(fr. Corse) Isola del Mediterraneo occidentale (8680 km2 con 279.600 ab. nel 2006), appartenente alla Francia, di cui costituisce una regione (capoluogo Ajaccio) divisa in due dipartimenti Corse-du-Sud (Ajaccio) e Haute-Corse (Bastia). Amministrativamente autonoma dal 1982, con una propria Assemblea legislativa, nel 1992 l’isola ha ottenuto un nuovo statuto speciale che fornisce all’esecutivo regionale poteri più forti rispetto alle altre regioni francesi.
La C. è bagnata a O dal Mar Mediterraneo, a E dal Tirreno; a N si protende nel Mar Ligure con la penisola di Capo Corso; a S le Bocche di Bonifacio (12 km) la dividono dalla Sardegna. È quasi tutta montuosa (Monte Cinto, 2706 m) e il rilievo vi assume spesso suggestive forme aspre, tanto che è stata definita ‘una montagna in mezzo al mare’; l’unica area pianeggiante è l’esigua fascia litoranea tirrenica, in corrispondenza della piana di Aleria. La dorsale principale separa i due versanti, chiamati Banda di Dentro, a E, e Banda di Fuori, a O. Le coste si sviluppano per 1200 km: alte e articolate a O, dove sono interrotte da rías (golfi di Porto, di Ajaccio ecc.); basse e rettilinee a E, con numerosi stagni costieri. Tra i fiumi, tutti brevi e a regime torrentizio, emergono il Golo e il Tavignano.
Il clima, di tipo mediterraneo, risente del rilievo e dell’altitudine, per cui vi sono differenze tra le coste, con inverni miti (temperatura media di gennaio intorno ai 10 °C), estati calde e piogge non abbondanti (600-700 mm annui), e le zone interne, con temperature più basse e precipitazioni in genere superiori ai 1000 mm. La vegetazione mediterranea, per lo più in forma di macchia, si spinge fino a 900 m; più in alto sostituita da boschi di latifoglie (soprattutto castagno) e nelle parti più elevate di aghifoglie, l’area forestale ha subito notevoli contrazioni. A protezione della flora e della fauna è stato istituito nel 1972 un parco naturale che si estende per 2000 km2, essenzialmente nelle aree montane.
La popolazione tende a trasferirsi sulle coste, anche per lo sviluppo delle attività connesse al turismo, cosicché lo spopolamento delle aree interne è sempre più accentuato. Il turismo è favorito anche dai buoni collegamenti aerei e marittimi con la Francia continentale e con l’Italia, e dal riassetto della rete stradale (soprattutto grazie alla costruzione di alcune autostrade interne).
Risorse economiche essenziali sono la viticoltura e l’olivicoltura, mentre gli impianti industriali conservano un carattere artigianale e scarsamente competitivo. Le azioni di disturbo dei movimenti autonomisti costituiscono inoltre un freno al pieno sviluppo del settore.
Fu abitata in epoca neolitica, come attestano le stazioni di Bonifacio e di altre località, da genti arrivate dalla Sardegna. Nella seconda metà del 2° millennio a.C. gruppi d’invasori armati, costruttori di monumenti megalitici, invasero il sud dell’isola. Dopo il 1000 a.C., si fecero più stretti i rapporti fra la C. e le civiltà della penisola italica, da dove giunsero probabilmente le civiltà del Bronzo e del Ferro. I Focesi si stanziarono ad Alalia (Aleria) e forse a Nicea, ma furono contrastati da Etruschi e Cartaginesi che li cacciarono dall’isola dopo la battaglia di Alalia (540 a.C.). La C. fu aperta alla penetrazione etrusca e, per un certo periodo, vi si indirizzarono anche i Siracusani.
I Romani vi sbarcarono durante la prima guerra punica prendendo Alalia sotto la guida di Lucio Cornelio Scipione nel 259 a.C.: l’isola fu unita alla Sardegna in una stessa provincia, ma per decenni i Romani lottarono per ottenerne il controllo. Mario e Silla vi fondarono colonie. Provincia autonoma dall’età di Augusto a quella di Commodo, dopo Diocleziano la C. fu compresa nella prefettura d’Italia e nel vicariato di Roma. Non conosciamo con precisione l’epoca della penetrazione cristiana.
Occupata dai Vandali di Genserico nel 5° sec., poi dai Bizantini nel 534, a essi rimase, con una breve parentesi ostrogota, fino al 725, anno in cui fu occupata dai Longobardi. Teoricamente compresa nelle terre donate da Pipino al Papato, nel 9° sec. la C. divenne preda dei Saraceni, poi cacciati dai Pisani (1014 e 1050 circa). Rivendicata nel 1077 da papa Gregorio VII, i poteri apostolici vennero dati al vescovo di Pisa (1092); prevalse così la supremazia religiosa, linguistica, artistica e culturale toscana su quella corsa. Politicamente la C. fu contesa da Genova che occupò Bonifacio nel 1195. Dopo un periodo di sopravvento dei feudatari locali, Genova, in seguito alla sconfitta pisana della Meloria (1284), s’impadronì di tutta l’isola. Il suo dominio però fu avversato dal re di Aragona che, impossessatosi della Sardegna, fece di tutto, grazie anche al favore pontificio, per estendersi in C.: all’inizio del 15° sec. si accordarono il signore corso Vincentello d’Istria e Alfonso d’Aragona che espugnò Calvi, Sagona e Ajaccio ma l’impresa fu troncata per la partenza di Alfonso e, lasciato solo, Vincentello fu catturato e ucciso (1434). Altri pericoli sovrastarono il dominio genovese: le endemiche lotte interne fra grandi e popolani, fra i comuni, i feudatari e le piccole autorità locali (‘caporali’). Dal 1434 l’isola entrò in tale stato di caos che Genova preferì cedere i suoi diritti al Banco di S. Giorgio (1453) che a sua volta, scoraggiato dalla rivolta di Raffaello de Leca, la cedette al duca di Milano (1463) che la rivendette alla famiglia genovese Campofregoso (1478). Nel 1485 tornò al Banco di S. Giorgio che riuscì a domare i capi feudali ribelli e mantenne il dominio dell’isola fino al 18° sec., seppure con frequenti contrasti con la Francia.
