Regione dell’Italia meridionale (4460 km2 con 300.516 ab. nel 2020, ripartiti in 136 Comuni; densità 67 ab./km2). Bagnato a NE dall’Adriatico, si estende tra questo e la dorsale appenninica, della quale comprende anche gli alti bacini del Volturno e del Tammaro, appartenenti al versante tirrenico. Il capoluogo di regione è Campobasso. Il M., per ampiezza al penultimo posto tra le regioni italiane, è delimitato dall’Abruzzo a N, dal Lazio a O, dalla Campania a S e dalla Puglia a E.
Il territorio, al di là della stretta e pianeggiante cimosa costiera, un tempo paludosa e malarica, è prevalentemente costituito da ondulazioni collinari, che, composte da argille, sabbie e marne, sono spesso soggette a movimenti franosi; la fascia appenninica, invece, è interessata da formazioni calcaree. Le massime vette sono il massiccio della Meta (2241 m) e il M. Miletto (2050 m) nel massiccio del Matese. La varietà morfologica e la differente distanza dal mare influenzano il clima della regione, che presenta spiccate condizioni di marittimità nella fascia costiera, risultando invece decisamente continentale nelle aree montane. Nell’interno, pertanto, è assai pronunciata l’escursione termica, sia annua sia diurna, mentre le precipitazioni, frequenti – come nel resto del territorio – soprattutto in autunno e in primavera, sono copiose (talora superiori ai 3000 mm annui) e assumono spesso carattere nevoso.
I fiumi, tra i quali solo il Biferno scorre interamente in territorio molisano, hanno regime torrentizio, strettamente legato al ritmo delle precipitazioni. Il manto boschivo, che copre il 25% della provincia di Isernia e il 12% di quella di Campobasso, è dominato in alto (oltre i 1200 m) dal faggio, cui, alle quote inferiori, subentrano il cerro (700-1200 m) e la quercia (400-700 m); al disotto dei 400 m, infine, l’intenso e prolungato diboscamento ha pressoché eliminato il bosco a vantaggio delle coltivazioni.
Gli aspetti prevalentemente negativi dell’ambiente e la precarietà del sistema economico regionale hanno fatto sì che il quadro demografico del M. sia caratterizzato, a partire dal 1880 e fino alla Prima guerra mondiale, da un intenso movimento migratorio, diretto soprattutto oltreoceano. A dispetto del forte incremento naturale, pertanto, il numero degli abitanti rimase a lungo stazionario, risultando pari a 346.000 unità al censimento del 1921; successivamente, in seguito all’arresto del fenomeno migratorio, la popolazione molisana andò progressivamente crescendo, fino a raggiungere i 406.823 ab. nel 1951. Da allora l’emigrazione, indirizzata al Lazio e alle regioni dell’Italia settentrionale, oltre che ai paesi europei più ricchi, riprese consistenza sotto la spinta della domanda di lavoro generata dallo sviluppo economico che investì il paese e della parallela diffusione di nuovi modelli di vita: nel ventennio 1951-71 la popolazione molisana subì una drastica contrazione (−21,3%), con effetti negativi soprattutto nelle campagne, dove lo spopolamento portò alla decadenza della pastorizia e all’ampliamento della superficie incolta. Nel corso degli anni 1970, viceversa, la crisi economica ebbe notevoli ripercussioni anche nel M.: l’emigrazione frenò bruscamente e ciò, insieme al rientro di un certo numero di lavoratori e alla natalità di poco superiore a quella media italiana (11,1‰ contro 10,9‰), determinò un lieve aumento della popolazione. Al censimento del 1981, infatti, gli abitanti del M. erano 328.371, con un incremento del 2,7% rispetto a dieci anni prima. Tale incremento riguardava in particolare i capoluoghi e alcuni centri industriali, come Termoli (+45,9%) e Venafro (+43,7%). Durante gli anni 1980 il movimento naturale si è affievolito: il tasso di natalità è sceso al di sotto della media italiana (9,6‰ contro 9,8‰), sulla quale si è allineato il tasso di mortalità (9,2‰). Pertanto, mantenendosi pressoché nullo il saldo migratorio, la popolazione è risultata stazionaria, ma con sintomi naturali di invecchiamento strutturale. A partire dalla metà degli anni 1990, il dato demografico regionale ha presentato una tendenza progressivamente negativa, processo riconducibile al flusso, via via indebolitosi, del rientro di emigrati, a sua volta riequilibrato dalla bassa natalità legata al forte invecchiamento della popolazione regionale. I movimenti demografici hanno prodotto un forte ridimensionamento della popolazione dei comuni rurali a vantaggio della fascia litoranea (Termoli-Campomarino) e delle poche aree urbano-industriali dell’interno (Campobasso-Bojano e Isernia-Venafro).
