Stato della Transcaucasia. Confina a N con la Georgia, a E e a SE con l’Azerbaigian, a S con l’Iran e a O con la Turchia.
Il territorio, privo di sbocco al mare e con un’altezza media di 1800 m, culmina nel Monte Aragac, di origine vulcanica (4090 m). Gli elementi idrografici più significativi sono il Lago di Sevan (1244 km2) e i corsi d’acqua tributari dei fiumi Kura e Arasse (per altre caratteristiche fisiche ➔ Armenia).
La popolazione, che nel 1920 era di 780.000 unità, durante il settantennio sovietico registrò una sensibile crescita, più che quadruplicando i propri effettivi (3,3 milioni al censimento 1989), grazie anche a una consistente immigrazione di armeni provenienti da altre Repubbliche dell’URSS. Sul dato del 1989 pesano però incertezze, riconducibili soprattutto al conflitto per il Nagornyj Karabah, che già dal 1988 ha generato flussi incrociati di profughi fra A. e Azerbaigian: nel biennio 1988-89 non meno di 350.000 Armeni hanno lasciato l’Azerbaigian e l’exclave azera del Nahičevan´ per raggiungere l’Armenia e altri paesi dell’URSS, mentre circa 220.000 azeri residenti in A. hanno seguito il percorso inverso. Altri intensi flussi hanno caratterizzato gli anni 1990 e i primi anni 2000 e interessato circa 800.000 persone, dirette soprattutto verso la Russia e altri paesi ex sovietici in cerca di migliori condizioni economiche. La consistenza della popolazione nel 2005 era di 3.200.000 unità secondo le statistiche ufficiali, di circa 3 milioni secondo stime indipendenti. Oltre un terzo degli abitanti è concentrato nella capitale, Erevan, unica metropoli e massimo centro politico, culturale ed economico. Superano i 100.000 ab. anche le città di Vanadzor e Gyumri.
Dal punto di vista etnico la popolazione è quasi tutta armena (94%) e di religione cristiana. L’armeno, che dispone di un alfabeto proprio, appartiene al gruppo linguistico indoeuropeo. Tra le etnie minoritarie le più consistenti sono quelle russa (2%) e curda (1,5%).
L’economia dell’A. sovietica, a forte vocazione industriale, si basava soprattutto sulla trasformazione di materie prime e semilavorati. Tra i comparti di punta figuravano meccanica ed elettronica per usi civili e militari, chimica, tessile e agroalimentare. Pressoché totale era il suo grado di interdipendenza con le altre repubbliche (fornitrici di energia, materie prime, semilavorati e prodotti agricoli, e acquirenti dell’output industriale). L’indipendenza si è rivelata un’arma a doppio taglio per il paese, isolato geograficamente e politicamente in un contesto regionale instabile (embargo azero-turco in seguito al conflitto per il Nagornyj Karabah, crisi energetica e industriale, dissoluzione dei tradizionali legami commerciali, scarso afflusso di capitali stranieri). Da qui una crisi economica che nei primissimi anni della transizione si è manifestata in termini catastrofici: nel biennio 1992-93 il PIL si è ridotto di quasi 2/3 e la produzione industriale di 3/4, il tasso d’inflazione ha raggiunto valori a quattro cifre e quello di disoccupazione si è più che triplicato. Le condizioni di vita di buona parte della popolazione sono passate da una relativa agiatezza alla mera sussistenza. Il cessate il fuoco nel Nagornyj Karabah, siglato nel 1994, ha però reso possibile un ampio programma di riforme (privatizzazioni; liberalizzazione di prezzi, tassi di interesse, commercio e salari; tagli di bilancio; riforma del sistema fiscale, bancario e contributivo; creazione di un contesto normativo favorevole agli investimenti esteri). La valuta nazionale, il dram, è stata introdotta nel 1993 per arginare l’inflazione. Dal 1994 il PIL è cresciuto a ritmi sostenuti, addirittura fino a un tasso dell’11% nel 2004. Un evento rilevante è stato l’ingresso nel WTO (2002). Nonostante i segnali positivi, la situazione economica appare però ancora difficile: il tasso reale di disoccupazione non è inferiore al 25%, il reddito medio pro capite a parità di potere d’acquisto non raggiunge i 3000 dollari, circa la metà della popolazione vive ancora al di sotto della soglia di povertà.
