MUSEO
(XXIV, p. 113; App. III, II, p. 182; IV, II, p. 540)
Negli ultimi vent'anni il m. ha mutato la sua fisionomia generale sulla scorta del dibattito che ha portato a una profonda revisione del concetto di bene culturale e di patrimonio artistico (v. beni culturali e ambientali, in questa Appendice), e a seguito del diffuso uso sociale e didattico di tale patrimonio e dello sviluppo della nozione di redditività del prodotto culturale in termini anche di strategie economiche. Al tradizionale ruolo di luogo della conservazione delle testimonianze storiche legate a un limitato ambito territoriale o frutto di prevalenti interessi collezionistici, si sono aggiunte nuove funzioni connesse alla realizzazione di iniziative culturali, alle attività didattiche per la popolazione scolare e adulta, a tutto quanto contribuisce a trasformare il m. da oggetto a soggetto attivo di processi culturali e progetti d'intervento. Se talora il m. conserva quella caratteristica ''civica'' che lo ha contraddistinto nell'Ottocento, il suo significato è profondamente mutato; da contenitore di capolavori o di patrie memorie, il m. diviene luogo centrale nell'organizzazione della città, un sistema che aggrega luoghi diversi e vocazioni integrate intorno a una sola istituzione. Il m. si pone così in relazione e valorizza altre realtà, anche private o semiprivate, patrimoni di enti diversi, luoghi delle professioni artigiane e del loro tramando. Esso tende a trasformarsi, nel dibattito teorico, da struttura amministrativa con caratteristiche di verticalità e staticità, in un soggetto che meglio dovrebbe rispondere alle esigenze di versatilità e mobilità richieste da nuovi modelli economici, che ne invocano un reale concreto ingresso nell'area della produttività.
La crescita degli interventi nel campo della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale, anche in termini economici, propone una nuova complessità organizzativa che vede articolarsi intorno a uno stesso progetto enti e istituzioni di varia natura, partners privati e figure professionali diverse, dallo storico dell'arte all'archeologo, al pianificatore territoriale, al restauratore, al manutentore, venendo così a creare un insieme di tecniche e di apporti metodologici e informativi che contribuiscono a fare dell'istituzione museale un luogo interdisciplinare per eccellenza.
La realtà italiana rispecchia una peculiare vocazione, molto diversa per carattere e funzioni da quelle straniere. Per es. negli Stati Uniti, da molto tempo e assai più che altrove, il m. rappresenta un grande contenitore destinato a oggetti di provenienza prevalentemente collezionistica e spesso privi del loro originario contesto culturale e storico, che sulla base di intensi programmi di divulgazione artistica si propone anche come momento di aggregazione sociale, d'incontro. Fra i nuovi modelli museali che si affermano oltreoceano occorre ricordare la Smithsonian Institution che, sostenuta con fondi pubblici, offre ai m. consociati servizi ed efficienti magazzini dai quali vengono prelevate le opere a seconda delle necessità (esposizioni, studio, ecc.). Il Musée de la Civilisation a Québec, invece, unisce le caratteristiche del m. e del teatro, organizza esposizioni-spettacolo e si propone come modello del cosiddetto m.-evento. L'adeguamento delle istituzioni ai modelli e alle dinamiche della società contemporanea fa sì che, in molti casi, il m. costituisca un'ottima occasione di sperimentazione e innovazione, non solo nel campo della museografia, ma anche della prassi architettonica e dell'allestimento. Si pensi, per es., all'East Building della National Gallery of Art di Washington di I.M. Pei, all'ampliamento del Guggenheim Museum di New York dello studio Gwathmey, Siegel and Ass., alla sezione Temporary Contemporary del Museum of Contemporary Art di Los Angeles dovuta a F.O. Gehry o infine al nuovo Getty Center di Los Angeles, attualmente in costruzione (1993) su progetto di R. Meier.
Analoghi fenomeni si colgono in alcuni paesi europei che negli ultimi vent'anni hanno rinnovato e arricchito le istituzioni museali.
In Germania, per es., a partire dagli anni Settanta si è assistito alla realizzazione di una serie di costruzioni museali nei centri delle città. Si tratta di una radicale politica di ristrutturazione e ricostruzione, che provoca anche profondi mutamenti urbanistici. Le funzioni e le forme del m. infatti, poste in relazione con ambienti anche molto diversi, si arricchiscono e al contempo esplorano nuovi territori della pianificazione urbana. All'interno di questa tendenza s'inseriscono, tra gli altri, la nuova Staatsgalerie di Stoccarda, progettata da J. Stirling e M. Wilford fra il 1977 e il 1984, che ha ottenuto un vasto successo di pubblico portando il m. dall'ultimo al primo posto delle presenze nella graduatoria stilata dall'amministrazione federale tedesca; e i nuovi m. di Francoforte, dove, nel decennio 1980-90, si è intrapreso un estensivo programma di riconversione turistico-culturale con la creazione della cosiddetta ''riva dei Musei'', che ha visto impegnati famosi progettisti come R. Meier e H. Hollein. I m. delle Arti applicate, della Posta, di Storia, di Arte antica e di Arte moderna integrano, sul piano culturale, l'importante ruolo di Francoforte in campo produttivo e commerciale. Il m. cerca così di rispondere con sempre maggiore aderenza ai bisogni della società contemporanea. In quest'ottica si possono interpretare anche i sempre più frequenti recuperi di aree industriali dismesse e obsolete per istituirvi m., quali le Deichtorhallen di Amburgo, trasformate da mercati generali in Kunsthalle; la Tate Gallery di Liverpool, realizzata da Stirling, che occupa l'angolo nord-ovest dell'Albert Dock, un magazzino di sette piani del 19° secolo; il nuovo m. di arte contemporanea di Istanbul che ha recuperato come sede una fabbrica sul Corno d'Oro, la cui ristrutturazione è stata affidata a G. Aulenti (1992). Il panorama della politica museale spagnola offre una vasta gamma di soluzioni, dalla scelta del settecentesco Ospedale Generale come sede del Centro de arte Reina Sofia (1986) al progetto (1992) dell'ampliamento sotterraneo del Prado a Madrid, al nuovo m. di arte contemporanea di Barcellona, progettato (1988-92) da R. Meier. E, tra gli ampliamenti di prestigiose sedi museali, si deve ancora ricordare a Londra la nuova Sainsbury Wing della National Gallery che, progettata da R. Venturi, è stata inaugurata nel 1991.
Da segnalare ancora due casi francesi, che s'innestano nella tradizionale politica, tesa a concentrare nella capitale istituzioni culturali di grandi dimensioni. La prima è la creazione del Centro G. Pompidou (realizzato su progetto di R. Piano e R. Rogers e aperto al pubblico nel 1977) che, oltre al ricchissimo Musée national d'art moderne, ospita il Centre de création industrielle, l'Institut de Recherche et de Coordination Acoustique/Musique (IRCAM) e numerosi servizi, primo fra tutti un'efficiente biblioteca. Vi si concretizza una concezione del m. come luogo di un processo dinamico e di una continua comunicazione, in cui l'approccio del fruitore non si chiude in compartimenti stagni, ma anzi si focalizza sulle relazioni interdisciplinari.
Nell'ultimo decennio, poi, dopo la sistemazione del m. d'Orsay, si è posto mano all'ampliamento e al riordino globale del Louvre. Il progetto, di grande complessità, avviato nel 1981, si protrarrà fino al 1996. Nel 1989 è stato aperto al pubblico il nuovo ingresso interrato coperto da una grande piramide in vetro incolore (opera dell'architetto I. M. Pei), che occupa il soprastante cortile. Il progetto di ristrutturazione, che prendeva le mosse dall'opportunità d'incamerare, per fini espositivi, l'ala del palazzo occupata dal ministero delle Finanze, si propone un ampliamento e un miglioramento dei percorsi, una più vasta articolazione di servizi culturali e di attività, nonché l'inserimento del m. nella città, adattandone l'organizzazione e il funzionamento alla posizione di privilegio occupata nell'agglomerato urbano.
Anche in Italia il rapporto tra m. e città, non solo nei grandi nuclei urbani, ma anche nei piccoli centri, è il tema nodale del dibattito teorico. La volontà di riconoscere e preservare l'intensa stratificazione del patrimonio e le complesse interrelazioni tra il contesto territoriale e l'istituzione museale, e di conferire a quest'ultima un ruolo fondamentale nella vita e nella pianificazione urbana, ha indotto a elaborare strumenti metodologici autonomi capaci di rappresentare la trama ricca e articolata delle specificità dei luoghi, delle antiche e numerose sedimentazioni, delle vicende storiche, religiose e politiche, delle tradizioni così peculiarmente caratterizzate nelle diverse aree del paese. In questo quadro si elaborano soluzioni autonome anche in relazione al tema delle sedi museali.
A differenza di quanto avviene − come già si è detto − negli Stati Uniti e in molti paesi europei, ove per i m. si costruiscono nuovi edifici specificamente progettati per tale destinazione, in Italia si privilegia il recupero e il restauro di edifici storici con caratteristiche monumentali, sorti originariamente per uso diverso, ma per i quali l'utilizzo culturale e museografico rappresenta l'unica via possibile per una congrua salvaguardia.
Nel momento allestitivo s'instaura così un forte rapporto tra l'opera d'arte e l'ambiente che la circonda, teso a meglio accentuarne le caratteristiche e la leggibilità, senza peraltro rinunciare ai valori culturali e storici che gli sono propri. L'edificio quindi, da neutro contenitore in grado di garantire, attraverso l'impiego di moderni apparati tecnologici, una conservazione ottimale, si colloca in rapporto dialettico con gli oggetti esposti e diviene esso stesso momento importante del percorso culturale. In questo filone operativo s'innestano numerosissimi nuovi allestimenti realizzati nell'ultimo quindicennio, tra cui il Civico di Piacenza (1988) nelle sale del cinquecentesco Palazzo Farnese, oppure l'ampliamento dell'Accademia Carrara a Bergamo negli antistanti edifici anticamente di destinazione conventuale, e ancora il Museo di S. Giulia a Brescia, il complesso di Palazzo Altemps e di Palazzo Massimo a Roma. Anche a Torino si assiste alla riqualificazione in chiave di sistema della Galleria Sabauda, di Palazzo Carignano e di Palazzo Reale. Un suggestivo contrasto offre invece il restaurato Castello di Rivoli, dal 1984 sede di un m. d'arte contemporanea. In questo settore si può ricordare come esempio significativo il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, aperto nel 1988 nella sede progettata da M. Gamberini. Quanto all'apparato espositivo, tema dibattuto dalla museografia italiana in questi anni, si tende a creare un nuovo rapporto tra il visitatore e le opere, con una presentazione chiara e di facile accesso che permetta diverse chiavi di lettura, senza trascurare di orientare attraverso appositi apparati esplicativi il pubblico meno preparato.