Il fenomeno migratorio degli anni 1950 e 1960 non aveva certo contribuito al progresso economico del M., che viceversa, dalla metà degli anni 1970, faceva registrare un vero e proprio ‘decollo’: la provincia di Isernia conquistava addirittura il vertice nella graduatoria nazionale per il tasso di incremento del prodotto lordo nel settore industriale, mentre quella di Campobasso si collocava entro le prime quindici posizioni. Negli anni 1980, poi, erano l’agricoltura e il terziario a ‘tirare’, mentre il contributo dell’industria alla formazione del PIL si riduceva leggermente (dal 32% del 1980 al 28% del 1990). Gli effetti di tale crescita sono chiaramente avvertibili nel progresso compiuto dal M. in termini di reddito per abitante (18.355 euro annui nel 2006) che è oggi il più alto tra le regioni del Mezzogiorno.
Il settore primario è andato incontro nel corso degli anni 1990 a una progressiva contrazione della produzione e presenta oggi una situazione di complessivo ristagno, con incrementi della cerealicoltura, della frutticoltura e delle produzioni di vino e olio, a fronte di perdite nelle coltivazioni di piante industriali. Il settore secondario si fonda sui comparti meccanico (stabilimento FIAT di Termoli), alimentare (nell’area di Campobasso-Bojano), calzaturiero e dell’abbigliamento (nell’area di Venafro-Pozzilli), quest’ultimo colpito peraltro da una grave crisi nei primi anni 1990. Il turismo stenta ad affermarsi per la carenza di un idoneo apparato ricettivo: con 652.751 presenze annue (nel 2007) è la regione italiana meno interessata dai flussi turistici. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrato un modesto incremento delle presenze, anche grazie all’aumento della componente straniera (in fase di rilancio la stazione sciistica di Campitello Matese). L’occupazione presenta un ridimensionamento, ormai strutturale, del numero degli addetti all’agricoltura (7,8% nel 2008), a fronte di un netto incremento degli addetti ai servizi (63%); sostanzialmente stabile rimane il numero degli occupati nell’industria (29,1%). Il tasso di disoccupazione regionale (8,1% nel 2007) è nettamente inferiore a quello complessivo del Mezzogiorno (11%).
L’uomo fu presente nella regione fino dal Paleolitico inferiore. Il sito di Isernia La Pineta documenta l’esistenza di una sorta di accampamento datato fra 700.000 e 500.000 anni fa (➔ Isernia). Frequenti sono nel Molisano i reperti neo-eneolitici e del Bronzo. Durante la prima età del Ferro la regione fu partecipe della cultura medio-adriatica (7°- 5° sec. a.C.), in seno alla quale emersero i Sanniti, i Pentri e i Frentani. Tipiche di questa cultura le necropoli con ‘tombe a circolo’ (continuo o interrotto, costituito da anello perimetrale litico di base o da fossato anulare, coperto o meno da tumulo e racchiudente sepolture singole o multiple, a fossa), come quelle di Schiavi d’Abruzzo e Pietrabbondante. Al 4° sec. a.C. risale una cospicua documentazione epigrafica in lingua e alfabeto osco-sannita proveniente dai territori di Carricini, Pentri e Frentani (per es. la cosiddetta Tavola di Agnone). Centri notevoli furono in età preromana e romana Aesernia, Bovianum, Larinum, Terventum, Venafrum e l’attuale Pietrabbondante.
Il nome M. compare solo nel Medioevo come quello di una contea normanna, derivato da un castello di M., oggi piccola borgata fra Torella e Duronia. Già conteso (10° sec.) tra Bizantini e Longobardi, il territorio fu poi unificato (11° sec.) con l’arrivo dei Normanni. Il primo nucleo della contea normanna fu Bojano, che assorbì Isernia, Venafro e gran parte del territorio dei Borrelli sotto la signoria del conte Rodolfo. Da Ugo I, conte nel 1095, le frontiere furono estese verso l’alta valle del Volturno. Nel momento di massima espansione la contea si estese fino al Volturno, al Trigno, al Fortore, ai monti del Matese e all’Adriatico. Nel 12° sec. il M. era il più esteso Stato continentale della monarchia di Sicilia; alla morte di Ugo II (1168) la contea fu conferita dalla Corona a Riccardo di Mandra; passata (13° sec.) ai conti di Celano, essa si estinse come unità feudale e il territorio fu aggregato prima alla Terra di Lavoro, poi alla Capitanata fino al 1807, quando fu eretto in provincia autonoma con capoluogo Campobasso.
La Regione M. fu istituita nel 1963, per distacco dalla regione Abruzzi e Molise. Alla provincia di Campobasso fu aggiunta nel 1970 quella di Isernia.
Il molisano non ha fondamentalmente caratteri distinti rispetto all’abruzzese, per cui è più proprio parlare di un dialetto abruzzese-molisano (contrapposto, semmai, per il suo carattere ‘sannita’, alla varietà dialettale della zona di Aquila, di tipo ‘sabino’).