Complesso movimento culturale europeo manifestatosi fra la seconda metà del 18° sec. e il primo trentennio del 19° sec., che, oltre a interessare tutti gli aspetti dell’arte, coinvolse il profondo rinnovamento della cultura e della società. Gli studi dell’ultimo trentennio del 20° sec. ne hanno evidenziato lo stretto rapporto con l’Illuminismo e, quindi, l’intreccio con le istanze del nascente Romanticismo e con i mutamenti politici e sociali di fine secolo.
Caratterizzato dal recupero di forme classiche, come norma e tendenza alla perfezione, alla logica, alla simmetria e alla chiarezza, il n. fu sostenuto dalla ricerca teorica di un fondamento razionale del bello e da una metodica indagine storica delle fonti; considerato uno stile ‘storico’, ha inaugurato le tendenze di recupero del passato che caratterizzano l’Ottocento. Ebbe a suo ideale la civiltà greca, ampliando poi il suo repertorio, esteso, a seguito delle scoperte archeologiche e di una vastissima acquisizione di forme dell’antico, anche all’arte romana, della Magna Grecia, etrusca ed egizia, come dimostrò la fortuna dell’opera di A.-C.-P. Caylus Recueil d’antiquités égyptiennes, étrusques, grecques, romaines et gauloises (7 vol., 1752-57); fece riferimento ai contenuti ideali del passato, in rapporto a istanze estetiche e morali del presente. La sua rapida divulgazione in Europa fu favorita dalle accademie e dai ‘viaggiatori’. Di particolare significato furono la costituzione a Cortona della raccolta Guarnacci e dell’Accademia etrusca (1727); i primi scavi di Pompei e l’inaugurazione a Roma del gabinetto egizio nel Museo Capitolino (1748); la pubblicazione delle Ruines de Grèce di J.-D. Le Roy (1758), delle Antiquities of Athens di J. Smart e N. Revett (1762), della Storia dell’arte antica di J.J. Winckelmann (1763).
In Italia i massimi teorici del n. furono, oltre allo stesso Winckelmann, il pittore R. Mengs e per l’architettura, in particolare, C. Lodoli e F. Milizia, che opposero alla fantasia barocca il principio razionale dell’unità di costruzione e decorazione, di funzione e forma.
In pittura il n. ebbe espressioni meno omogenee rispetto alle altre arti. In Italia, a Roma furono attivi, tra gli altri, D. Corvi, A. Cavallucci, l’inglese G. Hamilton, fino al tedesco R. Mengs, a F. Giani e agli accademici V. Camuccini, F. Agricola, F. Podesti; a Firenze operarono P. Benvenuti e L. Sabatelli; a Milano fu di rilievo la figura di A. Appiani in età napoleonica. In Francia, dove il ritorno all’antico trovò nelle idee della Rivoluzione un forte impulso morale, per J.-L. David il modello classico fu fonte d’ispirazione eroica (Il giuramento degli Orazi, 1784-85, Parigi, Louvre). In Germania il n. si manifestò soprattutto nella pittura di paesaggio di P. Hackert, J.A. Koch e nei disegni di J.W. Goethe; in Gran Bretagna il n. fu interpretato da J. Wright of Derby come esaltazione delle officine e fonderie e dallo statunitense J.S. Copley come rappresentazione storica.
Grande protagonista della scultura neoclassica fu A. Canova, la cui influenza fu notevole in tutta l’Europa e in particolare in Gran Bretagna con J. Flaxman, J. Bacon e T. Banks, in Germania con J.H. Dannecker e J.G. Schadow, in Danimarca con B. Thorvaldsen e in Francia con J.-A. Houdon e J. Pradier.
Nel periodo neoclassico importante fu anche l’attività degli incisori, massimo dei quali fu G.B. Piranesi, attivo anche come architetto. L’incisione fu uno dei mezzi di rapida divulgazione in Europa dei reperti antichi e quindi del gusto classico. Lo studio degli oggetti antichi emersi soprattutto dagli scavi di Ercolano e Pompei ebbe una enorme influenza sull’arte applicata, dalla ceramica (fabbrica di Wedgwood in Gran Bretagna) all’arredamento, dall’oreficeria al costume, e anche sull’antiquaria, intesa come fenomeno di studio e riproduzione dell’antico, ma talora vera e propria falsificazione a scopo commerciale. Nell’ambito del n. viene incluso anche lo stile impero, che caratterizzò l’età napoleonica, con ampia diffusione anche nelle arti applicate.