Mentre si assiste a una ridefinizione del ruolo delle istituzioni museali in dimensione urbana, se ne invoca anche l'autonomia, l'attitudine quasi imprenditoriale alla programmazione economica e il fattivo ingresso nel mondo della produzione culturale, nonché la capacità di conciliare le esigenze della conservazione, poste quotidianamente dal patrimonio artistico e storico, con le aspettative di spettacolarità che contraddistinguono molti fenomeni sociali contemporanei e che non mancano di far sentire il proprio richiamo anche in questo settore. Il dibattito politico degli anni Ottanta, che ha portato all'elaborazione di numerose proposte di riforma delle istituzioni e della legge di tutela, ha insistito sull'importanza di una maggiore autonomia dei m. e dell'arricchimento dell'offerta museale. Tali istanze hanno trovato parziale accoglimento sul piano legislativo con il provvedimento n. 4 del 13 aprile 1993. Il testo di legge prevede orari prolungati di apertura, maggiore offerta di servizi al pubblico (dalle caffetterie alle librerie) e uno stretto rapporto con le associazioni del volontariato: quest'ultimo aspetto, inedito per il nostro paese, favorisce un sempre più stretto rapporto fra le istituzioni culturali e la società civile.
Alla proiezione del m. verso l'esterno hanno contribuito, soprattutto in questi ultimi anni, gli interventi di sponsorizzazione privata, inizialmente rappresentata soprattutto dagli istituti di credito, cui si sono aggiunte imprese private e industrie. L'iniziativa privata, originariamente rivolta ad attività editoriali, ha poi moltiplicato gli interventi, comprendendovi restauri, attività didattiche e promozionali, servizi, fra cui l'apertura di alcune istituzioni in orari serali, prestazioni assicurative o di trasporto in occasione di mostre itineranti.
Il problema è stato anche recepito dal legislatore, che ha elaborato il testo della l. 2 agosto 1982 n. 512, peraltro ancora priva di regolamentazione. Le norme emanate riguardano una serie di agevolazioni fiscali che possono stimolare il privato a investire in questo campo. Le innovazioni sono assai significative: basti pensare che precedentemente (DPR 597/1973, art. 60) si prevedeva esclusivamente la deducibilità delle erogazioni liberali a favore di istituti culturali per un ammontare complessivo non superiore al 2% del reddito d'impresa. L'art. 3 del provvedimento contempla invece la deducibilità dal reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni in denaro, di cui non viene precisata l'entità, a favore di enti pubblici o di fondazioni regolarmente riconosciute, destinate sia all'acquisto, al restauro, alla conservazione delle ''cose'' indicate nella l. 1089 del 1939, sia all'organizzazione di mostre e di esposizioni riconosciute d'importanza artistica e culturale. L'art. 6 dello stesso provvedimento inoltre prevede che gli eredi e i legatari di beni di rilevante interesse artistico e culturale, e quindi anche di opere d'arte, possano pagare l'imposta di successione mediante cessione totale o parziale a detti enti degli stessi beni, a scomputo di quanto da loro dovuto.
Grande rilievo ha assunto in questi anni la programmazione delle attività espositive che propongono approfondimenti su temi specifici o generali della produzione artistica. Sempre più numerose sono le iniziative di divulgazione e di didattica rivolte al pubblico adulto e alla popolazione in età scolare, con proposte e percorsi diversificati per soggetto, durata e grado di complessità. All'interno del m. si forniscono gli strumenti necessari per comprendere i diversi aspetti e le molteplici chiavi di lettura del patrimonio storico-artistico. Al raggiungimento di tali obiettivi contribuiscono le nuove tecnologie, in grado non solo di ottimizzare la gestione degli impianti tecnici, ma anche di dare un prezioso ausilio nella gestione del patrimonio.
A fronte della progressiva crescita delle funzioni museali, della dilatazione della domanda culturale e dello sviluppo della capacità di programmazione culturale di cui molte istituzioni hanno dato ampia prova negli anni recenti, il panorama complessivo delle istituzioni museali italiane non appare omogeneo.
Numerosi negli ultimi vent'anni sono stati i censimenti globali delle istituzioni museali promossi dagli organi centrali dello Stato, dalle Regioni e dalle autonomie locali, che hanno tentato di ricostruire una mappa dei m., delle caratteristiche tipologiche e strutturali, delle condizioni amministrative, delle effettive capacità e delle potenzialità operative, organizzative e conservative. Tali indagini hanno evidenziato un incremento dei m. di nuova istituzione, soprattutto dei m. archeologici, legati all'incessante attività di scavo; dei cosiddetti m. della civiltà o cultura contadina, in gran parte frutto della nuova sensibilità per i temi dell'antropologia culturale e delle trasformazioni in senso industriale della società italiana; delle istituzioni destinate ad accogliere arredi sacri e oggetti di culto ormai privati della loro originaria funzione e fortemente esposti ai rischi di dispersione sul mercato antiquario.
In secondo piano rispetto al tradizionale accorpamento dei beni culturali appaiono alcune importanti tipologie di m., quali l'arte contemporanea, la scienza e la tecnica, l'archeologia industriale e il design.
Non sempre alla ricchezza e alla capillare diffusione delle istituzioni corrisponde un'efficiente situazione organizzativa, soprattutto nei m. piccoli e medi. La ricchezza delle vocazioni museali si disperde spesso nelle difficoltà della gestione. Ciò rende necessaria una maggiore attenzione alla pianificazione dei m. di nuova istituzione, alla omogenea integrazione delle diverse peculiarità culturali, da un lato per impedire la dispersione dei materiali, e dall'altro per garantire insieme una corretta conservazione e un'effettiva pubblica fruizione.
Un cenno specifico merita il m. archeologico, che per sua natura e per le proprie esigenze si diversifica e invoca uno strumento critico autonomo. Esso si connota come una raccolta prevalentemente storico-documentaria, che ricostruisce attraverso le testimonianze materiali le vicende di un popolo: i modi di vita, le condizioni economiche e sociali, la produzione artistica e il gusto, l'ideologia, nonché le vicende politiche e militari. Alla nuova, progressiva attenzione per il m. archeologico non è estraneo il dibattito teorico avviatosi nei primi anni Settanta, che sottrae la disciplina a un'impostazione tradizionale, prevalentemente tesa alla conservazione e alla gestione dei materiali. Da un lato si affinano i metodi dello scavo e della documentazione archeologica, cui è affidato il compito di preservare e testimoniare le complesse relazioni che legano l'oggetto al suo contesto di rinvenimento, dall'altro il concetto di documento si allarga ad abbracciare ogni tipo di manufatto, dal più umile al più prezioso, dalla statuaria alla semplice ceramica utilizzata per la cottura dei cibi.
Il m. archeologico si propone come luogo di rilettura della documentazione storica, rilettura che sia chiara e comprensibile al vasto pubblico senza nulla perdere in rigore scientifico e accuratezza filologica. L'ordinamento dei m. sottolinea, oltre alle caratteristiche specifiche e alle funzioni dei singoli manufatti, i legami molteplici con i luoghi di provenienza e di rinvenimento, e con altri oggetti del medesimo contesto, come nel caso dei corredi tombali. Lo sforzo ricostruttivo, reso a volte arduo dalla presenza di materiali di non sempre facile lettura, fa sì che il m. archeologico rappresenti in taluni casi un luogo di sperimentazione, non solo per gli aspetti teorici del dibattito museografico − per es. il rapporto tra m. e territorio − ma anche per quelli espositivi: vetrine, supporti interni e pannelli didattici.
All'interno di un generale fenomeno che vede il moltiplicarsi di mostre temporanee, di riviste, e guide di argomento archeologico, si assiste a una crescente attenzione per le istituzioni museali. L'accrescimento delle aree di scavo e delle scoperte archeologiche rende infatti indispensabile il rinnovamento o la creazione di m. a fianco dei complessi monumentali, di cui il m. diviene il cardine, capace di rendere meglio leggibile il complesso rapporto tra manufatto e luogo di rinvenimento, documentazione materiale e contesti monumentali. Un recente esempio è il Museo di Arte romana di Mérida, progettato da R. Moneo e aperto al pubblico nel 1986: è situato al confine del parco archeologico, in prossimità dell'area residenziale di età romana, ed è collegato direttamente alla vasta area monumentale. In un'area archeologica ben definita si colloca il nuovo Museo dell'Acropoli di Atene, oggetto di un concorso internazionale (1990), vinto da M. Nicoletti e L. Passarelli. Concettualmente ed espositivamente in connessione con il territorio archeologico dell'intera regione è, invece, il nuovo Museo Paolo Orsi di Siracusa, aperto nel 1988.
Recentemente sono sorti anche numerosi antiquaria o m. locali, che raccolgono e conservano gli oggetti mobili in prossimità del luogo ove sono stati scoperti, evitando, qualora vi siano garanzie di sicurezza e capacità di gestione, il trasporto dei materiali in m. maggiori ma lontani. Preservando il rapporto tra oggetti rinvenuti e ambiente, i materiali conservano infatti l'intero potenziale documentario e piena leggibilità, e il m. locale diviene importante espressione dell'identità collettiva, storica e sociale, di un determinato territorio. Per rispondere a queste esigenze sono sorti, tra gli altri, il Museo della Siritide a Policoro e il Museo Archeologico a San Lazzaro di Savena presso Bologna.
