Nome con cui è noto il pittore Francesco Mazzola (Parma 1503 - Casalmaggiore 1540). Fu tra i più importanti artefici del manierismo, di cui rappresentò l'ideale di grazia, di raffinatezza. Meglio che nei quadri, il valore pittorico del P. si espresse nelle incisioni, che più delle pitture contribuirono a crear la moda artistica parmigianinesca in Italia. Fu gran signore, perfetto aristocratico, che amò soprattutto l'eleganza di un contorno, la purezza di sagoma delle forme modellate come in stampi preziosi da un sapiente vasaio: le anfore, che egli predilige quali ornamenti, sino dagli affreschi giovanili di S. Giovanni, appaiono come simboli del suo ideale estetico. Egli fu un raffinato, un esteta che giunse per sottili ragionamenti all'arte, piuttosto che un pittore nato, un pittore d'istinto, quale fu il suo contemporaneo Correggio. Padre dell'acquaforte italiana, le sue incisioni diffusero stilistiche eleganze dall'Emilia alla Toscana, a Roma, all'Italia settentrionale: raggiunsero il Pontormo nel mondo inquieto del manierismo toscano; raggiunsero Paolo Veronese, nel suo regno di colore.
Figlio del pittore Filippo Mazzola (1460-1505), che era stato latore a Parma di ammaestramenti giambelliani e antonelliani, il P. fu educato all'arte dagli zii Pier Ilario e Michele Mazzola, modesti pittori locali, non sprovveduti di certo rigore disegnativo. Nulla si sa dalle fonti circa l'educazione di Francesco, nelle cui opere non è traccia di ricordi dell'arte paterna. Senza dubbio altamente operarono su di lui gli esempi del Correggio (Sposalizio di s. Caterina, Canonica di Bardi, 1521) ma negli affreschi delle due prime cappelle a sinistra della chiesa di S. Giovanni Evangelista (1522) gli arditi scorci prospettici correggeschi sono già risolti in una ricerca di grazia del tutto personale; e lo stesso si può dire degli affreschi della «Saletta di Diana e Atteone» nella Rocca dei Sanvitale a Fontanellato, che pure richiamano l'opera del Correggio alla Camera di S. Paolo. Nel 1523 il P. si recò a Roma, dove fu presentato a papa Clemente VII, allora eletto, e in quello stesso anno dipinse la Sacra Famiglia degli Uffizi, con la Maddalena, ove appaiono sintomi di manierismo raffaellesco. Mentre stava lavorando alla Madonna Bufalini, tra i più notevoli esempi di trasfigurazione stilistica d'elementi romani e correggeschi, venne fatto prigioniero durante il sacco del
Riacquistata la libertà, andò a Bologna, donde nel 1531 tornò a Parma. La pala con la Visione di s. Girolamo (1526-27; Londra, National Gallery), oltre che attestare una piena maturità, dimostra la notevole influenza esercitata non solo dai grandi maestri, ma anche dall'esperienza dei giovani manieristi toscani presenti a Roma, prima del 1527. Dalle giovanili premesse, la pittura del P. si svolge secondo la linea coerente di un manierismo di sempre più preziosa, complessa, rigorosa eleganza. La Madonna con s. Zaccaria (1530) degli Uffizi, la Madonna della rosa di Dresda (1528-30), la Madonna di santa Margherita di Bologna (1529), la Madonna dal collo lungo degli Uffizi (1534), il Cupido che prepara l'arco di Vienna (1535) ne attestano le fasi più significative; gli affreschi della Steccata a Parma (arcone della cappella maggiore: 1531-39; affreschi che non riuscì a portare a termine, sembra, per l'interesse che l'alchimia suscitava in quel momento in lui e che lo teneva totalmente occupato) ne costituiscono l'estremo raggiungimento. Analoga tensione di stile regge lo sviluppo della raffinatissima ritrattistica del P.; se ne può giudicare, per non parlare di altro, dai ritratti di Galeazzo Sanvitale e dalla cosiddetta Antea a Napoli (Capodimonte). Il P. ha grande importanza nella storia dell'incisione perché sembra sia stato il primo, in Italia, a usare la tecnica dell'acquaforte e per aver fornito agli incisori numerosi disegni che diffusero i suoi modi.