Componimento poetico breve rimato, composto per lo più di endecasillabi e settenari, contenente una sentenza, un proverbio, un motto. Non ha avuto una salda tradizione nella letteratura italiana, nonostante alcuni esempi già due-trecenteschi (F. da Barberino, G. Cavalcanti ecc.). Nel Novecento E. Montale ha rinnovato il m., adoperando versi di differente misura, raggruppati prevalentemente in 2 strofe (spesso quartine): Mottetti si intitola appunto la serie di 20 componimenti che costituisce la seconda sezione delle Occasioni (1939).
Forma di composizione musicale vocale o vocale-strumentale di argomento religioso. Nacque in Francia nel 13° sec. presso i discantisti dell’Ars antiqua e presso i trovatori, come composizione a 2 o a 3 voci, la più grave delle quali (tenor) svolgeva a note lunghe una melodia gregoriana. Le parole erano diverse da voce a voce e, compresa quella del tenor, quasi sempre di carattere profano. Durante l’Ars nova (14° sec.) il m. si avviò al genere religioso, pur mescolando testi profani con testi sacri. Contro questa commistione già nel 1322 insorse la Chiesa con una bolla di Giovanni XXII. Tale fase del m. è nota quasi soltanto per documenti della scuola francese, e massimo autore ne fu G. de Machaut. Il m. quattrocentesco fu coltivato dagli inglesi (specie J. Dunstable) e dai primi fiamminghi (G. Dufay, G. Binchois ecc.), assumendo la disposizione a 4 voci (vocali o vocali-strumentali), con trattamento vario del testo: omoritmico, con netta prevalenza melodica della voce soprana, o maggiormente elaborato, specie in variazioni, decisamente polifoniche. Nella seconda metà del secolo, nella seconda scuola fiamminga (J. Okeghem, J. Obrecht ecc.), il m. è disposto a 4 voci tutte vocali e raggiunge il punto di maggiore perfezione contrappuntistica. Il m. raggiunse il massimo splendore nel 16° sec. con la terza generazione della scuola fiamminga (J. Després, P. de la Rue e il tedesco H. Isaak), ma soprattutto con l’opera di O. di Lasso e G.P. da Palestrina. A partire dal Seicento si produsse una dicotomia tra coloro che seguivano lo stile ‘antico’, a cappella, e l’utilizzo del m. come forma sacra non appartenente al ciclo della messa. Il genere fu coltivato fino al 20° sec., sebbene con risultati molto diversi.