(Tōkyō) Città capitale del Giappone (37.468.302 ab. nel 2017, considerando l’intera agglomerazione urbana), situata in una profonda baia della costa orientale dell’isola di Honshu, alla foce dei fiumi Ara, Somida e Tama, in zona fortemente sismica. T. è il fulcro di una vastissima conurbazione di 34.000.000 di ab., la maggiore del mondo, che include le città di Yokohama, Kawasaki e Saitama.
Lo sviluppo di T. ha preso forma in funzione della direttrice che collega la città a Yokohama e ai centri del S e del SO del paese, fino alla città di Fukuoka, nell’isola di Kyushu. Lungo questa direttrice si costituirono, dal 15° sec., le due grandi agglomerazioni del Keihin, corrispondente alla conurbazione bipolare T.-Yokohama, e del Keihanshin, centrata su Kyoto, Osaka e Kobe; agglomerazioni che, a loro volta, si affermarono come espressioni urbane funzionali a una potente concentrazione di potere economico, politico e militare nelle zone chiave della tradizionale economia agricola e poi delle moderne funzioni commerciali del paese.
Lo sviluppo moderno di T. iniziò nel 17° sec., attraverso la formazione di due settori principali: uno orientale, di fronte al porto, destinato alle attività produttive e commerciali degli artigiani locali; e uno collocato più in alto, sulle colline occidentali, alle spalle del porto, destinato all’insediamento residenziale dei proprietari terrieri e dei militari, separato dall’altro settore mediante un castello fortificato. La crescita in direzione dei territori dell’interno avvenne progressivamente, fino ai primi decenni del Novecento, nelle forme di un policentrismo organizzato sulla rete delle vie di trasporto urbane, originariamente costituite dalle vie d’acqua navigabili e, successivamente, da quelle stradali e ferroviarie. Dopo il terremoto del 1923, furono edificate nuove zone residenziali lungo le linee ferroviarie, nella periferia occidentale della città, con lo sviluppo di alcuni centri di carattere prevalentemente terziario quali Shinjuku, Shibuya e Ikebukuro; parallelamente, i quartieri sorti nei pressi del mare si consolidarono come aree industriali e mercantili legate al porto, mentre il centro culturale-politico si installò definitivamente nelle aree residenziali dell’interno, ancora situate nelle parti alte della città. Nel secondo dopoguerra la crescita di T. è avvenuta attraverso la saldatura dell’area urbana con un gran numero di centri situati lungo il golfo e nell’immediato entroterra, ancora nelle forme di una espansione policentrica che ha investito le prefetture di Kanagawa, Saitama e Chiba. A partire dagli anni 1960 sono state costituite new towns periferiche in coincidenza con la trama disegnata dalla rete ferroviaria metropolitana e dalle autostrade urbane. Fra gli anni 1980 e 1990, a seguito di operazioni che hanno portato all’inter;ramento di alcune lagune costiere, è stata edificata, su un’isola artificiale, la città satellite di T. Teleport Town. Negli stessi anni sono stati compiuti interventi di deforestazione a vantaggio dell’espansione residenziale nell’entroterra di Chiba e in direzione di Yokohama, e interventi di potenziamento del sistema dei trasporti (prolungamento dell’autostrada sopraelevata Shuto express highway, costruzione di un nuovo tratto della linea Shinkansen diretto a NO della città, e di un’autostrada costiera che collega, a SO, le aree bonificate e le isole artificiali).
Per ovviare alle congestioni dovute all’intensissimo traffico, perduranti nonostante l’efficientissima e capillare rete metropolitana e ferroviaria urbana, la città si è dotata, nella metà degli anni 1990, del Traffic Control Center, avanzatissimo centro di elaborazione dati con il compito di fornire informazioni sulla viabilità e di gestire i flussi automobilistici. L’altro grave problema che affligge la città, la cronica mancanza di spazio, è stato affrontato, negli anni a cavallo tra la fine del 20° e l’inizio del 21° sec., sia con la concentrazione degli edifici, mediante la riduzione e la razionalizzazione degli spazi per unità abitativa e la preferenza accordata allo sviluppo verticale degli immobili, sia attraverso l’acquisizione di nuovi spazi edificabili nella baia antistante alla città: in parte con l’interramento di aree subcostiere, in parte con l’accumulo in mare di detriti e rifiuti con cui sono state costruite isole artificiali. Nel 2013 è stato presentato al Comitato Olimpico Internazionale un progetto tecnologicamente avanzato, che concentra la maggior parte degli impianti sportivi nel centro della città e che prevede la costruzione di strutture ecosostenibili, che ha consentito a T. di essere scelta dal CIO per ospitare i Giochi olimpici del 2020, rinviati al 2021 a causa della pandemia di coronavirus.