Nell’architettura del n. si individuano diversi stili: quello dorico (neodorico o neogreco), influenzato dalla riscoperta dei templi di Paestum e dal Partenone; quello romano, dove si riscontra l’uso dell’ordine tuscanico, ionico e corinzio; inoltre, il concetto di utilità, comodità, solidità degli edifici ripreso da Vitruvio si unì a quello di semplificazione degli ordini e dei piani, estrema sobrietà decorativa, ricerca di proporzioni chiare e armoniche e trovò applicazione nelle esigenze della insorgente società industriale e nella nuova organizzazione promossa dal pensiero illuminista; queste caratteristiche, trasferite dal singolo edificio a un complesso di strutture, diedero luogo a interessanti soluzioni urbanistiche, per lo più su schema geometrico (dalle piazze ai parchi, dalle abitazioni ai mercati, dai ponti ai cimiteri e ai musei, che furono creati per esporre al pubblico collezioni fino allora conservate in spazi privati), che trovò larga diffusione in Europa. Tra i principali architetti neoclassici sono da ricordare, in Italia, oltre allo stesso Canova, G. Piermarini e L. Cagnola a Milano, G. Valadier a Roma, G.A. Selva a Venezia, A. Niccolini a Napoli; in Francia J.-A. Gabriel e J.-G. Soufflot, gli utopisti e rivoluzionari É.-L. Boullée e C.-N. Ledoux, P.-F. Fontaine e C. Percier nel periodo napoleonico; in Gran Bretagna T. Pritchard, A. Darby, J. Nash, J. Soane, W. Wilkins; in Russia l’italiano G. Quarenghi; in Germania K.F. Schinkel.
Dalla critica delle arti figurative il termine è passato anche nella critica letteraria. In Italia, la reazione al secentismo si ha già alla fine del 17° sec., con l’Arcadia, la quale porterà sempre l’impronta classicistico-razionalista datale all’inizio soprattutto dal cartesiano G.V. Gravina. Lungo il Settecento, tale classicismo si configurava soprattutto nella tendenza all’espressione sorvegliata anche se tenue, perfettamente e musicalmente conchiusa in sé stessa, al decorativo e al grazioso; e ciò per influsso anche della decorazione ellenistica allora venuta in luce a Ercolano e a Pompei. Poi, via via che ci si avvicina alla fine del secolo, il bello è sempre più consapevolmente concepito non solo come armonia ma come stabilità di forme (la scoperta del bello greco di Winckelmann): donde la statuarietà tipica anche delle figurazioni poetiche. Il sopraggiunto impero napoleonico si vale ai suoi fini del preesistente gusto classicheggiante e lo fissa e appesantisce, spesso in macchinose scenografie e in elementari simbologie. Queste tendenze sono soprattutto francesi (A. Chénier) e italiane (V. Monti); ma tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento tutta l’Europa vi partecipa. Il Romanticismo reagisce al n., ma anche in questo sono state scorte venature romantiche, in quanto l’antichità già vi è vista come la sede sognata di un’umanità felicemente padrona di sé stessa. Si pensi soprattutto a Le Grazie di U. Foscolo.
Nella critica contemporanea, si è dato il nome di n. alla tendenza letteraria che fece capo, nel primo dopoguerra, alla rivista La Ronda, per il suo richiamo, sull’esempio dei classici (soprattutto di Leopardi), alla misura e al decoro formali, dopo le intemperanze dei futuristi, l’impressionismo dei vociani e di altre esperienze ‘anticlassiche’.
È stato chiamato n. un indirizzo estetico-musicale sviluppatosi soprattutto nel periodo fra la Prima e la Seconda guerra mondiale e consistente in un ritorno con sensibilità moderna ai moduli stilistici e formali della musica classica settecentesca e di quella precedente. In alcuni casi si ebbero vere e proprie rielaborazioni di musiche di autori passati, come nel caso di Pulcinella di I. Stravinskij, uno dei lavori che diedero l’avvio alla voga neoclassica, basato su temi di G.B. Pergolesi. Il n. ebbe particolare fortuna in Francia e in Italia.