Numerosi interventi di riordino e riallestimento sono stati condotti anche su m. di antica istituzione. Si ricordano, tra i tanti esempi, il Museo Archeologico di Ancona, recentemente risistemato dopo i danni del terremoto, il Museo Nazionale romano interessato da un vasto progetto di ampliamento e riordino, il Lapidario di Verona che fu voluto da S. Maffei e riaperto al pubblico nel 1982, oppure il Museo Civico di Padova di origine ottocentesca, riorganizzato a partire dalla metà degli anni Settanta. Gli interventi di risistemazione di m. di antica fondazione pongono il difficile problema del collegamento fra nucleo storico, rispondente a criteri elaborati in precedenti contesti culturali, e serie di materiali recentemente rinvenuti. A volte, come nel caso dei Civici Musei di Reggio Emilia, si preserva l'antico allestimento con filologica precisione, aggiungendo, secondo criteri moderni, gli apporti più recenti. In altri casi si preferisce conservare la documentazione dell'antico allestimento, chiarendo le originarie modalità di aggregazione e le impostazioni metodologiche, ma presentando i manufatti secondo più moderne chiavi di lettura.
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Oltre ai Bollettini pubblicati dai più importanti musei europei e americani, sono da segnalare il periodico Museums Journal e la rivista dell'UNESCO Museum. La rivista Musei e Gallerie d'Italia ha proseguito la pubblicazione, negli anni Ottanta, con una nuova serie con carattere monografico; si ricordano: Il Museo centro di ricerca, in MGI, n.s., 1 (1982); Museo e territorio, ibid., n.s., 2 (1982); Museo e mostre, ibid., n.s., 3-4 (1983); Per una storia del museo, ibid., n.s., 5 (1984); Museografia, ibid., n.s., 6 (1984); Museo e demoantropologia, ibid., n.s., 7-8 (1985); Il museo e i suoi depositi, ibid., 9-10 (1986). Oltre alla recentissima Publics et musées, edita a Lione (1, giugno 1992), si ricordano, per i temi della politica e della gestione delle istituzioni, le riviste: L'Ippogrifo (1988-90) ed Economia per la cultura.
Tipologie e architettura. - Tra i settori dell'architettura, la museografia ha riflesso con particolare vivacità alcune delle maggiori trasformazioni sociali dell'ultimo ventennio: l'aumento del benessere, del tempo libero e del consumismo, le istanze di radice storico-ecologica volte alla tutela del patrimonio naturale e antropico e, soprattutto, il ruolo centrale della comunicazione nella produzione di beni materiali e d'idee. A tali positivi risultati hanno contribuito un'intensa attività realizzativa e i dibattiti conseguentemente innescati.
Oggi il m. può definirsi un laboratorio della memoria e uno strumento per la diffusione delle conoscenze. Ma oltre a questi aspetti di fondo si è verificato un complesso arricchimento nel concetto e nelle finalità dell'istituzione, che ha sollecitato adeguate risposte all'architettura non soltanto di natura espressiva e tipologico-distributiva ma anche in campo sociale nelle tecniche relate alle più tradizionali funzioni del m.: la protezione e conservazione dei documenti collezionati.
Questi temi generali hanno avuto applicazioni specifiche in rapporto alle concrete situazioni locali o a quei caratteri primari che consentono una classificazione dei m. in base alla loro importanza, ai contenuti o al genere d'intervento architettonico. Quello museale è infatti un organismo che può richiedere espansioni o trasformazioni nel tempo e, in determinate circostanze, adattarsi in edifici preesistenti. È noto che in uno dei più conservativi m. del mondo, la National Gallery di Londra, è stata recentemente aggiunta una nuova ala (Venturi, Rauch & Scott Brown 1991), mentre l'utilizzazione di edifici storici è una prassi ormai diffusa particolarmente in Europa: dalla Galleria nazionale di Parma situata nel palazzo della Pilotta (G. Canali 1986), al Museo d'Orsay che sfrutta l'involucro dell'omonima ex stazione ferroviaria di Parigi (G. Aulenti 1986), al Museo idraulico di Murcia, in Spagna (J. Navarro Baldweg 1989), adattato in un insieme di mulini abbandonati.
L'importanza sovranazionale, o locale, del m. dipende, più che dalla diversificazione di provenienza o dal numero dei documenti esposti, dalla loro organica completezza e rarità. Alle collezioni di generica composizione si preferiscono quelle altamente specializzate. Il Turner Museum, aggregato alla Tate Gallery di Londra (J. Stirling, M. Wilford 1980-87), e il progettato nuovo Museo dell'Acropoli di Atene (M. Nicoletti, L. Passarelli 1990), nonostante il contenuto monotematico, hanno palesemente una rilevanza internazionale.
Infine la distinzione classificatoria tra contenuti umanistici e tecnoscientifici non è più così inequivocabile come nel passato, a causa delle sempre più frequenti osmosi tra le ''due culture''. In questo quadro hanno un'identità abbastanza netta le istituzioni dedicate all'arte, alla tecnica, alla storia naturale o alla raccolta di strumentazioni scientifiche, come l'Istituto e Museo di storia della scienza a Firenze e il Museo dell'astronomia a Greenwich, recentemente restaurati. Le diversità più rilevanti si riscontrano tra i m. di storia naturale e quelli d'arte. In questi ultimi l'oggetto esposto deve possedere, come requisito indispensabile, l'autenticità, ed è il m. stesso che se ne fa garante. Fanno eccezione, nei m. d'arte antica, le repliche e i calchi, a patto che questa trasgressione sia scientificamente giustificata e dichiarata palesemente. Al contrario nei m. di storia naturale tutto, o quasi, è necessariamente falsità o illusione. La vita e il suo ambiente non sono né imprigionabili né riproducibili. Anche le cose del mondo inorganico, quando esposte, divengono frammenti di una complessità ambientale perduta. Per dare efficacia all'importantissimo ruolo didattico e scientifico di queste istituzioni bisogna ricorrere alla creazione di simulazioni, modelli, scenari. Nel nuovo allestimento del Museo di Storia naturale di Parigi (P. Chemetov, B. Huidobro 1987-95) i temi dell'illusione e dell'allusione, volutamente scoperti e sottolineati, costituiscono l'idea centrale del progetto. Concettualmente più problematici, anche nelle metodiche espositive, sono divenuti i m. di storia politica e demo-antropologica e quelli di archeologia. Nei primi si è verificata una maggiore scientificità dell'apparato espositivo, non più considerato un commento enfatico o sentimentale di una narrazione nota tradotta in senso ''monumentale''. Di fatto il War Museum di Londra, interamente ristrutturato nel 1990, si propone non soltanto come un commentario di storia militare ma anche come una guida scientifica sull'evolversi delle tecnonologie belliche.
Referenti plurimi si riscontrano nelle collezioni demo-antropologiche, il cui sviluppo si è incrementato in questi ultimi anni, per la maggiore attenzione volta al significato unitario dei contesti e quindi alla conservazione di tangibili testimonianze che la progressiva omologazione delle culture tende inesorabilmente a cancellare. Tali esposizioni di ''cultura materiale'', di cui vi sono esempi anche in Italia, comprendono manufatti eterogenei che afferiscono a una pluralità di categorie: dall'arte all'edilizia e al costume, alle tecniche contadine, artigianali e industriali, alle documentazioni sulla storia politica e religiosa. Anche i m. archeologici sono stati coinvolti in questa ricerca di completezza contestuale e, da collezioni esclusivamente di arte antica, stanno ora accogliendo reperti privi di artisticità ma relati alla vita materiale dell'epoca. Per es. il Museo di Arte romana a Mérida, in Spagna (R. Moneo 1980-85), involucra alcuni ruderi dell'insediamento di origine augustea. Una simile contaminazione è avvenuta da tempo nei m. d'arte: il Musée d'Orsay comprende opere artistiche e manufatti tecnici e d'industrial design, seguendo la tradizione iniziata dal Museum of Modern Art di New York.
Sin dalla loro fondazione, alla fine del Settecento, i m. hanno incluso, tra le loro finalità, la diffusione e l'elaborazione delle conoscenze. Tali aspetti sono oggi particolarmente sottolineati sul piano concettuale e nelle strutture organizzative e architettoniche. All'azione diffusiva corrisponde una più forte integrazione con l'ambiente umano e fisico del territorio e una specifica apertura alle richieste di massa.
Tale esigenza si è tradotta, innanzitutto, in una maggiore accessibilità del m.: in senso intellettuale, attraverso il rafforzamento dell'offerta partecipativa, didattica e degli apparati didascalici; in senso materiale attraverso una più serrata connessione con la trama urbana e la rete dei trasporti. Ne sono derivate soluzioni rilevanti sul piano non solo meramente funzionale ma anche simbolico. Esemplare la nuova ala della Galleria di Stato di Stoccarda (J. Stirling, M. Wilford 1977-84), il cui involucro è concepito come un terreno artificiale che, attraverso un sistema di rampe e terrazzamenti pedonali, collega due settori dislivellati della città. Al centro di questo sistema è una piazza circolare che è esterna ma, nel contempo, nel cuore stesso del museo. Caratteri simili ha pure il Museo municipale di Mönchengladbach (H. Hollein 1972-82), le cui coperture raccordano pedonalmente il declivio di un parco pubblico.
Ai fini della diffusione culturale, i m. si sono arricchiti di varie attrezzature che oggi ne formano il cuore e il supporto indispensabile: sale per conferenze e didattiche, fototeche, negozi, cataloghi informatici, servizi di orientamento. Gli aspetti dell'accoglienza sono attentamente curati. Il m. si qualifica con un carattere non più severo ed elitario, ma cordiale e aperto a una coralità sociale mirata a coinvolgere i visitatori tra loro e con i documenti esposti attraverso un'offerta di comfort, d'incontri spontanei, di stimoli psicologici. La maggior parte del volume architettonico dell'East Building della National Gallery of Art di Washington (I. M. Pei 1979) è occupata da una grande piazza protetta da un enorme lucernaio vetrato e animata da alberi, panchine e luoghi di ristoro, che sembra ridurre a un ruolo secondario gli spazi che la circondano, destinati alle opere d'arte.
