Scienza dell’antichità che mira alla ricostruzione delle civiltà antiche attraverso lo studio delle testimonianze materiali (monumentali, epigrafiche, numismatiche, dei manufatti ecc.), anche mediante il concorso di eventuali fonti scritte e iconografiche. Caratteristica dell’a. è il metodo di acquisizione delle conoscenze, mediante cioè lo scavo sul terreno, la ricognizione di superficie, la lettura dei resti monumentali residui. Tale caratterizzazione ha consentito di concepire l’a. come metodo di ricostruzione storica, piuttosto che come indicatore cronologico, così che il termine cronologico basso si è dilatato ad accogliere i periodi post-classici e comunque l’insieme delle informazioni provenienti da indagini archeologiche. Parallelamente, l’integrazione con le scienze chimiche e fisiche ha consentito di ampliare la gamma delle possibilità conoscitive, grazie soprattutto alle indagini diagnostiche. La ricerca archeologica è strettamente connessa con le istanze di conservazione e di restauro delle emergenze indagate, per limitare la perdita dei dati e per preservare quanto più possibile le testimonianze del passato.
A partire almeno dall’ultimo decennio del Ventesimo secolo, anche grazie all’apporto delle scienze naturali e delle tecnologie informatiche, la ricerca archeologica ha ampliato metodologie, strumenti e settori di indagine: all’estensione degli ambiti spaziali indagati e all’allargamento delle prospettive temporali - fino a ricomprendervi anche contesti cronologicamente adiacenti al presente - si sono affiancati approcci multidisciplinari che hanno privilegiato un rigoroso inquadramento antropologico dei dati provenienti dal record archeologico e la ricostruzione ecologica dei paesaggi storici attraverso indagini ambientali. Parallelamente, la pratica archeologica ha assunto – soprattutto in ambito extraeuropeo – una dimensione fortemente etica in merito alla gestione dei siti e alla musealizzazione dei reperti, con un’attenzione della ricerca volta alla tutela dei patrimoni culturali locali e alla revisione critica dei processi di appropriazione e fruizione del passato, nella prospettiva di un turismo archeologico sostenibile.
Le specificità di approccio e la tradizione storiografica hanno determinato la consueta suddivisione secondo ambiti storici e/o geografici, quali la paleontologia, l’a. preistorica e protostorica (➔ preistoria), l’a. classica, l’a. cristiana e medievale, l’a. islamica, l’a. post-medievale e industriale, l’a. orientale (egittologia, a. del Vicino Oriente, a. del Medio Oriente, a. dell’Estremo Oriente), l’a. dell’Africa, l’a. delle Americhe, l’a. dell’Oceania. A queste si affiancano, ambiti di ricerca specifici per tecnologie, o per tipologie dei reperti, quali l’a. subacquea, l’a. dell’architettura, l’a. della produzione, l’etnoarcheologia ecc.
Il termine a. è stato usato anche come titolo di opere o parti di opere che trattano di antichità. Così si indicò con il nome di Archeologia la prima parte del I libro delle Storie di Tucidide, le Antichità giudaiche (᾿Ιουδαικὴ ἀρχαιολογία) di Flavio Giuseppe, le Antichità romane (῾Ρωμαικὴ ἀρχαιολογία) di Dionisio di Alicarnasso ecc.
ARCHEOLOGIA CLASSICA
Studio della documentazione monumentale delle civiltà classiche, soprattutto la greca e la romana, ma anche l’italica, l’etrusca ecc., condotto attraverso lo scavo sistematico e l’indagine sia antiquaria sia storico-artistica dei reperti; l’a. tende a congiungere lo studio della vita pubblica e privata dei popoli classici con lo studio storico dell’arte antica. Trae origine dall’amore umanistico per la riscoperta delle antichità, che si espresse non solo nell’esaltazione dei monumenti greci e romani, ma anche nell’esigenza di conoscere gli istituti pubblici della classicità nel loro contesto e nella loro autenticità storica: F. Brunelleschi studiò nel primo Quattrocento l’edilizia romana e a una ricostruzione dell’antica topografia lavorarono Biondo Flavio, P. Bracciolini, G. Rucellai; nel 1478 P. Leto fondò l’Accademia degli antiquari. Nel Cinquecento sorsero numerose collezioni di antichità: nel 1506 Giulio II iniziò la raccolta di statue antiche nel cortile del Belvedere, mentre le innumerevoli sculture restituite dal suolo di Roma andarono a costituire le prime collezioni Chigi, Grimani, Este, Della Valle, Cesi, Farnese, Medici, Capitolina. Monumenti e iscrizioni furono elencati e studiati da F. Albertini, B. Marliano, U. Aldrovandi, P. Ligorio. Il primo tuttavia a fare del monumento una fonte storica fu T. Fazello (De rebus Siculis decades duae, 1558).
