Comune del Piemonte (130,01 km2 con 869.312 ab. al censimento del 2011, divenuti 857.910 secondo rilevamenti ISTAT del 2020, detti Torinesi), città metropolitana e capoluogo di regione. Sorge alla confluenza della Dora Riparia con il Po, in un’area alluvionale (239 m s.l.m.) compresa fra l’anfiteatro morenico di Rivoli e una serie di colline situate a oriente (fra cui, la collina di Superga).
La città presenta il caratteristico piano topografico ‘a reticolato’ che caratterizzava la pianta dell’antica colonia del tempo di Augusto. Tuttavia l’attuale perpendicolarità delle vie del centro storico deriva da tre successivi ampliamenti che ebbero luogo dal 16° al 18° secolo. Con la fine dell’Ottocento, l’incipiente sviluppo industriale di T. e la formazione di un proletariato urbano portarono alla nascita dei primi quartieri operai. Nella seconda metà del Novecento, fu istituita l’area metropolitana torinese, definita con decreto regionale del 1972 e comprendente 52 comuni limitrofi (tra cui Moncalieri, Nichelino, Beinasco, Orbassano, Grugliasco, Collegno, Venaria, Settimo Torinese), ordinati secondo due corone concentriche. Il centro storico della città e l’area collinare sono abitati soprattutto da ceti medi e medio-elevati, mentre l’area a N della Dora Riparia e l’estrema periferia meridionale includono quartieri abitati da popolazione con basse qualifiche professionali e presentano una maggiore incidenza di situazioni di disagio sociale e di disoccupazione. Con il piano regolatore approvato nel 1995, T. ha attuato una vera ridefinizione del proprio assetto urbanistico, affrontando innanzi tutto il problema della ristrutturazione dei grandi spazi urbani liberi, costituiti per lo più da aree industriali dismesse (si tratta di una superficie di quasi 3.000.000 di m2). È stata prevista una serie di interventi e di proposte di riuso: accanto al progetto del passante ferroviario, sistema di collegamenti ferroviari integrati che interessa l’area urbana, gli interventi di portata più consistente si sono concentrati lungo la cosiddetta Spina Centrale, un asse in direzione nord-sud lungo il quale si trovano ampi spazi industriali dismessi. Durante i primi anni 2000 sono stati operati numerosi interventi infrastrutturali, in particolare la linea di metropolitana automatica (sistema VAL) tra il Lingotto e Collegno (inaugurata nel 2006 e poi ulteriormente prolungata); inoltre sono state ammodernate l’autostrada Torino-Pinerolo e la Torino-Milano. È stato infine rinnovato il patrimonio residenziale ravvivando il nucleo storico centrale, con numerosi interventi di restauro, e alcune zone della periferia, nelle quali ha proseguito la rivitalizzazione di molte aree industriali dismesse (come nel caso del centro polifunzionale edificato nell'area della SNOS, Società Nazionale Officine di Savigliano, a opera dello studio Granma, 2002-2007).
La popolazione del capoluogo ha registrato, negli ultimi due decenni del 20° sec., un notevole decremento demografico (−154.647 ab. nel decennio 1981-1991; −61.520 ab. nel decennio 1991-2001). Successivamente la tendenza negativa sembra essersi arrestata e, anzi, tra il 2001 e il 2011 la popolazione ha registrato una lieve crescita (+7.104 ab.). A partire dagli anni 1990, come molte altre città italiane, T. è inoltre diventata meta di gruppi di cittadini stranieri; questa tendenza è andata crescendo nel corso degli anni: nel 2004 gli stranieri erano 55.500 e rappresentavano il 6,4% della popolazione residente, nel 2016 sono divenuti 137.902 costituendo il 15,5% degli abitanti. Le comunità straniere più numerose in tutti questi anni sono state quella romena, quella marocchina e quella peruviana, che al 2016 costituiscono rispettivamente il 39,5%, il 13,7% e il 6,1% di tutti gli stranieri presenti sul territorio.
L’economia torinese si è sempre basata, sin dagli albori dello sviluppo industriale della città, sul settore metalmeccanico: basti pensare che già nel 1889 le industrie metalmeccaniche occupavano il 40% degli operai. In particolare, l’industria automobilistica si presenta come la specializzazione dominante: nel 1907 le industrie produttrici di autoveicoli erano 37, mentre il successivo fallimento di 27 di esse avrebbe consentito l’affermazione e l’egemonia della FIAT. Lo sviluppo di quest’ultima avvenne, a partire dai primi anni del 20° sec., all’insegna del ‘fordismo’, ovvero di un sistema orientato alla produzione di massa di beni standardizzati, basato sulla grande concentrazione industriale e su una rigida divisione del lavoro. L’importanza della FIAT nell’economia torinese non si è limitata al sistema produttivo automobilistico, ma ha esercitato una notevole influenza sull’intero indotto e sulla formazione di società di servizi, oltre che sulla generica struttura urbana. Sebbene le trasformazioni economiche degli anni 1980 e 1990 abbiano modificato l’immagine di T. come città fondata sul controllo della grande impresa, a causa della crisi dell’industria tradizionale e delle trasformazioni organizzative subite da quest’ultima, è sull’eredità delle precedenti fasi di industrializzazione che continua a giocarsi oggi il vantaggio competitivo del capoluogo e del suo sistema metropolitano. La tradizione manifatturiera, in particolare la specializzazione meccanica e automobilistica, rappresenta un patrimonio di conoscenze, competenze, saperi tecnici e pratici, reti di relazioni (non solo economiche, ma anche sociali e culturali) sul quale si sono costituite nuove esperienze imprenditoriali e nuove specializzazioni produttive che hanno diversificato la base economica del sistema metropolitano torinese. Negli ultimi due decenni l’indotto gravitante sulla FIAT ha registrato trasformazioni significative che ne hanno modificato parzialmente la fisionomia: in primo luogo, il peso delle aziende medio-grandi di proprietà locale è andato progressivamente diminuendo, mentre si sono affermati, quali fornitori di livello primario, grandi gruppi multinazionali e imprese di piccole dimensioni organizzate in consorzi e joint venture; in secondo luogo, altre imprese dell’indotto (soprattutto, produttori di semilavorati non appartenenti al comparto automobilistico e di componenti non originali destinate al mercato dei ricambi) hanno cercato di ridurre la propria dipendenza dalla FIAT rivolgendosi a nuovi mercati e diversificandosi lungo nuovi cicli di produzione.