L'idea che i visitatori possano divenire parte dell'evento museale, in quanto spettatori e attori partecipi di un comune interesse, era stata anticipata da F. L. Wright nel Guggenheim Museum di New York, attraverso la spettacolare rampa elicoidale che ne avviluppa l'invaso centrale. Gli interventi effettuati al Louvre (I. M. Pei 1983-89) hanno avuto questo preminente obiettivo. Oltre al recupero dell'ala Richelieu, occupata dal ministero delle Finanze, si è sfruttata la Cour Napoléon creando un vasto spazio sotterraneo, coperto da una piramide di vetro, nodo d'accesso distributivo e fulcro funzionale dell'intero complesso. Vi gravitano centri d'informazioni, ristoranti, librerie, un auditorium, gallerie commerciali e per mostre temporanee, e vani a carattere flessibile per accogliere seminari o gruppi di visitatori.
Questi elementi sono anche di supporto alle attività di ricerca oggi divenute d'importanza centrale. La progettata espansione del Paul Getty Museum a Los Angeles (R. Meier 1990), oltre a fornire nuovi spazi alle collezioni, si configura come una diversificata istituzione universitaria.
Simile carattere hanno l'Istituto del mondo arabo (J. Nouvel 1981-87) e il Centro G. Pompidou a Parigi (R. Piano, R. Rogers 1971-77). Sempre più diffusa è la dotazione di laboratori di ricerca, di restauro o di progettazione e di magazzini ordinati secondo una chiara catalogazione scientifica e accessibili agli studiosi. Nella nuova ala dei Musei Vaticani (V. e L. Passarelli 1970), i depositi sono simbolicamente resi visibili al pubblico e integrati agli spazi espositivi, mentre gli archivi del Bauhaus a Berlino (W. Gropius, B. Bandel 1979) hanno dato vita a un m. e a un centro studi. La dilatazione verso attività di ricerca e di studio che ha prodotto tematiche tipologiche polivalenti è probabilmente l'evento più singolare e innovativo in campo museale. Occorre tuttavia esaminare due altri caratteri recentemente emersi: l'effetto del ''grande numero'' e il nuovo concetto di contestualità nelle tecniche espositive.
Il problema rappresentato dal grande numero di visitatori ha inciso non soltanto sull'ampiezza degli spazi ma anche e soprattutto sull'immediata riconoscibilità dei percorsi e sulle infrastrutture dei servizi, particolarmente quelli tecnologici. La sicurezza e la preservazione dei documenti esposti hanno imposto di affrontare esigenze prima inesistenti o trascurate, richiedendo raffinati mezzi di prevenzione da atti di vandalismo o da eventi naturali come i terremoti, per i quali si sono adottati, per es., vari sistemi idonei ad ammortizzare e neutralizzare gli shock da vibrazioni.
Problema delicatissimo è la difesa dagli inquinamenti microambientali provocati dalle condizioni esterne e di affollamento: immissione di polveri e di batteri, aumento dell'umidità relativa e della temperatura. Le tecnologie museali hanno reagito proponendo edifici ''intelligenti'', in cui un insieme di sensori permette di rispondere adeguatamente alle variazioni microambientali che si allontanano da quelle giudicate ideali per la preservazione dei documenti collezionati.
Il tema della contestualità presenta molteplici risvolti. L'architettura del m., nei confronti dei suoi contenuti culturali e materiali, si è oggi frequentemente orientata verso una maggiore specificità, contraddicendo la sua tradizione tipologica basata su spazi fondamentalmente neutri, per non interferire con l'autonoma espressività delle opere esposte. Tale neutralità si esplicitava attraverso organismi astratti e prevedibili, in cui l'idea del vasto contenitore unificante come quello delle ''gallerie'' ottocentesche (Crystal Palace, Galerie des Machines) risulta affine alle sequenze uniformi di cellule spaziali negli impianti simmetrici di Durand.
Proseguono tali caratteri il Centro Pompidou, le varie espansioni del Deutsches Museum di Monaco di Baviera (1958-84), il Museo della scienza e dell'industria a Parigi (A. Fainsilber 1980-86), il Museo dell'aria e dello spazio a Washington, D. C. (Hellmuth, Obata, Kassabaum 1976) e il progettato Museo di storia tedesca a Berlino (A. Rossi 1987).
Per contro, la consapevolezza dell'importanza del contesto ai fini della corretta fruizione del documento ha inciso significativamente sui relativi concetti espositivi. Il documento non è considerato come un oggetto godibile di per sé o un elemento d'arredo, ma come il frammento di un ambiente, fisico o intellettuale, da cui è stato sradicato e a cui occorre riferirsi per restituire completezza e verità al suo significato.
Il concetto di m., come testo critico attivo, attribuisce dunque una precisa responsabilità e un ruolo non neutrale all'aggregato architettonico che nella sua specificità strutturale, prima che nelle aggettivazioni dell'allestimento, deve convogliare questa idea di contestualità in senso non citazionista o puramente didascalico bensì allusivo e simbolico, e, in ogni caso, scientificamente fondato. Questo indirizzo era già stato affrontato in Italia negli anni Cinquanta da C. Scarpa nel Museo di Castelvecchio a Verona, dallo studio BBPR nel Museo del Castello Sforzesco di Milano, e da A. Minissi nel Museo etrusco di Roma e in quello archeologico di Agrigento.
Nel progetto per il nuovo Museo dell'Acropoli di Atene, ai piedi della ''Sacra Rocca'', lo spazio centrale è un vuoto che, riproducendo le dimensioni del Partenone, consente di accoglierne le metope, il fregio e i frontoni, nello stesso rapporto spaziale che essi avevano sul monumento. Un ''occhio'' perfora la copertura di questo involucro e guarda il Partenone assorbendone l'immagine reale tra le collezioni museali che da esso provengono e legandole quindi con immediata concretezza al ruolo architettonico per cui furono concepite.
Effetti di matrice psicologica guidano la concezione architettonica del Museo aerospaziale di Los Angeles (F. O. Gehry 1984), dove le semplici ma insolite deformazioni dell'inviluppo museale e l'intreccio dei percorsi conferiscono all'allestimento il senso di dinamico disequilibrio di un'esaltante avventura. Anche le raffinate partiture del Museo di etnologia di Francoforte (R. Meier 1989) si modellano sulle esigenze del materiale esposto, mentre le articolazioni ipogee del progettato Museo regionale di Salisburgo (H. Hollein 1990) sembrano indulgere a rischiose e geniali connotazioni scenografiche.
La conclusione più estesa e logica di questa idea di contestualità è il ''museo territorio''. Un m. non fatto di oggetti tolti dal loro luogo d'origine e rinchiusi in un ''contenitore'', ma costituito da itinerari che saldano tra loro, in una studiata sequenza, eventi materiali anche di notevole estensione di un determinato ambiente fisico, e rappresentativi quindi del suo specifico e tangibile messaggio storico-culturale. Si sottolinea il significato contestuale di manufatti rupestri, nuclei edilizi, vestigia e assetti territoriali di varia natura e complessità, proponendone la percezione coordinata e direttamente relata ai sedimi che ne furono l'origine e in cui sono tuttora radicati. È il m. che si ramifica nello spazio per cercare e definire i suoi contenuti nella loro più esauriente e veridica completezza. Vedi tav. f.t.
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Museografia. - Considerando la definizione di m. data da C. Brandi quale "luogo architettonico dove si allogano le opere d'arte per essere godute per se stesse", si può affermare la sua permanente validità per i m. d'arte in quanto la ''personalità'' propria e originaria dell'opera d'arte che nasce per essere goduta per se stessa coincide con la ''personalità museale''. Ma per tutte le altre raccolte museali sarà proprio l'allestimento museografico lo strumento a mezzo del quale il documento musealizzato potrà acquistare quella o quelle ''personalità museali'' che lo rendano capace di raccontare se stesso, la sua ragione d'essere, il suo contesto originario, la sua storia, la sua evoluzione, il suo futuro. Di qui il potenziamento delle teorie e delle tecniche museografiche affinché il ''come esporre'' si ponga quale elemento primario nell'azione educativa e didattica del m., venendo a costituire il primo approccio conoscitivo dei suoi contenuti, capace di stimolare nel visitatore l'interesse a saperne di più.
Identificando la museografia nella disciplina che integra la museologia nella fase in cui le opere d'arte o i documenti vengono collocati nella sede museale per una loro corretta conoscenza da parte dei frequentatori del m., appare comprensibile come la problematica di tale disciplina si vada sempre più complicando ed estendendo per rispondere efficacemente alla domanda di cultura che strati sempre più estesi della società chiedono a quanti a vario titolo gestiscono il patrimonio dei beni culturali. A tale domanda, derivante dall'elevazione del livello culturale medio della società odierna, si risponde, per quanto concerne quella parte del patrimonio culturale che attraverso la comunicazione visiva trasmette il proprio messaggio essenziale, con diverse fondamentali operazioni:
a) estensione del processo di musealizzazione a campi sempre più vasti e differenziati;
b) moltiplicazione degli stimoli e dell'offerta all'utilizzazione sociale del patrimonio culturale museale mediante i più moderni mezzi di comunicazione e d'informazione;
c) continua formazione di mostre temporanee su temi specifici che, oltre all'interesse per se stesse, si pongono, per i numerosi visitatori, come strumento di conoscenza e di divulgazione dei contenuti permanenti dei m.; i quali contenuti, in occasione di tali manifestazioni, vengono prelevati dal m. e integrati per illustrare esaurientemente il tema della mostra.
La più diretta conseguenza, indubbiamente positiva, di tali azioni di stimolo è il vertiginoso aumento della frequentazione dei m. in quest'ultimo ventennio, un aumento che ha inoltre evidenziato come si sia estremamente ampliata la gamma degli interessi che l'istituto museale viene chiamato a soddisfare.
L'estensione del processo di musealizzazione da quello primario e tradizionale, riferito alle opere d'arte che nascono già con una precisa vocazione museale, a quello estremamente vasto del fare umano nel suo complesso, comporta una prima fondamentale considerazione: con la destinazione al m. di materiali documentari di varia natura, la cui ragione d'essere originaria escludeva qualsiasi vocazione museale, la moderna museografia viene chiamata ad assolvere il compito di scoprire e mettere in evidenza, di tali materiali, una o più ''personalità museali'' capaci, per gli interessi che sapranno suscitare, di supplire a quella mancanza di vocazione museale propria.
