Scultore e architetto (Siena 1280 circa - Napoli 1337). Massimo scultore senese del 14° sec., cresciuto nella bottega di Giovanni Pisano, fu attivo nella realizzazione spec. di grandi monumenti funebri, fra cui quello di Arrigo VII nel duomo di Pisa (1315) e quello del vescovo Antonio d'Orso, morto nel 1321 (Firenze, S. Maria del Fiore). Concluse la sua attività a Napoli al servizio di Roberto d'Angiò, dove realizzò monumenti per la casa reale, che costituirono un modello di riferimento per tutta la scultura del Trecento. Nella sua attività architettonica progettò il castello di S. Elmo e la Certosa di S. Martino.
Figlio dello scultore Camaino di Crescentino, T. si formò a Siena mentre Giovanni Pisano lavorava alle statue della facciata del duomo (1284-97) e con lui probabilmente collaborò al pulpito di S. Andrea a Pistoia (1298-1301). Seguì un periodo di attività a Pisa: la prima opera concordemente attribuitagli è l'Arca di S. Ranieri (1306 circa; frammenti nel Museo dell'opera del duomo), che rivela assonanze con la pittura senese contemporanea; più vicini all'arte di Giovanni Pisano sono il fonte battesimale per il duomo (firmato e datato 1312; frammenti nel Museo dell'opera del duomo), una Madonna col Bambino (firmata e databile 1313-14; Torino, Museo civico) e la tomba di Arrigo VII nel duomo, commissionata all'inizio del 1315 e pressoché ultimata quando T., nello stesso anno, tornò a Siena (ricomposta dopo il 1494 senza alcune statue tra le quali quella dell'imperatore seduto, ora nel Museo dell'opera del duomo). A Siena realizzò nel duomo la tomba del cardinale Petroni (1317-18), una struttura complessa i cui elementi (base, sarcofago, tenda aperta sulla camera funeraria con il defunto disteso, tabernacolo con la Madonna col bambino) sono connessi in modo liberamente armonico e nella quale il vocabolario formale senese, con una chiara attenzione all'opera di Simone Martini, emerge nel modellato morbido, eppure saldo, nella compostezza delle pose e nel fluire ritmico dei panneggi. A Firenze eresse in S. Croce la tomba di Gastone della Torre, patriarca di Aquileia (1318-19, smontata nel 1566; frammenti nel Museo dell'opera di S. Croce e nel Museo nazionale del Bargello) e, dopo un soggiorno a Siena (nel 1320 è capomastro dell'opera del duomo), nel duomo la tomba del vescovo Antonio d'Orso, il cui programma iconografico incentrato sul tema della morte e del giudizio, sia personale che universale, può essere stato dettato da Francesco da Barberino esecutore testamentario del defunto: l'immagine del morto seduto è tra le più intense sculture di Tino. Chiamato (1323) a Napoli vi restò fino alla morte, lavorando anche come architetto (capomastro nella Certosa di S. Martino e del castello di S. Elmo) e ingegnere (ampliamento dell'arsenale e del porto). Realizzò in S. Lorenzo Maggiore la tomba di Caterina d'Austria (m. 1323), in S. Maria Donnaregina quella di Maria di Ungheria (1325-26): in questa i vari elementi (sarcofago sorretto da virtù-cariatidi, camera funeraria con la defunta giacente, gruppo della Vergine, ecc.) sono inclusi in un monumentale tabernacolo, formula che si ripete, anche se più semplificata, nelle tombe di Carlo di Calabria (m. 1328) e di Maria di Valois (m. 1331) in S. Chiara. L'eleganza sinuosa delle linee e la saldezza costruttiva delle tombe napoletane di T. lasciarono un'importante traccia nella scultura gotica dell'Italia meridionale.