Benedetto Caetani (Anagni 1235 circa - Roma 1303); dopo varie missioni diplomatiche in Inghilterra e in Francia fu creato cardinale nel 1281. Dopo l'abdicazione di Celestino V, ch'egli poi confinò nel castello di Fumone temendo che l'ex papa potesse diventare strumento dei suoi nemici, fu eletto papa il 24 dic. 1294 in Castelnuovo di Napoli. Riportata, nonostante le pressioni di Carlo II d'Angiò, la Curia da Napoli a Roma, tentò subito di risolvere il problema della Sicilia, ribelle alla Chiesa, ottenendo la rinuncia al regno di Giacomo II d'Aragona, nominato gonfaloniere della Chiesa e investito della Corsica e della Sardegna. Ma il fratello di questo, Federico, aveva accettato (25 marzo 1296) la corona di Sicilia; l'aveva difesa quindi validamente, concludendo alla fine (31 ag. 1302) con Carlo di Valois, mandatogli contro dal papa, la pace di compromesso di Caltabellotta. Sull'insuccesso siciliano ebbero certo peso anche i rapporti con Filippo il Bello, turbati dal gesto di B., che con la bolla Clericis laicos (24 febbr. 1296) aveva proibito al clero di versare somme, a titolo di tasse o sovvenzioni, a qualsiasi autorità laica senza l'espresso consenso della S. Sede. La reazione di Filippo portò a una breve tregua, nel 1301, di fronte all'intransigenza del re, B. formulò compiutamente la dottrina della supremazia della Chiesa sui regni della terra (bolla Unam sanctam del 18 nov. 1302), manifesto della teocrazia medievale. Intanto i cardinali Colonna, che in concorrenza alla rivale famiglia Caetani avevano costituito una vasta signoria nella Campagna e Marittima, avevano accusato B. di frode e di simonia, aderendo al movimento degli spirituali osteggiati dal pontefice, il quale rispose scomunicandoli e, distrutta la loro roccaforte, Palestrina, li costrinse a rifugiarsi in Francia. Ma il piano di affermazione teocratica, da cui B. muoveva, era ormai anacronistico: nonostante la mossa felice dell'istituzione (1300) del giubileo, la sua condotta politica (intervento nella vita di Firenze) mostrò la debolezza della sua posizione e l'offesa di Anagni, che segnò il culmine del rinnovato conflitto con Filippo il Bello, chiuse drammaticamente la sua vita. Esperto canonista (fece pubblìcare il Liber sextus Decretalium, 1298), relìgioso se pur estraneo all'escatologismo "spirituale" del tempo, ambizioso e autoritario, subì l'oltraggio di cronache tendenziose e di un processo postumo, in cui il re francese e il partito dei Colonna gli attrìbuirono tutte le colpe. In realtà B. VIII, proprio per la sua personalità d'eccezione, per la coscienza della sua missione "romana", fu colui che fece precipitare la crisi, da tempo in corso, del papato medievale. Dopo un'alternanza di patteggiamenti e di contrasti con le forze politiche sorgenti, estranee e ostili a ogni concezione universalistica, s'irrigidì nella più recisa ideologia teocratica; il suo atteggiamento di tragico lottatore d'una battaglia ormai perduta, ha una sua umana grandezza, che fu espressa anche nel tìtolo datogli dai contemporanei di "magnanimus pontifex".