È forse qui opportuno esaminare due casi significativi in cui appare chiaro cosa deve intendersi per vocazione museale: due casi evidentemente assimilabili a tanti altri di natura diversa, il primo riferito al m. archeologico, il secondo al m. d'arte. Nel primo caso si consideri per es. un corredo funebre di età antica, non già concepito per essere esposto in quanto destinato a restare nella sepoltura presso il defunto nel suo insieme inscindibile per l'eternità: una volta rimesso in luce dall'attività archeologica subisce un processo di musealizzazione per trasferimento nel museo. In questo momento all'istanza scientifica di conservare uniti tutti gli elementi componenti il corredo, istanza identificabile nella personalità museale primaria, si unisce quella espositiva che non può che tradursi nell'evidenziazione delle qualità peculiari di quei singoli elementi. Queste qualità sono identificabili come altrettante personalità museali che vanno dalla loro artisticità al loro significato culturale, dalla materia di cui sono composti alla loro forma, dalla destinazione d'uso pratico a quello votivo, agli episodi mitologici rappresentati nelle eventuali loro decorazioni, sia per se stessi sia in riferimento all'identificazione del personaggio defunto, e così via. La messa in evidenza di tali qualità-personalità è compito appunto della museografia, che deve rispondere efficacemente agli interrogativi che si pongono i visitatori in relazione ai loro vari specifici interessi. Nel secondo caso si consideri per es. un'opera di arte sacra destinata al tempio in funzione dell'origine esclusivamente devozionale, per la quale il giudizio storico-critico ne decreta il trasferimento in m. in quanto il suo valore di opera d'arte trascende quello della sua ragione d'essere originaria. Anche in tal caso, alla mancanza di vocazione museale dovrà supplire la museografia nell'evidenziare quei valori e quei significati propri dell'opera, esaltandone la o le personalità museali.
Anche l'elevazione del livello culturale medio della società rappresenta una realtà che ha riflessi notevoli nel linguaggio dell'allestimento museografico, poiché in ogni campo in cui si verifica il processo di musealizzazione, compreso quello delle raccolte d'arte, il visitatore chiede sempre di più al m. e rifiuta la contemplazione di una rassegna, indifferenziata e spesso muta, di opere o di documenti estratti dai loro contesti originari e comprensibili solo agli esperti del settore.
La selezione dei materiali da esporre in relazione al loro diverso valore e significato, la messa in evidenza di un documento o di un'opera rispetto ad altre di un medesimo complesso, la rievocazione della loro collocazione e della ragione d'essere originarie, l'esaltazione di loro particolari caratteristiche a mezzo dell'uso appropriato della luce, l'evidenziazione di eventuali ''personalità museali'' secondarie rispetto a quella primaria da privilegiare, sono tutte esigenze che debbono essere soddisfatte dall'allestimento museografico.
La diffusione dell'informazione sulle condizioni del patrimonio dei beni culturali di cui una cospicua parte è contenuta nei m., nonché il continuo moltiplicarsi della formazione di mostre temporanee che utilizzano materiali contenuti nei m. pubblici o privati contribuiscono ad abbattere quelle barriere psicologiche che hanno sempre fatto ritenere il m. un luogo utilizzabile e comprensibile solo da iniziati e specialisti. Le conseguenze provocate da tale nuova collocazione dell'istituto museale nel contesto della società contemporanea pone, come già rilevato, l'esigenza di una totale revisione dei metodi della museografia identificando in essa il ''come esporre''. Uno sguardo ai tipi di m. più diffusi in relazione ai loro contenuti può tornare utile a individuare le nuove problematiche museografiche.
I musei d'arte. − I m. d'arte tendono sempre più a differenziarsi dai modelli tradizionali di formazione storica di origine collezionistica rifiutando il metodo dell'accumulo e predisponendo innanzitutto un ordinamento scientifico delle raccolte museali che, al di là del loro godimento ''per se stesse'', sia orientato a far comprendere, delle varie espressioni artistiche, la stretta interrelazione con i contesti storici e culturali in cui sono state prodotte.
A tale principio fondamentale segue una serie di problemi espositivi idonei ad assicurare ai visitatori del m. una corretta ''lettura'' delle opere, problemi che possono così riassumersi:
a) accostamenti o separazioni di opere in coerenza con la rievocazione di quei contesti storici e culturali di cui si è detto;
b) spazi ospitanti e fondi di proiezione delle singole opere sufficientemente ampi, al fine di evitare l'affollamento e la sovrapposizione delle immagini;
c) distanze e direzioni visuali adeguate alle dimensioni fisiche delle opere, onde evitarne una visione deformata prospetticamente;
d) illuminazione unidirezionale d'intensità omogenea sull'intera superficie se trattasi di opera pittorica, o pluridirezionale se trattasi di opera tridimensionale (scultura), onde esaltarne i valori plastici;
e) spazi di sosta visuale nettamente separati e quindi non disturbati da quelli di transito;
f) collocazione e caratteri del supporto espositivo (forma, materia, colore), atti a suggerire, in uno spazio espositivo comune, la gerarchia di valori tra opera e opera nonché a evidenziarne al massimo le ''qualità'' prima ancora che si proceda alla lettura delle didascalie di accompagno.
A tali fondamentali principi, sempre validi per i m. d'arte, si aggiungono, caso per caso, problemi specifici di natura diversa (protezione, climatizzazione, illuminazioni particolari, ecc.), che nello spirito stesso dei principi fondamentali la museografia dovrà risolvere.
Musei archeologici. − L'altro m. di massima diffusione e in fase di continua crescita grazie all'impulso delle campagne di scavo, è il m. archeologico. In questo campo il m. sta cambiando fisionomia, perdendo o almeno attenuando il suo tradizionale carattere di m. d'arte antica per assumere quello di documentazione integrata del mondo antico. In questa logica le raccolte museali archeologiche vengono ordinate scientificamente secondo la topografia degli insediamenti e il loro sviluppo cronologico, mettendo sullo stesso piano ogni documento significativo, indicandone però chiaramente la sfera di appartenenza nella vita, nei costumi e nelle vicende della società che li ha prodotti.
Da questo metodo rigorosamente scientifico dell'ordinamento nascono i complessi problemi della museografia in campo archeologico, problemi che possono riassumersi in due fondamentali esigenze: la prima richiede, per l'esauriente documentazione di un insediamento antico nelle sue diverse componenti (abitato, zona sacrale, zona militare, necropoli), l'accostamento di materiali di varia natura, consistenza, materia, dimensione fisica, uso, valore artistico, ecc., in spazi espositivi unitari e continui; la seconda richiede, per la corretta lettura e comprensione delle singole documentazioni della raccolta museale, metodi espositivi che, oltre a una loro chiara visione, ne rievochino la ragion d'essere originaria e ne suggeriscano altresì, senza ricostruirlo, il contesto in cui esse si collocavano all'origine. Tali due esigenze possono essere soddisfatte tanto più felicemente quanto più lo spazio architettonico disponibile consente di creare al suo interno spazi espositivi articolati e flessibili sia nella forma sia nella dimensione.
Musei demoantropologici. − Un altro tipo di m. di sempre maggior diffusione e indicativo dell'interesse che nelle comunità, anche le più modeste, si va risvegliando per la riscoperta delle proprie radici e delle proprie tradizioni, è quello che intende documentare appunto tali radici e tali tradizioni. Questo tipo di m., che assume dimensioni e contenuti diversi secondo il territorio di appartenenza, è quello che dal punto di vista dell'allestimento presenta problemi del tutto nuovi e particolari, estremamente legati ai criteri del suo ordinamento scientifico. Per questo m. la mancanza di vocazione museale dei suoi contenuti provoca il rischio di concentrare l'interesse sul singolo oggetto esposto, mitizzandone l'immagine, perdendo così di vista la primaria esigenza di rievocarne la ragion d'essere e il contesto di appartenenza originari, e di metterne altresì in evidenza, con appropriato linguaggio espositivo, le sicuramente numerose personalità museali.
A questo punto si potrebbe continuare con l'elencazione di un'infinita tipologia di m. di carattere specialistico, da quelli scientifici a quelli naturalistici, da quelli strettamente settoriali a quelli genericamente territoriali, e così via, ma per ciò che si riferisce alla problematica museografica vale per tutti sostanzialmente quanto si è già detto: "La museografia intesa come metodologia dell'esporre si propone di scoprire, identificare e mettere in evidenza le diverse personalità museali delle opere o dei documenti che approdano al museo anche se privi di loro intrinseca vocazione museale".
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Museografia scientifica. - Problemi di metodo e museografia. -Da molto tempo sono numerosi in tutte le parti del mondo i m. scientifici e tecnici che, in questa fine di 20° secolo, mostrano una tendenza a crescere e a divenire più belli, tanto nei paesi industrialmente sviluppati quanto in quelli che ambiscono a diventarlo. Quattro fattori concorrono a spiegare tale situazione, apparentemente paradossale:
a) l'ingresso originario della scienza nei m. è anzitutto dovuto allo studio della natura, alla conservazione e alla classificazione delle specie. Fauna, flora e minerali da molti secoli vengono raccolti in collezioni che, con l'accumularsi dei campioni, hanno progressivamente assunto dimensioni imponenti; poco alla volta è apparso opportuno che il numero più grande possibile di questi esemplari, identificati e catalogati, fosse accessibile non solo ai ricercatori di professione, ma anche agli insegnanti e agli amatori. Inoltre le grandi nazioni colonizzatrici hanno aggiunto, a questi obiettivi, il loro gusto per le ricerche esotiche e il desiderio di stupire gli abitanti della madrepatria. Così furono fondati e si svilupparono i m. di storia naturale;
b) un secondo motivo è legato alla storia della tecnica, in particolare per effetto della prima rivoluzione industriale in Europa, che ha portato alla creazione di luoghi in cui raccogliere e presentare collezioni di macchinari, utensili, apparecchiature, col doppio fine di mostrare e conservare. Sin dall'inizio si sono voluti rendere accessibili al più grande numero possibile di visitatori i m. della tecnica, il cui materiale era per lo più di provenienza nazionale, proprio in quanto il più delle volte concepiti come specchio prestigioso del genio scientifico e tecnico di una nazione;
c) terzo fattore è il legame progressivamente stabilito fra il m. e quella parte della scienza che si dedica allo studio dell'uomo e della società. L'etnologia, la storia, l'economia, la sociologia hanno trovato in questi spazi museali un buon mezzo di comunicazione con il grande pubblico, affiancandosi ad altri aspetti di minor rilievo scientifico riguardanti le tradizioni popolari e i modi di vita passati. Il desiderio di riscoprire le proprie radici, tipico della nostra epoca, ha sollecitato il gradimento per questo tipo di installazioni;
d) quarto fattore, alquanto differente dai precedenti, è la maturata consapevolezza che la conoscenza scientifica e soprattutto l'interesse dei bambini e degli adolescenti per la scienza non possono essere interamente soddisfatti dall'insegnamento scolastico, e che invece luoghi concepiti per funzionare in maniera diversa dalla pedagogia tradizionale possono più facilmente suscitare l'attenzione verso le scienze e le tecniche. È così che, soprattutto dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono nati quelli che si potrebbero definire centri di sensibilizzazione alla cultura scientifica, il cui obiettivo è di presentare la scienza in una prospettiva attraente, facendo appello al gioco, alla manipolazione, all'interattività. Sono luoghi vivi che hanno lo scopo di permettere ai visitatori di appassionarsi alla scienza, di accedere alle nozioni di base, per poi risalire al livello più generale e astratto delle conoscenze scientifiche.