Accanto alla filiera dell’automobile, il nucleo strategico del sistema produttivo torinese è rappresentato dal sistema dei beni strumentali e dalle attività di design e progettazione: il primo, fortemente radicato a livello locale, ha incrementato il proprio grado di autonomia rispetto alla FIAT, che in passato rappresentava il principale mercato di domanda per le macchine utensili, rivolgendosi verso l’estero mediante l’offerta di nuove specializzazioni (elettronica, robotica); le seconde costituiscono il segmento più innovativo dell’industria torinese e sono formate da un comparto estremamente articolato del design industriale. Vitali si mostrano inoltre i settori aerospaziale, delle telecomunicazioni, della stampa e della grafica, insieme a specializzazioni quali, per es., la produzione di dispositivi anti-intrusione e antifurto, in cui si trovano imprese leader su scala europea.
La presenza di funzioni direzionali, di ricerca, universitarie e, in generale, formative fa del capoluogo piemontese una metropoli terziaria di rango europeo, dotata di una propria, specifica ‘cultura’ della produzione. Un certo rilievo rivestono inoltre il turismo congressuale, che usufruisce degli spazi recuperati dall’area del complesso FIAT del Lingotto, e quello culturale, con importanti fiere quali il Salone dell’automobile e il Salone internazionale del Libro, sempre al Lingotto.
T. è un importante nodo della rete viaria nazionale ed europea, soprattutto per quanto riguarda i collegamenti con la Francia (da T. parte la linea ferroviaria per Modane e Parigi). Nel dicembre 2009 è divenuto operativo il collegamento ferroviario ad alta velocità tra T. e Milano. Tale progetto, noto come ‘Torino Milano 2010’ o anche ‘Mi-To’, va ben oltre il potenziamento dei trasporti, mirando a istituire tra le due città una cooperazione volta alla creazione di un grande sistema policentrico, dotato delle più moderne infrastrutture e in grado di fornire servizi avanzati, competitivi a livello europeo.
Augusta Taurinorum fu città romana della regione XI augustea (Transpadana), nel territorio dei Taurini. Fondata come colonia militare, forse sul luogo dell’antica capitale Taurasia, divenne ben presto importante grazie alla sua posizione geografica centrale nella regione subalpina. Fra il sec. V e il sec. VI divenne un centro religioso rilevante: la sua diocesi abbracciava tutto il territorio compreso fra quelle di Ivrea, Asti, Alba, Acqui, Albenga, Embrun. Già probabilmente nel 569 cadde nelle mani dei Longobardi e poiché era la sede di un duca bizantino, questo venne sostituito da un duca longobardo. T. formò quindi un vasto ducato corrispondente in gran parte alla diocesi ecclesiastica, che acquistò importanza come baluardo del regno contro i Franchi. Il duca più famoso fu Agilulfo, che alla morte di Autari (590) s’impadronì del regno e sposò la regina vedova Teodolinda; qualche anno dopo divenne duca il longobardo Ariovaldo, fedele all'arianesimo, che sposò la figlia di Agilulfo e Teodolinda Gundeberga e, alla morte di Agilulfo, s'impadronì a sua volta del regno. Nel 773 Carlomagno, sconfitti i Longobardi, entrò a T., stabilendovi dei conti franchi che conservarono la città e la contea anche nel primo periodo del Regno d'Italia. Verso il 940, il re Ugo collocò a T. un nuovo conte, Arduino Glabrione, con il quale stabilì in città la dinastia degli Arduinici, che vi dominò per un secolo e mezzo e vi costituì la marca di T.: il periodo marchionale rappresentò un periodo di prosperità.
Verso la fine dell’11° sec. si affermò l’autorità del vescovo e dei visconti della città, mentre Umberto II di Savoia, erede dei diritti sabaudi sulla marca, assunse il titolo di conte e di marchese di T., pur senza riuscire a occupare la città. Nel 1136 Lotario III s'impadronì di T., cacciandone il conte di Savoia Amedeo III, e concesse ai Torinesi le libertà comunali sotto la protezione dell'impero. Nel 1137, tuttavia, Amedeo III tentò di rioccupare la città, incontrando però l'opposizione del vescovo Ariberto. L'imperatore Federico Barbarossa decise di appoggiare la resistenza episcopale contro i Savoia e nel 1159 concesse al vescovo la completa signoria comitale su T. e tutto il suo territorio. In questo modo venivano eliminate le aspirazioni dei conti sabaudi a ricostituire la marca torinese e il comune locale era rigidamente subordinato al potere episcopale. Nel 1235 la lunga lotta fra T. e il conte di Savoia parve finire con un trattato perpetuo di pace. Le speranze sabaude erano però premature, perché dopo la battaglia di Cortenuova (1237) Federico II impose a T. il governo di un suo capitano imperiale. Nel 1248 Federico II, tuttavia, per acquistare il favore dei Savoia, decise di concedere T. in feudo a Tommaso di Savoia, fratello di Amedeo IV, che nel 1251 occupò la città. Ben presto però Tommaso entrò in conflitto con Asti, Chieri e Moncalieri e nel 1255 fu sconfitto a Montebruno; di tale rovescio approfittarono gli avversi alla dominazione sabauda per ricostituire il libero comune. Quest'ultimo visse sotto il predominio di quello di Asti fino a quando, nel 1270, crollata la potenza astigiana di fronte alla maggiore potenza di Carlo d'Angiò conte di Provenza e re di Sicilia, anche T. fu costretta a riconoscere la signoria angioina, dalla quale nel 1276 passò a quella di Guglielmo VII marchese di Monferrato. Nel 1280 Tommaso III di Savoia costrinse il marchese di Monferrato a restituirgli Torino e così cessò di esistere dopo un secolo e mezzo il comune torinese.
La nuova signoria sabauda si trovava di fronte a una tradizione comunale secolare e Tommaso di Savoia rispettò l'autonomia cittadina, nei limiti però richiesti dal rispetto della sua sovranità; modificò gli statuti, mise a capo del comune un vicario; costrinse i partiti della vecchia classe comunale a conservare la pace. Nel 1285 T. e i territori italiani dei Savoia furono concessi come feudo della contea di Savoia da Amedeo V al nipote Filippo, che prese possesso della città nel 1295, lasciandole tuttavia la possibilità di una vita autonoma. Stroncato poi da Amedeo VI di Savoia il tentativo di Giacomo di Savoia-Acaia di costituire con i territori subalpini un piccolo Stato indipendente, T. fu occupata dal Conte Verde, che riconfermò gli statuti cittadini, eliminando le maggiori tracce dell'autonomia comunale (6 giugno 1360), per restituire poi la città e tutto il territorio subalpino a Giacomo di Savoia-Acaia.