Dal punto di vista economico, T. è il centro propulsore della più popolata megalopoli del mondo, ed è inserita, a livello mondiale, in reti relazionali di natura economico-politica e culturale; in particolare, opera nell’ambito di un’area finanziaria di cui costituisce uno dei punti nodali insieme a New York e Londra. Il sistema produttivo, estremamente articolato e segmentato sotto l’aspetto organizzativo, funziona mediante installazioni imponenti e subsistemi di imprese specializzate, spesso di piccola dimensione. Lo sviluppo dell’industria (in particolare petrolchimica, chimica, metalmeccanica, cantieristica, elettronica, ottica, elettrotecnica, oltre ai più tradizionali settori alimentare, tessile, cartario, grafico, del vetro) è strettamente connesso a quello della ricerca scientifica, organizzata in vere e proprie città scientifico-accademiche (come quella di Tsukuba, ai piedi dell’omonimo monte, a 60 km ca. dal centro di T.) e delle comunicazioni, secondo forme di globalizzazione dell’assetto produttivo.
Le vie di comunicazione aeree dispongono, oltre che dell’aeroporto di Haneda, di quello più grande, costruito presso Narita, a NE della città. Il porto, a causa della scarsa profondità dei fondali, risponde solo parzialmente alle esigenze commerciali presentate dall’imponente apparato produttivo, per cui i traffici marittimi avvengono prevalentemente attraverso i vicini porti di Funabashi e Chiba, a E, di Kawasaki e soprattutto Yokohama, a SO.
Alla fine del 12° sec. Edo (primo nome della città, in origine probabilmente riferito a tutta la regione) era una piccola roccaforte collegata a Kamakura da una strada; dalla seconda metà del 15° sec. si trasformò gradualmente in centro commerciale che ruotava intorno al castello, ingrandito da Ota Sukenaga (noto col nome buddhista di Dōkan). Il castello di Edo passò in seguito nelle mani di vari signori (Ashikaga, Hōjō), finché all’inizio del 17° sec. lo shōgun Tokugawa Ieyasu intraprese l’unifica;zione del Giappone. Nonostante Kyoto rimanesse la capitale imperiale, Ieyasu stabilì a Edo la residenza propria e dei suoi successori, che mantennero gran parte del potere reale nel paese. La città crebbe di dimensioni e di importanza; venne resa monumentale con la costruzione di templi buddhisti e santuari shintoisti, e si creò nella popolazione una notevole stratificazione sociale, che comprendeva diverse classi, dai daimyō, ai samurai, fino al gradino più basso degli eta (senza casta). Nell’era Genroku (1688-1703), Edo perse l’aspetto militare che aveva mantenuto durante i primi decenni di shogunato, accrescendo il proprio interesse per l’arte e spesso imitando direttamente oggetti e modelli dall’elegante Kyoto.
Grazie alle esigenze della nuova classe mercantile dei chōnin, nacque comunque un genere artistico genuinamente di Edo, la pittura Ukiyo-e; sensibile fu anche l’aumento di teatri di kabuki. All’inizio del 19° sec. Edo e il Giappone furono costretti ad accettare il confronto con l’Occidente, fino ad allora caparbiamente rifiutato: con l’inizio del periodo Meiji (1868-1912), cominciò l’era della modernizzazione. Edo divenne la nuova capitale con il nome di Tokyo («capitale d’Oriente»), le strade furono allargate, si costruirono nuovi ponti e palazzi adatti ad accogliere i nuovi apparati amministrativi. Il terremoto del 1923 rase al suolo gran parte della città, ma la ricostruzione iniziò immediatamente e T. risorse dalle rovine con una fisionomia più moderna ed efficiente. Una nuova parziale distruzione si ebbe con i bombardamenti americani alla fine della Seconda guerra mondiale: la nuova opera di ricostruzione fu attuata in pochi anni. Il senso del definitivo decollo della città si ebbe con le Olimpiadi del 1964: occasione per effettuare altri miglioramenti, specie nelle infrastrutture.
Città originariamente costruita in legno, T. conserva poche tracce del suo passato. Si è sviluppata intorno al Palazzo im;periale e al caotico centro, a differenza di Kyoto che segue un ordinato piano geometrico. La T. contemporanea continua a mantenere un aspetto non omogeneo in cui coesistono grandi arterie di scorrimento e vicoli poco illuminati, moderni grattacieli e piccoli templi tradizionali. L’accentuata e caratteristica coesistenza del vecchio e del nuovo lascia agli architetti una grande libertà.
