Veneto Regione dell’Italia nord-orientale (18.399 km2 con 4.879.133 ab. nel 2020, ripartiti in 568 comuni; densità 266 ab./km2) compresa fra le Alpi Carniche a N, il Trentino-Alto Adige e il Lago di Garda a O, il Mincio e il Po a S, il Mar Adriatico e il Friuli-Venezia Giulia a E. Il capoluogo di regione è Venezia.
Il territorio è prevalentemente pianeggiante (56% ca.); le aree montuose occupano il 29%, le colline il 15%. Vi si possono individuare alcune zone geograficamente omogenee quanto a caratteri altimetrici, geologici, pedologici e climatici: la regione alpina, le fasce prealpina e subalpina, l’alta e la bassa pianura, la zona lagunare e il Polesine. La regione alpina coincide, a grandi linee, con il bacino superiore del Piave e con le Dolomiti orientali. Presenta i tratti tipici del paesaggio dolomitico, con massicci montuosi elevati (2500-3300 m) e isolati, in prevalenza costituiti da rocce sedimentarie di origine mesozoica (dolomie e calcari): le Tre Cime di Lavaredo, il Cristallo, le Tofane, la Marmolada (3343 m), l’Antelao (3263 m). La media valle del Piave, interponendosi fra le Alpi e le Prealpi Bellunesi, fa da transizione fra la regione alpina e la zona prealpina. Quest’ultima, estesa dal Garda al Piave, è costituita da una fascia di rilievi calcarei di altitudine compresa tra 700 e 2300 m, appartenenti in massima parte al Cretaceo. Procedendo da SO verso NE, si incontrano: il gruppo del Baldo e i Monti Lessini, nel Veronese; le Prealpi di Schio, l’Altopiano di Tonezza, l’Altopiano dei Sette Comuni (o di Asiago) e il massiccio del Grappa, che chiude a N la Pianura Veneta, nel Vicentino; le Prealpi Bellunesi; le Prealpi Clautane e dell’Alpago, con l’altopiano carsico del Cansiglio. La fascia di rilievi collinari compresa fra il Mincio e il Tagliamento, particolarmente estesa nel Veronese e nel Vicentino (la zona subalpina), è costituita da terreni molto diversi per morfologia e costituzione geologica: le dorsali più basse dei Lessini; i rilievi morenici del Garda, i Colli Asolani, il Montello, di origine glaciale; i Monti Berici e i Colli Euganei, di formazione vulcanica. La Pianura Veneta, parte orientale della Pianura Padana, è divisa in due zone: l’alta pianura, a N della linea delle risorgive, con inclinazione variabile dal 5 al 2‰, arida a causa della permeabilità del terreno; la bassa pianura, a S, per lo più al di sotto dei 50 m s.l.m. e con pendenze inferiori al 2‰, dove abbondano le acque. Caratteristiche diverse si riscontrano nel Polesine, ovvero la parte di pianura compresa fra l’Adige e il Po, e nella fascia costiera adriatica, che include la zona lagunare e deltizia tra il Brenta e il Tagliamento. Caratteri comuni a queste zone sono la bassissima altitudine (in genere inferiore a 5 m s.l.m.) e pendenze limitate, che favoriscono il ristagno delle acque (controllate mediante canali artificiali, argini e idrovore) e l’accumulo di materiali detritici di origine fluviale lungo le spiagge, con formazione di cordoni litoranei (lidi).
Per le sue caratteristiche morfologiche e per la posizione rispetto ai venti, il V. presenta una grande varietà di climi, da quello alpino dell’alto bacino del Piave, con escursioni termiche elevatissime, a quello mediterraneo del Garda e della fascia costiera. Le nebbie sono frequenti, soprattutto nella parte occidentale della pianura. Le precipitazioni sono abbondanti nella zona alpina e prealpina, scarse nelle aree di pianura, in particolare nel Polesine.
