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Ḥusain at-Tikritī, Ṣaddām

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Uomo politico iracheno (Tikrīt, Baghdād, 1937 - Baghdād 2006). Tra i protagonisti del colpo di Stato (1968) attuato dal partito nazionalista arabo Ba´th, nel 1979 concentrò nelle sue mani tutti i poteri. Deciso a imporre l'egemonia irachena nella regione, mosse guerra all'Iran (1980-88), e al Kuwait (1990); con quest'ultimo conflitto provocò l'intervento militare di una coalizione guidata dagli USA (genn.-febbr. 1991). Nel 2003, durante l'attacco della coalizione anglo-americana che lo accusava di detenere armi di distruzione di massa, H. fu catturato e successivamente sottoposto a processo da un tribunale iracheno per crimini contro l'umanità. Condannato a morte, è stato giustiziato il 30 dic. 2006.

Vita e attività

Dopo avere partecipato al colpo di stato del 1968 che portò al potere il Ba´th (cui aveva aderito nel 1957), divenne vicepresidente del Consiglio del comando della rivoluzione (CCR, organo supremo dello stato) e nel 1979 sostituì Aḥmed Ḥassān al-Bakr alla guida del partito e alla presidenza del CCR, acquisendo così il ruolo di presidente della repubblica, capo del governo e comandante supremo delle forze armate. Ḥ avviò un processo di istituzionalizzazione del regime, indicendo nel 1980 le prime elezioni politiche dal 1958 e affiancando così al CCR un'Assemblea nazionale (oltre a un Consiglio legislativo della regione autonoma curda), rinnovata nel 1984 e nel 1989. In campo internazionale Ḥ. condusse una politica di riavvicinamento dell'Iraq ai paesi arabi moderati e filooccidentali e cercò di costruire una propria leadership nel mondo arabo facendosi carico della diffusa volontà di arginare la rivoluzione islamica affermatasi in Iran nel 1979. La guerra contro quest'ultimo, avviata da Ḥ. nel 1980 anche per recuperare la piena sovranità irachena sullo Shaṭṭ al-‛Arab (che un trattato del 1975 aveva diviso fra Iraq e Iran), si rivelò assai più lunga e difficile del previsto, trascinandosi, con gravi costi per il paese, fino al 1988 e sfociando infine (1990) nel ripristino dei confini stabiliti nel 1975. Proprio la pesante situazione in cui si trovava l'Iraq dopo la fine del conflitto indusse Ḥ. a tentar di risolvere con un nuovo atto di forza le tensioni sopravvenute con il Kuwait, annettendo all'Iraq questo stato nell'ag. 1990, anche per acquisire il controllo delle sue ricchezze petrolifere e finanziarie. Ne derivò una guerra rovinosa (prima guerra del Golfo, genn.-febbr. 1991) che vide contrapporsi all'Iraq una vasta coalizione internazionale, costituitasi sotto l'egida dell'ONU e guidata dagli Stati Uniti. Nonostante la pesante sconfitta che lasciò il paese in gravissime condizioni economiche e politiche, Ḥ. riuscì a conservare il potere pur dovendo affrontare il totale isolamento internazionale e crescenti contrasti interni. La gestione personalistica e accentratrice del potere permise comunque a Ḥ. di superare le difficoltà e di destreggiarsi tra gli oppositori. Il consolidamento della posizione di Ḥ. si registrò sin dall'autunno del 1991 in occasione del X Congresso del partito Ba´th; tuttavia l'equilibrio politico rimase ancora instabile a causa delle forti pressioni internazionali e delle azioni repressive attuate dagli USA. Il potere di H. fu d'altra parte insidiato da alcuni tentativi falliti di colpo di Stato. Nel gennaio 1995 venne sventato il colpo di Stato dell'ex capo dei servizi segreti, Wafīq Samarrā'ī; nel marzo dello stesso anno, in un altro tentativo di rovesciamento del governo, rimase ferito il figlio di Ḥ., ‛Udayy; nel maggio-giugno fu repressa l'insurrezione del clan sunnita dei Dulaimi. Una conferma della solidità del potere di Ḥ. fu la sua rielezione alla presidenza della Repubblica il 15 ottobre 1995. Nel febbraio 1996 l'assassinio dei due generi di Ḥ., Ḥusayn Kamāl Ḥasan, già ministro dell'Industria, e Ṣaddām Kamāl Ḥasan, tornati in patria dopo una fuga in Giordania nell'agosto 1995, gli attirò un'ulteriore condanna internazionale. Nel dicembre dello stesso anno, il figlio 'Udayy venne ferito in un nuovo attentato. La complessa vicenda interna, pur non priva di risvolti personalistici, può essere interpretata anche tenendo conto della volontà di Ḥ. di salvaguardare la propria libertà di azione in politica estera, libertà di azione che si tradusse, fra l'altro, nell'alternanza tra improvvise chiusure e atteggiamenti di maggiore disponibilità nei confronti degli interlocutori internazionali. Tale politica gli consentì di superare numerosi momenti di tensione con gli USA, ma non di evitare la crisi del novembre 1998, culminata nei bombardamenti aerei statunitensi e inglesi del 16-20 dicembre. Mentre cresceva nella comunità internazionale il dibattito sull'utilità delle sanzioni contro l'Iraq, non sembrava incrinarsi la stabilità del regime di Ḥ., privo di una reale opposizione interna e forte del riavvicinamento ai paesi della Lega Araba verificatosi in occasione del summit dell'ottobre 2000 sulla crisi israelo-palestinese. Dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, i rapporti traIraq e USA peggiorarono sensibilmente. Il 20 marzo 2003 una coalizione guidata dagli USA invase l'Iraq, accusato di non aver adempiuto agli obblighi imposti dalla comunità internazionale sul controllo delle armi nucleari, chimiche e biologiche. Il successivo 1º maggio il presidente americano G. W. Bush, che nel frattempo aveva fatto di Ḥ. il principale bersaglio della sua campagna antiterrorismo, annunciò la vittoria; il 13 dicembre Ḥ. fu catturato dai soldati statunitensi in un rifugio sotterraneo nel villaggio di Al Dawr, nei pressi di Tikrīt. Il processo a Ḥ., iniziato il 19 ottobre 2005 davanti al Tribunale speciale iracheno, portò, il 5 novembre 2006, alla sua condanna a morte (confermata dalla Corte d'appello il 26 dicembre) con l'accusa di crimini contro l'umanità (per la strage di 148 sciiti a Dujail nel 1982). L'esecuzione per impiccagione è avvenuta il 30 dicembre 2006.

Vedi anche
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