Tecnica di lavorazione artistica dei metalli, specialmente preziosi, consistente nel riempire i solchi di un’incisione a bulino su una superficie metallica con un composto nero (detto anch’esso n.), di rame rosso, argento, piombo, zolfo croceo e borace; a contatto del corpo inciso, preventivamente scaldato, il n. si scioglie e penetra nell’incisione; dopo il raffreddamento, la superficie viene levigata e lucidata. In antichità il n. fu usato come tecnica accessoria nei lavori di ageminatura; compare già nelle ornamentazioni di spade micenee. Fu praticato nell’arte orientale e bizantina. Nel 12° sec. il monaco Teofilo ne dà ragguagli tecnici; in Italia ne restano pochi saggi rispetto ai prodotti oltramontani del 12°-13° sec. (altare portatile di Ruggero di Helmershausen, Paderborn, Tesoro del duomo). Nel 15° sec. l’arte del n. si restringe quasi esclusivamente all’Italia. Fra i niellatori del periodo ci sono Maso Finiguerra, Pollaiolo, F. Brunelleschi, M.A. Bandinelli, F. Francia, Caradosso, Peregrino da Cesena. Dopo il 16° sec. il n. decadde; fu ancora in uso nell’ornamentazione di armi, in Italia e in Spagna.