Incisore e architetto (Mogliano, Mestre, 1720 - Roma 1778). Si formò a Venezia con lo zio M. Lucchesi, ingegnere idraulico, e poi con l'architetto palladiano G. A. Scalfarotto; seguì inoltre l'insegnamento della prospettiva nella bottega dell'incisore C. Zucchi. La vocazione per l'architettura, la passione per l'archeologia e l'interesse per il vedutismo e il capriccio architettonico di P. trovarono numerosi stimoli nella formazione veneziana, a cui si unirono gli insegnamenti di progettazione scenica di G. e D. Valeriani. Le piene potenzialità della fantasia architettonica di P. si realizzarono tuttavia dopo il trasferimento a Roma (1740), al seguito dell'ambasciatore veneziano M. Foscarini. Qui si dedicò decisamente all'incisione, dopo un breve apprendistato tecnico con G. Vasi; fu ancora a Venezia (1744 e 1745-47), dove conobbe l'opera di G. B. Tiepolo. All'inizio del soggiorno romano realizzò alcune serie di incisioni fantastiche, come la Prima parte di architetture e prospettive (1743) e la prima redazione delle Carceri (1745), straordinarie e visionarie interpretazioni dell'antico, con lo scopo dichiarato di stimolare l'immaginazione degli artisti contemporanei. In questo periodo, P. entrò in contatto con gli artisti che frequentavano l'Accademia di Francia, allora a palazzo Mancini. L'arte tardobarocca romana rimase un riferimento fondamentale nell'attività sia teorica che artistica di P.; nell'incisione, l'artista usò con libertà inventiva i procedimenti dell'acquaforte, realizzando, specie nella maturità, composizioni drammatiche e complesse tramite accentuati effetti prospettici e chiaroscurali. Dagli anni Cinquanta sviluppò i suoi interessi per l'archeologia, anche in seguito a una visita agli scavi di Ercolano. Del 1750 sono i Capricci, dal luminoso impianto di origine veneziana; seguono le Antichità romane (1756), la nuova edizione delle Carceri (1760), Della magnificenza ed architettura de' Romani (1761), dedicato a papa Clemente XIII, suo protettore e mecenate. In queste opere P. inaugurò un nuovo sistema di ricerca archeologica, rivolta tanto ai processi tecnici e costruttivi quanto all'originalità e alla ricchezza dei repertorî ornamentali; sviluppò inoltre l'aspetto teorico, ponendosi al centro del dibattito sulla superiorità tra l'architettura greca e romana. In contrasto con il programma rigorista e filoellenico di Winckelmann, si schierò in favore dell'architettura romana, sottolineandone la capacità tecnica e la ricchezza inventiva. Culmine della polemica il Parere su l'architettura (1765), dialogo tra due architetti, Protopiro e Didascalo, che rappresentavano i diversi aspetti del dibattito. Di questo stesso periodo sono Le rovine del castello dell'Acqua Giulia (1761) e la Descrizione e disegno dell'emissario del Lago di Albano (1762), che rivelano la sua attenzione per i problemi idraulici. Sotto il pontificato di Clemente XIII P. fu vicino a realizzare i suoi interessi per l'architettura, con l'importante commissione (1763) del rifacimento della tribuna e dell'altare maggiore di S. Giovanni in Laterano. Il progetto, abbandonato nel 1767 e testimoniato da una serie di disegni (New York, Pierpont Morgan library e Columbia University, Avery architectural library), si poneva in ideale continuità con il restauro borrominiano della basilica. Del 1764 è l'incarico per il rifacimento di S. Maria del Priorato: P. realizzò la piazza antistante il giardino e la decorazione della facciata e dell'interno, con un complesso ed eclettico repertorio ornamentale che unisce motivi antichi e iconografia legata alla committenza. Tra le ultime raccolte di incisioni, le Diverse maniere d'ornare i cammini ed ogni altra parte degli edifizi (1769), dimostrazione delle possibilità di applicazione pratica di un sistema progettuale e decorativo ispirato a motivi romani ed etruschi, e Vasi, candelabri, cippi, sarcofaghi, tripodi, lucerne ed ornamenti antichi (1778). I rami da cui furono tratte le sue opere, portati a Parigi dai figli, furono acquistati nel 1839 da Gregorio XVI (Roma, Calcografia Nazionale). ▭ Tav.