Città della Toscana occidentale (185,1 km2 con 90.036 ab. nel 2020), capoluogo di provincia. Sorge a circa 12 km dal Tirreno, nella pianura alluvionale costiera formata dall’Arno, che l’attraversa dividendola in due parti, di cui quella destra contiene il nucleo primitivo dell’abitato, mentre quella sinistra è posteriore al Mille.
Formatasi in età antica, P. fiorì agli inizi dell’era volgare come nodo di traffici sulla Via Aemilia Scauri, che conduceva da Roma nella Gallia, e si sviluppò come emporio marittimo particolarmente nel 12° e 13° secolo. Il nucleo romano di P. doveva trovarsi nella zona ora occupata dal duomo, che rimase invece al di fuori della prima cinta di mura (10° sec.) in conseguenza dello spostamento del centro verso il fiume; una seconda cinta di mura fu costruita, intorno alla metà del 12° sec., alla destra dell’Arno, mentre il tratto alla sinistra del fiume, includente il sobborgo detto ‘di Cinzica’, fu completato dopo il 1300. Questa cerchia, dalla caratteristica forma quadrilatera, è ancora quella che separa il centro cittadino dai quartieri periferici, i quali cominciarono a dilatarsi a SE e SO del centro storico verso la fine del 19° sec., in seguito alla costruzione delle strade ferrate per Firenze e Lucca. L’espansione dell’area urbana si è intensificata soprattutto nell’ultimo dopoguerra, manifestandosi particolarmente a N dell’Arno, con la formazione di nuovi quartieri periferici (quartieri di Porta a Lucca, Pratale e Barbaricina). La zona industriale si è costituita a partire dal 19° sec. a SO del centro, in corrispondenza delle principali infrastrutture di comunicazione quali la stazione ferroviaria e il canale dei Navicelli che, collegando P. al porto di Livorno, ha favorito, fra le due città, un’integrazione dei settori produttivi.
La popolazione comunale ha registrato nella prima metà del 20° sec. un deciso incremento demografico; successivamente la crescita si è arrestata fino a invertire la tendenza alla fine degli anni 1980. Da allora è proseguito il processo di decremento, pur se con un’intensità progressivamente decrescente.
L’economia si fonda sul settore terziario, costituito sulla base di notevoli funzioni amministrative, commerciali e culturali (soprattutto universitarie). Sviluppate anche le attività secondarie, che riguardano le industrie meccanica, vetraria, chimica e farmaceutica. P. è inoltre punto di incrocio di importanti vie di comunicazione, come nodo ferroviario sulla linea Genova-Roma (diramazione per Firenze, via Pontedera e via Lucca), nodo stradale e autostradale, e sede di aeroporto (S. Giusto). Notevole è l’apporto del turismo, legato all’ingente patrimonio artistico della città e alla vicinanza di località balneari (Marina di P. ecc.).
P. è attestata tra le colonie romane triumvirali (Colonia Iulia Opsequens). Roma ne fece porto munito e le concesse la cittadinanza (89 a.C.). Decaduta insieme all’Impero, ritrovò slancio combattendo i Bizantini e i Saraceni, che nel 1004 occuparono la città per breve tempo.
Compresa nella marca di Toscana, P., spesso assieme a Genova, divenne una potenza marinara e ottenne numerose vittorie: a Reggio (1005), in Sardegna (1015-16), a Bona in Africa (1034), a Palermo (1063); nel 1113-14 condusse una memorabile impresa contro le Baleari. Si consolidava intanto un’espansione commerciale con centro nel Mediterraneo occidentale, e uno sviluppo della vita cittadina. Verso il 1050 compaiono nei documenti i consoli, che gradualmente diventano gli unici rappresentanti del potere cittadino. Il Comune, nel 12° sec., elabora i suoi istituti: il Consiglio di credenza, dapprima emanazione del consolato, si organizza a magistratura autonoma e tende a farsi unico depositario della sovranità: l’amministrazione della giustizia è affidata al console di giustizia; si sviluppano le arti (dei mercanti, della lana ecc.), istituti retti da propri consoli. Più tardi, su tutti questi nuclei organizzati, viene decisa l’istituzione di un podestà (il primo ricordato è del 1150). Intanto P. ha sottomesso il contado, ha risolto il suo contrasto con Lucca, ma la più impegnativa rivalità è con Genova, a cui contende il predominio sulla Sardegna e sulla Corsica. Dalla sua parte P. ha la forza dell’Impero, alla cui politica è legata dai suoi interessi commerciali nel Mezzogiorno d’Italia e in Sicilia, e dai contrasti con Genova, Lucca e Firenze. P. può così estendere l’influenza sulla Corsica, mentre in Sardegna la conquista si avvia a farsi totale. Ma se ghi;belline sono l’aristocrazia mercantile e la borghesia industriale, rivaleggiante con Firenze, in contrasto con esse l’aristocrazia feudale e il popolo minuto o singole fazioni – espressione non di classi sociali, ma piuttosto di partiti politici fondati su tradizioni familiari o interessi personali – assumono talora insegne guelfe.
