Titolo di due trattati scritti intorno al 1320 da J. de Muris e P. de Vitry, con cui si designa comunemente la musica profana del 14° sec. in Francia e in Italia, in contrapposizione alla polifonia sacra dell’epoca precedente (➔ Ars antiqua).
Nonostante i molteplici rapporti tra loro esistenti, la francese e l’italiana vanno considerate come due scuole distinte. La produzione musicale francese ebbe come centro principale Parigi ed era destinata soprattutto alla corte e alla nobiltà feudale. Accanto al mottetto, ormai divenuto profano e sempre più libero e complesso nella condotta polifonica e nel ritmo, si vennero affermando nuovi generi, come la ballade, il rondeau, il virelai, e il lai (questi ultimi per lo più monodici). In essi il procedimento stesso della composizione polifonica appariva quasi rovesciato: punto di partenza non era più il tenor, ma la voce superiore che cantava il testo, cui si aggiungevano le altre parti, spesso subordinate e destinate a strumenti. La figura dominante dell’A. francese fu Guillaume de Machaut.
In Italia, la presenza di modelli francesi non impedì una sostanziale autonomia, che si manifestò anche in un diverso sistema di notazione e con forme indipendenti come il mottetto, il madrigale, la ballata, la caccia, il canone. Tra i teorici: Marchetto da Padova (con i trattati Lucidarium in arte musicae planae, 1317, e Pomerium artis musicae mensurabilis, 1319). Tra gli autori: Bartolino da Padova, Giovanni da Cascia (o de Florentia), Iacopo da Bologna, Gherardello da Firenze e suo fratello Iacopo, e soprattutto Francesco Landino.