L’unificazione definitiva dello Stato sabaudo avvenne nel 1418 allo spegnersi della linea Savoia-Acaia, quando il duca di Savoia Amedeo VIII provvide a una prima unificazione amministrativa e stabilì a T. il centro dei territori sabaudi subalpini. Sotto i duchi Amedeo VIII e Ludovico, T. divenne il centro dell'attività diplomatica e politica sabauda. Nel 1536 la città fu occupata dai Francesi e tale dominazione durò venticinque anni. I Francesi, volendo fare di T. il caposaldo delle loro posizioni italiane, organizzarono attorno alla città un considerevole sistema di fortificazioni. Con il trattato di Cateau-Cambrésis, nel 1559, gli Stati sabaudi tornarono al duca Emanuele Filiberto.
Nonostante l'assicurazione della restituzione completa dei suoi Stati, il duca di Savoia ricuperò nel 1559 solo parte del ducato: T. con altre piazzeforti del Piemonte doveva rimanere presidiata dai Francesi per tempo indeterminato. Emanuele Filiberto si stabilì quindi a Vercelli. I Francesi abbandonarono T. il 12 dicembre 1562 in seguito al trattato di Blois; il duca vi entrò il 7 febbraio 1563 e vi stabilì definitivamente la capitale dello Stato piemontese. In pochi anni T. tornò a funzionare come centro dello Stato. La popolazione, che nell'età comunale e signorile non aveva oltrepassato i 5.000-6.000 abitanti, giunse nel 1570 già a circa 30.000 e furono costruiti nuovi edifici che conferirono alla città l'impronta barocca caratteristica. Durante la guerra dei Trent'anni, da T. fu organizzata la guerra contro la Francia per riunire allo Stato piemontese il marchesato di Monferrato; dopo il 1635, in seguito alla Lega di Rivoli, il duca Vittorio Amedeo I partì da T. per la conquista della Lombardia, ma morì improvvisamente e attorno a T. si concentrò la lotta tra Francesi e Spagnoli. Nel 1640, infatti, T., contesa fra la duchessa Cristina (Madama Cristina), vedova di Vittorio Amedeo I e reggente per il giovane Carlo Emanuele II, sostenuta dalla Francia, e i cognati, il cardinale Maurizio e il principe Tommaso di Carignano, appoggiati dalla Spagna, fu assediata dai Francesi; il principe Tommaso dovette arrendersi e la città fu consegnata a Cristina. Di fatto T. durante tutto il regno di Carlo Emanuele II (1638-75) rimase sotto il controllo della Francia. Nel 1675 salì al governo dello Stato il duca Vittorio Amedeo II, che difese la città contro i ripetuti tentativi di Luigi XIV d'impadronirsene. Tali tentativi culminarono nel terribile assedio del 1706 che durò dal 13 maggio all'8 settembre e finì con la grande battaglia combattuta sotto le mura della città, in cui il duca Vittorio Amedeo II e il cugino Eugenio di Savoia sconfissero e distrussero totalmente le forze francesi. La battaglia di T. causò nello stesso tempo un considerevole ampliamento dello Stato e la liberazione dell'Italia dal pericolo di un'egemonia francese. In quest'epoca T. divenne una città ricca di attività economiche e culturali e verso la fine del sec. 18° la popolazione salì a quasi 90.000 abitanti, mentre i conflitti europei a cui il Piemonte prese parte sotto il re Carlo Emanuele III procurarono nuovi ingrandimenti dello Stato.
La rivoluzione francese ebbe poche ripercussioni su T., ma nel 1796 Napoleone Bonaparte riuscì a rompere le linee dell'esercito piemontese nelle valli del Tanaro e, due anni più tardi, Carlo Emanuele IV di Savoia, alleato dell'impero asburgico in contrapposizione alla Francia del Direttorio, venne sconfitto dal generale Joubert e fu costretto ad abdicare. Il Piemonte fu diviso in dipartimenti e T. diventò il capoluogo del dipartimento dell'Eridano. Nel 1799 T. fu invasa dalle truppe austro-russe del maresciallo Suvorov, che ristabilì nominalmente il governo sabaudo, e nel giugno del 1800 ancora dai Francesi, che vi insediarono un nuovo governo provvisorio. Il 12 aprile 1801 T. fu nuovamente annessa alla Francia e fece parte della 27a divisione militare. Napoleone mise a governo del Dipartimento suo cognato Camillo Borghese.
Il 27 aprile 1814, in seguito alle ripetute sconfitte subite da Bonaparte, Camillo Borghese firmò la convenzione per lo sgombero dei presidi francesi dalla città; il 9 maggio T. fu occupata da una colonna austriaca; il 20 maggio il nuovo re Vittorio Emanuele I di Savoia entrò trionfalmente in città. La Restaurazione fu ricordata con la costruzione del tempio della Gran Madre di Dio. La popolazione, che durante l'epoca napoleonica era assai calata (passando dagli 80.000 ab. circa del 1799 ai circa 65.000 del 1800), risalì velocemente e nel 1830 toccò i 100.000 abitanti. Grazie all'unione con la Liguria, lo Stato sabaudo divenne il più importante Stato italiano sia dal punto di vista politico, sia da quello economico. L'attività degli arsenali per riattrezzare l'esercito e quella delle nuove industrie attirarono a T. numerosi elementi dalle province. Nel 1821 T., la cui popolazione mal sopportava l'egemonia austriaca, partecipò ai moti contro i regimi assolutistici. L'agitazione delle società segrete non solo mirava alla riorganizzazione dello Stato mercé l'esperimento costituzionale, ma anche alla guerra contro l'Austria e all'appoggio ai Lombardi e ai Veneti oppressi dalla dominazione straniera. Di fronte all'agitazione nel marzo 1821 il re Vittorio Emanuele I abdicò in favore del fratello Carlo Felice, il quale tuttavia si trovava a Modena e la reggenza venne quindi affidata al principe Carlo Alberto di Carignano, che concesse la costituzione. Successivamente il re Carlo Felice ripristinò il governo assoluto e iniziò la repressione.