Tra i luoghi di culto tradizionale gli edifici più significativi sono il santuario Meiji (1920, in parte ricostruito nel 1958), in puro stile shintō, e il santuario di Asakusa, eretto da Iemitsu (1623-51, rinnovato nel 1963). Annesso a quest’ultimo è il tempio Sensoji, il più antico di T. (17° sec., ricostruito dopo l’ultima guerra). Elemento di transizione fra tradizione e modernità può essere considerato il Palazzo imperiale, che sorge sulla sede del vecchio castello di Edo, di cui non rimane pressoché traccia. Tra le prime opere del 20° sec., di notevole interesse sono il ponte Nihonbashi (1911), poi sormontato da una enorme superstrada; la stazione di T. (1914, ricostruita nel 1954), in stile rinascimentale. Al francese H. Rapin si deve il progetto del Museo metropolitano Teien (1933), ma il più antico museo giapponese rimane l’edificio principale del Museo nazionale di T. (1937). Del 1958 è la Tokyo TV tower, al;ta 333 m, ispirata alla parigina torre Eiffel. Alla collaborazione tra architetti giapponesi e occidentali è dovuto il Museo nazionale di arte occidentale (1959), eseguito da K. Maekawa e J. Sakakura, su disegno di Le Corbusier, poi ampliato (1998) con una nuova galleria sotterranea. Maekawa ha realizzato a T. numerose e importanti opere, dal complesso residenziale di Harumi (1956) alla Metropolitan festival hall (1961), al Centro di attività sociali (1959) e Museo Setagaya (1964), alla Compagnia di assicurazioni nautiche e antincendio di T. (1974). Di rilievo artistico è infine un altro degli innumerevoli musei della città, il Mu;seo nazionale di arte moderna (1969) di Y. Taniguchi. L’opera di K. Tange nella capitale ha raggiunto il culmine nel 1964 con il completamento degli impianti sportivi di Yoyogi, in occasione delle Olimpiadi, e della cattedrale cattolica di St. Mary. Sempre a Tange si devono il Tokyo dome (1988), primo stadio coperto giapponese, e il complesso del nuovo municipio (completato nel 1991). Tra gli edifici culturali emergono la Biblioteca municipale centrale (1973), di D. Kobo; il Teatro nazionale (1966), di K. Iwamoto e il Teatro nazionale di Bunraku (1984), su progetto di K. Kurokawa. Rivolto alla valorizzazione della cultura storica cittadina è il museo di Edo-Tokyo (Kiyonori Kikutake, 1992).
Rispetto al forte sviluppo urbanistico proseguito fino agli anni 1980, il decennio successivo ha rappresentato una fase di relativo ridimensionamento, pur continuando a costituire uno dei più interessanti laboratori della sperimentazione architettonica. Fra i grandi progetti a scala urbana figurano il Centro culturale Shonandai (Itsuko Hasegawa, 1990); il Nippon convention center ‘Makuhari Messe’ (F. Maki, 1990); il nuovo complesso del governo metropolitano (Kenzo Tange Associates, 1991); l’International forum (R. Viñoly, 1996), centro di cultura e informazione che comprende uffici comunali, servizi amministrativi, programmi di scambi culturali. Architetti giapponesi, statunitensi ed europei hanno inoltre progettato edifici significativi, spesso in bilico fra innovazione tecnologica e richiami stilistici tradizionali. Fra i progettisti giapponesi: F. Maki (Spiral building, 1985); K. Kurokawa (Wacoal Kojimachi building, 1986); K.S. Takeyama (Oxy building, 1987); E. Suzuki (Torre Joule-a, 1990); I. Hasegawa (STM house, 1993); Tao ;Architects (Gill building, 1993, e Sticks building, 1994); Makoto Sei Watanabe Architects (Stazione Iidabashi della metropolitana, 2000); Christian Dior building (SANAA, 2003); Tod’s building (T. Ito, 2004); T. Ando (Museo dei bambini, 1990; Tokyo art museum, 2004; Centro 21_21 design sight, 2007). Fra gli americani: P. Eisenman (sede della Nanotani corporation, 1992, che allude suggestivamente alla sismicità del suolo giapponese); C. Pelli (sede della Nippon telephone & telegraph, 1996). Fra gli europei: P. Stark (Asahi Beer Azumabashi e Nani Nani building, 1989); M. Botta (Galleria d’arte Watari, 1990); N. Foster (Century tower, 1991); M. Bellini (Tokyo design center, 1992); R. Rogers (edificio per uffici Kabukichü, 1993); R. Piano (Maison Hermès, 2001); J. Nouvel (Dentsu tower, 2002); Herzog & de Meuron (Prada store, 2003).
Il ruolo di T. come uno dei maggiori centri per l’arte contemporanea è consolidato, grazie anche alle numerose istituzioni sia pubbliche (Museo metropolitano d’arte, 1975, di Kunio Mayekawa; Museo Setagaya, 1986, di Shozo Uchii; Museo Meguro, 1987) sia private (Museo Bridgestone, Museo Hara e Museo all’aperto di Hakone nella prefettura di Kanagawa).