I fiumi principali sono il Po, nel suo tratto finale, e l’Adige, che scorre nel Veronese e nel Polesine. Gli altri fiumi, di portata modesta e con alimentazione irregolare, hanno origine nella zona prealpina (Piave, Brenta, Agno-Guà ecc.) o nella fascia delle risorgive (Sile, Tartaro, Bacchiglione). Appartiene alla regione la sezione orientale del Lago di Garda, con esclusione dell’estremità settentrionale; nel Bellunese, si trovano inoltre alcuni laghi minori alpini (Alleghe, Misurina, Santa Croce).
L’andamento demografico del V. è positivo, con un incremento, negli ultimi 20 anni, del 10,3%. Fino al secondo dopoguerra, la debole struttura economica del V. aveva alimentato consistenti flussi migratori di masse contadine (con punte elevatissime dal Polesine), dapprima diretti verso l’estero e nel Novecento verso le regioni italiane più sviluppate (Lombardia e Piemonte). Gli anni 1960 e 1970 hanno registrato un forte incremento demografico, sostenuto da tassi di natalità elevati e, a partire dal 1969, dall’inversione di tendenza del saldo migratorio, diventato finalmente di segno positivo. L’attuale crescita della popolazione si deve, viceversa, alla prevalenza della componente immigratoria su quella naturale, di segno negativo dal 1979. Nell’ambito di tale quadro demografico, le dinamiche di riassetto urbano si sono andate accentuando mediante un’espansione delle aree periurbane e di quelle periferiche. Dal censimento del 1991, quasi tutti i comuni capoluogo, con l’eccezione di Verona e Vicenza, interessate da positive condizioni di sviluppo delle funzioni urbane locali e da una consistente immigrazione straniera, hanno perso popolazione; la punta massima si registra a Venezia (−16,5%), a causa del drammatico declino del centro storico. I processi insediativi si vanno ridisegnando soprattutto nell’ambito di realtà produttive in crisi o in fase di riorganizzazione: caso emblematico è il Bellunese, dove il continuo decremento di residenti, soprattutto legato all’esodo di giovani in cerca di occupazione, si associa a un sensibile invecchiamento della popolazione locale. Al contrario, si vanno riqualificando, anche sotto l’aspetto demografico, alcune aree localizzate ai margini degli assi principali di traffico, in più casi favorite dall’espansione della rete infrastrutturale, in particolare nel settore compreso fra Verona, Padova e Venezia, cui si va progressivamente collegando l’area provinciale di Rovigo. Contrariamente a quanto si è verificato nelle regioni con una struttura urbana fortemente polarizzata (Lombardia e Piemonte), i processi di ridistribuzione spaziale non hanno modificato il tradizionale modello insediativo policentrico del V., il quale ha assunto una configurazione ancora più marcata. Alle trasformazioni quantitative e spaziali si sono accompagnati importanti mutamenti qualitativi. Tra questi meritano particolare rilievo il progressivo invecchiamento della popolazione veneta (il rapporto fra popolazione anziana e popolazione giovane è passato dal 40% del 1961 al 139% del 2008) e l’evoluzione della struttura professionale, caratterizzata da una progressiva diminuzione degli occupati in agricoltura (dal 25% del 1961 al 2,8% del 2008), dalla persistenza di una quota elevata di occupati nel secondario (39,6% nel 2008) e dall’aumento della popolazione impiegata nei servizi (dal 35% al 57,5%).