Il 27 aprile 1831 salì al trono Carlo Alberto, che diede vita a un lento piano di riforme di stampo liberale (tra le quali nel 1837 l'emanazione del codice civile, nel 1939 di quello penale e nel 1847 la revisione della disciplina della censura, consentendo la pubblicazione di giornali politici). Sotto Carlo Alberto inoltre la città visse un periodo di grande sviluppo economico e urbanistico, raggiungendo fino a 130.000 abitanti nel 1849. Con gli avvenimenti del 1848-49 conobbe poi un ulteriore periodo di slancio, mentre l’emigrazione politica da tutte le parti d’Italia ne fece la capitale morale del Paese. Protagonisti del pensiero politico torinese in quest'epoca furono Vincenzo Gioberti, Cesare Balbo, Massimo D'Azeglio. Nel 1848, sulla falsariga delle costituzioni liberali europee (soprattutto la Costituzione orleanista del 1830 e quella belga del 1831), il re concesse lo Statuto (8 febbraio), entrato in vigore il 4 marzo, con cui si definiva una forma di monarchia costituzionale di impianto bicamerale. Gli esiti disastrosi della prima guerra di indipendenza (1848-49) costrinsero Carlo Alberto ad abdicare e a riparare prima a Nizza e poi in Portogallo. Gli successe Vittorio Emanuele II, che trattò la resa con gli Austriaci e sconfessò l'operato del padre, rifiutandosi però di abolire lo Statuto e le istituzioni liberali. Nel 1848 nel frattempo era entrato in politica il conte di Cavour, divenuto poi presidente del Consiglio nel 1852, il quale nel 1860 prese il controllo diplomatico della guerra scoppiata l'anno precedente che, forte anche del sostegno popolare, avrebbe condotto all'Unità. T. fu la prima capitale del nuovo Regno d'Italia e la notizia, nel 1865, del trasferimento della capitale a Firenze fece scoppiare una protesta dal tragico bilancio: 52 morti e 187 feriti. La partenza da T. della corte, del governo e degli organi centrali della burocrazia statale costituì un danno grave, e si registrò una diminuzione della popolazione da 220.000 a 190.000 abitanti. Però assai presto la crisi cittadina scomparve, essendosi T. trasformata rapidamente in un centro industriale di prim'ordine, come testimoniarono le grandi esposizioni industriali del 1884, del 1898, del 1911.
Il decollo industriale della città di T. iniziò dal settore cotoniero, ma già nel 1889 il comparto metalmeccanico impiegava il 40% degli operai. L’industria automobilistica fu presto la specializzazione dominante: nel 1907 vi erano ben 37 case produttrici di autoveicoli, che tuttavia non ressero alla Grande crisi e la FIAT, fondata nel 1899 da Giovanni Agnelli, acquisì la sua posizione egemonica. Un altro settore che ebbe rilevanza al principio del Novecento fu quello cinematografico, con la nascita di importanti case di produzione, in particolare l'Ambrosio film e l'Itala Rossi (che produsse tra gli altri il celebre kolossal Cabiria, 1914, di Giovanni Pastrone). T. in pochi anni si trovò quindi a essere, assieme a Genova e Milano, uno dei poli industriali e tecnologici più sviluppati del Paese e, come nelle altre due città del 'triangolo industriale', si registrò in quest'epoca una crescita esponenziale della sua popolazione, che tra il 1881 e il 1921 quasi raddoppiò (passando da 250.655 a 499.823 ab.), soprattutto a causa dell'immigrazione. Con la Prima guerra mondiale, il settore automobilistico e quello siderurgico incrementarono ulteriormente la loro espansione: per assicurarsi alti livelli di produttività, il personale della Fiat venne addirittura sottoposto a giurisdizione militare. Favorita negli anni successivi anche dalla politica coloniale fascista, allo scoppio della Seconda guerra mondiale l’industria torinese si convertì quasi completamente in industria bellica. T. fu gravemente danneggiata dai bombardamenti alleati, che causarono anche una drastica riduzione della produzione e quindi un ulteriore peggioramento delle condizioni della classe operaia. Nel marzo del 1943 iniziarono i primi scioperi operai e il boicottaggio della produzione e nel settembre dello stesso anno la città fu occupata dai tedeschi. L’occupazione, durante la quale circa quattrocento ebrei furono deportati, durò fino al 30 aprile 1945. Il 3 maggio gli Alleati entrarono nella città già liberata dalle forze della Resistenza.
Fino alle elezioni amministrative del 1946 T. fu governata da una giunta composta dai partiti del Comitato di liberazione nazionale (CLN) e guidata dal comunista G. Roveda. La consultazione elettorale espresse una maggioranza formata dal Partito comunista italiano (PCI) e dal Partito socialista italiano (PSI), che resse il comune fino al 1951. Nelle elezioni del 1951 si ebbe una netta affermazione dei partiti di centro (ossia Partito socialista dei lavoratori italiani, PSLI; Democrazia cristiana, DC; Partito repubblicano italiano, PRI; Partito socialista democratico italiano, PSDI; Partito liberale italiano, PLI), che governarono la città fino alla fine del 1964, prima sotto la guida dell'esponente della DC A. Peyron, e quindi, dal 1962, di C.G. Anselmetti, anch'egli democristiano. Le maggioranze centriste (DC, PSLI, PRI, oppure DC, PSDI, PLI) furono confermate dai risultati elettorali del 1956 e del 1960. A partire dal 1965 diverse giunte di centrosinistra (DC, PSDI, PLI, PSI) si succedettero nel governo di T., fino alle elezioni amministrative del 1975. Nei primi anni del dopoguerra, T. iniziò la lunga e faticosa opera di ricostruzione e per decenni vi permasero tracce evidenti delle distruzioni belliche. Durante il boom l'economia torinese fu trainata dalla produzione di serie: oltre che dalla FIAT, divenuta ormai centro di potere tra i maggiori del Paese, il modello seriale era stato adottato per es. dalla RIV (fondata da Roberto Incerti e Agnelli nel 1906) per i cuscinetti a sfera, dal GFT (Gruppo Finanziario Tessile, nato nel 1930) per l'abbigliamento, dalla Venchi Unica (fondata nel 1878) per la produzione dolciaria, dalla Olivetti (fondata nel 1908) per le macchine per ufficio. Il richiamo degli stabilimenti industriali determinò una nuova forte ondata di immigrazione, soprattutto dal Veneto e dal Mezzogiorno, che provocò una serie di gravi problemi organizzativi e anche culturali. Dal 1951 al 1961 – anno in cui fu celebrato il centenario dell’Unità con l'Esposizione Internazionale del Lavoro-Torino 1961 – T. fu infatti la città con il maggiore incremento demografico, passando in quel decennio da 719.300 abitanti a oltre un milione, con un incremento del 42,6%; di essi, il 46,6% lavorava in fabbrica, una quota molto superiore anche a quella delle altre due città più industrializzate. Tale situazione creava però una forte conflittualità sociale, con scioperi e lotte sindacali anche molto aspre, che nel 1968 si andò a coniugare con il movimento di protesta studentesco, anticipato già nel 1967 dall'occupazione della sede della facoltà di matematica a Palazzo Campana.
