(ted. Süd-Tirol) Provincia autonoma di Bolzano (7398 km2 con 532.644 ab. nel 2020); comprende 116 comuni. Include la parte settentrionale del bacino dell’Adige, a monte della stretta di Salorno. Dal 1948 forma con il Trentino la Regione Trentino-A. (➔) Il nome, proposto da E. Tolomei (➔) nel 1906, è diventato comune dal 1919-20. I rapporti linguistici ed economici che collegano questa provincia con il Tirolo austriaco spiegano il nome di Süd-Tirol (nonché quello di Tiroler Etschland, con cui, fino al 1971, era indicata dallo statuto della Regione Trentino-A.).
L’A. confina a NE con l’Austria (Tirolo), a O con la Svizzera (Grigioni), a SE con il Veneto (prov. di Belluno), a S con la provincia autonoma di Trento (Trentino) e a SO con la Lombardia (prov. di Sondrio). Nella valle principale dell’Adige convergono la Val Venosta, solcata dal corso superiore dell’Adige, e le valli dell’Isarco e della Rienza (o Val Pusteria), le quali conducono rispettivamente ai valichi di Resia, del Brennero e di Dobbiaco. A E della sella di Dobbiaco rientra amministrativamente in A. anche il comune di San Candido, con le sorgenti della Drava. A S la regione è delimitata dalla catena che, dal massiccio dell’Ortles-Cevedale, divide la valle superiore dell’Adige da quella del Noce. Caratteristica morfologica è il contrasto fra i massicci montuosi, ripidi e aspri sui margini, e i fondi delle valli maggiori, ampi, modellati dai grandi ghiacciai quaternari. Alla confluenza delle valli si aprono vaste e spesso fertili conche. Nei fondivalle il clima è relativamente mite d’inverno e caldo d’estate, con scarse piogge; nelle aree montuose si hanno lunghi e rigidi inverni con nevi e piogge abbondanti. Soltanto poco più di un terzo dell’area totale è permanentemente abitata. La Val Venosta e le sue valli laterali presentano le condizioni migliori per l’insediamento umano, che si spinge fino ai 1900 m (Val di Solda, Val Senales, Val Passiria). Meno favorite sono quelle dell’Isarco e della Rienza.
L’andamento demografico è caratterizzato da un costante aumento, rispetto ai dati negativi italiani e della stessa regione. Si osservano fenomeni di ridistribuzione della popolazione fra il comune di Bolzano, in progressiva contrazione, e i centri manifatturieri, in forte sviluppo produttivo.
L’economia è legata alle attività del settore primario (allevamento, frutticoltura, vinicoltura) e dell’artigianato (lavorazione del legno e produzioni tessili specializzate). Le aree occupate da frutteti coprono circa 18.000 ettari, quelle coltivate a vigneti, invece, sono più di 5000 (il 40-50% dei vini di qualità prodotti è esportato). L’area di pascolo estivo più estesa è l’Alpe di Siusi, tra la Val Gardena e il gruppo dello Sciliar. Vite, alberi da frutta e ortaggi prosperano nella conca di Bressanone e fino a Merano. Si conservano ancora alcune fabbriche tradizionali di tipo domestico: intaglio in legno nella Val Gardena, merletti nella Valle Aurina. L’industria, dopo una fase di crisi, nel corso degli anni 1980, che ha ridimensionato l’industria di base, localizzata per lo più a Bolzano (siderurgia, lavorazione di materie prime non metallifere, meccanica, chimica, tessile), si è consolidata prevalentemente mediante un apparato di piccole e medie imprese nei settori tessile, della ceramica, editoriale e, in particolare, del mobilificio. Un forte impulso economico viene dalla diffusione del turismo, con un valore che in percentuale è il più elevato fra le regioni italiane. Sono ingenti gli investimenti nel settore delle opere pubbliche, in particolare nella gestione della rete viaria e in altri interventi di carattere infrastrutturale, relativi alla salvaguardia ambientale dei bacini montani. Altri centri notevoli, oltre al capoluogo: Merano, Bressanone, Vipiteno, Brunico, Malles Venosta.
Dominio romano dal 1° sec. d.C., l’A. appartenne successivamente a Odoacre e a Teodorico, a Bisanzio e ai Longobardi, ai Carolingi e al Sacro Romano Impero. Nel 1027 si costituirono i principati vescovili di Trento e di Bressanone, vassalli dell’Impero. Dopo aver respinto nel 14° sec. i Wittelsbach, che ambivano al predominio del Tirolo, e aver stroncato le mire veneziane nella battaglia di Calliano (1487), gli Asburgo allargarono i loro possedimenti feudali nell’Alto Adige. Secolarizzati nel 1803 i principati vescovili di Trento e di Bressanone, nel 1805 con la pace di Presburgo la parte meridionale dell’Alto Adige fu incorporata con il Trentino nel Regno Italico napoleonico. Dopo la fallita rivolta antifrancese guidata da A. Hofer, nel 1815 l’A. passò alle dirette dipendenze dell’Austria, la quale soprattutto dopo la perdita, avvenuta nel 1866, degli altri domini italiani, vi iniziò un’intensa opera di germanizzazione.
