Nella prosodia delle lingue classiche si dice b. la vocale, e quindi la sillaba, che nella pronuncia ha durata minore della vocale lunga; poiché nella metrica greco-latina è ammessa, in taluni casi, la sostituzione di due b. a una lunga, si suole convenzionalmente attribuire alla b. il valore di un tempo, alla lunga il valore doppio, anche se probabilmente era un tempo e mezzo. La b. si indica con il segno ◡.
Per l’uso in musica ➔ notazione.
Nel Medioevo, fino al 13° sec., il documento di prova redatto dal notaio, posteriormente alla conclusione del negozio, allo scopo di conservarne la memoria; si diceva anche notitia, ovvero (ma solo in caso di negozio privato) memoratorium. Differiva perciò dalla charta (➔) che aveva valore dispositivo.
Nei comuni medievali italiani, il giuramento prestato dalle magistrature all’atto d’assumere la carica. I b. specificavano di solito le mansioni proprie delle magistrature stesse (b. del console, del podestà ecc.) e confluivano perciò nello statuto, formando nel loro complesso la base normativa della costituzione comunale. Ai b. delle varie magistrature si contrapponeva il b. del popolo, che conteneva le norme fondamentali alla cui osservanza i cittadini si obbligavano. Per estensione, nel 13° e 14° sec. furono detti brevia gli statuti dei comuni italiani.
Documento pontificio meno solenne della bolla, nato verso la fine del 14° sec. e diffusosi nel secolo seguente. In origine erano litterae secretae, cioè riservate e chiuse, poi furono usati per concessioni di ogni genere e, dal 17° sec., anche aperti e spediti in forma più solenne. Vi sono anche b. in forma di bolla, detti perciò brevia sub plumbo.