Le elezioni amministrative del 1975 segnarono un consistente incremento del PCI e divenne sindaco l'esponente comunista D. Novelli. Questi rimase per dieci anni alla guida della città, sempre a capo di giunte di sinistra (che a fianco del PCI vedevano la partecipazione o l'appoggio di PSI, PSDI e PRI), fino alla primavera del 1984, quando si trovò a capo di un monocolore comunista. Nel febbraio 1985 si formò un governo pentapartito (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI), diretto dal socialista G. Cardetti fino al 1987 e poi da M. Magnani Noja, dello stesso partito, prima donna a guida della città. Nelle amministrative del 1985 il PCI rimaneva il partito di maggioranza relativa, ed entravano per la prima volta in Consiglio comunale rappresentanti dei Verdi e di Democrazia proletaria.
Negli anni 1970 la fase ascendente dell'economia e della demografia torinese era ormai finita. La popolazione nel 1975 iniziò a decrescere, con una tendenza che si sarebbe attenuata solo negli anni 1990, soprattutto a causa di un saldo migratorio negativo dovuto alla deindustrializzazione, e al boom subentrò la crisi: sempre nel 1975 per la prima volta la FIAT, che risentiva degli effetti della crisi petrolifera, fece ricorso alla cassa integrazione; scioperi e vertenze si susseguirono. T., inoltre, come tutte le altre città italiane, visse drammaticamente gli 'anni di piombo': tra gli altri, nel 1977 le BR (Brigate Rosse) uccisero Fulvio Croce, presidente dell'Ordine degli avvocati di T., per avere accettato la difesa d'ufficio di alcuni imputati (tra cui Maurizio Ferrari, Renato Curcio, Prospero Gallinari e Alberto Franceschini) che rifiutavano di riconoscere la legittimità della difesa, minacciando di morte chi avesse accolto l'incarico.
Alla fine degli anni 1970, a causa dei licenziamenti, il conflitto tra i sindacati e la dirigenza della Fiat si inasprì (furono anche lanciate accuse di contiguità tra operai e BR, ma solo 4 dei 61 lavoratori licenziati e indagati per violenza furono poi condannati) e gli anni 1980 si aprirono con una netta sconfitta sindacale: a fronte dei nuovi scioperi e picchettaggi seguiti alla nuova ondata di licenziamenti programmata dalla Fiat, impiegati e quadri dell'azienda risposero nell'ottobre con la cosiddetta Marcia dei quarantamila, con cui si discostavano definitivamente dalle istanze degli operai, che persero la vertenza e con essa 23.000 posti di lavoro. La progressiva ma sempre più massiccia introduzione di processi di produzione automatizzati con la conseguente ulteriore riduzione della manodopera ancora negli anni 1980 produsse nuovi momenti di conflittualità, mentre T. intanto iniziava il processo di terziarizzazione e perdeva i connotati di città prevalentemente operaia (gli operai impiegati nell'industria scesero dal picco del 46,6% nel 1961 al 40,3% nel 1971 e al 30,5% nel 1981, fino a raggiungere negli anni successivi le quote ancora molto più ridotte del 20,9% nel 1991 e del 9,8% del 2001), per trasferire progressivamente il baricentro economico al settore dei servizi, una transizione trainata dai servizi alla produzione (ricerca, progettazione, design, formazione, finanza).
A partire dagli anni 1990 T. e il suo hinterland hanno subito una profonda metamorfosi, perdendo almeno parzialmente la loro centralità. Alcuni dei maggiori marchi, come il GFT e la Olivetti, sono scomparsi in questo decennio. Tuttavia T. riuscì a sviluppare alcuni punti di forza, un articolato sistema di progettazione e produzione industriale e servizi qualificati (ricerca, alta formazione, progettazione, design, test ecc.), conservando inoltre un forte polo universitario con il prestigioso Politecnico. Molte di queste risorse sono state però messe a dura prova dalla crisi del 2008 che, qui più che altrove, ha prodotto effetti dirompenti. La produzione di auto è giunta ai minimi storici (70.000 vetture nel 2013), mentre con la nascita di FIAT-Chrysler la città ha perso il suo ruolo storico e le vaste aree dell’insediamento della FIAT sono state in larga parte riconvertite, o sono rimaste inutilizzate o sottoutilizzate. Ciononostante è cresciuto il peso relativo delle industrie medie e medio-grandi, spesso leader di nicchie di mercato, capaci di incorporare servizi avanzati e tecnologie sofisticate, e sono nate e si sono poi sviluppate nuove realtà imprenditoriali, come Eataly di Oscar Farinetti, che ha aperto la prima sede a T. nel 2007, e poi a Roma, Milano, New York e altrove.
Dal punto di vista amministrativo, le elezioni del 1990 hanno nuovamente portato alla formazione di una giunta pentapartito, guidata dal liberale V. Zanone fino al 1991 e nel 1992 dalla repubblicana G. Cattaneo Incisa. Fallito di lì a poco il tentativo di formare una giunta di centrosinistra allargata al Partito democratico della sinistra (PDS) e ai Verdi, e successivamente, in dicembre, quello di dar vita a una coalizione di sinistra, è seguito un periodo di commissariamento, fino alle elezioni anticipate del giugno 1993. Condotte sulla base di una nuova legge elettorale maggioritaria, che prevedeva l'elezione diretta del sindaco e un eventuale secondo turno, le consultazioni hanno sancito la vittoria dello schieramento di centrosinistra, guidato dall'indipendente V. Castellani e composto da PDS, Alleanza per Torino (lista civica progressista cui hanno aderito tra gli altri repubblicani, esponenti di Alleanza democratica, dei club Pannella e di associazioni cattoliche) e Verdi. Castellani è stato riconfermato nella carica di sindaco dopo le elezioni del 1997, in occasione delle quali è stato sostenuto anche dal Partito popolare italiano (PPI) e dal Partito della rifondazione comunista (PRC). La sua opera, come quella dei sindaci successivi, è stata diretta soprattutto a promuovere terziario e cultura, anche per emancipare la città dalla sua dipendenza dalla FIAT. In questo periodo T. ha ottenuto di ospitare le Olimpiadi invernali del 2006, che hanno prodotto un forte slancio di riqualificazione urbanistica. Nelle successive consultazioni del maggio 2001, il candidato dello schieramento di centrosinistra, l'esponente dei Democratici di sinistra (DS) S. Chiamparino, ha sconfitto il candidato del centrodestra R. Rosso al ballottaggio, con il 52,8%. Dei partiti della coalizione vincente, Alleanza per Torino con Rutelli ha ottenuto i maggiori consensi, con il 18,4%, mentre i DS hanno conquistato il 16,8%, il Partito dei comunisti italiani (PdCI) il 2,6% e la Federazione dei verdi-Lista civica per Torino l'1,3%. Nello schieramento di centrodestra, Forza Italia ha convogliato su di sé il 32,3% (risultando così il primo partito della città), seguita a grande distanza da Alleanza nazionale (AN) con il 7,8% e dalla Lega Nord-Piemont Padania con il 2,3%. Il PRC, che non ha appoggiato Chiamparino, ha ottenuto il 3,5%. Chiamparino è stato confermato per un secondo mandato nelle successive elezioni del maggio 2006, quando ha vinto al primo turno sull'avversario del centrodestra R. Buttiglione, con il 66,6% contro il 29,4%. Delle liste collegate al candidato del centrosinistra, hanno ottenuto il 39,5% L'Ulivo con Chiamparino, il 7,8% il PRC, il 3,9% i Moderati, il 3,1% il PdCI, il 2,8% la Rosa nel pugno, il 2,3% i Verdi per la Pace, il 2% l'Italia dei valori, l'1,7% l'UDEUR-Popolari. Nella coalizione di centrodestra, Forza Italia raggiungeva il 14,6%, AN l'8,5%, Casini-Unione dei democratici cristiani e di centro (UDC) il 5%, la Lega Nord il 2,5%.