La diffusione dello studio del greco suscitò la curiosità per i monumenti greci, sino allora trascurati in confronto ai romani e si susseguirono viaggi e studi sulle antichità della Grecia e dell’Asia Minore e Anteriore: di C.-F.O. de Nointel, che fece disegnare monumenti di Atene, di J. Spon in Oriente (1674-75); di G. Wheeler, nel 1751-54 quelli di J. Stuart e di N. Revett e nel 1753 di R. Wood a Palmira. Nel 18° sec. iniziarono i grandi scavi: nel 1720-27 sul Palatino, nel 1724-42 a Villa Adriana dal conte Fede; R. Alcubierre, per impulso di Carlo III di Borbone, intraprese gli scavi sistematici di Ercolano (1738-65) e di Pompei (1748); nel 1766 si scoprì la villa ercolanese dei papiri. Si fondarono le accademie dedicate allo studio dell’antichità: nel 1679 la parigina Académie des Inscriptions et belles lettres, nel 1727 l’Accademia Etrusca di Cortona, nel 1733 la Società dei dilettanti a Londra che nel 1764 iniziò esplorazioni in Asia Minore, nel 1740 l’Accademia di antichità profane a Roma e nel 1755 l’Accademia Ercolanese a Napoli. L’erudizione del tempo produsse opere poderose: T. Dempster scrisse, tra il 1616 e il 1619, De Etruria regali, che segnò la nascita dell’etruscologia, o etruscheria, di cui è un altro esempio il Museum Etruscum (1737-43) di A. F. Gori; A. Bosio iniziò lo studio dei monumenti cristiani con la Roma sotterranea (1632). Raccolte di monumenti sono il Thesaurus antiquitatum Romanarum (1649-99) di J.G. Graevius e il Thesaurus antiquitatum Graecarum (1694-1701) di J. Gronovius, L’antiquité expliquée et représentée en figures (1719-24) di B. Montfaucon e il Recueil d’antiquités di A.-C.-P. de Caylus (1752-67). Il Settecento portò soprattutto la prima storia dell’arte greco-romana con la Geschichte der Kunst des Altertums (1764) di J.J. Winckelmann, dalla quale data la nascita dell’a. classica nel senso moderno. In Italia va ricordato E.Q. Visconti, la cui opera fondamentale è il Museo Pio Clementino (1783-1807), illustrante la ricca collezione di statue riunita da Pio VI nel Vaticano, oltre alle monumentali opere sull’iconografia greca e romana.
