Disegno eseguito sopra una superficie dura (parete rocciosa, pietra, legno, materiale ceramico, cuoio, metallo). lavorando a mano con uno strumento a punta. È una tecnica artistica usata, nelle possibili gradazioni di profondità, fin dalla preistoria. Da ricordare le figurazioni magico-cultuali nell’arte rupestre, i motivi puramente decorativi o narrativi eseguiti sull’argilla fresca o sulla superficie del vaso già parzialmente essiccata prima della cottura, sui vasi a vernice lucida; e ancora la decorazione di oggetti di legno, di osso, di avorio che, fino al Medioevo e oltre, possono essere espressione non solo di arte popolare ma anche di arte suntuaria, alla stessa stregua delle gemme incise. Sul metallo l’i. si accompagna spesso ed è alla base di tecniche più complesse, come il niello, l’agemina, lo smalto.
Oltre che come tecnica esecutiva dell’opera finale, si definisce i. la tecnica relativa alla realizzazione di una matrice incisa ai fini della stampa.
Da una matrice incisa, poi inchiostrata e impressa su fogli di carta mediante rulli e torchi, si può ricavare una serie di esemplari (tiratura) della stessa immagine. Sulla matrice metallica l’incisore può intervenire in successive riprese, eseguendo prove di stampa, dette prove di stato. «Antilettera» o «avanti tutte le lettere» è l’ultima prova dell’i., compiuta, ma ancora priva del titolo e dei nomi degli autori (inventore, esecutore, editore). Quando è ideata ed eseguita dallo stesso artista, si ha l’i. originale. Si dice invece i. di traduzione quella che riproduce opere di un artista diverso dall’esecutore. Secondo la tecnica di esecuzione e di stampa, si possono individuare due tipi principali di i., l’i. in rilievo e l’i. in cavo.
Nell’i. in rilievo il materiale per eccellenza è il legno (➔ xilografia), ma può essere eseguita anche su linoleum (linoleumgrafia, linografia) o su altro materiale adatto. Consiste nell’incidere, con sgorbie, la matrice risparmiando in rilievo, appunto, le parti che delineano l’immagine. Spalmato l’inchiostro, con un rullo o con un tampone, sulla parte in rilievo della matrice, la stampa può essere eseguita manualmente (si poggia la matrice sulla carta: procedimento a stampiglio; o si poggia il foglio di carta sulla matrice e si strofina con un oggetto duro e liscio) o con un torchio tipografico a pressione verticale. Sulla carta i segni stampati risulteranno leggermente avvallati.
L’i. in cavo, su matrice metallica (soprattutto rame; dalla fine del 18° sec. anche zinco, acciaio ecc.), può essere eseguita direttamente (i. diretta), a mano mediante punte e bulini (bulino, come in fig. A, puntasecca, maniera nera), o indirettamente (i. indiretta), per l’azione di un acido (morsura) che corrode i punti del metallo lasciati a nudo dalla traccia del disegno, eseguita sulla lastra precedentemente ricoperta da uno strato di materiale resistente all’acido; il disegno può essere tracciato con punte normalmente di acciaio di varia grossezza (acquaforte, come in fig. B), la lastra può essere granulata per ottenere un effetto più pittorico (acquatinta); un segno più morbido, simile alla matita, può essere ottenuto interponendo un foglio di carta sottile tra punta e lastra, ed effetti più complessi si ottengono inoltre applicando con un pennello l’acido direttamente sulla lastra (morsura diretta, come in fig. C: vernice molle, maniera a lapis ecc.). La cosiddetta maniera punteggiata (uso del punto anziché del tratto) rientra, a seconda di come si esegue, nel bulino, nella puntasecca o nell’acquaforte.
L’i. indiretta può essere effettuata con una sola morsura (morsura piana) o con varie morsure successive (morsura multipla o per coperture). Incisa la lastra e pulita accuratamente (nell’i. a bulino, che asporta il ricciolo di metallo, e nella i. a puntasecca, che solleva i bordi del segno, si eliminano con il raschiatoio le cosiddette barbe che si formano ai lati del segno), si distribuisce l’inchiostro, facendolo penetrare mediante un tampone nei solchi incisi; si netta poi la superficie e si procede alla stampa (fig. D) con il torchio calcografico a due cilindri. Sul foglio i tratti corrispondenti a quelli incisi risulteranno leggermente in rilievo. Per la differenza nei procedimenti, nonostante l’affinità dei risultati, non sono definiti i. altri procedimenti di stampa quali la litografia (➔), la serigrafia (➔), il monotipo (➔).
