Complesso di concetti teorici e di norme pratiche desunti dagli antichi Greci e Romani e applicati alla composizione e al giudizio delle opere d’arte. Fu soprattutto il Rinascimento italiano che propose le opere degli scrittori e artisti latini e greci come modelli da seguire, nell’illusione di poter razionalmente determinare una volta per tutte i canoni del bello, e furono gli eruditi e i critici italiani (Vida, Trissino, Robortello, Patrizi, Scaligero, Speroni), che per primi, chiosando e interpretando, spesso troppo sottilmente, la Poetica di Aristotele, formularono teorie e precetti intorno all’arte e, in particolare, alla letteratura, che si diffusero e si imposero all’Europa colta. Più tardi il razionalismo cartesiano francese, specialmente per opera di N. Boileau (Art poétique, 1674), sistemò rigorosamente i precetti derivanti dai classici; e dalla Francia il c. passò, incontrastato, in tutta l’Europa sino al romanticismo.
In campo artistico e architettonico il termine c. genericamente definisce le manifestazioni che elaborino un linguaggio formale aderente o ispirato al mondo classico greco o romano, assunto come modello ideale. Il riferimento a un ‘ideale classico’, rispondente a criteri di equilibrio, armonia e proporzione, ha contribuito poi all’elaborazione di un concetto di c. in continua e costante antinomia e contrapposizione dialettica rispetto a espressioni artistiche diverse, ‘anticlassiche’, che possono riscontrarsi sin dall’antichità. Il riferimento all’antico, con la comparsa di forme classicheggianti, è già riscontrabile nell’arte e nelle architetture carolingie o federiciane; è tuttavia solo nel corso del 15° e 16° sec. che si assiste, attraverso lo studio delle fonti, i rilievi e l’interpretazione dei monumenti antichi, a una vera e propria rinascita e a un sistematico riuso dei partiti figurativi antichi nonché degli elementi connotativi delle architetture classiche. A tale atteggiamento spesso si associò la ricerca di precetti e indicazioni nella trattatistica e l’elaborazione teorica di leggi proporzionali e compositive. Tale tendenza sarà alla base della definizione concettuale di c. che troverà solo nel corso del 17° e 18° sec. la sua più puntuale accezione e fortuna critica.
In architettura è solo grazie alla individuazione e alla canonizzazione degli elementi connotativi del linguaggio classico (i cosiddetti ‘cinque ordini’ con la loro relativa e articolata sintassi) e, principalmente, in virtù dell’impiego di queste soluzioni formali, che il termine c. entra in relazione con una ben determinata produzione architettonica. Nelle arti figurative, se nel Rinascimento italiano si può parlare di un ritorno all’antico come segno di una ritrovata o ravvivata coscienza della storia, nel 17° sec., con la reazione dei Carracci nei confronti del manierismo, e alla fine del secolo in contrapposizione al barocco e al realismo caravaggesco, si configura una tendenza verso un c. idealistico, largamente ispirato a Raffaello e all’antico. Tale tendenza troverà in più riprese ampio spazio in Italia e in Europa, in particolare, nel c. della fine del 18° sec. che, sul piano dello stile e del gusto, è stato poi definito neoclassicismo (➔).
La definizione di stile classico, che si sviluppò in ambito tedesco nel corso del 19° sec. in relazione ad affinità e opposizione al romanticismo, si riferisce ai risultati espressivi della ricerca della cosiddetta prima scuola di Vienna. Tale stile fiorì nella triade F.J. Haydn, W.A. Mozart e L. van Beethoven e si protrasse fra il tardo barocco e il romanticismo, in un lasso di tempo compreso all’incirca tra il 1760 e il 1830. Prerogativa principale dello stile classico fu l’interesse per la musica strumentale, che si innestò sulle esperienze dello stile cosiddetto ‘galante’. Venne affermandosi così il concetto di una musica strumentale assolutamente autonoma (sia dallo stile vocale sia dalle forme di danza barocca) e autosufficiente. Per questa via si approdò a un messaggio musicale più logico e consequenziale e a un sistema noto come forma-sonata (o allegro di sonata).