L’agricoltura conserva tipici caratteri di marginalità, anche se rappresenta il principale sbocco occupazionale (assorbe il 45% della forza-lavoro, contribuendo però solo per il 23,5% alla formazione del PIL). Accanto a una cerealicoltura di sussistenza e all’allevamento ovino e bovino, figurano peraltro produzioni a più alto valore aggiunto (ortaggi, frutta, vino, fiori), con un buon grado di integrazione con il settore agroindustriale. Le attività estrattive (materiali per l’edilizia, pietre e metalli preziosi, molibdeno) vanno registrando dagli ultimi anni del 20° sec. buone performance. Nel settore secondario (18% dell’occupazione; 38% del PIL) i principali comparti sono l’agroalimentare, la metallurgia e l’edilizia. In forte crescita risultano la produzione di bevande alcoliche (brandy, vino e birra) e la lavorazione di pietre e metalli preziosi, attività, questa, che ha attirato investimenti dall’estero. I servizi (37% della forza-lavoro; 48,5% del PIL) sono rappresentati soprattutto dalla pubblica amministrazione, dal commercio al dettaglio e da attività di trasporto e telecomunicazione, mentre il terziario avanzato ha ancora un ruolo assai marginale. Grandi potenzialità presenta il turismo, grazie a uno straordinario patrimonio storico, culturale e architettonico. I flussi, ancora modesti, appaiono tuttavia in forte crescita (dai 41.000 arrivi del 1999 ai circa 300.000 del 2005).
La bilancia commerciale è costantemente deficitaria. L’export riguarda soprattutto pietre e metalli preziosi, ma anche prodotti metalliferi e minerari, meccanici, agroalimentari e tessili. L’import, pari a due volte e mezzo l’export, si compone soprattutto di carburanti, pietre preziose, prodotti alimentari e meccanici. Fra i partner commerciali va diminuendo il predominio della Federazione Russa e degli altri paesi ex sovietici, mentre è in ascesa lo scambio con i paesi dell’Unione Europea, primo fra tutti il Belgio (pietre e metalli preziosi), seguito dal Regno Unito. Importante l’interscambio con Iran, Israele e Stati Uniti.
La parte dell’A. che era sotto il domino persiano (➔ Armenia) ed era poi passata alla Russia, nel 1917 costituì con la Georgia e l’Azerbaigian la Repubblica federale di Transcaucasia, scioltasi nel maggio 1918 per dar luogo a tre repubbliche indipendenti. Proclamata repubblica sovietica nel 1920, nel 1922 fu unita alla Georgia e all’Azerbaigian a formare la Repubblica federativa socialista sovietica della Transcaucasia, divisa nel 1930 nelle tre repubbliche di A., Azerbaigian e Georgia, riconosciute membri costituenti dell’URSS.
Nel 1991 l’A. dichiarò l’indipendenza e fu eletto presidente L. Ter Petrosian. La forte mobilitazione nazionalista da lui promossa sfociò nel sostegno militare alle milizie del Nagornyj Karabah, enclave armena in territorio azero, e nella guerra contro l’Azerbaigian, fino alla conquista dell’enclave e di parte del territorio azero (1992-93). La situazione rimase tesa anche dopo la firma dell’accordo per il cessate il fuoco (1994) e la ripresa dei negoziati diplomatici, protrattisi fino al 2001 e poi bloccati. Restarono infatti irrisolti i due problemi fondamentali: la restituzione dei territori azeri in mano all’esercito armeno e lo status da accordare al Nagornyj Karabah. Lo sforzo militare aggravò la situazione economica del paese, già messa a dura prova dalla dissoluzione dell’URSS e dal massiccio afflusso di rifugiati di etnia armena provenienti dall’Azerbaigian, compromettendo la stabilità dell’esecutivo. Nel 1995 solo il divieto alle principali forze di opposizione di partecipare alle elezioni politiche permise al Movimento nazionale panarmeno di mantenersi alla guida del governo, mentre veniva approvata una nuova Costituzione che rafforzava i poteri presidenziali. Nel 1998 Ter Petrosian fu comunque costretto a dimettersi e al suo posto fu eletto R. Kocharian, gradito alle forze nazionaliste più intransigenti. Le elezioni politiche del 1999 videro invece la vittoria del Blocco unitario (Partito repubblicano e Partito popolare) e il leader repubblicano V. Sargisian fu nominato primo ministro, ma