Le discordie cittadine portano, nella guerra contro Genova, al disastro della Meloria (1284). Ugolino della Gherardesca, creato podestà e capitano del popolo, tenta di superare la difficile situazione, ma l’insorgere della nobiltà ghibellina mette presto fine al governo signorile (1288). Dopo la rinuncia in favore di Genova alla Corsica e al Logudoro e la missione imperiale in Italia di Enrico VII, cui P. disperatamente dà tutto il suo appoggio, la restaurazione ghibellina si conclude in un fallimento. Il tramonto della sua potenza è affrettato dalla cessione, fatta da Bonifacio VIII, della Sardegna, considerata dal papa feudo della Chiesa, agli Aragonesi. A una grave crisi economica si accompagna una travagliata vita politica. Dopo il succedersi di alcuni governi signorili, nel 1399, la città viene addirittura venduta a Gian Galeazzo Visconti (per poi tornare indipendente nel 1402), e conquistata nel 1406 da Firenze.
Con il ducato e il granducato mediceo, P. ha una decisa ripresa. Protetta dalla dinastia lorenese, la città passa senza reazioni alla Francia e senza reazioni torna ai Lorena. Entrata la Toscana nel Regno d’Italia, P. continua la sua tradizione culturale, cui si accompagnano attività industriali modeste, data la concorrenza della vicina Livorno, divenuta la seconda città toscana.
Immense sono state le distruzioni patite dalla città durante la Seconda guerra mondiale sia a causa dei bombardamenti aerei sia soprattutto perché, durante la campagna d’Italia, il fronte di combattimento si fermò qui, sulle opposte rive dell’Arno, per 40 giorni; oltre alle gravi perdite subite dal suo patrimonio artistico, fu distrutto il 48% delle abitazioni.
Della città antica rimangono scarse testimonianze materiali, consistenti, in elevato, nelle terme cosiddette di Nerone (1° e 2° sec. d.C.) e nell’accesso al ponte sul Serchio; strutture murarie di età imperiale sono state rinvenute in piazza del Duomo e in piazza Dante. Residui significativi dell’impianto urbanistico persistono nel cuore della città, in relazione all’incrocio di via Tavoleria con via del Castelletto, in concordanza con tracce di una più remota centuriazione dell’Ager Pisanus. Tra gli altri ritrovamenti sono da menzionare un tumulo circolare (8°-7° sec. a.C.), cenotafio di un principe etrusco, e le navi romane di San Rossore (3° sec. a.C.-5° sec. d.C.), in eccezionale stato di conservazione, insieme ai resti del porto.
La piazza dei Miracoli è un insieme di monumenti tra i più importanti del romanico in Italia nell’architettura e nella decorazione plastica, esempio dello stile pisano (all’avanguardia nell’11°-13° sec.) che compone con spirito classico elementi diversi. Il duomo (iniziato da Buscheto, 1063; consacrato 1118; facciata di Rainaldo, 12° sec.) è un vasto edificio a 5 navate con matronei, ampio transetto, cupola ellittica su tamburo ottagonale; nell’abside, mosaico del 13° sec., in parte (S. Giovanni Evangelista, 1302) di Cimabue; pergamo di Giovanni Pisano (1302-10); tomba di Arrigo VII, di Tino di Camaino (1315); tele di A. del Sarto, dei Sogliani, di D. Beccafumi. Le antiche porte bronzee, distrutte nell’incendio del 1596 (tranne la porta di S. Ranieri, di Bonanno, 1180) furono rifatte da seguaci del Giambologna. Il celebre campanile, a torre pendente, fu iniziato da Bonanno nel 1174; il battistero, iniziato da Diotisalvi nel 1152, è adorno, all’esterno, di sculture della scuola di Giovanni Pisano (all’interno, pulpito di Nicola, 1260). Il Camposanto, amplissimo chiostro rettangolare, all’interno costituito da una galleria di quadrifore gotiche, era decorato di affreschi del 14°-15° sec., in gran parte distrutti durante la Seconda guerra mondiale: tra i più importanti il Trionfo della morte (1340 ca., attribuito variamente a un maestro bolognese o pisano, oppure a Bonamico Buffalmacco), oltre ad altri di Antonio Veneziano, Spinello Aretino e di Benozzo Gozzoli (1468-84); le sinopie sono raccolte nel Museo delle sinopie.
Tra le chiese anteriori al 14° sec.: S. Agata (12° sec., Diotisalvi); S. Paolo a Ripa d’Arno (12°-13° sec.); S. Francesco (13°-14° sec.); S. Caterina (1251-1300); S. Maria della Spina (1323), piccolo gioiello di decorazione gotica; S. Martino (1332; in facciata, S. Martino e il povero, attribuito ad Andrea Pisano); S. Zeno. Alla fine del 16° sec. fu sistemata piazza dei Cavalieri, con S. Stefano e palazzo dei Cavalieri, di G. Vasari, e palazzo dell’Orologio (o della Gherardesca). Nell’ex-convento di S. Matteo ha sede il Museo nazionale e civico. Nel Museo dell’Opera del duomo sono sculture e oreficerie.