Nel 1729 scoppiò una rivolta generale di protesta contro le tasse eccessive; sedata grazie all’aiuto delle truppe tedesche dell’imperatore (pace di Corte, 1732), riprese nel 1735 con a capo Teodoro di Neuhoff, che fu acclamato re di Corsica (1736). Truppe francesi, dopo lunghe campagne, riuscirono a impadronirsi dell’isola e a restituirla a Genova (convenzione di San Fiorenzo, 1752) ma la rivolta si riaccese con P. Paoli che assunse il governo con il titolo di generale. Con il trattato di Compiègne (1764), la Francia ottenne di presidiare le piazze più importanti e di trattare con gli insorti a nome di Genova. Paoli, tuttavia, non acconsentì a disarmare, perciò Genova, per non perdere la C. senza compensi, cedette i propri diritti in cambio di sussidi finanziari (trattato di Versailles, 1768). La successiva guerra franco-corsa si concluse con la giornata di Pontenuovo (1769) dove Paoli fu sconfitto. L’amministrazione militare, instaurata subito dopo l’occupazione, ebbe termine solo nel 1789 quando l’Assemblea nazionale proclamò l’unione dell’isola alla Francia. Emerse però l’ostilità fra una tendenza francese giacobina e un partito geloso delle tradizioni isolane; Paoli chiese l’intervento dell’Inghilterra (1793), ma la campagna di Napoleone in Italia costrinse gli Inglesi a evacuare l’isola (1796), che da allora seguì le sorti della Francia. Dopo il regime oppressivo del Direttorio e dell’Impero, la Restaurazione migliorò le condizioni dei Corsi che rimasero tuttavia in stato d’inferiorità rispetto agli altri dipartimenti.
La crisi agricola e il ritardo industriale stimolarono l’emigrazione nel continente e nelle colonie. Oggetto di rivendicazioni italiane fra le due guerre, la C. nel 1942 fu teatro d’uno sbarco di truppe italiane e tedesche. Alla notizia della capitolazione italiana dell’8 settembre 1943, Ajaccio si sollevò contro i Tedeschi che si ritirarono il 4 ottobre. Nel dopoguerra è continuato il fenomeno di emigrazione dalla C., alimentato, oltre che dal malessere economico-sociale, dall’insediamento nell’isola, sul finire degli anni 1960, di numerosi ex coloni dell’Algeria (i pieds-noirs) attratti dalle favorevoli condizioni economiche offerte da Parigi. Inoltre, l’ostilità dei Corsi agli investimenti provenienti dal continente nel settore turistico era un ulteriore elemento di tensione politica. Su questo sfondo maturarono vari movimenti autonomisti, alcuni dei quali praticanti il terrorismo, che proseguirono anche dopo l’attribuzione alla C., nel 1982, dello status speciale di regione autonoma (collectivité territoriale).
I dialetti della C. si possono suddividere in due gruppi, separati all’ingrosso dalla catena montuosa che taglia l’isola da NO a SE: il cismontano (comprendente i territori di Capo Corso, Bastia, Aleria, Corte e Balagna) e l’oltremontano (Ajaccio, Vico, Sartena e Bonifacio). A motivo del’accentuata toscanizzazione, derivante dall’abbondante colonizzazione toscana, i dialetti cismontani possono ormai considerarsi quasi parte del sistema toscano. Invece l’oltremontano mantiene intatti i caratteri che lo riuniscono al sardo settentrionale (sassarese e gallurese), per motivi spiegabili in parte con la probabile affinità delle popolazioni preromane e delle loro lingue, in parte con il precoce distacco delle due isole dal rimanente mondo romanzo.
Durante il 3° millennio a.C. si diffuse in C. una cultura megalitica (menhir di Palaghiu presso Sartene). Resti romani sono nella colonia di Mariana (fondata da Gaio Mario fra l’87 e l’82 a.C.), che conserva anche una basilica paleocristiana con battistero. La colonia di Aleria, ebbe un assetto urbano piuttosto irregolare, con un foro di forma trapezoidale, circondato, come nella norma, da taberne e con un tempio che si affacciava sulla piazza; dei primi tempi del cristianesimo si conserva la basilica di S. Laurina.
Un gruppo di monumenti risale alla dominazione pisana e ai modelli architettonici importati dalla città toscana: la Canonica di Mariana presso Casamozza (1119), la vicina chiesetta di S. Perteo (1119-23), e la chiesa dell’Assunzione o cattedrale del Nebbio (presso San Fiorenzo). Con le chiese di Murato e Arengo iniziò invece una tradizione romanica locale che durò in C. fino a tutto il 16° secolo. Accanto a opere importate da Toscana e Liguria, si sviluppò una pittura locale, con forti effetti decorativi, lineari e cromatici di carattere popolare.
La sistemazione difensiva dell’isola offre un valido esempio di architettura militare (Calvi e Bonifacio, 16° sec.), e rimangono numerose torri per la difesa dell’entroterra erette da Genova.