Componimento poetico di origine italiana, basato sul modello metrico della ballata e dello strambotto, connesso in origine al canto a più voci, d’argomento prevalentemente amoroso a sfondo idillico, soprattutto pastorale.
Tra i più antichi m. sono da ricordare quelli petrarcheschi. In origine lo schema prevedeva due strofe di tre versi ciascuna, variamente rimati, chiuse da una coppia di versi a rima baciata. Le varietà sono tuttavia numerose. Dal 16° sec. il m. si stacca dal canto e muta profondamente. Oltre all’endecasillabo viene ammesso il settenario e si afferma una grande varietà metrica. Anche l’ispirazione si allarga e abbraccia la politica, la morale, la filosofia. Nel 18° sec. il m. viene usato soprattutto per esprimere un complimento galante, spesso chiuso in un’arguzia; come tale ebbe fortuna presso gli Arcadi. Successivamente, nella sua forma antica, torna in uso presso poeti di gusto arcaizzante del 19° sec.: G. Carducci, S. Ferrari, G. D’Annunzio.
Dal punto di vista musicale, il m. del primo periodo (14° sec.) si distingueva dalle altre forme dell’Ars nova, la caccia e la ballata, per esser meno descrittivo della prima e metricamente diverso dalla seconda. Di forma strofica, il m. trecentesco consisteva di due sezioni musicali (una per le strofe e una per il ritornello); era a 2 o 3 parti, di cui la superiore, più ricca melodicamente, predominava sulle altre (spesso affidata anche a strumenti). Come costruzione polifonica, la base, la parte più importante stava però nel tenor; il tessuto a più voci era svolto in uno stile omoritmico, talvolta con fioriture, ma sempre con grande aderenza della musica al testo (F. Landino). Il m. rinascimentale (16° sec.) era una forma esclusivamente vocale, di natura contrappuntistica. Dalle forme profane popolaresche contemporanee (frottole, strambotti, villotte ecc.) il m. aveva tratto alcune tendenze come la ritmica ben marcata, l’avvicendarsi di polifonia e omofonia, la predominanza della voce superiore, la possibilità di sostituire le voci inferiori con il liuto. Inizialmente a 4 o a 3 voci, il m. fu, dal 1550 circa, quasi sempre a 5 voci. Altra caratteristica importante fu la ricerca di un rapporto sempre più stretto tra parola e musica, tendendo questa a illustrare i significati e le più riposte sfumature del testo attraverso l’uso del cromatismo, del contrappunto e del timbro. Tra gli autori più noti di questo periodo si ricordano L. Marenzio, C. Gesualdo da Venosa, O. di Lasso e C. Monteverdi, che introdusse ritornelli strumentali e ideò il m. rappresentativo (il cui antecedente può essere costituito dal m. dialogico di O. Vecchi e A. Banchieri).