un grave ostacolo all’evoluzione geografico-economica della Repubblica C. è rappresentato anche dalla scarsità di vie di comunicazione, sia ferroviarie sia stradali. Il principale sbocco del paese verso l’esterno è costituito dalla navigazione sull’Oubangui (porto fluviale a Bangui), mentre la capitale è anche dotata di un buon aeroporto.
Parte dell’Africa Equatoriale Francese (con il nome di Ubanghi-Sciari), la Repubblica C. ottenne nel 1960 l’indipendenza. Il primo presidente della Repubblica, D. Dacko (Mouvement pour l’évolution sociale de l’Afrique noire, MESAN), stabilì un regime autoritario a partito unico. Il crescente malcontento (difficoltà economiche e corruzione) favorì il colpo di Stato che portò al potere (1966) J.B. Bokassa, il quale instaurò un regime dittatoriale e repressivo e proclamò l’Impero Centrafricano (1976). In politica rimase il mantenimento di un rapporto privilegiato con la Francia, mentre la già precaria economia del paese subì un ulteriore deterioramento. Deposto Bokassa (1979), fu restaurata la repubblica (Costituzione del 1981) e il potere fu assunto da A. Kolingba, che soffocò ogni tentativo di opposizione, ma che all’inizio degli anni 1990 cedette alle pressioni per la creazione di un sistema multipartitico. Le elezioni generali del 1993 videro la vittoria del Mouvement pour la libération du peuple centrafricain (MLPC), il cui leader, A.-F. Patassé, divenne presidente della Repubblica. La tensione provocata dalla nuova Costituzione (1995), contestata dalle opposizioni perché rafforzava le prerogative presidenziali e dava scarse garanzie di libertà di espressione, dalle difficoltà economiche e dal dissesto delle finanze statali, portò a un periodo di forte incertezze e poi a un’insurrezione militare. Seguirono trattative (con l’intervento di truppe francesi, poi sostituite da quelle ONU) e quindi le elezioni legislative (1998) che videro l’affermazione del Mouvement pour la libération du peuple centrafricain e quelle presidenziali (1999) che furono vinte da Patassé. Alla cessazione del mandato dell’ONU (2000), il paese era di nuovo in una situazione di instabilità che sfociò nel 2001 in un tentativo di colpo di Stato che, ripetutosi nel 2002, portò nel 2003 il generale F. Bozizé, appoggiato dal Ciad, a proclamarsi presidente e a varare una nuova Costituzione (2004). Bozizé è stato confermato nel 2005, ma dopo poco un nuovo movimento di ribellione al governo centrale ha conquistato importanti posizioni. Nel 2006 la Francia è intervenuta nel conflitto interno al Paese contro le forze ribelli stanziate nel Nord-Est, offrendo sostegno logistico all’esercito centrafricano, fino all’accordo tra governo e guerriglieri firmato nel 2007 con la mediazione della Libia. Grazie anche all’intervento di una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite è stato possibile avviare un processo di reinserimento degli ex ribelli nel sistema politico, compiutosi nel gennaio 2009 con un governo di unità nazionale; tuttavia, il Nord del Paese ha continuato a essere attraversato da scontri. Nel marzo 2013 Bozizé, che era stato rieletto presidente nel 2011, è stato costretto alla fuga in seguito alla caduta della capitale Bangui nelle mani delle milizie ribelli del Fronte Seleka, il cui leader M. Djotodia si è autoproclamato nuovo capo dello Stato; nel gennaio 2014, in un clima di perdurante tensione e di violenze settarie, gli è subentrata ad interim C. Samba-Panza, con l'incarico di guidare il Paese fino a nuove elezioni. Nel dicembre 2015 si è svolto il referendum costituzionale che ha portato all’adozione di una nuova Costituzione, la quale prevede l’elezione diretta del presidente della Repubblica; nello stesso mese si sono svolte le consultazioni legislative e il primo turno delle consultazioni presidenziali, in cui si sono confrontati oltre trenta candidati, nessuno dei quali ha però raggiunto la maggioranza assoluta. Al ballottaggio, inizialmente previsto per il 31 gennaio 2016 e posticipato al mese successivo, si sono confrontati gli ex premier A.-G. Dologuélé e F.A. Touadéra, risultando vincitore il secondo con il 63% delle preferenze. Né il governo, né i contingenti internazionali impegnati a contenere le violenze nel Paese (in particolare la missione delle Un Minusca e quella europea Eufor R.C., guidata dalla Francia) sono però riusciti a garantire un nuovo percorso di stabilizzazione politico-istituzionale, e solo nel febbraio 2019 è stato raggiunto a Khartoum e ratificato a Bangui un accordo di pace tra il governo e i gruppi armati che controllano gran parte del territorio nazionale; per favorire la formazione di un governo di unità nazionale, nello stesso mese il premier S. Sarandji, in carica dall'aprile 2016, ha rassegnato le dimissioni, subentrandogli F. Ngrebada. Nel dicembre 2020 il presidente Touadéra ha ottenuto un secondo mandato, aggiudicandosi al primo turno il 53,9% delle preferenze.