Fino al secondo dopoguerra, il V. era una delle regioni meno sviluppate dell’Italia settentrionale, con una struttura economica debole, basata prevalentemente sull’agricoltura. L’industria era concentrata esclusivamente nelle città principali (Verona, Vicenza e Padova), nel polo di Venezia-Marghera e in alcuni centri della fascia pedemontana del Vicentino (Schio, Valdagno, Bassano del Grappa) e del Trevigiano (Conegliano, Vittorio Veneto). Negli anni 1960, da un lato si consolidarono i nuclei della prima industrializzazione, dall’altro prese forma un nuovo modello di industrializzazione fortemente diffusa, caratterizzato da una marcata dispersione territoriale di unità produttive di piccole e medie dimensioni in gran parte a conduzione familiare, dall’utilizzo estensivo di manodopera occupata part-time in agricoltura e di lavoratori a domicilio, da produzioni manifatturiere a bassa intensità di capitale. L’industrializzazione non ha coinvolto in maniera indifferenziata tutto il territorio regionale, ma ha privilegiato l’area centrale dell’alta pianura e della zona pedemontana, dove, fin dal 19° sec., era diffusa la piccola proprietà contadina. Nel V. orientale e meridionale, la mezzadria e la grande azienda capitalistica hanno invece incentivato l’esodo agricolo e non hanno consentito i processi di adattamento tipici dell’impresa familiare. Analoghi fenomeni di spopolamento si sono verificati nella montagna, dove era diffusa la proprietà comune, a causa delle condizioni naturali sfavorevoli e della carenza di infrastrutture. Se fino agli anni 1980 l’industrializzazione si era rivelata il fenomeno economico dominante, negli ultimi due decenni la regione ha presentato un crescente livello di terziarizzazione delle funzioni produttive, confermando un processo di riassetto della composizione strutturale dell’economia in linea con la tendenza nazionale.
L’agricoltura, nonostante il calo costante degli addetti, riveste ancora un ruolo di rilievo nella formazione del reddito regionale: grazie alla politica di sostegno e modernizzazione attuata nel secondo dopoguerra, essa è tra le più ricche e produttive del paese. Prevale la piccola proprietà a conduzione diretta ed è praticato il part-time, che consente di integrare redditi di fonte diversa (operaia e contadina). Le coltivazioni di mais (22.297.690 q nel 2008) e di soia (1.760.799 q), seguite da frumento e orzo, contribuiscono in maniera rilevante alla produzione agricola nazionale e sono diffuse in tutte le province (a eccezione di Belluno), specie nelle zone di pianura, dove si registrano le maggiori rese per ettaro. Numerose sono le aree di specializzazione produttiva: la barbabietola da zucchero nella provincia di Rovigo, la frutticoltura nel Veronese (mele, pere e pesche) e, soprattutto, la viticoltura nelle colline veronesi e a ridosso del Lago di Garda (zone di produzione del soave, valpolicella e bardolino) e nel Trevigiano (cabernet, merlot, tocai). Il V. è il maggior produttore italiano di uva da vino (10.781.520 q nel 2008) e di vino (8.118.600 hl). L’allevamento del bestiame (bovini e suini) costituisce, per la regione, un’importante risorsa ed è praticato nelle province di Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Nelle province di Venezia e Rovigo si sono sviluppati centri pescherecci di rilievo (Chioggia, Caorle) e, accanto a questi, l’industria di trasformazione dei prodotti ittici.