Al termine della Prima guerra mondiale l’A. passò all’Italia, e costituì, dal 1927 in poi, la provincia di Bolzano. Il regime fascista attuò una politica di italianizzazione della popolazione di lingua tedesca favorendo altresì una massiccia immigrazione di italiani, ciò che provocò una forte reazione locale di stampo nazionalistico. In seguito all’alleanza italo-tedesca tra Mussolini e Hitler nel 1939 fu firmato un accordo sul trasferimento in Germania della popolazione di lingua tedesca che avesse optato per la cittadinanza tedesca. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’A. fu costituito in zona di operazioni delle Prealpi, alle dirette dipendenze di un alto commissario tedesco, un’indiretta forma di annessione al Reich, alla quale pose termine l’occupazione alleata nel 1945. Nel 1946 gli accordi De Gasperi-Gruber, firmati a Parigi, assicurarono all’A. una larga autonomia amministrativa a tutela della popolazione di lingua tedesca. Dal 1953 incominciò sia in A. sia in Austria una campagna di protesta contro il preteso mancato rispetto da parte italiana degli accordi. In A. si giunse a una vasta azione di terrorismo, con gravi danni a linee di alta tensione, a ponti, centrali elettriche, e attacchi a posti di polizia. Dopo lunghe polemiche, anche dinanzi all’Assemblea dell’ONU, il governo italiano nel 1961 istituì la Commissione dei Diciannove, composta da parlamentari e rappresentanti della vita amministrativa ed economica della popolazione di lingua tedesca, con il compito di proporre misure per soddisfare più ampiamente l’esigenza autonomistica della provincia di Bolzano. La svolta verso un’intesa si ebbe soltanto quando l’Austria si rese conto che il suo sforzo di internazionalizzare il problema dell’A. e di farsi riconoscere il ruolo di garante dell’applicazione delle nuove concessioni che il governo italiano si apprestava a concedere alla popolazione di lingua tedesca non trovava eco né in Europa né all’ONU. Il negoziato si concluse nel 1969 con l’accordo firmato a Copenaghen dai ministri degli Esteri A. Moro e K. Waldheim, cui nel 1971 fece seguito quello in base al quale ogni eventuale controversia in merito fra i due paesi era demandata alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia. Il ‘pacchetto’ di misure, con cui si ampliavano i poteri amministrativi della provincia dell’A., venne approvato dal Parlamento italiano e fu poi recepito dallo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con l. cost. 1/10 novembre 1971, entrato in vigore nel gennaio 1972. Esso estende largamente le prerogative e le autonomie delle province di Trento e di Bolzano in tutta una serie di materie altrove di competenza regionale, e stabilisce fra l’altro a favore dell’A. l’estensione dei poteri d’intervento dei rappresentanti dei gruppi linguistici; il diritto di precedenza nel collocamento al lavoro per i residenti nella provincia; il principio della proporzionalità negli impieghi statali e pubblici in genere con l’introduzione di una riserva di posti (per i tre gruppi tedesco, italiano e ladino); la parificazione formale della lingua tedesca a quella italiana in tutta la regione.
Il primo momento dello svolgimento della storia linguistica dell’A. è rappresentato dalle lingue prelatine parlate dalle popolazioni retiche che abitarono le vallate atesine prima della conquista romana. A esse si sovrappose, a partire dall’ultima età repubblicana, il latino; attraverso questo processo ebbero origine le parlate romanze che sono dette appunto ladine. Per tutto l’alto Medioevo il fondo linguistico rimase ladino. Solo nell’ultimo Medioevo, e specialmente dopo che Ottone I ebbe annesso la regione all’Impero, l’elemento linguistico tedesco cominciò ad affiancarsi a quello ladino, e solo in età moderna, dal 15° secolo in poi, cominciò a predominare.
A parte l’italiano, i dialetti oggi parlati in A. appartengono dunque a due gruppi linguistici diversi, il germanico e il neolatino. Al primo appartiene il dialetto di gran lunga più esteso, il bavarese meridionale, o tirolese, che costituisce una varietà dell’alto tedesco, al secondo il ladino centrale (o dolomitico). Nel censimento del 2001 il gruppo linguistico italiano era del 27,65%, quello tedesco del 69,15%, quello ladino del 4,37%.