urbanesimo Immigrazione dalle campagne e dai piccoli centri nelle grandi città di ingenti masse, per la maggior parte rurali, provenienti sia dal territorio circostante sia da zone anche lontane. È causa di profonde trasformazioni e spesso, se troppo rapido e non controllato, di gravi squilibri demografici, economici, sociali, culturali e anche di costume.
Al determinarsi di un surplus agricolo-alimentare – e dunque alle favorevoli condizioni climatiche, idrografiche e pedologiche – si deve la formazione delle più antiche città, verificatasi, fra il 7° e il 2° millennio a.C., in Mesopotamia, Egitto, India, Cina. Le dimensioni del fenomeno, nell’antichità, sono difficilmente quantificabili: Roma, al culmine della potenza imperiale, avrebbe raggiunto il milione di abitanti, ma tale dato è ritenuto, da molti, sovrastimato. Una ripresa dell’u. si ebbe in epoca medievale e, successivamente, con l’inizio delle esplorazioni geografiche e dell’espansione coloniale. Ma l’u., così come modernamente inteso e definito, si è sviluppato solo a partire dal 19° sec., in conseguenza della rivoluzione industriale: questa inizialmente ebbe come fattore di localizzazione vincolante la presenza di giacimenti di materie prime, verso cui si diressero grandi flussi migratori dalle campagne, dando origine ad agglomerazioni urbane monocentriche. Il cuore dell’u. fu, dunque, dapprima l’Europa occidentale (Gran Bretagna, Francia, Germania); il connesso sviluppo dei trasporti marittimi e terrestri (ferrovie), con la conseguente intensificazione degli scambi, determinò poi l’allargarsi del fenomeno ai paesi che, progressivamente, giungevano allo stadio del decollo industriale, primi fra tutti gli Stati Uniti. Intorno al 1870 si contavano, nel mondo, circa 160 ‘grandi città’ (con più di 100.000 ab., ma alcune già oltre il milione: per prime, Londra e Parigi), parte delle quali, però, in aree con differente struttura economica ma in forte espansione demografica (India, Cina); alla metà del 20° sec., le ‘città milionarie’ sfioravano il centinaio. La sostituzione del petrolio al carbone come fonte di energia primaria e l’esplosione dell’automobilismo hanno trasformato da allora, nei paesi avanzati, il modello insediativo della popolazione e delle attività economiche, dando luogo al progressivo decentramento delle residenze e delle unità produttive. Continuavano a espandersi solo le agglomerazioni del Terzo Mondo, dove la mancata industrializzazione e gli effetti della decolonizzazione esaltavano il ruolo delle capitali politiche. Nei paesi a economia avanzata, caratterizzati dal fenomeno dell’urbanizzazione (➔), si va invece affermando, fino a divenire dominante, il modello della megalopoli, configurazione territoriale che presenta un elevato livello di organizzazione e integrazione funzionale, tale da consentire un’interrelazione stabile fra le aree urbane coinvolte. Esempio tipico è Tokyo che, insieme alle città di Yokohama, Kawasaki e Saitama, forma la maggiore megalopoli del mondo (34 milioni di abitanti).