Il 19° sec. è la grande età della ricerca archeologica: si costituirono o si ampliarono i grandi musei, il Borbonico a Napoli, le collezioni Albani e Borghese a Roma, quella napoletana del Hamilton, il British Museum di Londra, il Musée Napoléon di Parigi. Il trasporto dei marmi del Partenone a Londra per opera di Lord Elgin ai primi del secolo costituì un nuovo impulso verso lo studio dell’arte greca; si moltiplicarono i viaggi e gli scavi, degli inglesi E.D. Clarke, E.D. Dodwell, W. Gell, W.M. Leake in Grecia (1801-1806), quelli a Egina (1811), a Basse (1812); dei Francesi in Morea (1829), di L. Ross sull’Acropoli (1833-36), di C. Fellows in Licia (1838), e quelli inglesi al mausoleo di Alicarnasso e al Didimeo (1846-59), di A. Salzmann a Camiro (1858-65), di L. Palma di Cesnola a Cipro (1867-76), quelli a Tanagra e al Dìpylon (1870-71). In Italia ripresero con maggiore vigore gli scavi etruschi; si crearono il Museo Gregoriano al Vaticano, la collezione Campana, dispersa nel 1861. A Roma si ebbero gli studi di L. Canina, gli scavi al Foro e al Palatino, e nel 1860 iniziarono quelli sistematici di G. Fiorelli a Pompei. Roma divenne il centro dell’a. intorno all’Istituto di corrispondenza archeologica, fondato nel 1828, che promosse i Corpora monumentorum. Anche ad Atene cominciarono a sorgere istituti archeologici stranieri, per prima l’École française (1846). Un grande impulso ebbero gli studi archeologici nell’ultimo trentennio del secolo; si fondarono i musei nazionali di Atene e di Roma. Un dilettante geniale, H. Schliemann, scoprì – attraverso gli scavi di Hissarlik (dal 1871), di Micene (1874) e di Tirinto (1884) – la cultura preellenica o cretese-micenea, come sarà definita dopo gli scavi cretesi di A.J. Evans a Cnosso (dal 1900), e di P. Halbherr e L. Pernier a Festo (dal 1901). Ricordiamo ancora gli scavi a Mileto (1872-73), a Samotracia (1873-75), a Efeso (dal 1896), a Olimpia (dal 1875), a Pergamo (dal 1878), a Magnesia (1891-93), a Priene (dal 1895), a Tera (dal 1896), a Mileto (1899), a Delo (dal 1879), a Delfi (dal 1893), a Epidauro (1881), sull’Acropoli di Atene (dal 1885), ad Argo (dal 1892), a Sparta (1909).
Il perfezionamento dei mezzi d’indagine, della tecnica di scavo, dell’analisi stratigrafica, hanno segnato un crescente progresso nell’a. del 20° sec., che ha visto la continuazione delle grandi imprese di resurrezione dei principali centri del mondo antico. Varie scuole si sono impegnate in Grecia e in Oriente: la francese particolarmente attiva a Delo, a Delfi, a Taso, a Mallia; l’italiana a Festo, a Hagia Triada, a Rodi, a Coo, a Lemno, a Cirene; la tedesca a Olimpia; l’inglese a Cnosso, a Micene, a Mitilene, a Itaca; l’americana in Argolide, a Troia e nell’Agorà di Atene; la svedese ad Asine, a Cipro, a Labranda; l’austriaca a Efeso. Molte missioni hanno esplorato e scavato in Oriente e in Egitto. Non meno attiva è stata l’opera di scavo in Italia, sia nei grandi centri di Roma, Pompei, Ercolano, Ostia, sia in Sicilia, in Magna Grecia, in Etruria, ad Aquileia; i centri romani dell’Africa settentrionale sono stati messi in luce da italiani e francesi, e si sono scavati e studiati anche quelli della Germania, della Gallia, della Britannia, della Spagna. Si sono moltiplicati i musei, e al concetto architettonico ed estetico del Settecento è subentrato quello di un’esposizione in funzione della migliore visibilità dell’opera d’arte (➔ museo).
Gli archeologi contemporanei si sono anche impegnati in ricostruzioni storiche dell’arte classica, che meglio rispondessero alla moderna valutazione estetica di quelle opere e alla maturata soluzione dei più generali problemi della storia antica. L’a. classica, insieme con la più sistematica elaborazione critica degli antichi resti monumentali, porta il suo fondamentale contributo alla conoscenza storica del mondo greco-romano, studiando lo sviluppo della sua arte non solo nelle grandi personalità creatrici, ma anche nel terreno in cui si radica ognuna di quelle individuali esperienze, risolvendo i problemi di continuità stilistica e di rapporto tra vita culturale ed espressione poetica che ognuna di quelle opere pone. Nei tempi più recenti, oggetto dell’a. classica non è stata più soltanto la storia dell’arte antica; nello scavo, la cui tecnica si è affinata anche per influsso di quella usata nelle ricerche preistoriche, si tende a ricostruire ogni possibile aspetto del mondo classico.