Nel 2011 è stato eletto sindaco P. Fassino del PD (Partito Democratico), che ha costituito una giunta composta da Moderati, SEL (Sinistra Ecologica e Libertà) e Italia dei valori. Nel 2016 è stata eletta Chiara Appendino del Movimento 5 stelle e nel 2021 Stefano Lo Russo del centrosinistra.
Già sede di popolazioni celto-liguri, T. vide in età augustea la prima formazione di un impianto di colonia destinato a segnarne profondamente lo sviluppo urbano. La città romana venne compresa in un perimetro quadrangolare, circondato da mura intervallate da torri, che rimase in uso come apparato difensivo per tutto il Medioevo. Si conservano resti della porta Palatina, della porta Praetoria e del teatro; tracce di assi viari e abitazioni; recente il rinvenimento di un mosaico a cocciopesto.
Dell’epoca romanica rimane il campanile di S. Andrea, ora della Consolata. Gotica è S. Domenico con affreschi trecenteschi; tardogotica la facciata posteriore di Palazzo Madama, antico castello del 13°-14° sec., rifatto nel 15°. Della fine del 15° sec. è la costruzione (sul luogo di tre basiliche paleocristiane) del duomo a opera di Meo del Caprina; nella scultura e nella pittura resta predominante l’influenza lombarda.
Per Emanuele Filiberto F. Paciotto costruì la nuova cittadella (1564) di cui rimane solo un mastio. Sotto Carlo Emanuele I, A. Vittozzi progettò piazza Castello (1584) e tracciò la Via Nuova (via Roma); Vittozzi fornì anche il modello per le facciate degli edifici, uniformi nell’allineamento prospettico della via. C. di Castellamonte continuò l’opera di Vittozzi, prolungando la Via Nuova al di là della piazza S. Carlo (suo progetto, 1637), fino a Porta Nuova. Sotto Carlo Emanuele II, A. di Castellamonte progettò la rettilinea via Po; suo anche il Palazzo Reale (1658). Al 1633-38 risale il castello del Valentino. Di F. Lanfranchi sono il Palazzo di Cit;tà e la chiesa della Visitazione.
Nel 17° sec., una forte impronta alla città venne dalle opere di G. Guarini: cappella della Sacra Sindone, Collegio dei Nobili (Accademia delle Scienze), Palazzo Carignano, S. Lorenzo. Alle grandiose iniziative edilizie di Vittorio Amedeo II rispose pienamente F. Juvarra, che completò le costruzioni di Venaria Reale, studiò la sistemazione della zona nord-occidentale della città, eresse, tra le opere principali, le chiese del Carmine, di S. Cristina (facciata), di S. Croce, di S. Filippo Neri, i palazzi Martini di Cigala, Birago di Borgaro, la facciata occidentale di Palazzo Madama e lo splendido scalone; fuori T., la basilica di Superga e il Casino di caccia di Stupinigi. L’arte di Juvarra ebbe largo seguito a T. specie per opera di B.A. Vittone e di B. Alfieri (lavori per i palazzi di Città, di Giustizia, Solaro del Borgo, Chiablese; Teatro Regio e Teatro Carignano, rifatto nel 1787 da G.B. Feroggio). A G.B. Tiepolo si ispirarono i Galliari, famiglia di decoratori attivi a T. nel Settecento.
Per ricordare l’esodo dei Francesi sorse il neoclassico tempio della Gran Madre di Dio (F. Bonsignore, 1818-31). Sotto Carlo Felice la città s’ingrandì verso il Po e Porta Nuova (od. stazione ferroviaria); fu definitivamente tracciata la grande piazza, poi Vittorio Veneto. Nella seconda metà del 19° sec., fu aperta la via Pietro Micca; quasi tutte le piazze e i giardini furono ornati di monumenti (quello a Emanuele Filiberto è di C. Marochetti, 1838); nel 1863 A. Antonelli iniziò la costruzione della Mole Antonelliana; la stazione di Porta Nuova (1866-68, A. Mazzuchetti e C. Ceppi) è un elegante esempio di architettura industriale. Tributo al tardo romanticismo è il complesso del castello e borgo medievale di A. D’Andrade (1884). Il liberty trova felice espressione nelle sculture di L. Bistolfi e nelle palazzine di P. Fenoglio e s’impone con l’Esposizione universale del 1902 (R. d’Aronco).
