(gr. Σαρμάται) Stirpe iranica affine agli Sciti, forse identica, forse sovrapposta ai Sauromati che già Erodoto conosce stanziati a oriente del Don. Abitatori della pianura a nord del Mar Nero chiamata Sarmazia (Sarmatia) dai Romani, erano divisi in tribù: gli Iazamati, che nel 2° sec. costituirono un regno autonomo tra Don e Dnepr, gli Iazigi, i Rossolani, i Siraci, gli Aorsi. Sopraffatte nel 1° sec. dagli Alani, a essi affini e provenienti dall’Asia, queste popolazioni furono per secoli in continuo movimento. Con esse combatterono spesso i Romani, a cominciare da Nerone; dopo M. Aurelio vari imperatori ebbero l’epiteto di Sarmatico, a ricordo di spedizioni per lo più poco note. L’invasione in Cappadocia nel 134 fu respinta dal governatore, lo storico Arriano, che ne lasciò ricordo. Dai S. le città greche del Ponto furono gradualmente iranizzate. Al tempo delle grandi migrazioni nel complesso scomparvero come popolazioni dalla fisionomia autonoma. Nomadi, dediti alla caccia e alla pastorizia, non hanno lasciato tracce d’insediamenti stabili; le tombe attestano un’arte tendente alla policromia e uno stile, detto animalistico, che dall’Asia portarono in Occidente.
Si definì sarmatismo la tesi storiografica secondo cui gli Slavi, e in particolare i Polacchi, discenderebbero dai Sarmati. Diffusa in età umanistica, fu ritenuta valida sino al 19° secolo. In seguito la tradizione letteraria ha conservato il termine sarmatismo per indicare l’esasperato orgoglio patrio degli esaltatori delle antiche usanze nobiliari polacche.