Il V. è una delle regioni più industrializzate d’Italia, con un tessuto industriale che poggia su un numero elevatissimo di piccole e medie imprese, specializzate nelle produzioni manifatturiere tradizionali e nella meccanica leggera, diffuse capillarmente sul territorio. Alle piccole e medie imprese si affiancano alcuni grandi gruppi imprenditoriali, operanti in particolare nei settori del tessile-abbigliamento, e aziende che detengono la leadership mondiale di alcuni mercati (per es., la produzione di occhiali). Agli estremi dell’asse centrale, Verona e Venezia costituiscono due realtà a sé stanti: la prima, accanto alle piccole imprese, ha sviluppato un tessuto di industrie di medie e grandi dimensioni, in alcuni comparti integrate, specializzate nei settori alimentare, agro-industriale, meccanico, chimico-farmaceutico, cartario e dell’editoria; la seconda è organizzata su grandi imprese concentrate nel polo di Marghera, operanti nei settori chimico, metallurgico, meccanico, vetrario e dei materiali da costruzione. Nel V. centrale e pedemontano si possono individuare diverse aree specializzate, spazialmente concentrate, facenti capo a piccole ‘costellazioni’ di comuni limitrofi: è il caso dei distretti industriali monoproduttivi, come la concia di Arzignano, l’industria calzaturiera con produzioni di qualità (Riviera del Brenta) e sportive (Montebelluna), il mobilificio della ‘sinistra Piave’ (Conegliano, Susegana, Oderzo, Motta di Livenza) e della bassa veronese, la lavorazione del marmo nelle valli a N di Verona e l’occhialeria nel Cadore. Vi sono, inoltre, alcune aree dove sono presenti, in interdipendenza o autonomamente, due o più comparti produttivi: l’area di Bassano del Grappa, specializzata nella ceramica, nel mobile e con altre importanti diversificazioni produttive; l’alto Vicentino (Schio, Valdagno, Thiene, Dueville, Breganze), dove, accanto al tessile-abbigliamento, si è diffusa la produzione di macchine utensili e per l’industria leggera (tessile).
Dagli anni 1970, il processo di diffusione territoriale ha coinvolto anche le attività terziarie, in particolare i servizi rivolti alle famiglie, distribuiti nei centri urbani minori, nelle cinture metropolitane di Verona, Padova, Vicenza e Venezia e nelle corone di centri minori (Bassano del Grappa). I servizi alle imprese hanno seguito, invece, dinamiche localizzative più complesse: mentre le funzioni a più elevato valore aggiunto hanno conservato una localizzazione centrale, privilegiando le città maggiori (in particolare Venezia, Padova e Verona), molte attività precedentemente concentrate nei capoluoghi (contabilità, revisione dei conti, consulenza non specializzata) si sono diffuse laddove esistono strutture urbane e produttive minori, tuttavia consolidate e radicate nel territorio (Schio, Thiene, Bassano del Grappa, Castelfranco Veneto, Conegliano, Vittorio Veneto, Legnago, Villafranca di Verona, Monselice, Adria ecc.). Particolare rilievo hanno i servizi specializzati nell’interscambio commerciale con l’area centroeuropea. La varietà di ambienti naturali e la ricchezza del patrimonio artistico e culturale della regione hanno favorito lo sviluppo del turismo, il quale costituisce la seconda principale risorsa economica regionale dopo l’industria. Si possono individuare cinque grandi comprensori: l’area balneare, il comprensorio alpino, l’area del Lago di Garda, il polo termale e le città d’arte. Il V. è una delle regioni italiane con più basso tasso di disoccupazione (3,5% nel 2008, contro il 6,7% nazionale); la costante crescita dell’occupazione regionale è sostenuta, oltre che dallo sviluppo delle attività di servizio, da una progressiva diffusione di forme contrattuali flessibili.
La rete delle comunicazioni appare, nel complesso, piuttosto sviluppata. I principali collegamenti autostradali e ferroviari sono costituiti dalle tratte Milano-Venezia-Udine, Verona-Brennero, Bologna-Padova, Mestre-Vittorio Veneto. Il sistema portuale è incentrato sul porto di Venezia, che movimenta prodotti industriali in massima parte legati all’attività industriale di Marghera. Gli interporti di Verona-Quadrante Europa e di Padova rappresentano fondamentali strutture al servizio del trasporto intermodale: il primo, che sfrutta una posizione geografica particolarmente favorevole all’incrocio delle direttrici autostradali e ferroviarie e la vicinanza dell’aeroporto, opera prevalentemente in funzione del traffico combinato internazionale verso l’Europa settentrionale; il secondo, che sorge in un’ampia zona industriale a ridosso della città di Padova, è specializzato nel traffico di containers in direzione dell’Europa centrale e orientale.