L’insegnamento di P. Toesca e L. Venturi, la pittura di F. Casorati, il mecenatismo di R. Gualino, l’impegno di architetti razionalisti come G. Pagano, G. Levi-Montalcini, E. Sottsass, illustrano la vivacità dell’ambiente torinese nei primi decenni del 20° secolo. Nel secondo dopoguerra, il quartiere della Falchera (dal 1950; G. Astengo e altri) è una delle migliori soluzioni dell’edilizia residenziale sovvenzionata italiana. Oltre agli interventi connessi con la mostra del centenario Italia ’61 (Palazzo del Lavoro di P.L. e A. Nervi; Palazzo delle Mostre di A. e G. Rigotti; Palazzo dello Sport di A. Vitellozzi), al complesso Torino-Esposizioni (trasformazione del Palazzo della Moda, costruito da E. Sottsass nel 1938, con strutture di P. Nervi, 1950, e R. Morandi, 1960), di particolare rilievo sono le opere di C. Mollino (Camera del Commercio, 1964-72; nuovo Teatro Regio, 1965-73), R. Gabetti e A. Isola (Borsa Valori, 1952-56; Bottega d’Erasmo, 1954-56; isolato di via S. Agostino, 1980-83), A. Rossi (edificio per uffici ‘Casa Aurora’, 1984-88). L’attenzione per il riuso del patrimonio edilizio ha trovato emblematiche soluzioni nel seicentesco Palazzo Lascaris (sede del Consiglio regionale; 1976, F. Albini e F. Helg), e soprattutto nello stabilimento FIAT-Lingotto, di G. Matté Trucco, opera significativa della prima architettura funzionale (1915-21), ristrutturato come centro polifunzionale (spazio fiere/esposizioni, centro congressi/auditorium, 1988-94, e Pinacoteca G. e M. Agnelli, 2002, di R. Piano). Nel 1999 l'assegnazione a T. dei Giochi Olimpici invernali 2006 ha impresso alla città un forte impulso innovativo; tra le tante opere realizzate tra il 2003 e il 2005 si ricordano: il Villaggio olimpico (B. Camerana, AIA Architects, Derossi Associati, Hugh Dutton Associates, Steidle und Partners e altri), in cui è stata inserita, restaurata, la struttura degli ex Mercati generali (U. Cozzi, 1933-34); il Palahockey (Arata Isozaki & Associates, ARCHA, Arup Italia); la riqualificazione del Palazzo a vela (A. e G. Rigotti, 1960) come sede del pattinaggio su ghiaccio e dello short track (A. De Bernardi, G. Aulenti e altri). Tra i complessi edilizi successivi si segnalano: la nuova stazione di Porta Susa (studio Arep, J.-M. Duthilleul, É. Tricaud, S. D'Ascia, A. Magnaghi, inaugurata a lavori non ancora ultimati nel 2013); il Centro culturale cittadino (Mario Bellini Associati), sull'area delle demolite fabbriche Nebiolo e Westinghouse, comprendente tra l'altro la nuova sede della Biblioteca civica centrale e tre teatri; i due grattacieli destinati a ospitare gli uffici della Regione Piemonte (M. Fuksas, i cui lavori sono stati avviati nel 2011 e che si prevede finiscano nel 2017) e della banca Intesa-San Paolo (Renzo Piano Building Workshop, inaugurato nel 2015); la nuova sede del polo universitario per le facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche, lungo le sponde della Dora (capogruppo Foster+Partners, completata nel 2013); l'ampliamento e la ristrutturazione del Museo dell'automobile (A. Alberini, 1958-1960), su progetto degli studi Cino Zucchi Architetti, Recchi Engineering e PROGER (iniziato nel 2011).
Tra i musei vanno citati: l’Accademia Albertina di Belle Arti (con pinacoteca donata nel 1829 dall’arcivescovo Mossi Morano Pallavicino); la Galleria Sabauda (dal 1832); l’Armeria Reale (1837); il Museo Egizio (uno dei più importanti del mondo); il Museo di Antichità; la Galleria civica d’arte moderna e contemporanea (edificio di C. Bassi e G. Boschetti, 1957; ristrutturato nel 1993); il Museo civico d’arte antica; il Museo nazionale del Risorgimento in Palazzo Carignano; il Museo civico di numismatica, etnografia e arti orientali (1989); a Rivoli, il Castello di Rivoli - Museo di arte contemporanea (nella storica residenza riprogettata da Juvarra, restaurata da A. Bruno, 1978). Importanti anche: il Museo nazionale d’artiglieria, il Museo nazionale dell’automobile, il Museo nazionale della Montagna ‘Duca degli Abruzzi’, il Museo nazionale del cine;ma (dal 2000 nella Mole Antonelliana).
Tra gli istituti di cultura, si ricordano: l’università, fondata nel 1404 da Ludovico di Savoia-Acaia (nel 1506 vi si laureò Erasmo da Rotterdam), riformata da Emanuele Filiberto e poi da Vittorio Amedeo II (1729) con l’aiuto dei giuristi N. Pensabene e F. d’Aguirre; il politecnico; il conservatorio di musica ‘G. Verdi’; l’Accademia delle scienze; l’Istituto nazionale elettronico ‘G. Ferraris’.
La Biblioteca nazionale universitaria, aperta nel 1723 agli studenti dell’università, per volontà di Vittorio Amedeo II, che la incrementò con il dono di un suo fondo privato, divenne nazionale nel 1876. Possiede oltre 900.000 volumi, 3800 manoscritti, 1600 incunaboli, 10.000 periodici; vanta, tra le sue opere più importanti, la raccolta dei codici di Bobbio acquisita nel 1820. La Biblioteca Civica fu istituita nel 1869 da Giuseppe Pomba: i suoi fondi sono importanti nell’ambito degli studi sul Risorgimento italiano, sulla storia del teatro e dell’arte. La Biblioteca reale, istituita nel 1837 da Carlo Alberto che vi raccolse tutte le antiche librerie sabaude; possiede oltre 150.000 volumi a stampa e 4000 manoscritti, il Libro del volo degli uccelli di Leonardo, preziosi incunaboli e stampe rare piemontesi, portolani manoscritti del 16° sec. e una collezione di disegni. Tra le altre biblioteche, la Biblioteca dell’Accademia delle scienze, costituita contemporaneamente all’Accademia nel 1874, possiede una notevole raccolta di medaglie; alla Biblioteca della Deputazione subalpina di storia patria, fondata nel 1833, è annessa la raccolta della Società storica subalpina.
La vita musicale presso la corte sabauda fu profondamente influenzata dal legame geografico e dinastico con il regno di Francia. A metà del Quattrocento venne fondata la cappella ducale presso la cattedrale e nel Seicento si ebbe l’affermazione di manifestazioni musicali di ascendenza francese, primo fra tutti il ballet de cour. Musico di camera all’inizio del secolo fu il palermitano S. d’India, il quale, con la Zalizura (1612), diede l’avvio agli spettacoli d’opera nei due principali teatri: il Regio per le rappresentazioni di opere serie e il Carignano per l’opera buffa. Nel corso del Settecento sorse anche all’interno della Cappella, divenuta Regia, un vivaio di strumentisti che diedero vita a una celebre scuola violinistica. Il fondatore fu G.B. Somis: da lui discesero celebri virtuosi come Gaetano G. Pugnani e G.B. Viotti. Nel 1740 venne costruito il nuovo grandioso Teatro Regio (opera di B. Alfieri), distrutto da un incendio nel 1936, poi ricostruito su progetto di C. Mollino e inaugurato nel 1973. L’attività concertistica godette di un momento di grande splendore nella seconda metà del 19° sec. quando sorsero istituzioni prestigiose come i Concerti Popolari (1872) la Società di Concerti (1895), mentre nel 1894 era nata l’Orchestra municipale, prima orchestra stabile italiana, diretta da A. Toscanini. Nel 1931 fu istituita l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, completamente rinnovata nel 1994. Dal 2004 si svolge a T. il ciclo Rai Nuova musica, una rassegna dedicata alla produzione contemporanea.