ARCHEOLOGIA CRISTIANA E MEDIEVALE
L’ a. cristiana ha come oggetto le testimonianze materiali generate dalla diffusione del cristianesimo e le conseguenze sul piano monumentale, urbanistico, di organizzazione del territorio, così come sul piano iconografico e decorativo, per un periodo che si riferisce alla prima diffusione del fenomeno cristiano, tradizionalmente posto al termine del pontificato di Gregorio Magno (604). Nei metodi, non differisce dall’a. classica. Tra i primi cultori vanno ricordati O. Panvinio e M. Cervini (poi papa Marcello II) e, attorno a s. Filippo Neri, a Roma, soprattutto A. Bosio; vanno menzionati in seguito R. Fabretti e M. Boldetti. Ma, specialmente con il 19° sec., l’a. cristiana si è affermata come disciplina per opera di G. Marchi prima, quindi di G.B. De Rossi e della sua scuola. Tra gli altri cultori dell’a. cristiana vanno ricordati H. Leclercq, cui (con F. Cabrol) si deve in gran parte il grande Dictionnaire d’archéologie chrétienne et de liturgie, F.J. Dölger, iniziatore, con H. Lietzmann, del Reallexikon für Antike und Christentum.
Si intende invece per a. medievale la raccolta di informazioni mediante il recupero sistematico di testimonianze materiali della cultura successiva all’epoca classica: principale metodo di recupero è lo scavo, che consente di studiare nella tipologia e nell’evoluzione strutture (castelli, case, officine ecc.) e manufatti (utensili, abbigliamento ecc.). L’applicazione del metodo archeologico allo studio delle culture post-classiche è relativamente recente e non universalmente diffuso: rispetto alla storiografia tradizionale, l’obiettivo più caratteristico che l’a. medievale si pone è la ricostruzione della storia della cultura materiale, cioè dei mezzi e dei metodi impiegati nella produzione, dei dati relativi alla distribuzione e al consumo dei beni. Ovviamente il metodo archeologico è solo un contributo alla conoscenza storica: a questa si può giungere in forma completa studiando anche i dati forniti dalla documentazione scritta e avvalendosi di discipline ausiliarie: datazioni mediante il Carbonio 14, applicazioni botaniche, determinazioni delle faune, analisi metallurgiche, analisi tecniche delle ceramiche e delle maioliche, analisi chimiche, foto aeree ecc. Riveste una speciale importanza nel quadro dell’a. medievale la ricerca sui villaggi, in particolare su quelli abbandonati e non compromessi da successivi insediamenti.
Particolare rilevanza ha lo studio delle popolazioni nomadi, definite germaniche, per le quali l’assenza di documentazione scritta almeno per i primi periodi della loro diffusione genera l’indispensabilità della ricerca archeologica come forma privilegiata di conoscenza. Questo tipo di ricerca coinvolge anche tutti gli aspetti della civiltà medievale poco noti attraverso la documentazione scritta, soprattutto cioè quelli relativi all’esistenza quotidiana: forme di insediamento, popolamento rurale, attività agricole, corredo della casa contadina, livello di vita, produzione, scambi, consumi. Nei paesi dell’Est europeo, la ricerca ha affrontato i problemi dello sviluppo delle società feudali applicando il metodo archeologico con un certo anticipo sulla maggior parte dei Paesi occidentali. Vi è, per es., una lunga tradizione in tal senso in Polonia, dove le testimonianze di vita urbana (l’origine della vita urbana nel Medioevo polacco è stata fissata alla fine dell’8° sec.) sono state studiate in maggior misura, anche se non sono mancati scavi relativi all’ambiente rurale; una prevalente attenzione ai problemi della città (con particolare attenzione al salto di qualità rispetto al villaggio) è stata prestata anche in Romania; in Ungheria e nella Repubblica Ceca hanno avuto maggior impulso gli scavi nei villaggi. Risalgono alla prima metà del 19° sec. gli scavi a Kiev, «madre di tutte le città russe» e all’inizio del 20° l’interesse per le civiltà dell’Asia centrale. Il paese occidentale dove l’a. medievale è passata attraverso una più lunga esperienza è senz’altro la Gran Bretagna, dove la ricerca nei villaggi abbandonati è praticata fin dal 1840; più recenti le esperienze tedesca (volta soprattutto allo studio di palazzi e castelli) e francese (studio di chiese, villaggi, fortificazioni). In Italia l’a. medievale è stata introdotta come disciplina nelle università nella seconda metà del 20° sec., su sollecitazione degli storici medievisti.