Pittore (Aussig, Boemia, 1728 - Roma 1779). Ritenuto dai contemporanei il maggiore pittore d'Europa, il vero riformatore della pittura corrotta dal barocco, M. ha importanza soprattutto per il significato polemico assunto dalla sua opera che apparve come una illustrazione delle teorie del suo amico J. J. Win ckelmann, anche se in realtà fu assai meno rivoluzionaria di esse. Venuto a Roma nel 1741, stabilitovisi definitivamente nel 1744 (salvo un soggiorno a Madrid dove venne a porsi in assoluto contrasto con G. B. Tiepolo), M. si riallaccia piuttosto alla corrente classicista della pittura romana del sec. 17º (A. Sacchi, N. Poussin), anch'essa mirante a una "bellezza sublime". L'influsso di M. fu comunque determinante sulla formazione del gusto neoclassico. La sua teoria (espressa nei Gedanken über die Schönheit und den Geschmack in der Malerei, 1762, mentre le Lezioni pratiche di pittura riguardano precetti di carattere tecnico) si fonda, oltre che sui principî fondamentali del classicismo, sulla valutazione critica di Raffaello, maestro del disegno e dell'espressione, di Correggio, maestro della grazia e del chiaroscuro, di Tiziano, maestro del colorito. Questo atteggiamento naturalmente non gli permetteva di accettare modi artistici quali quelli caratteristici dell'arte orientale, del gotico, e lo portava a formulare giudizî negativi su Michelangelo, G. L. Bernini, A. Algardi. Con P. Batoni, A. Cavallucci, con A. Kaufmann fu elegante, penetrante protagonista di quella pittura romana della seconda metà del Settecento che prepara il neoclassicismo. Fu acuto e brillante ritrattista. Opere principali, a Roma: il soffitto della chiesa di S. Eusebio (1758); il Parnaso di Villa Albani (1761); gli affreschi nella Sala dei papiri della Biblioteca Vaticana (1772).