Fu posto dai Francesi, nel corso della guerra per la successione di Spagna, il 13 maggio 1706. Prima che l’accerchiamento fosse completo, il duca Vittorio Amedeo II abbandonò T., lasciando il comando della piazza al generale W. P. Daun. La difesa fu assai energica (fu in questa occasione che si ebbe l’eroico gesto di Pietro Micca) e dopo tre mesi gli assedianti non erano riusciti ad aver ragione della piazza, nonostante la perdita di circa 10.000 uomini. Il 7 settembre le forze imperiali, guidate da Eugenio di Savoia, e piemontesi, al comando di Vittorio Amedeo II, mossero all’attacco e, messo in fuga il nemico, entrarono in città.
Il primo marchese di T. fu nel 10° sec. Arduino Glabrione. Il dominio dei marchesi arduinici comprendeva le contee di T., Auriate (Cuneo), Asti, Alba, Bredulo (Mondovì), Ventimiglia, Albenga: andava cioè dal Po al mare. Verso il 970 vi fu aggiunta la valle della Doria Riparia (Susa). Gli Arduinici dominarono la marca fino al 1035; dopo Manfredo I, Olderico Manfredi, e nel 1035 il figlio ed erede di questo (noto solo come conte di Mombaldone), l’imperatore Corrado II assegnò la marca al proprio figliastro Ermanno duca di Svevia che sposò la primogenita di Olderico e di Berta, Adelaide. Nel 1048 l’imperatore Enrico III investì della marca Oddone di Savoia, terzo marito di Adelaide. A Oddone succedettero i figli Pietro e Amedeo, poi Federico di Montbéliard, marito di Agnese figlia di Pietro. Nel 1091 la marca fu divisa fra gli eredi della contessa Adelaide: i conti di Savoia che occuparono una parte della Valle di Susa, i marchesi del Monferrato che si allargarono nel Sud e i Delfini di Grenoble che entrarono pure nella Valle di Susa.
L’8 agosto 1381 fu conclusa a T., tra i rappresentanti di Venezia, di Genova, del re di Ungheria, del signore di Padova e del patriarca di Aquileia, la pace che pose fine alla guerra di Chioggia.
Fu firmato il 26 agosto, durante la guerra della Grande alleanza, tra Francia e Vittorio Amedeo II duca di Savoia: quest’ultimo recuperava Pinerolo (perduta nel 1631), acconsentiva al matrimonio della primogenita Maria Adelaide col duca di Borgogna, figlio del Delfino, e passava senz’altro nel campo francese.
Fu concluso l’8 novembre 1703, nel corso della guerra di successione spagnola, tra l’Impero e il ducato di Savoia. Vittorio Amedeo II si impegnò ad abbandonare l’alleanza francese, ottenendo in compenso la Lomellina, la Valsesia, Valenza, Alessandria e i feudi delle Langhe. Articoli segreti gli promettevano inoltre il Vigevanasco, cinque terre del Novarese e gli eventuali acquisti nel Delfinato e nella Provenza.
Fu firmato come trattato di alleanza in funzione antiaustriaca: il re di Sardegna era autorizzato ad annettersi, appena riuscisse a occuparla, Milano, di cui però avrebbe preso l’investitura dall’Impero. Con articoli segreti il trattato escludeva l’Austria, oltre che dalla Lombardia, dai Presidi e dalle Due Sicilie, destinati a Don Carlos di Parma, e stabiliva che il re di Spagna fosse invitato dalla Francia ad aderire al trattato e alla guerra.
Sottoscritto il 24 marzo tra Regno di Sardegna e Francia, a conferma del trattato segreto con cui Vittorio Emanuele II aveva ceduto alla Francia la Savoia e Nizza, fu promulgato l’11 giugno dopo l’approvazione del Parlamento, malgrado l’opposizione di Garibaldi.
(6827 km2 con 2.243.382 ab. nel 2011, divenuti 2.230.946 secondo rilevamenti ISTAT del 2020, ripartiti in 312 Comuni). Nel 2014, con la legge 7 aprile n. 56, entrata in vigore il 1°gennaio 2015, la città metropolitana di T. è subentrata all'omonima provincia, mantenendo la medesima estensione geografica. Il territorio della città metropolitana di T. è quanto mai vario e comprende zone a prevalenza montana, collinare o pianeggiante. In montagna domina il clima alpino, rigido d’inverno e fresco d’estate, mentre in pianura il clima è temperato, con una notevole escursione termica tra inverno ed estate. Le precipitazioni sono abbondanti (oltre 2000 mm annui) soprattutto nella fascia alpina. L’idrografia è rappresentata dal ventaglio di affluenti che drenano l’alto bacino del Po (Orco, Stura di Lanzo, Dora Riparia, Pellice), con i relativi subaffluenti.
La demografia, fortemente influenzata dal peso del capoluogo, risulta debole, come in tutta la regione piemontese, dal punto di vista naturale, con eccedenza della mortalità sulla natalità. I movimenti migratori, che hanno visto nel passato lo spopolamento dell’area montana e forti afflussi (specie dalle regioni dell’Italia meridionale) nell’area metropolitana torinese, si sono fortemente attenuati, sostituiti in parte da quelli provenienti dai paesi extracomunitari.
Maggiori poli urbani provinciali, dopo il capoluogo, sono Pinerolo, cittadina a vocazione terziaria, e Ivrea, centro storico dell’Olivetti e oggi sede di numerose aziende specializzate nelle tecnologie avanzate. Per quanto riguarda il settore primario, l’agricoltura e l’allevamento si concentrano nella pianura meridionale, nella zona di confine con le province di Asti e Cuneo. Il territorio alpino è caratterizzato dalla presenza di numerosi centri turistici (tra i più celebri, Bardonecchia, Cesana Torinese, Cuorgnè, Sauze d’Oulx, Sestriere).