Tra le realizzazioni architettoniche del secondo dopoguerra: cappella votiva ai caduti di Kindu, presso l’aeroporto (1962, G. Michelucci); palazzo dei Congressi e facoltà di Economia e commercio (1975-84, F. Tomassi e P.L. Spadolini); cimitero di San Piero a Grado (1983-85, M. Carmassi e Ufficio progetti del Comune).
Concili di P. Un primo concilio svoltosi a P. ebbe luogo nel 1135; vi si riunirono i delegati del clero di Francia, di Spagna e di molte diocesi dell’Italia settentrionale, aderenti al papa Innocenzo II, per consigliarsi circa l’eliminazione dei residui dello scisma d’Anacleto II e per condannare i vescovi ancora scismatici con altri variamente colpevoli.
Nel 1409, fu convocato a P. un nuovo concilio a seguito del fallimento delle trattative tra Gregorio XII (eletto a Roma nel 1406 proprio con l’impegno di por fine allo scisma) e il papa avignonese Benedetto XIII; il concilio dichiarò scismatici i due papi, deponendoli perciò dalla loro carica e provvedendo a eleggere un nuovo pontefice, Pietro di Candia che, con il nome di Alessandro V, approvò le decisioni conciliari e chiuse il concilio; non avendo però gli altri due papi riconosciuto le decisioni del concilio, lo scisma finì con l’aggravarsi, anche perché Alessandro V non fu universalmente riconosciuto.
Del 1511 è il cosiddetto Conciliabolo di P., conseguenza dell’interdetto lanciato da Giulio II contro i suoi nemici Alfonso d’Este e Luigi XII; il concilio fu convocato per colpire il papa nella sua autorità spirituale; vi parteciparono solo 7 cardinali e 28 fra abati e vescovi, quasi tutti francesi, che proclamarono la superiorità del concilio sul papa; trasferitosi poi a Milano, sospese Giulio II dalla sua dignità pontificale, ma, colpito da scomunica del papa, dopo poche altre sedute ad Asti, si trasferì a Lione, dove si sciolse. I partecipanti a questo concilio si sottomisero poi di nuovo al papa nel 5° Concilio lateranense (1512).
Provincia di P. (2444 km2 con 418.122 ab. nel 2020, suddivisa in 37 Comuni). Il territorio è compreso fra il Tirreno e le province di Lucca, Firenze, Siena, Grosseto e Livorno. Include le pianure costiere dell’Arno e del Serchio, il Valdarno di sotto fino a San Miniato, il bacino dell’Era e, più a S, buona parte di quello della Cecina. Il dato demografico provinciale ha registrato, a partire dalla fine degli anni 1980, un complessivo ridimensionamento: tale processo pare ascrivibile a condizioni di ristagno del saldo naturale, oltre che all’arresto dei flussi immigratori legati alle fasi di maggiore sviluppo dell’industrializzazione locale. Fra i centri maggiori, Pontedera e Volterra hanno perso abitanti, mentre si sono presentati in espansione alcuni centri di minori dimensioni situati lungo le principali vie di comunicazione e alcune località termali (San Giuliano Terme e Casciana Terme) e turistiche.
Le attività agricole riguardano prevalentemente le colture cerealicole e ortofrutticole, diffuse nelle zone pianeggianti e nei fondivalle, mentre nelle regioni collinari (pendici del Monte Pisano, colline di San Miniato, alta Val d’Era) prevalgono la viticoltura e l’olivicoltura. Largamente diffuso è l’allevamento, per es. quello della razza di bovini denominata pisana, con 3 attitudini economiche: lavoro, carne e latte. Le attività industriali si concentrano nel capoluogo e, in distretti specializzati costituiti da piccole e medie imprese, nei Comuni del Valdarno (costruzioni meccaniche a Pontedera; mobilifici a Cascina; industria dei pellami a Santa Croce sull’Arno e Ponte a Egola; calzaturifici a Castelfranco di Sotto). Il turismo è una risorsa di notevole consistenza, con un crescente afflusso di visitatori italiani e stranieri.
Trattato di P. Fu concluso nel 1664 tra il papa Alessandro VII e il re di Francia Luigi XIV, che regolò la grave controversia sorta tra le due corti per l’attentato compiuto dalla guardia corsa contro l’ambasciatore francese a Roma duca di Créquy. Luigi XIV restituì Avignone, in cambio delle pubbliche scuse presentate dal pontefice. Il trattato inoltre, per volontà francese, stabilì l’impegno pontificio di disincamerare Castro e Ronciglione e permetterne, entro 8 anni, il riscatto al duca Ranuccio II Farnese dietro pagamento di 1.620.000 scudi; questa parte del trattato non ebbe però esecuzione, per l’impossibilità da parte del Farnese di pagare la somma.