Occupato dai Romani nel 2° sec. a.C. (➔ Veneti), il V. decadde in età tardoantica, in particolare nei centri cittadini (Altino, Concordia), per le invasioni di popoli germanici e per lo spostamento dei flussi commerciali. A partire dal 569 passò in mano ai Longobardi iniziando da Verona, Vicenza, Treviso, Ceneda (sedi di duchi longobardi) e proseguendo con Padova e Monselice e poi Oderzo nel corso del 7° secolo. L’area bizantina si ridusse alla fascia costiera e alle isole della laguna dove l’infittirsi della popolazione fece lentamente sviluppare un nuovo centro urbano tra 9° e 10° sec., la civitas Rivoalti, divenuta in seguito Venezia. Incluso nel Regno italico all’interno dell’Impero carolingio alla fine dell’8° sec., il V. vide le maggiori città sottoposte ai conti, poi affiancati dai vescovi. Ottone I aggregò l’Italia nord-orientale al ducato di Baviera e poi di Carinzia con il nome di marca Veronese (976). Distaccatosi nel 1077 il Friuli (che costituì uno Stato feudale sotto il patriarca di Aquileia), la marca, coincidente con l’attuale V., a parte Venezia e Rovigo, fu coinvolta nella lotta delle investiture fra Papato e Impero (sec. 11°-12°). Le città confluirono poi nella Lega lombarda schierata contro Federico Barbarossa. A metà del 13° sec. parte della regione, allora nota come marca Trevigiana, cadde nelle mani di Ezzelino da Romano, che attuò la prima forma di governo signorile nella regione. Dall’affermazione (sec. 13° e 14°) delle signorie nelle principali città prese avvio un processo di unificazione regionale, compiutosi nel 15° sec. per opera di Venezia, che in pochi decenni costruì nel V. il suo ‘Stato di terra’, da Vicenza, Verona e Padova (1404-05), fino al Friuli a E e quasi fino all’Adda a O. Nel 1430 caddero Belluno e Feltre e dal 1484 al territorio vennero annessi il Polesine e Rovigo. Le successive vicende storiche della regione fino al 18° sec. coincisero con la storia dei possedimenti di terra di Venezia (➔). Teatro di battaglia tra Austriaci e Francesi nella prima campagna d’Italia di N. Bonaparte (1796-97), con il Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) il V. diventò possedimento austriaco. Per la Pace di Presburgo (26 dicembre 1805) fu integrato nel Regno d’Italia. Tornato nel 1815 sotto il dominio dell’Austria (➔ Lombardo-Veneto, Regno), il V. partecipò ai moti insurrezionali del 1848 e nel 1866 entrò a far parte del Regno d’Italia. Teatro di operazioni militari nella Prima guerra mondiale, durante la Seconda la regione subì violenti bombardamenti.
I dialetti veneti rientrano nel gruppo dei dialetti italiani settentrionali, con cui partecipano nel consonantismo alla semplificazione delle geminate (òto «otto»), alla lenizione delle sorde intervocaliche (kòġo «cuoco», savér «sapere», krùo «crudo»), all’assibilazione di c e g palatali (si̯èl «cielo», žènte «gente»), ma se ne distaccano per alcuni tratti del vocalismo, per cui si accostano al toscano, come la conservazione delle vocali atone, postoniche e finali. All’interno dei dialetti veneti si possono distinguere due tipi: a) il veneziano, a oriente, che comprende Venezia e i territori limitrofi, in cui la parlata di Venezia si è diffusa, a partire dal 12° sec., imponendosi per il suo prestigio politico e letterario; con la fortuna politica di Venezia, il veneziano ebbe diffusione anche nell’Istria e Dalmazia; b) il trentino, a occidente (salvo le parlate della Valsugana e della Val Lagarina che si riaccostano al tipo veneziano), caratterizzato dalle vocali miste ö e ü e vicino alle parlate della Lombardia occidentale.