La scienza è dunque entrata in modi diversi nel m. per presentarsi con i propri oggetti, la sua storia, il suo cammino e anche le sue concezioni. Quasi tutti i tipi di istituzioni menzionati sentono oggi tuttavia la necessità di andar oltre se stessi; ognuno infatti ha rapidamente raggiunto i suoi limiti. Il m. di storia naturale ormai non è più in grado di mostrare tutte le sue collezioni e ben presto diviene inadatto al gusto del pubblico, se si limita a esporre serie di pezzi distribuiti in maniera sistematica e fredda nelle vetrine, né può pretendere in tal modo di essere strumento di stimolo agli aspetti vitali della scienza, ai suoi progressi e ai suoi metodi; la sua forma tradizionale non risponde più alle aspettative che i visitatori di oggi hanno nei confronti dei problemi della natura e dell'ambiente. Anche il m. di storia della tecnica è ritenuto come qualcosa di arcaico, se non rinnova i suoi modi di presentarsi, se non rende conto dei legami con le macchine contemporanee, se non spiega quanto rimane occulto della tecnica attuale. Quanto al m. etnologico, non può limitarsi a esporre collezioni esotiche o a trattare superficialmente di periodi passati; esso diventa parimenti oggetto di domande attorno alle questioni contemporanee poste dall'evoluzione delle nostre società. I centri più recenti, che hanno scelto il risveglio degli interessi e la pedagogia attraverso il gioco, rischiano invece di rimanere alla superficie delle cose se ignorano la prospettiva storica, se non presentano oggetti autentici e se non ne illustrano le evoluzioni. Dunque, molto logicamente, nuovi approcci museografici portano a una maggiore reciproca penetrazione tra questi quattro livelli, chiamando la museografia scientifica a profondi cambiamenti.
La specificità dei m. scientifici, rispetto a quelli che accolgono le arti plastiche, non dev'essere ricercata nel modo di costituire le collezioni, di stabilire repertori e cataloghi. Senza dubbio esistono differenze sensibili soprattutto riguardo alla nozione di opera originale e unica, meno importante nelle scienze che nell'arte; riguardo alla nozione di mercato in cui queste opere si scambiano, poco presente per gli oggetti della scienza; o riguardo alla nozione dei diritti giuridici e finanziari ad essi connessi. In via generale, l'acquisizione, la protezione e il restauro degli oggetti nei m. scientifici comportano minori problemi finanziari e tecnici, ma in compenso molte altre questioni si pongono in termini più accentuati che negli altri.
Il problema principale è quello del modo stesso di rappresentare la scienza al di fuori dei laboratori e dei luoghi in cui essa si produce. Numerosi scienziati sostengono che questa rappresentazione esterna non può non essere che un grave tradimento; e infatti è vero che la scienza nel suo processo di formazione non può essere esposta direttamente al pubblico dei non iniziati; che non esiste un passaggio diretto fra una ricerca scientifica in costante movimento e uno spazio espositivo a tre dimensioni; e che necessariamente bisogna far ricorso a una traduzione, a una mediazione. Questo problema centrale rimanda immediatamente a tutta una serie di problemi collaterali.
Se l'obiettivo che ci si propone quando si decide di creare, sviluppare o modernizzare un m. scientifico è quello di vantare i meriti della scienza salvatrice e cantarne le lodi, avremo un m. positivista, che privilegerà i benefici apporti della scienza all'umanità, dimenticando che essa ha fornito anche armi e prodotti tossici. Se da parte di questa o quella superpotenza si vogliono mettere in risalto agli occhi del grande pubblico, nazionale ed estero, le grandi realizzazioni tecniche del paese, avremo un museo-spettacolo, popolato da macchine impressionanti che daranno al luogo un aspetto quasi magico e nel quale poche spiegazioni saranno offerte al visitatore. Analogamente, il m. varierà volta a volta il proprio assetto, a seconda dell'opzione prescelta: se si vuole raccontare la storia prestigiosa dei grandi uomini di scienza, gloria di una nazione; se si vuole illustrare un'ideologia che considera il progresso tecnico come promessa di liberazione delle masse; se si vuole fare in modo che i bambini e gli adolescenti, frequentando il museo, prendano gusto alla scienza manipolando e sperimentando in maniera divertente; o, infine, se si vuole creare un luogo di cultura per gli adulti ove la scienza manifesterà i suoi limiti oltre che le sue promesse, un luogo ove lo spirito critico del cittadino potrà alimentarsi ed esercitarsi. E si comprende immediatamente che la scienza, nel m. come nel laboratorio, non è neutrale, ma riflesso di una società, di una cultura, di un'epoca, di un insieme di principi, di valori e di divieti collettivi. La sua presentazione al pubblico è condizionata da questa scelta di partenza e, poiché la museografia scientifica traduce un discorso, è importante che il visitatore abbia coscienza del significato che gli è proposto.
Accanto a questi problemi primari, immediatamente altri se ne pongono: a quale pubblico si desideri indirizzarsi, sotto quale angolazione s'intenda mostrare la scienza, di quale vocabolario si debba far uso, quali supporti materiali debbano essere utilizzati. Le risposte a questi quesiti sono intimamente legate tra loro. Immaginiamo che la scelta del pubblico vada di preferenza ai bambini dai 5 ai 12 anni, accompagnati dai loro maestri in classi organizzate durante l'orario scolastico, e che dunque dedicheranno al m. una o due visite l'anno, per una durata dalle 2 alle 4 ore. In questo caso, la scienza da mostrare dovrà essere vicina alle materie insegnate in quelle scuole, i soggetti dovranno essere presentati tenendo conto della suddivisione disciplinare delle scienze, il linguaggio da usare sui pannelli, negli audiovisivi e negli opuscoli dovrà essere uguale a quello dei programmi scolastici; in compenso sarà più utile che l'approccio al m. da parte dei bambini sia diverso da quello alla scuola, più interattivo e ludico, con largo spazio alla manipolazione, alla misurazione e alla conduzione di progetti. Se invece il m. decide d'indirizzarsi agli adulti di qualsiasi livello culturale, l'approccio dovrà essere del tutto differente: si partirà dalla presenza della scienza nella vita quotidiana, senza necessariamente seguire la suddivisione delle discipline scientifiche, prendendo piuttosto come punti di approccio campi come la salute, l'ambiente, l'energia, lo spazio, l'oceano. Il linguaggio scientifico di base, ignorato dalla maggior parte delle persone, dovrà essere ricordato, anche se si farà ricorso alla trasposizione in linguaggio corrente e alla metafora. I supporti dovranno certamente lasciare più spazio agli oggetti autentici, agli strumenti scientifici, agli apparecchi e alle macchine. Sarà opportuno l'uso di guide che permettano di seguire un itinerario ricevendo spiegazioni, e ponendo semmai in risalto il rapporto dei temi trattati con la vita professionale.
Poiché la pratica dimostra che è difficile prendere in considerazione una sola categoria di pubblico, la maggior parte dei m. scientifici si organizza in modo da offrire diversi livelli di lettura: il primo può essere molto semplice, fare scarso ricorso al linguaggio scientifico, restare al livello del gioco, del sogno, dell'emozione, del gesto compiuto senza premeditazione; il secondo livello conduce alle prime analisi e spiegazioni del gesto compiuto, e del fenomeno provocato e osservato; il terzo può consentire di risalire ai principi scientifici, alle definizioni, alle formule, ai teoremi, permettendo così a quanti lo desiderino di ritrovare la scienza grazie alla progressiva precisazione del linguaggio, degli schemi, delle immagini; un ultimo livello infine può permettere agli specialisti e agli insegnanti di lavorare sull'esposizione e ricavarne tutta la ricchezza pedagogica.