pochi mesi dopo fu ucciso da un commando terroristico penetrato nel Parlamento. Nel 2001 l’A. divenne membro a pieno titolo del Consiglio d’Europa. Nel 2003 Kocharian venne riconfermato e, nelle elezioni legislative dello stesso anno, si affermarono i candidati a lui favorevoli. L’opposizione organizzò una veemente azione di protesta contro Kocharian, cui si rimproverò la manipolazione dei voti in occasione del referendum del 2005 che sancì l’approvazione di importanti modifiche costituzionali. Nel 2008 le consultazioni per eleggere il successore di Kocharian, che dopo due mandati consecutivi non poteva più ricandidarsi, furono vinte dal premier S. Sargsyan, delfino del presidente uscente. Il risultato fu contestato dai sostenitori di Ter Petrosian, diventato bandiera dell’opposizione. Le elezioni politiche tenutesi nel maggio 2012 hanno registrato la vittoria del Partito repubblicano del presidente Sargsyan, che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (69 su 131). Alle consultazioni presidenziali tenutesi nel febbraio 2013 Sargsyan è stato confermato per un secondo mandato con una percentuale di preferenze vicina al 60%. Nuovo successo elettorale per il partito del presidente si è registrato alle elezioni parlamentari tenutesi nell'aprile 2017, vinte dai repubblicani con il 49,12%, mentre si è attestata come seconda forza politica del Paese la coalizione di opposizione Armenia prospera, fondata dall'imprenditore G. Tsarukyan, che ha ottenuto il 27,3% dei suffragi. Nel marzo 2018, con il sostegno del Partito repubblica e con un'altissima percentuale di consensi, è stato eletto presidente del Paese A. Sarkissian; il mese successivo il presidente uscente Sargsyan, che nel 2015 aveva fatto approvare una riforma costituzionale che trasferiva molti dei poteri presidenziali al premier, ha assunto tale carica subentrando a K. Karapetyan. Ciò ha suscitato nel Paese ampie proteste che hanno costretto l'uomo politico a rassegnare le dimissioni, subentrandogli nella carica nel mese di maggio il leader dell'opposizione N. Pashinyan, il quale a sua volta ha rassegnato le dimissioni nell'ottobre 2018, per portare il Paese a elezioni anticipate e avanzare nel processo di democratizzazione; le consultazioni, tenutesi nel mese di dicembre, hanno registrato la netta affermazione dell'uomo politico, che con la coalizione Il mio passo ha ricevuto il 70,4% dei suffragi, risultato confermato dalle elezioni legislative anticipate svoltesi nel giugno 2021 a seguito della sconfitta dell’A. nel conflitto con l’Azerbaigian, alle quali il partito del premier Pashinyan si è imposto con il 58% dei suffragi sull'alleanza di opposizione guidata dell’ex presidente R.S. Kocharian. Nel gennaio 2022 il presidente Sarkissian si è dimesso dalla carica, nella quale gli è subentrato ad interim A. Simonyan fino alla nomina nel mese di marzo di V. Khachatryan. Nei mesi successivi sono riprese le ostilità tra il Paese e l'Azerbaigian nell’area di confine del territorio separatista e a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh - controllato per la quasi totalità dall'Azerbaigian a seguito del conflitto esploso nel 2020 e degli accordi di tregua del novembre dello stesso anno -, temporaneamente risolte con il cessate il fuoco mediato dalla Russia nel settembre 2022. Dopo nuove aggressioni compiute dall’Azerbaigian nel settembre dell'anno successivo è stato raggiunto un nuovo cessate il fuoco e intrapresi negoziati tra le due parti sullo status dell'area, l'apparente resa del governo armeno producendo generalizzate proteste di piazza per l'assenza di appoggio alle forze separatiste; nello stesso mese, mentre almeno 100.000 abitanti armeni hanno abbandonato il Nagorno-Karabakh per sfuggire alla repressione azera, il presidente dell'enclave S. Šahramanyan ha decretato lo scioglimento entro il 1° gennaio 2024 di tutte le istituzioni pubbliche, annunciando la fine della Repubblica separatista.
Monasteri di Haghpat e Sanahin (1996, 2000); cattedrale e chiese di Èčmiadzin e sito archeologico di Zvartnots (2000); Monastero di Geghard e valle dell'alto Azat (2000).