Pseudonimo dell'uomo politico palestinese Mohammed ῾Abd ar-Ra'uf (Gerusalemme 1929 - Clamart, Parigi, 2004). Leader di al-Fatàh, la principale organizzazione della resistenza armata palestinese, e presidente dal 1969 del Comitato esecutivo dell'OLP, nel 1994 divenne presidente e ministro dell'Interno dell'Autorità nazionale palestinese, nata dagli accordi di Oslo, per i quali, insieme a Y. Rabin e S. Peres, ricevette il premio Nobel per la pace (1994). Portavoce e rappresentante della causa palestinese nel difficile processo negoziale con Israele, ‛A. continuò sulla via del dialogo per tutta la seconda metà degli anni Novanta. In seguito, il fallimento dei negoziati di Camp David (2000), l'esplosione di nuove violenze e i numerosi attacchi terroristici compiuti dai gruppi estremisti portarono a una progressiva emarginazione di A. come interlocutore nei processi di pace da parte del governo israeliano.
Presidente dal 1952 al 1956 della Lega degli studenti palestinesi, promosse, a partire dal 1957, la costituzione di al-Fatàh (la principale organizzazione della resistenza palestinese) e ne divenne il leader. Dal 1968 al-Fatàh assunse l'egemonia all'interno dell'OLP e nel febbr. 1969 A. divenne presidente del Comitato esecutivo di quest'ultima, carica cui è stato in seguito regolarmente riconfermato. Svolse un'importante attività a sostegno della causa palestinese e del suo riconoscimento internazionale, impegnandosi a partire dal 1974 per una soluzione diplomatica del conflitto mediorientale. Dopo la proclamazione dello stato di Palestina (nov. 1988), del quale fu eletto presidente, A. accentuò la ricerca di un'intesa con Israele, assumendo un ruolo di particolare rilievo nei negoziati che portarono a un primo accordo fra Israele e OLP nel sett. 1993.
Gli accordi di Oslo, confermati dalla storica stretta di mano tra I. Rabin e A. alla Casa Bianca (13 sett.), consentirono la nascita di un'Autorità nazionale palestinese a Gerico e nella Striscia di Gaza. Per questi accordi A. fu insignito, insieme a Rabin e S. Peres, del premio Nobel per la pace (ott. 1994). Il 1º luglio 1994 A. faceva il suo ritorno a Gaza, rientrando ufficialmente per la prima volta in territorio palestinese dopo oltre venticinque anni. Presidente e ministro dell'Interno dell'Autorità nazionale palestinese dal 1994, A. ricevette un ampio consenso popolare nelle prime elezioni generali che si svolsero a Gaza e in Cisgiordania (20 genn. 1996): fu infatti eletto presidente con l'88,1% dei voti. Da sempre portavoce e rappresentante della causa palestinese nel difficile processo negoziale con Israele, A. ha insistito sulla via del dialogo per tutta la seconda metà degli anni Novanta, che fecero registrare peraltro una fase febbrile dei negoziati (Oslo II, sett. 1995; Hebron, genn. 1997; Wye Plantation, ott. 1998; Šarm al-Šayẖ, sett. 1999). Il fallimento dei negoziati di Camp David (luglio 2000) e l'esplosione di violenze nei territori palestinesi a partire dal settembre-ottobre 2000 sembrarono allontanare ancora una volta la soluzione del conflitto evidenziando tutti i problemi irrisolti: il nodo di Gerusalemme, l'estrema frammentarietà del territorio del futuro Stato palestinese, i ritardi e le inadempienze di Israele nell'attuazione degli accordi, la questione dei rifugiati. Contemporaneamente il governo israeliano esprimeva una crescente sfiducia nella capacità di A. di garantire l'ordine nei territori palestinesi, giungendo a metterne in discussione il ruolo di interlocutore e a estrometterlo dal processo di pace pianificato nel 2002 dal presidente degli Stati Uniti George Bush (concordato con Russia, UE e ONU).
La sua complessa rete di relazioni con gli Stati Uniti, Israele, l'Arabia Saudita e altri stati arabi e la sua spiccata abilità ad adattarsi alle mutevoli situazioni tattiche e politiche garantirono ad A. la sopravvivenza politica, ma non ne impedirono la progressiva emarginazione, dovuta anche all'ambiguità dei suoi rapporti con le frange estremiste, che dava adito a giudizi controversi. L'intensificarsi degli attacchi terroristici di Ḥamas e del Gihād islamico, compiuti con attentati suicidi, testimoniava per alcuni la perdita da parte di A. del controllo sui gruppi estremisti, per altri la sua connivenza o il suo sostegno alle loro attività. L'esautorazione di A. da interlocutore nel processo di pace portò infine all'investitura di Abū Māzin a primo Ministro palestinese (apr. 2003), nel tentativo di proporre una figura più credibile per i negoziati. Tra A. e Abū Māzin nacquero presto forti contrasti che portarono alle dimissoni di quest'ultimo, nel sett. 2003 (gli subentrò Abū Alā, già presidente del parlamento palestinese e tra i fautori degli accordi di Oslo). Alla fine di ott. 2004 A. fu ricoverato in un ospedale vicino Parigi, dove morì dopo due settimane.