Il più arduo compito dei m. scientifici è quello di sforzarsi di essere al contempo luoghi che procurino gioia, sogno, emozione, ma che diano anche voglia di risalire fino alla scienza, al ragionamento, al procedimento rigoroso, allo spirito di ricerca. Il proposito non è banale, specie in un'epoca come la nostra in cui la scienza copre territori immensi, avanza verso l'infinitamente grande, l'infinitamente piccolo, l'infinitamente complesso. Oggi le vie della ricerca scientifica conducono all'osservazione di fenomeni caotici, aleatori, discontinui, e ognuna di esse esige un'estrema specializzazione in cui solo lo specialista si ritrova; allo stesso tempo l'interdisciplinarietà, l'intrecciarsi delle discipline scientifiche, gli approcci sistemici si rivelano indispensabili al progresso scientifico. I m. scientifici, chiamati a rendere conto di tutto ciò, devono perciò, paradossalmente, essere sempre più ambiziosi e sempre più modesti. Di qui la necessità, se vogliono assicurarsi un avvenire e raggiungere gli scopi che si sono prefissi, di fondare la loro attività su un corpo di regole di base, su una specie di ''carta'', di cui s'indicano qui di seguito dieci possibili linee conduttrici:
1) il m. scientifico è un luogo di libera espressione, protetto per quanto possibile dai tabù, dalle ideologie e dalle pressioni economiche. Deve poter mostrare sia i meriti della scienza sia i suoi difetti, le sue virtù e le sue insufficienze, le sue promesse e i suoi limiti, e liberamente presentare la controversia, il dubbio, la rimessa in discussione delle idee, che sono il movente stesso del progresso scientifico;
2) il m. scientifico deve mantenersi costantemente fedele alla scienza che esprime, alle sue evoluzioni, al suo linguaggio, al suo progresso; deve perciò mostrare situazioni il più possibile vicine a quelle della ricerca scientifica, ponendosi il più possibile in posizione di autenticità nei confronti della scienza e delle sue evoluzioni;
3) pur facendo appello all'emozione, al piacere, al gioco, allo spettacolo, il m. scientifico non può contentarsi di essere un luogo di magia: la sua vocazione, al contrario, è di smontare le ''scatole nere'', oltrepassare le apparenze per spiegare, misurare, indurre al gusto di capire e di apprendere; deve facilitare lo sforzo necessario all'acquisizione durevole delle conoscenze, senza negare la necessità di tale sforzo;
4) per ottenere questo scopo il m. scientifico fa ricorso alle esposizioni, in quanto sua forma privilegiata di espressione, facendo appello alla messa in scena, alla scenografia, all'architettura, al supporto dell'immagine; un luogo dunque di bellezza, ma a condizione di non confonderla con l'estetismo, di non privilegiare l'involucro a scapito del contenuto, di modo che le rappresentazioni non diventino simulacro; dev'essere anzitutto un luogo di significato chiaro, dove la trasposizione in testi e l'installazione spaziale siano al servizio del contenuto, e non il contrario;
5) questa forma privilegiata dell'esposizione raggruppa diversi prodotti, che traggono vantaggio dall'essere congiunti, in quanto permettono presentazioni complementari. Tre sono i tipi principali di esposizione che un m. scientifico può utilmente sviluppare: quella permanente, concepita per durare molti anni; quella temporanea, della durata di qualche settimana o di qualche mese; quella leggera, destinata a viaggiare e a installarsi provvisoriamente nei luoghi più diversi, quali scuole, fabbriche, piazze, centri di vacanza, negozi, autocarri, treni. Scopo, tecnica e linguaggio variano sensibilmente in ognuna di queste forme di espressione;
6) il m. scientifico è un luogo vivo, ove il visitatore dev'essere attivo, deve poter manipolare oggetti, dialogare con i monitor e soprattutto con persone incaricate, nell'ambito dell'esposizione stessa, di animare, spiegare, rispondere alle domande. Nessun m. al giorno d'oggi può infatti contentarsi di mostrare i risultati di scienze complesse e in rapida evoluzione, mediante la sola presentazione di oggetti inerti, di pannelli esplicativi o di audiovisivi programmati. È necessario sviluppare una forte interattività al loro interno;
7) il m. scientifico è un luogo aperto, che deve evolversi in continuazione e concepire i suoi prodotti in stretto rapporto con il sistema educativo del paese in cui si trova. Quest'apertura ai luoghi deputati dell'educazione, sempre che questi ultimi a loro volta accettino di aprirsi ai m. e di frequentarli, porta al migliore abbinamento possibile per favorire la conoscenza e la cultura scientifica. Il m. infatti, per i ragazzi e per i loro maestri, crea un diverso rapporto con l'oggetto scientifico e permette di sviluppare, molto più che nei locali di una scuola, la sperimentazione, la manipolazione e l'osservazione. Nel m. scientifico può infatti aver luogo un insegnamento più attivo, che da una parte ha un effetto accelerante sull'evoluzione sempre necessaria delle pedagogie praticate nella scuola, dall'altra assicura al m. la garanzia di promuovere un'azione di qualità, contribuendo al processo di acquisizione delle conoscenze e di sviluppo costruttivo della cultura;
8) il m. scientifico dev'essere sempre più concepito come un elemento entro un insieme geografico più vasto, come un luogo che è situato entro una rete regionale, nazionale o internazionale. Presentare in punti diversi di un territorio la sua storia naturale, industriale, economica, sociale, nei luoghi stessi cioè in cui si è prodotta, è un modo per creare un ordito di strutture che si rinviano reciprocamente, e che può portare a un eccellente approccio alle scienze e alle tecniche, alla loro evoluzione e alle loro prospettive;
9) il m. scientifico è un luogo da cui partono azioni diversificate e che deve mettere in moto, al di là delle esposizioni, un insieme il più ampio possibile di altri mezzi suscettibili di completarle: libri, articoli di riviste, programmi televisivi, filmati, videocassette, giochi e giocattoli educativi, spettacoli di planetario, dibattiti, conferenze, seminari, presentazioni di mestieri nel loro svolgimento, teatro, musica, arti plastiche, ecc. Affinché siano meglio compresi in tutta la loro forza e insieme in tutta la loro relatività, gli oggetti della scienza devono essere presentati da punti di vista differenti che ne aiutino la comprensione profonda; le esposizioni sono un mezzo per ottenere ciò, ma prese in se stesse non sono sufficienti;
10) ultima regola, ma non la meno importante, è che il m. scientifico deve costantemente sottoporsi alla valutazione delle sue presentazioni. I mutamenti della scienza, l'evoluzione degli interrogativi posti dal grande pubblico, i cambiamenti nei programmi scolastici, le trasformazioni profonde delle società soprattutto nei loro modi di comunicazione, sono altrettante ragioni che rendono legittime le valutazioni ripetute e metodiche. Conviene in particolare che, in quanto studio dei m., la museologia possa sempre più venir esercitata in questo tipo di musei. Le ricerche, le riflessioni e le indagini di questa disciplina, che è ai suoi primi passi, risulteranno via via più preziose. Tanto lo sforzo teorico quanto il contemporaneo ricorso alla sperimentazione − ciò che si potrebbe definire una ''ricerca-azione'' − sono indispensabili per definire la pertinenza dei modi di procedere della museografia. Ciò che va auspicato è che tale ricerca si sviluppi in stretto rapporto con la didattica, l'epistemologia e la storia delle scienze, che possono utilmente completarla.
Tanto più importanti sono oggi i m. della scienza quanto più incisivo è il ruolo assunto dalla scienza nella società e nella cultura. Se giustamente per cultura s'intende un insieme di saperi, di idee, di rappresentazioni, di valori e di modi di vita, che compongono il sistema di referenti e di punti di orientamento che consente a ciascuno di noi di situarsi nel tempo e nello spazio, allora non c'è dubbio che la fisica nucleare, l'astrofisica, la chimica organica, la biologia molecolare debbano essere il più possibile presentate al grande pubblico in modo sufficientemente attraente perché ne prenda gusto. Senza pretendere di entrare nell'interno di queste complesse discipline, l'obiettivo propriamente culturale è di dare a quanti più possibile le prime chiavi d'accesso, con la speranza che loro stessi o i loro figli arriveranno a vedere un po' più da vicino cosa avviene.
I musei delle scienze. - La storia. − Il primo grande m. tecnico-scientifico sorse sul finire del 18° secolo, in un periodo di grandi trasformazioni sociali e politiche, segnato dalla progressiva affermazione e diffusione di nuove macchine e nuovi procedimenti produttivi. Il Conservatoire national des Arts et Métiers fu istituito a Parigi nel 1794 non come m. a carattere storico dedicato alle tecniche del passato ma come enciclopedia materiale costantemente aggiornata: un luogo in cui l'esposizione e la dimostrazione di macchine, strumenti e utensili moderni avrebbero dovuto giovare al progresso manifatturiero e industriale della Francia. Nel corso dell'Ottocento il Conservatoire, che in origine aveva incamerato i pezzi di numerose collezioni private, vide le sue raccolte ampliarsi notevolmente. Si trasformò tuttavia gradualmente in un m. storico, in cui l'accumulazione e la conservazione di oggetti tecnici del passato prevalsero sugli intenti educativi e informativi che erano stati alla base della sua fondazione.
Nel 1851 si aprì a Londra la Great Exhibition, la prima di una serie di esposizioni universali, formidabili vetrine della tecnologia dell'epoca, che caratterizzarono la seconda metà del 19° secolo. Le macchine protagoniste della rivoluzione industriale nonché i relativi prodotti venivano esibiti come meraviglie della scienza e della tecnica e come prova del progresso industriale e della potenza economica delle nazioni partecipanti. Il successo di queste manifestazioni e l'ammirazione destata per le conquiste della nuova era del ferro e del vapore suggerirono di rendere permanente questo tipo di esposizione con la creazione di un apposito museo. Nacque nel 1857 il londinese South Kensington Museum, nel quale in un primo tempo vennero raccolti gli oggetti più disparati provenienti da collezioni sia tecnologiche che artistiche. Da questo derivò il Science Museum, a carattere squisitamente tecnologico, che ben presto divenne un'istituzione importantissima per la diffusione della cultura tecnico-scientifica e per la conservazione delle sue testimonianze materiali. Agli oggetti statici si aggiunsero, sulla spinta di un crescente intento pedagogico, modelli funzionanti, diagrammi e disegni esplicativi.
Comune a questi m. ottocenteschi, d'impronta innegabilmente positivista, era la tendenza esasperata a mostrare i benefici materiali della tecnologia − frutto delle applicazioni pratiche delle scoperte scientifiche − il cui sviluppo veniva presentato come inarrestabile e lineare. Lo stile di presentazione in questi m. era spesso ricalcato su quello trionfalistico delle esposizioni universali. Si tendeva a un'accumulazione di oggetti nel tentativo di dare una visione esaustiva del tema trattato: il risultato era visibile in sale stracolme di manufatti che, se affascinavano a un primo colpo d'occhio, risultavano però di difficile lettura. Oggetti sprovvisti di un particolare fascino evocativo, prodotti correnti dell'industria manifatturiera venivano esibiti come trofei e panoplie decorative. Anche in questi casi l'accumulazione e la disposizione ''ad arte'' supplivano a una mancanza di attrattiva intrinseca dell'oggetto e alla povertà dei supporti didattici.