L’i. su metallo, della quale G. Vasari attribuì l’invenzione a M. Finiguerra, sembra svilupparsi in modo indipendente in Italia e in Germania nel 15° secolo. Nelle botteghe degli orafi fiorentini, a metà del secolo, prese avvio dalle impronte dei nielli che essi traevano sulla carta per giudicarne l’effetto. In linea generale, a differenza della xilografia che diffondeva immagini popolari e fu impiegata fin dall’inizio nell’illustrazione di libri stampati, l’i. calcografica sembra assolvere compiti più vicini a quelli del disegno, come strumento di diffusione di modelli, come ricerca grafica personale dell’artista. Tra i primi capolavori si annoverano il Combattimento degli ignudi (1470 circa) di A. del Pollaiolo e le sette i. attribuite ad A. Mantegna; e inoltre quelle di Zoan Andrea, del monogrammista I.B., che accompagna la sua firma con un uccello, del fiorentino C. Robetta, di G. Campagnola, di Jacopo dei Barbari (il Maestro del Caduceo) ecc. In Germania la prima grande personalità è il Maestro E.S. (1466), cui segue M. Schongauer. A. Dürer riassume le conquiste dei predecessori e inizia la serie dei grandi incisori tedeschi: H. Holbein il Giovane, A. Altdorfer, L. Cranach; numerosi sono anche i maestri conosciuti solo con i loro monogrammi o del tutto anonimi. A Dürer si devono anche, oltre a i. a bulino, fino ad allora la tecnica usuale, anche le prime puntesecche e acqueforti.
Il primo Cinquecento annovera tra gli incisori, che accompagnano la perizia tecnica a un altissimo livello qualitativo, Luca da Leida e M. Raimondi che, oltre a produrre i. originali, diede avvio all’i. di traduzione che, nei secoli successivi fino all’avvento della fotografia, ebbe straordinario sviluppo. Roma, a metà del 16° sec., era il maggiore mercato europeo di stampe, alimentato da famosi incisori ed editori. Ma continuava parallelamente l’i. originale: in Italia, nel 16° sec., si ricordano, tra gli altri, il Parmigianino (per l’acquaforte), A. Schiavone, F. Barocci che sperimentò l’uso di più punte e la morsura per coperture, Agostino Carracci e Villamena; nel 17° sec., S. della Bella, P. Testa, G.B. Castiglione, S. Rosa.
In Francia (dove nel 16° sec. l’i. ebbe un certo rilievo solo nell’ambito della scuola di Fontainebleau), J. Callot, formatosi come della Bella a Firenze, alla scuola di R. Cantagallina, raggiunse altissimi risultati. Incisori al bulino quali C. Mellan e R. Nanteuil, specializzati nel ritratto, ebbero moltissimi imitatori creando la moda del ritratto inciso. Parigi divenne centro importante per la produzione grafica: nel 1645 A. Bosse pubblicò il Traicté des manières de graver en tailledouce; nel 1667 la notevole collezione di stampe dell’abate M. de Marolles costituì il fondo del futuro Cabinet des Estampes e fu istituito, circa nello stesso periodo, il Cabinet du Roi (poi Chalcographie du Louvre) con l’intento di registrare, attraverso i., il patrimonio monumentale e artistico francese. Nelle Fiandre accanto alla produzione a bulino (i Collaert, i Sadeler ecc.), la ricerca pittorico-chiaroscurale perseguita da P.P. Rubens e da A. van Dyck, porta all’affermarsi della maniera nera, la cui invenzione sembra sia da attribuire a L. van Siegen; tale tecnica sarà largamente usata dagli incisori inglesi, tanto da essere anche denominata (oltre che mezzatinta) maniera inglese. In Olanda la tradizione del bulino, che aveva avuto in H. Goltzius la più raffinata e virtuosa espressione, nel 17° sec. cede il posto all’acquaforte originale con la sperimentazione di H. Seghers e l’opera di Rembrandt. In Germania, nel 17° sec., emergono i Sadeler, i Kilian, i Sandrart, A. Elsheimer, F. Roos; nel 18° sec. l’acquafortista di maggiore fama fu D. Chodowiecki.
La sperimentazione portò, nel 18° sec., alla invenzione di nuove tecniche, rivendicate da vari artisti: l’acquatinta da J.-B. Le Prince; la maniera a lapis per la traduzione di disegni da G. Demarteau, J.-Ch. François e L. Bonnet (in particolare per l’i. a pastello); e da queste tecniche prese avvio la stampa a colori. Ma anche nelle tecniche tradizionali nel sec 18° l’i. raggiunse espressioni altissime in Italia con G.B. Tiepolo, Canaletto, G.B. Piranesi, e altri numerosissimi maestri. Nel 1738 Clemente XII istituì la Calcografia camerale, il cui fondo è costituito dai rami della calcografia di G.G. e D. De Rossi. Altri centri di produzione importante sono Bassano con la calcografia Remondini e Venezia con la bottega di G. Wagner.
In Gran Bretagna, un’abile schiera di riproduttori, adottando soprattutto la maniera nera, diffuse nel 18° sec. la pittura coeva, raggiungendo efficaci equivalenze del colore, mentre l’i. originale divenne con W. Hogarth particolare strumento di ironia e critica. Al volgere del secolo è eccezionale l’opera incisoria di F. Goya. Dal 19° sec., con l’avvento della litografia e poi della fotografia, mentre decadeva l’i. di traduzione, quella originale fu praticata da alcuni artisti significativi, come É. Delacroix, C. Corot, H. Daumier, O. Redon, W. Turner, J. Whistler, F. Rops, M. Klinger, J. Ensor; e così nel 20° e 21° sec., con continua sperimentazione tecnica e formale.
La ferita operatoria attraverso la quale si eseguono le manovre relative ai vari tempi dell’intervento. Alcune i., ormai classiche, sono conosciute sotto i nomi dei chirurghi che le hanno proposte (per es., i. di McBurney per l’appendicectomia).