Il Deutsches Museum di Monaco venne ideato all'inizio del 20° secolo in una Germania in piena espansione; ma, a causa dello scoppio del primo conflitto mondiale, fu inaugurato ufficialmente solo nel 1925. Nato per presentare i ''capolavori della scienza e della tecnica'', poté contare su sostanziosi finanziamenti da parte dell'industria privata tedesca e divenne negli anni fra le due guerre uno dei più importanti m. di questo tipo. Esso rappresentò un modello e una fonte d'ispirazione per molte istituzioni analoghe. Alcune delle sue attrazioni, come per es. il famoso planetario Zeiss, saranno poi riprese in quasi tutti i m. e centri scientifici. Gran parte degli oggetti esposti potevano essere azionati, mentre i processi produttivi e manifatturieri del presente e del passato erano illustrati chiaramente con diorama o modelli funzionanti. Parti di officine, fabbriche e miniere erano accuratamente ricostruite all'interno del m. stesso, per mostrare le macchine in una scenografia che riproducesse il più possibile la realtà coinvolgendo così emozionalmente il visitatore.
Nel 1933 fu aperto il Museum of Science and Industry di Chicago, che inaugurava una nuova era nella museografia tecnico-scientifica. Fu il primo m. in cui il visitatore era chiamato a una partecipazione interattiva con gli oggetti esposti, azionando personalmente macchine e modelli o eseguendo semplici esperienze. Tale approccio, già sperimentato nel Science Museum e nel Deutsches Museum, rappresentò la caratteristica fondamentale del m. di Chicago.
Pochissimi anni dopo (1937) venne aperto a Parigi il Palais de la Découverte come centro di cultura scientifica completamente diverso dai m. tecnologici allora esistenti. Luogo eminentemente didattico, ideato nell'intento di istruire il pubblico sui principi fondamentali della scienza e sulle sue applicazioni, il Palais de la Découverte, nella cui denominazione il termine m. è forse per la prima volta volutamente assente, non si propose mai di raccogliere e conservare oggetti. Nelle sue sale si svolgevano lezioni dimostrative nelle quali venivano illustrati i fenomeni della chimica e della fisica o le loro più recenti applicazioni. Contrariamente al Museum of Science and Industry di Chicago, il Palais de la Découverte presentava la scienza contemporanea senza impegnarsi nella ricostruzione sistematica del suo sviluppo storico.
Negli anni del secondo dopoguerra il numero di m. dedicati alla scienza e alla tecnica si è moltiplicato considerevolmente. Gli spettacolari progressi della scienza, l'introduzione di nuove tecniche di produzione e di comunicazione e il relativo sorgere di nuovi linguaggi, la presenza sempre più massiccia, anche nell'ambiente domestico, di apparecchiature di crescente complessità hanno generato l'esigenza di avvicinare un pubblico sempre più vasto al mondo della scienza e della tecnica. Infatti, nonostante l'incremento del livello medio d'istruzione e la possibilità di disporre di un numero sempre maggiore di informazioni, la rapidissima evoluzione della scienza e della tecnica e la loro crescente complessità tendono a scoraggiare un pubblico spesso pigro e intimorito davanti a temi giudicati astrusi e di difficile comprensione.
I m. d'impianto classico, costituiti nell'Ottocento o nei primi del Novecento, si dimostrano lontani dalle problematiche moderne e diventano in molti casi luoghi della memoria, anche se notevoli sforzi sono stati fatti nel tentativo di modernizzare le collezioni. Gli spazi espositivi sono stati sfoltiti, e sono stati abbandonati i criteri ottocenteschi di accumulazione, che andavano a scapito della leggibilità degli oggetti esposti. Questa tendenza, se spinta all'eccesso, rischia tuttavia d'impoverire le raccolte esposte relegando troppi oggetti interessanti in depositi di solito non accessibili al pubblico.
Nonostante i tentativi di rinnovamento, uno dei compiti essenziali di questi m. rimane quello di raccogliere e conservare le testimonianze materiali del passato, compito che implica oggi notevoli difficoltà per molteplici ragioni. Il numero di macchine, apparecchi e strumenti presenti nell'industria, nei laboratori e nelle case si è accresciuto enormemente in questi ultimi decenni; la loro obsolescenza è estremamente rapida e porta alla loro eliminazione dopo pochissimi anni di utilizzazione; le loro dimensioni sono spesso notevolissime. Tutti questi fattori generano parecchi problemi di conservazione museale e rendono del tutto impossibili raccolte esaustive. Queste difficoltà sono parzialmente superate con la creazione di m. specializzati dedicati a settori ben precisi della storia della scienza o della tecnica. Vi è così un proliferare, in Europa e negli Stati Uniti, di m. dedicati alla storia della radio, della fotografia, dei trasporti urbani, dei computer, dell'aeronautica, dello spazio, ecc.
Nascono, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, gli science centers, di cui l'Exploratorium di San Francisco prima e l'Ontario Science Center poi rappresentano i capostipiti. In questi centri, che sarebbe improprio chiamare m., il pubblico è l'attore principale e deve toccare, provare, sperimentare. La sua partecipazione diretta è stimolata dalla presenza di nuovi sistemi audiovisivi: animazioni, computer interattivi, simulazioni, giochi. L'apprendimento, uno dei fini principali di questi centri, è legato alla scoperta individuale, all'esperimento condotto personalmente e, specie per i visitatori più giovani, a una componente ludica. L'esperienza non si limita alla percezione visiva ma coinvolge tutti i sensi, in modo da lasciare un'impronta duratura.
Fra i progetti più ambiziosi realizzati negli anni Ottanta vi è la Cité des Sciences et de l'Industrie di Parigi, enorme complesso architettonico che alloggia esposizioni temporanee e permanenti, laboratori didattici, centri di ricerca e di animazione. Il tentativo d'incrementare l'interesse per la cultura scientifica e i progressi della tecnologia moderna è realizzato tramite l'ausilio di metodi e approcci disparati; l'aspetto storico, pur non essendo prioritario, non è completamente trascurato; la partecipazione delle industrie pubbliche e private è fortemente incoraggiata; la scienza e le sue applicazioni vengono presentate cercando di non cedere a tentazioni trionfalistiche, ma mostrando anche i pericoli insiti nell'uso insensato della tecnologia moderna, compito non facile, data la sempre maggiore e indispensabile partecipazione di enti privati a queste imprese. Concepita come centro di formazione permanente in ausilio alla scuola, la Cité des Sciences et de l'Industrie è un tentativo di fondere esperienze disparate e rappresenta la concezione più avanzata di museografia a carattere tecnico-scientifico.
Uno dei pericoli insiti in questo tipo di centri della scienza è la facilità con la quale essi rischiano di divenire parchi di divertimento in cui il visitatore, sopraffatto a volte da un eccesso di stimoli e di segnali, coglie soltanto l'aspetto spettacolare delle dimostrazioni messe a sua disposizione. La visita in uno di questi centri si riduce allora a una serie di manipolazioni affrettate di cui non sempre si colgono il significato e i vantaggi culturali, ma osservazioni superficiali e impressioni passeggere. È infatti estremamente difficile raggiungere il delicato punto di equilibrio fra didattica e gioco, fra volgarizzazione e rigore scientifico, fra spettacolarità e senso critico.
In questi ultimi anni si assiste anche a un crescente interesse per m. più specializzati, dedicati essenzialmente alla storia della scienza. Ricordiamo quelli di Oxford, di Cambridge, di Leida, di Utrecht, di Kassel, di Dresda, oltre all'Istituto e Museo di Storia della scienza di Firenze, che ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo impetuoso, come istituto di conservazione e di fruizione di un'eccezionale raccolta di strumenti e come centro specializzato per le ricerche di storia delle scienze e degli strumenti scientifici. Spesso derivanti da antiche collezioni private o da gabinetti scientifici universitari, questi m. espongono generalmente gli strumenti della scienza, e cioè gli utensili e gli apparecchi utilizzati in passato per la ricerca nei laboratori, per la didattica scientifica nelle scuole o per attività professionali specifiche. Rivolti di solito a un pubblico più specializzato, anche questi m., pur dovendo spesso conservare le caratteristiche di collezioni scientifiche appartenenti al passato, tentano oggi di conformarsi a una visione moderna della storia della scienza. Viene infatti abbandonato quel tipo di presentazione celebrativa e retorica degli strumenti esposti come venerabili reliquie dei ''grandi della scienza'', mentre si tende a un approccio critico illustrando il ruolo avuto dagli strumenti nel complesso e intricato evolversi della scienza. Anche in questi casi è difficile raggiungere un equilibrio capace di conciliare il carattere storico delle collezioni e le esigenze didattiche.
L'archeologia industriale (v. in questa Appendice) ha aperto nuovi orizzonti nel campo della museografia. La ricostruzione postbellica e il rinnovamento di impianti produttivi obsoleti e di opere ingegneristiche ormai antiquate rischiava infatti di far scomparire quei ''monumenti industriali'' che tanto avevano contribuito alla nascita del mondo contemporaneo. Di qui l'esigenza di preservare, almeno in parte, testimonianze preziose per documentare le attività industriali del passato. La fabbrica diventa m. di se stessa, l'area un tempo sede di attività manifatturiere importanti è trasformata in écomusée. Questo termine, coniato in Francia all'inizio degli anni Sessanta, indica un luogo nel quale le attività umane sono illustrate in relazione all'ambiente e al territorio su cui si sono sviluppate. Il tentativo è in questi casi di presentare una storia non solo dell'industria ma, più in generale, dell'industrializzazione. Alle classiche collezioni di macchine, apparecchi, utensili, si aggiungono monumenti, siti e documenti capaci di testimoniare i cambiamenti economici, sociali e geografici derivanti dall'introduzione e dall'utilizzazione di nuove tecniche. In molti casi, in questi centri si perpetua a scopo didattico la produzione di oggetti con tecniche e macchine ormai d'interesse puramente storico. Queste operazioni onerose, e non sempre esenti dal rischio di cadere in un'asettica e artificiale ricostruzione del passato, hanno comunque dato luogo a esperienze interessanti, spesso coronate dal successo popolare. Fra gli esempi più importanti in questo campo ricordiamo le esperienze di Ironbridge in Inghilterra, o di Le Creusot in Francia, oggi écomusées di due dei più importanti distretti della prima rivoluzione industriale. Vedi tav. f.t.
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